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Vezzolano: regime pluviometrico.

(fare riferimento a: inquadramento naturalistico)

1. Introduzione.

Una analisi dettagliata dell’andamento delle precipitazioni durante l’anno, sia qualitativamente sia quantitativamente, risulta molto utile al fine di una corretta e globale analisi climatica. La caratterizzazione del regime pluviometrico è stata eseguita sviluppando i seguenti punti:

 

2. Dati, elaborazioni e grafici.

Lo studio del regime pluviometrico presente nell’area d’indagine è iniziato col ricavare i valori totali e medi delle precipitazioni mensili, il numero di giorni piovosi totali medi mensili e la densità media mensile. E’ stata inoltre calcolata la scomposizione delle precipitazioni medie mensili in funzione dell’intensità giornaliera delle precipitazioni stesse (Tabella 2.1). Tale metodo (BIANCOTTI, 1982) consiste nel calcolare il totale delle precipitazioni registrate prendendo ogni volta in considerazione soltanto quelle superiori o uguali ad una intensità giornaliera determinata. Su queste basi si sono istituite sei classi d’intensità giornaliera:

1° classe:

precipitazioni giornaliere

0,1÷2,0

mm

2° classe:

"

2,1¸ 5,0

"

3° classe:

"

5,1¸ 10,0

"

4° classe:

"

10,1¸ 20,0

"

5° classe:

"

20,1¸ 40,0

"

6° classe:

"

>40,0

"

 

Tabella 2.1 - Parametri pluviometrici relativi al periodo 1962¸ 1996.

   

GEN

FEB

MAR

APR

MAG

GIU

LUG

AGO

SET

OTT

NOV

DIC

Prec. Totali

(mm)

42.7

52.9

67.9

97.0

109.8

85.5

46.0

77.6

66.0

87.4

69.6

41.8

gg piovosi medi

(n ggp)

7

7

8

10

12

10

7

9

8

10

10

8

Densità media

(mm/ggp)

5.9

7.3

8.8

9.7

9.3

8.2

6.7

8.7

8.4

8.8

6.7

5.3

Classi di precip.

(mm)

                       

1° classe

0.1¸ 2.0

2.17

1.96

2.17

3.00

2.99

2.80

1.88

2.53

2.45

2.64

2.74

2.89

 

(%)

5.19

3.80

3.33

3.12

2.74

3.33

4.09

3.27

3.74

3.07

4.04

7.48

2° cl.

2.1¸ 5.0

4.65

4.48

4.34

5.96

5.89

6.36

4.23

5.54

2.85

5.03

4.44

3.76

 

(%)

11.11

8.70

6.67

6.21

5.41

7.57

9.20

7.16

4.35

5.84

6.55

9.73

3° cl.

5.1¸ 10.0

7.13

7.56

8.99

11.75

15.40

11.09

8.22

8.27

5.20

7.24

9.08

6.81

 

(%)

17.04

14.67

13.81

12.24

14.14

13.20

17.89

10.69

7.93

8.41

13.40

17.62

4° cl.

10.1¸ 20.0

13.02

16.24

17.98

20.06

32.85

21.05

14.20

17.72

13.26

17.09

19.66

7.80

 

(%)

31.11

31.52

27.62

20.89

30.16

25.05

30.90

22.91

20.23

19.86

29.02

20.19

5° cl.

20.1¸ 40.0

8.06

15.40

18.91

32.46

33.34

25.82

11.67

31.02

28.34

34.57

20.18

10.15

 

(%)

19.26

29.89

29.05

33.81

30.61

30.72

25.39

40.10

43.23

40.17

29.79

26.27

6° cl.

>40.0

6.85

5.88

12.71

22.78

18.46

16.92

5.76

12.28

13.45

19.49

11.65

7.23

 

(%)

16.30

11.41

19.52

23.73

16.95

20.13

12.53

15.87

20.52

22.65

17.20

18.71

 

Dopo aver rilevato i parametri quantitativi esposti in Tabella 2.1, si è passati ad illustrare la scomposizione del regime delle precipitazioni medie mensili in funzione dell’intensità giornaliera. La Figura 2.1 evidenzia come, relativamente all’andamento medio mensile, gli apporti idrici appartenenti alle classi più elevate, cioè quelle con la maggior quantità d’acqua caduta in maniera continuativa, siano le più presenti rispetto alle categorie inferiori. Questa considerazione va estesa a tutto il periodo annuale e ciò vuol dire che scarso è l’apporto pluviometrico dato dalle precipitazioni di classe minore rispetto a quelle di classe superiore. La 4° e la 5° classe (precipitazioni giornaliere comprese tra 10 e 40 mm) sono le più abbondanti durante tutto l’anno, mentre la 6° classe (precipitazioni giornaliere superiori ai 40 mm) è maggiormente presente nelle stagioni primaverile ed autunnale. In termini pratici ciò significa che le precipitazioni leggere e copiose non rivestono un ruolo importante sul bilancio totale, mentre maggior risalto va dato a quelle piogge che decise ed energiche cadono sulla zona un po’ tutto l’anno ma soprattutto in primavera ed autunno. Ovviamente queste condizioni pluviometriche sono tra le principali cause dei fenomeni di dissesto idrogeologico in atto.

 

Figura 2.1 - Scomposizione del regime delle precipitazioni medie mensili in funzione dell’intensità giornaliera.

 

La distribuzione quantitativa stagionale del regime pluviometrico rilevata nell’area in esame è indicata in Figura 2.2, in cui la piovosità stagionale è rappresentata da un rettangolo la cui base esprime la densità media giornaliera (mm/giorni piovosi) e l’altezza indica il numero dei giorni in cui si è avuta precipitazione. Riportando sui quadranti di un piano cartesiano i rettangoli relativi alle quattro stagioni sono stati costruiti i poligoni di piovosità (BALSEINTE, 1954).

Dall’esame di suddetti poligoni risulta evidente l’andamento medio stagionale del numero di giorni piovosi e della quantità di pioggia media giornaliera. I dati elaborati confermano un regime pluviometrico di tipo sublitoraneo alpino, con due massimi quasi uguali primaverile ed autunnale, un minimo principale invernale ed un altro secondario estivo. Infatti il numero di giorni piovosi più elevato si registra in primavera ed il minimo in inverno.

 

Figura 2.2 - Poligoni di piovosità stagionale (BALSEINTE, 1954).

 

Per uno studio più accurato delle precipitazioni brevi ed intense, molto utile soprattutto per affrontare problemi legati al movimento gravitativo dei versanti, all’erosione del suolo ed alle portate massime dei ruscelli costituenti il piccolo reticolo idrografico presente, sono stati presi in considerazione tutti gli eventi pluviometrici accaduti da 1 a 5 giorni consecutivi, durante l’intero arco temporale registrato dalla stazione meteorologica (35 anni). Tutti i casi rilevati sono stati successivamente inseriti ed ordinati su tabella elettronica in cinque diverse categorie - piogge di 1, 2, 3, 4 e 5 giorni consecutivi - e disposti in ordine decrescente di valori. Sulla base di questo ordinamento sono state costruite le curve d’inviluppo, o curve segnalatrici, di tali eventi (Figura 2.3), prendendo in considerazione i casi appartenenti al I, V, X, XV e XX posto nelle cinque categorie. Con tali dati sono state calcolate, mediante un operazione di "curve fitting", le curve di migliore interpolazione riferite alle cinque categorie scelte, utilizzando come equazione matematica:

 

H = aTn

 

dove H indica l’altezza della pioggia caduta nel tempo T ed n è l’esponente inferiore all’unità. Le cinque funzioni potenza delle cinque categorie considerate sono riportate qui di seguito:

I:

y = 136,54x0,262

(R2: 0,99)

V:

y = 86,98x0,526

(R2: 0,96)

X:

y = 74,46x0,517

(R2: 0,99)

XV:

y = 65,94x0,529

(R2: 0,99)

XX:

y = 62,78x0,529

(R2: 0,99)

 

La curva segnalatrice I rappresenta gli eventi massimi assoluti verificatisi. L’interpretazione che va fatta di queste curve d’inviluppo e dei valori matematici relativi è: "in base ai dati statistici calcolati potranno cadere al massimo 137 mm circa di pioggia in 1 giorno, oppure al massimo 205 mm circa di pioggia in 5 giorni consecutivi". Dall’andamento delle cinque curve evidenziate emerge una sostanziale similitudine riferita soprattutto alla X, XV e XX, mentre la curva I, nei primi due giorni consecutivi evidenzia un marcato aumento della quantità d’acqua caduta rispetto alle altre quattro categorie. Il regolare appiattimento che sembra verificarsi in tutte e cinque gli andamenti, cioè la poca ripidità della curva dopo il quinto giorno, dimostra che il maggior numero di mm di pioggia cade sempre nei primi giorni dell’evento e che il fenomeno tende ad affievolirsi gradatamente. Questa previsione può essere utile al fine di una concreta programmazione degli interventi che devono effettuarsi in caso di calamità naturale oppure per effettuare calcoli preventivi di massima pericolosità.

La neve che d’inverno ricopre le stupende colline spoglie di vegetazione, non tutti gli anni è presente - gli inverni sono in gran parte secchi con poche precipitazioni - e quando arriva non crea di solito grossi problemi, viabilità a parte. Gli apporti unitari non sono molto elevati, da 30 ad 80 cm circa nell’arco di una giornata ed avvengono in maniera abbastanza distribuita nel tempo. Non ci sono grossi problemi legati a slavine o ad assestamenti del manto nevoso poiché la pendenza media non è elevata oppure, nelle zone più acclivi, la superficie risulta coperta da boschi i quali, operano una energica barriera al manifestarsi di questo tipo di eventi.

Un discorso a parte merita il fenomeno estivo della grandine che, soprattutto per i terreni vitati, causa gravi danni all’economia locale. Fortunatamente la presenza di questo fenomeno atmosferico, particolarmente dannoso all’agricoltura, non compare in tutte le annate e, quando compare, lo fa in modo molto limitato; però quello che non è quantificabile è l’energia e l’intensità con cui si manifesta. A volte alcuni secondi di questa micidiale pioggia ghiacciata possono danneggiare o addirittura distruggere completamente l’uva già in fase di ingrossamento o di maturazione degli acini, oppure defogliare irrimediabilmente le colture cerealicole principali. I mezzi di lotta e protezione per difendersi da questo evento sinistro sono purtroppo molto costosi e quindi non resta che ovviare con forme assicurative che comunque non portano ad avere alla fine, come si suol dire "del vino in cantina!".

 

Figura 2.3 - Curve di inviluppo delle precipitazioni massime con durata da 1 a 5 giorni. La curva I è relativa ai massimi assoluti, le altre alle piogge che, in ordine decrescente dei valori, corrispondono al V, X, XV e XX posto.

 

3. Considerazioni.

Dopo aver esaminato i principali aspetti del clima presente nell’area d’indagine, è possibile ora effettuare un analisi climatologica di massima e definire il regime climatico predominante.

Innanzitutto va ricordato che l’area geografica studiata rientra in quello che viene definito su grande scala "Clima continentale umido", avente, in Europa, un estensione in latitudine da 45° a 60° N. E’ la zona caratteristica di scontro fra masse d’aria polari e tropicali. Vi sono forti contrasti termici stagionali ed il tempo è molto variabile di giorno in giorno. Si possono avere massimi estivi di precipitazioni per invasione di aria marittima tropicale - non è il nostro caso - mentre gli inverni, freddi e tendenzialmente siccitosi, sono dominati da incursioni d’aria continentale polare o anche artica. Le precipitazioni sono in relazione con l’arrivo di masse d’aria polare marittima proveniente dall’Atlantico settentrionale (CASATI-PACE, 1991).

All’interno di questa vasta area geografico-climatica europea si trova quello che viene definito da molti autori il "Clima temperato di transizione", cioè un clima che si interpone tra quello freddo subpolare, quello caldo mediterraneo e, nel senso della longitudine, tra il clima umido marittimo dell’ovest e quello continentale secco o peridesertico dell’est (CASATI-PACE, 1991). Le condizioni atmosferiche particolarmente instabili provocano un’accentuata variabilità stagionale con escursioni termiche marcate ed una piovosità molto differenziata da una zona all’altra, sia in termini quantitativi, che nella distribuzione annuale, con massimi nelle stagioni primaverile ed autunnale.

Restringendo ancor più il campo d’indagine arriviamo a definire quello che risulta essere il regime climatico della "Regione padana"; un ampio bacino circondato da rilievi a nord, a ovest e a sud, ma aperto a oriente. Esso è limitato - sotto il profilo climatico - dall’isoipsa 1000 m sul versante alpino e dalla linea spartiacque su quello appenninico. In autunno, in inverno e in primavera sono abbastanza frequenti le depressioni sottovento e le depressioni d’origine mediterranea, la cui sequenza è spesso interrotta da periodi di tempo stabile, dovuti all’influenza dell’anticiclone dell’Europa centrale. Nel periodo invernale, l’intera vallata è coperta da uno strato d’aria fredda stagnante dello spessore di un migliaio di metri e a tale strato si devono le fitte nebbie che con tanta frequenza investono la regione. L’anticiclone delle Azzorre determina nel corso dell’estate pressioni livellate e una debole circolazione atmosferica con conseguente formazione di foschie. La depressione di natura termica che s’instaura nelle ore più calde favorisce manifestazioni locali d’instabilità (CASATI-PACE, 1991).

Arrivando a definire il clima del Monferrato settentrionale - e quindi anche quello dell’area d’indagine - dobbiamo dire che esso, data la posizione quasi centrale che la zona occupa in ambito regionale piemontese e data la geomorfologia del territorio collinare, che s’innalza quasi isolatamente dal resto della pianura padana, risente di numerose situazioni climatiche che si sviluppano grazie ai contributi delle masse d’aria provenienti da nord, correnti fredde continentali e polari, da ovest, correnti atlantiche e da sud, correnti calde marittime e tropicali. Il tutto determina una particolare distribuzione delle precipitazioni, inoltre, osservando il diagramma ombrotermico di Figura 4.1, si può notare la marcata disformità delle precipitazioni a livello stagionale ed il picco minimo presente nel mese di luglio; questo è un tipico andamento delle zone interne collinari piemontesi con due picchi di maggior precipitazioni, ma quello primaverile sempre più accentuato rispetto a quello autunnale. Il valore medio mensile di temperatura più alto si rileva in luglio, però questo parametro, unito alla considerazione fatta precedentemente in merito alle precipitazioni, non crea i presupposti per un clima di siccità estiva particolarmente pronunciata (mai si ha P<2T).

 

4. Conclusioni.

Concludendo, la situazione climatica dell’area d’indagine rispecchia fedelmente le considerazioni sopra menzionate e le elaborazioni climatiche effettuate ne sono un giusto riscontro. Analizzando i dati relativi ai 35 anni del periodo considerato possiamo dire che mediamente si ha una piovosità di 837 mm, con massimi registrati nel mese di maggio, in cui si raggiunge una piovosità media mensile di circa 110 mm ed un minimo medio mensile rilevato nel mese di luglio. La temperatura media mensile è di 11°C, con un massimo in luglio, 21,3°C ed un minimo in gennaio, 1,3°C. Il mese più caldo è luglio, con una media mensile delle temperature massime di 27°C circa ed il mese più freddo è gennaio, con una media mensile delle temperature minime di circa -2°C. La temperatura massima assoluta registrata è stata di 33,3°C e quella minima assoluta di -12,9°C.

Figura 4.1 - Diagramma ombrotermico per l'area in esame, valori medi mensili, relativi a 35 anni consecutivi.

 

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