Oramai sono successe troppe cose, e la mia mente inizia a vacillare di fronte a tutto quello che è successo: prima il sogno, poi la realtà, poi la magia… tutto è così strano e diverso dal mio mondo.

Ma procedo per gradi….

 

IL SOGNO

 

Parlare di quel giorno mi sembra sempre difficile: mi ero come al solito addormentato, nella mia stanza nel palazzo della mia famiglia, quando tutto cominciò.

Era un sogno molto vivido e io credevo veramente di essere un povero contadino pezzente, che un esercito di un paese straniero arruolava per i suoi sporchi affari: anche se in sogno, i momenti dell’addestramento, erano così vividi.

Argon era il nostro istruttore, e Lanigiro era uno dei miei compagni: a volte penso che loro non siano mai cambiati da quel sogno.. Lanigiro pieno di belle speranze, come se conoscesse il mondo dal giorno prima, Argon un vecchio brontolone (la sua parola preferita era ARG) che per qualche recondito motivo si era ridotto a fare da istruttore a noi. E io uno stupido contadino più interessato ai voleri della sua pancia che a quelli del suo spirito: eppure io ero davvero convinto di essere me stesso, di aver trovato la mia vera natura.

Idiozie.

Dopo alcuni mesi (attimi nel mio sogno), eravamo pronti per una missione speciale: fu in quei momenti che conobbi God Vastiz. Lui era uguale sia nel sogno che nella realtà: sempre a celare qualche sotterfugio, come se sapesse molto, ma dicesse molto poco.

Mimez, poi, quella è un’altra storia: era chiaro che non era un guerriero.. troppo piccolo, troppo debole, ma veloce come il vento nel muoversi attorno a me.

La nostra missione? Scortare un vecchio conte.. maledetto quel conte.

Ci eravamo accampati, un sera, e io ero di guardia: se fossi stato fermo dove ero, forse, non sarebbe successo nulla di tutto quello che devo ancora raccontare.

Ma è stata una mia scelta quella di dirigermi verso quella luce, oltre la collina: è stata anche una mia scelta quella di chiamare gli altri, e addentrarci assieme in quel lugubre cimitero, spuntato dal nulla.. opera del demonio, mi dicevo, e anche adesso penso che qualcuno di sovrannaturale ci fosse dietro, certamente, anche se era solo un sogno.

Sta di fatto che trovare, in quattro tombe, i nostri quattro cadaveri, non era certamente una bella esperienza: io, Lanigiro, Argon e Vastiz eravamo li, morti.

Il resto è un incubo, non un sogno: ogni volta che ci addormentavamo ci trovavamo in un luogo e in un tempo sempre diverso.. prima gli umani avevano il predominio su tutto il continente, poi gli elfi, poi i nani, poi la malvagia baronia.

E quello stupido di un conte che non capiva: in quei “viaggi” conobbi Fudo. Un tipo strano, di poche parole, che per quanto dice lui, per fede, deve portare sempre una maschera sul volto.

Non mi fidai di lui dalla prima volta che lo vidi.

Poi la guerra, lo scontro decisivo tra eserciti in lotta, e quel bastardo di Zoser che veniva braccato da tutti gli elfi, perché sapeva cos’era la Gemma della purezza: nel sogno è morto.

La guerra dicevo: esseri che superavano la mia comprensione si scontravano, mentre io venivo trascinato nel mio peggiore incubo.

 

Lo avevo visto per la prima volta quando mi vidi nel cimitero: era grande, nero, gigantesco, e la mia spada lunga non poteva nulla contro di lui.

Ora era li. Un drago nero, che massacrava un misterioso guerriero.

Poi il suo gigantesco occhio, la sua pupilla da serpente che si stringeva e mi toglieva il fiato: la mia sola speranza una spada, piantata poco lontana.

Era alta come me, era grande e nera. La sterminatrice nera.

La presi, cosciente che avevo un solo colpo, al massimo due, contro quel mostro: il suo peso doveva essere enorme, troppo per me, ma non avevo altro scelta.

Ma, per Lilith, nelle mie mani La sterminatrice non era altro che un fuscello: la maneggiavo come se fosse una estensione del mio corpo, e fossi stato da sempre addestrato per usarla.

Il primo colpo andò a vuoto e il drago spedì me e la spada contro un albero: avevo una grossa ferita sul petto, ma potevo sferrare ancora un colpo.

Il colpo decisivo.

Così fu: tagliai quella bestiaccia in due, e mentre finivo a terra per l’impeto del colpo, il mondo si scurì attorno a me.. il sogno era finito..

 

IL GEHIRN:

 

Mi svegliai, nel mio letto, con la mia spada, la spada di famiglia, che era nostra da generazioni, vicino a me: le ancelle mi aiutarono a lavarmi e a vestirmi, e così mi incamminai verso la mia sacra missione.

Il Gehirn, la polizia religiosa della chiesa di Lilith, mi aveva incaricato di recarmi ad Augusta, per compiere il mio sacro compito, come aveva già fatto mio padre.

Nei mesi di viaggio, attraversando varie nazioni, mi soffermai su quel sogno, e scoprii con orrore che non era solo un sogno.

Dopo aver sconfitto il drago, infatti, avevo preso le scaglie della sua pelle, e le avevo portate in un villaggio: nella realtà quel villaggio era sulla mia strada, e le scaglie da armaioli esperti erano diventate un’armatura, la mia armatura.

Un segno di Lilith? Forse.

Ad Augusta, per la prima volta, sentii nominare gli occhi di Lilith, oggetti sacri, che per portare a termine la mia missione dovevano essere riportati nelle mani sicure della chiesa.

Qui ritrovai God Vastiz: lui era il generale della fenice bianca, anche lui aveva il mio stesso compito, e da allora siamo compagni, nel sacro Gehirn.

A noi si aggiunsero ben presto sia Argon che Fudo.. tutto sembrava irreale, e anche in quegli attimi attraversare un intero continente non era parso che un attimo.
A Valis, infine, arrivarono i nostri ordini: trovare la Gemma della purezza, il tesoro più sacro degli elfi. Dovevamo andare nel regno degli elfi? Così pareva..

E così fu.

 

LA GEMMA DELLA PUREZZA:

 

Il viaggio fino al regno degli elfi non fu affatto semplice: quegli esseri che si credevano superiori a tutti, incapaci di capire l’importanza della mia sacra missione.

Dopo un breve viaggio in nave nel mare interno, ci ritrovammo subito, appena sbarcati, circondati da elfi. Evidentemente la nostra missione non era segreta, e questo, chissà perché mi irritò subito.

Mi irritò anche vedere come un certo elfo di nome Urizel (figlio del re degli elfi!) si abbassasse a scortare noi fino alla sua città: come se io, Lanigiro, Argon, God Vastiz, Fudo e Mimez non fossimo capaci di arrangiarci da soli!

Il viaggio in se fu piacevole, una settimana all’interno di una foresta ben curata dagli elfi è qualcosa che colpisce l’animo anche dell’uomo più malvagio del mondo, come il Barone.

Già, il Barone: a quei tempi non sapevo nulla di lui, sapevo solamente che minava la pace delle regioni settentrionali, oltre al mare rispetto a dove mi trovavo ora. Sapevo che era ricercato da tutti, elfi, umani, nani per i suoi grandi crimini, e, soprattutto, per la sua grande malvagità e sete di potere, in netto contrasto con gli insegnamenti divini di Lilith.

Come dicevo, il viaggio sarebbe stato piacevole se quell’elfo, Urizel, non si credesse così superiore a tutti: non c’era verso di parlargli, che lui aveva sempre la risposta pronta. Nemmeno God Vastiz sembrava riuscire a spuntarla con lui, pensavo in quei giorni.

Finalmente arrivammo nella capitale della città degli elfi, dove avremmo trovato la Gemma della Purezza. Notai che le guardie ci lasciarono andare, ricordandoci sempre che non dovevamo uscire dalla città: subito non capii cosa intendevano, ma me ne resi conto molto presto.

Nella città eravamo delle mosche bianche: soprattutto io, alto, possente, con un’armatura nera come la notte (il mio incubo…) e con una spada altrettanto enorme, non passavo certamente inosservato.

Fudo, poi, quella strana maschera sulla faccia, con quattro occhi messi in verticali nella parte sinistra, e tre occhi nella parte destra, era difficile da dimenticare.

Iniziammo subito le nostre indagini, prima contattando la sede del Gehirn in quella città, e poi partendo all’esplorazione della stessa.

La cosa che più mi colpì, dopo le tombe dei re delle ere passate, fu l’albero.

Esso aveva qualcosa di mostruoso, e nel contempo grandioso: alla base era grande come quattro case messe assieme, ed era talmente alto che la sua chioma nascondeva il sole.

Ripensando ora, penso che fosse la sua mostruosa ombra che mi irritava e mi faceva essere scontroso con tutti: la sua gigantesca ombra che sembrava avvolgere il mondo intero, e trascinarlo nel dominio della notte.

I miei compagni non se ne accorgevano, ma quell’albero ci sorvegliava, come una gigantesca colonna ci spiava, in qualsiasi angolo della città noi fossimo: la sua grandezza, la sua mole lo rendevano impossibile da ignorare.

Ma c’era dell’altro: molte guardie elfiche pattugliavano i suoi immensi rami, dove, con stupore scorgemmo dei camminamenti e delle porte. La curiosità, si sa era troppa: chiedemmo in giro delle Gemma della Purezza, ma nulla poteva far aprire la bocca a quegli elfi.

Per loro era un tesoro così grande da valere quanto la propria vita, mi disse uno di loro.

E ricordai: nel sogno, Zoser, l’aveva rubata, e quattro elfi lo avevano braccato per tutto il continente, finché non l’avevano ucciso, senza nessuna pietà, infliggendogli dei dolori immensi. Che fosse toccata anche a noi la stessa sorte? No. Lilith era dalla mia parte!

Decidemmo quindi di andare sul grande albero: Mimez e Argon e Fugo vi andarono, mentre noi cercavamo un modo di distogliere l’attenzione delle guardie. Tutto andò, ovviamente bene, ma non eravamo preparati a quello che si celava nelle profondità dell’albero: ricordo ancora lo sguardo inorridito di Argon… proprio lui, un uomo che pareva aver visto di tutto nella vita, era quasi spaventato da quelle cose. Cerco di buttarla sul ridere, ma tutti ci accorgemmo, dal suo racconto, che quello che c’era nascosto in quell’albero non meritava di esistere.

Ora non voglio ricordare quegli incubi, perché NESSUNO deve conoscere cosa c’è all’interno di quell’albero, MAI: così ho deciso, ed ora che ne ho il potere, NESSUNO lo saprà mai.

Sta di fatto che non riuscimmo a trovare la gemma della purezza, nonostante i nostri innumerevoli sforzi: sembrava non essere mai esistita, quando, per caso, capimmo.

Era davanti a noi dal giorno che eravamo entrati in quella maledetta città. No, non maledetta, devo controllare le parole, non voglio che gli elfi siano maledetteti, anzi.

L’albero! La gemma della purezza non era l’altro che il frutto di quell’albero, che come una gigantesca quercia costruiva con lentezza delle ghiande, e all’interno di quelle ghiande, le gemme della purezza. Ricordo ancora il loro sapore: come gustare il la dolcezza, e nel contempo l’asprezza della verità.

Ma non è questo il punto, perché il Gehirn ci indicò un altro luogo, dove avremmo trovato un altro degli oggetti a noi necessari per soddisfare il volere di Lilith.