"Il carattere di necessità ascritto
alle verità matematiche e anche la peculiare certezza ad esse attribuita
sono un'illusione"
John Stuart Mill
La geometria euclidea richiama alla mente
vecchi ricordi di scuola, di quelle belle e familiari (almeno per qualcuno)
costruzioni con riga e compasso. Forse i più diligenti si ricorderanno
ancora qualche teorema imparato a scuola, come quello di Pitagora, o che
la somma degli angoli interni di un triangolo è 180°.
Questa geometria è quanto di più naturale si possa pensare, poichè corrisponde
essenzialmente all'intuizione che abbiamo dello spazio fisico che
ci circonda.
Per moltissimi secoli gli Elementi di Euclide sono stati l'esposizione matematica
di questa intuizione. Naturalmente, come ogni teoria che si rispetti,
la geometria euclidea ha i suoi punti di partenza, i cosiddetti assiomi
o postulati, dai quali si deducono poi tutte le proposizioni della teoria,
dalle più evidenti a quelle meno evidenti.
Euclide sceglie questi postulati in virtù della loro evidenza. Sono
cioè affermazioni sulle quali possiamo essere tutti d'accordo, e che
non richiedono ulteriore spiegazione. Troviamo così i concetti
di punto, retta, retta tra due punti, ecc...
Tuttavia, nel sistema di Euclide c'è un postulato che ha sempre
lasciato l'amaro in bocca ai matematici che studiavano la geometria.
Si tratta del V postulato che, in una forma equivalente dovuta a
Playfair (1748-1819), così recita:
Per un punto esterno ad una retta
passa una ed una sola retta parallela alla retta data
In figura abbiamo descritta la situazione:
La difficoltà in questo enunciato è che stiamo affermando qualcosa
sul comportamento delle rette all'infinito. Come possiamo davvero
essere sicuri che non si incontreranno mai?
Molto probabilmente, anche Euclide non doveva essere molto contento
del suo postulato, visto che negli Elementi dimostra dapprima ben 28
proposizioni senza ricorrere ad esso. Naturalmente, nessuno dubitava della
veridicità del postulato. La questione che si poneva era dunque questa:
si può dimostrare il V postulato a partire dagli altri quattro?
Per secoli i matematici hanno tentato una tale dimostrazione, tuttavia
si trovava sempre che erano sbagliate, o che assumevano un qualche principio
in realtà equivalente al postulato che si doveva dimostrare, come la
già citata versione di Playfair, o che la somma degli angoli interni
di un triangolo è un angolo piatto.
Una strada diversa fu intrapresa dal gesuita italiano Gerolamo Saccheri (1667-1733),
che tentò una riduzione all'assurdo. Egli era convinto che la geometria euclidea
fosse l'unica possibile, e così pensò che assumendo una negazione del V postulato,
prima o poi si sarebbe giunti ad una contraddizione, e questo
avrebbe provato che il V postulato è conseguenza degli altri quattro.
Tuttavia, per quanti sforzi facesse, Saccheri non riuscì a produrre
una tale contraddizione. Anzi, ricavò un sacco di proprietà, alcune talmente
controintuitive da sembrargli tanto ripugnanti da convincerlo ancor
di più che la geometria euclidea doveva essere vera.
Comunque la questione rimaneva aperta. Così alcuni matematici cominciarono
a prendere in considerazione la possibilità che, dalla negazione del
V postulato, forse si poteva costruire un'altra geometria, altrettanto
coerente di quella euclidea.
Uno di questi fu Gauss (1777-1855), che studiò vari aspetti della questione
, senza però mai pubblicare nulla al riguardo perchè, come diceva, temeva le
"strida dei beoti". Gauss si convinse che non fosse possibile
dimostrare il V postulato, e che anzi le geometrie alternative che si
potevano costruire potevano essere applicate allo spazio fisico.
Egli tentò addirittura una misura di un grosso triangolo sulla superficie terrestre,
prendendo come vertici la vetta di tre montagne. Purtroppo però, l'errore
sperimentale era tale da non poter stabilire se la somma degli angoli interni fosse
proprio un angolo piatto.
Le idee di Gauss furono poi rese esplicite indipendentemente da
Lobacevskij (1793-1856) e da Bolyai (1802-1860). Il padre di quest'ultimo
aveva anche lui dedicato gran parte della sua vita ai tentativi di
dimostrare il postulato delle parallele. Quando seppe che il proprio
figlio, ufficiale dell'esercito, voleva studiare lo stesso problema,
tentò di dissuaderlo scrivendogli: " Per amor del cielo, ti imploro
di desistere dal tentativo. Il problema delle parallele è una cosa da
temere ed evitare non meno delle passioni dei sensi, poichè anch'esso
può rubarti tutto il tuo tempo e privarti della salute, della serenità
di spirito, e della felicità."
Bolyai però non si fece scoraggiare, e, dopo vari tentativi, giunse alle
stesse conclusioni di Lobacevskij e Gauss: invece di dimostrare l'impossibile,
sviluppò una nuova geometria partendo da una negazione del V postulato.
Spesso le idee più radicali sono difficili da far attecchire, e
le geometrie non-euclidee restarono per parecchi decenni un aspetto
marginale della matematica. La piena accettazione di queste idee si
ebbe poi soprattutto grazie all'opera di Riemann (1826-1866), la cui
geometria è una generalizzazione molto spinta di quella euclidea.
La questione della coerenza rimase però aperta per altri quarant'anni,
fino a quando non si trovarono dei modelli di geometria non-euclidea
all'interno della geometria euclidea. Alcuni di questi modelli
furono proposti da Beltrami (1835-1900), Klein (1849-1925), Poincarè (1854-1912)
. Per averne un'idea possiamo pensare alla geometria sulla superficie di una
sfera, se interpretiamo le rette come cerchi massimi. In tal caso non ci sono
rette parallele.
Come altro modello possiamo invece prendere la geometria
in un cerchio, dove per rette intendiamo le corde del cerchio.
In tal caso di rette parallele ve ne sono infinite.
Ora, l'esistenza di questi modelli ci dice che una eventuale contraddizione
nelle geometrie non-euclidee si riflette automaticamente in quella
euclidea. Dunque, non c'è una geometria più vera delle altre, esse hanno
tutte la stessa dignità di teorie matematiche. Tutta questa matematica sviluppata
nell'800, diede poi gli strumenti necessari ad Einstein (1879-1955)
per poter formulare la sua teoria della relatività generale,
nella quale la gravitazione è ricondotta proprio alla geometria
curva dello spazio-tempo. Una geometria non-euclidea dunque*.
Così, la nascita delle geometrie non-euclidee non è stata soltanto
un esercizio di curiosità intellettuale, ma l'indagine di uno dei
problemi fisici più fondamentali: quello dello spazio.
* La geometria dello spazio dipende
essenzialmente dalla quantità di materia che c'è nell'universo. Questo
è tuttora un problema aperto della cosmologia, dove spesso si parla
del cosiddetto problema della materia oscura. A tal proposito, e sulla geometria
dell'universo, si può consultare 4) e 5).
Letture utili
1) Carl B. Boyer, Storia della matematica, Mondadori, 1980
2) Morris Kline, Storia del pensiero matematico,
Einaudi, 1996
3) Jean Dieudonnè, L'arte dei numeri, Mondadori, 1995
4) Le forme dell'universo: dieci possibilità
, Le Scienze , N.414, febbraio 2003
5) Bagliori della materia oscura
, Le Scienze , N.405, ottobre 2002