RICORDO DI JOY
LA LAVORAZIONE
L’idea di “Ricordo
Di Joy” è nata nel 1998, dopo la lettura dell’interessante prelazione al
disco “Murder Ballads” edita sul libro “Nick Cave” a cura di Antonio
Vivaldi, soprattutto dalla lettura della canzone che apre il disco,
intitolata “Song Of Joy”. Ciò che a primo ascolto e lettura viene alla
mente è un insieme di fattori di notevole inquietudine, cioè vedere dietro ad
un paesaggio imbiancato dalla neve due persone che parlano di un delitto
tranquillamente come se fossero in poltrona davanti al camino, e poi passare ai
flashback, in una casa borghese fredda come il ghiaccio, come se tutto intorno
non avesse significato; e ancora il volto triste e malinconico di una moglie
che, per ironia della sorte, si chiama Joy (Gioia), e l’innocenza tramandata
dalle tre figlie nate una ogni due anni; poi passiamo all’assassino senza
identità che si nasconde nella pioggia e col massimo della crudeltà compie
omicidi; piove sangue su Boston; fino ad un finale sospeso nella neve davanti ad
un cumulo di cenere e i passi rimandati a film come “Psycho”, dove si
esalta il problema della doppia personalità. Il tutto completato dalla presenza
di uno spirito guida che trasforma in canzoni ogni pensiero, ogni ricordo, ogni
emozione, ogni fatto accaduto.
Quindi
uno script difficile, visionario, che va dal videoclip alle ambientazioni da
fotoromanzo, al disegno animato alle pause a schermo nero. Citazioni bibliche e
l’efferata crudeltà della storia sono ottimi ingredienti che cercano di far
piovere un’atmosfera di angoscia veramente notevole.
Riportiamo
il contenuto scritto di una registrazione effettuata dallo sceneggiatore Cesare
Carugi appena dopo la fine della stesura finale dello script:
“Uff… ho
finito, credevo proprio di non farcela invece sono molto soddisfatto… mi viene
da pensare alla notte. Ho chiuso il film con uno zoom che sta tra l’angosciante
e il consolatorio, intorno ad un paesaggio innevato e dato in pasto alle
fiamme, ma in cui un passerotto ha ancora la forza di farlo valere. Questo film
per me è stato il più visionario sotto il punto di vista dell’immedesimazione;
scrivevo, recitavo e dirigevo allo stesso tempo, sapevo quello che volevo e
tutto è andato ok… Certo, è più film che musical, forse. E’ una parabola dark
in cui si sfruttano le capacità musicali e letterarie di Nick Cave, che
considero tra i 5 più grandi artisti viventi… chi c’è prima di lui?… Boh,
potrei azzardare Tom Waits, o Roger Waters… non lo so, davvero… Nick sarà
soddisfatto dell’opera. Spero di avere tramandato quello che lui aveva cercato
con “Song Of Joy”. Certo, a volte è facile tramandare l’orrore; è più facile
fare a pezzetti un neonato che far piegare dal ridere un lettore di fumetti…
Staremo a vedere. Cecina, 27 settembre 2001… sono le 23 passate…”
REDAZIONE: Da caratterista a protagonista principale
di un film piccolo ma ambizioso. Cosa vuol dire?
Z.G.: Ero a Londra per girare uno spot, quando mi ha chiamato un
amico che lavora alla Mute Records, chiedendomi se volevo fare una parte in un
videoclip di Nick Cave. Visto che avevo degli impegni ho dovuto rifiutare, così
Nick Cave ha preso Udo Kier, per girare il video di “Fifteen Feet Of Pure White
Snow”. Ma non finì qui. Seppi che era Nick Cave che mi aveva richiesto per il
videoclip, e cercai così di sdebitarmi andando a vedere un suo concerto. Non
amo il Nick Cave del primo periodo, in quanto la mentalità decadente di inizio
anni ’80 mi è sempre rimasta indigesta. Amo però il Nick Cave degli anni ’90,
da “The Good Son” ad oggi, più classico e meno fracassone. Così l’ho incontrato
a cena dopo il concerto e mi disse che stava pensando ad un film. Mi disse la
storia e io risposi che volevo farne parte. Non mi aspettavo certo il ruolo del
protagonista, credevo mi cercasse per un ruolo di contorno, ai quali sono
abituato.
REDAZIONE: Cosa si vuole esplorare con “Ricordo Di Joy”?
Z.G.: Credo che Nick scrivendo “Song Of Joy” abbia voluto
esplorare il dramma della solitudine, unita forse a delle piccolezze che però
in mente si rivelano molto importanti, come il vento, la neve, la pioggia, o
una semplice scritta su una parete. E’ difficile spiegare, ma credo che
l’intenzione di raccontare questa storia spezzettandola in flashback l’uno
dentro l’altro e visioni tra l’apocalittico e l’irreale sia stato un tentativo
di scrittura molto complesso nel quale lo sceneggiatore doveva ben appuntarsi
tutti i singoli incastri.
REDAZIONE: Ci può essere un seguito per “Ricordo Di Joy”?
Z.G.: Non credo molto nei sequel. La Cadillac Ranch mi chiamò
anche per il sequel di “Fight Club”; la storia era interessante e fuori da ogni
banalità, ma poi il progetto è stato congelato. Non sono uno che cerca il
sequel, anche perché cerco ruoli che mi facciano maturare dentro, nelle mie
capacità. E poi, sinceramente, in “Ricordo Di Joy”, troviamo un finale sospeso
nel vuoto, diviso tra la soddisfazione e l’incompletezza, in cui troviamo una
risposta nella psiche umana e tutte i suoi affascinanti viadotti che si
intersecano.