Derrence Cale è un impiegato della Chemical Chester. Svolge piuttosto bene
il suo lavoro di caposezione al piano; nessuno gli ha mai affidato
quell'incarico e data la vastità dell'azienda per otto anni tutto è sempre
filato liscio.
Un giorno Derrence conosce Edwin Tzadi; questo lo mette in
guardia dalla sua segretaria, Mercy Adrians, la quale, secondo Tzadi, lo
vorrebbe eliminare. Derrence, sconcertato, rivela la cosa a Brian ed Aileen: ma
questi non sembrano per nulla sorpresi, ma anzi sembra quasi che si aspettassero
che una situazione del genere si sarebbe prima o poi creata; quindi premono
affinchè egli abbandoni l'azienda o, come già gli aveva chiesto Tzadi, uccida
Mercy Adrians.
Una inquietante vicenda che si concluderà con una rivelazione catastrofica non
solo per Derrence ma per tutto il genere umano
Ed ecco ora alcuni approfondimenti sulla storia.
Innanzitutto tengo a
rivelare la mia fonte ispiratrice: si tratta di un racconto scritto da Herbert
D. Kastle, il cui titolo è appunto "Il dio del trentaseiesimo piano".
E' un racconto che mi è piaciuto moltissimo e che a distanza di tanti anni mi
coinvolge ancora; infatti la prima volta che l'ho letto avevo appena 13 anni,
quindi si tratta di 6 anni fa. Ho conservato la mia passione per questa storia,
tanto che ora ho finalmente la possibilità di divulgarla tramite il cinema…….o
almeno il cinema virtuale!
Il film è naturalmente un adattamento, in quanto non
rispetta in tutto e per tutto la storia originale; ho pensato di aggiungere
qualche personaggio, come ad esempio Brian Grant. Altri non avevano nome e non
avevano un ruolo ben definito: è il caso di Logan Monroe e di Derek
Sykes.
Infine nel racconto Aileen (nome aggiunto, figurava solo il cognome) è
semplicemente una collega di Derrence e non la sua fidanzata.
Per quanto riguarda la scelta degli attori e del regista, questa è dettata
dalla presenza di ambienti chiusi e "artificiali" (ufficio,
appartamento, ristorante), i quali mi hanno rimandato alle atmosfere oscure di
"Dark City"; a questo punto la scelta prima è caduta su Alex Proyas
come regista; ma dal momento che era impossibile utilizzare Brandon Lee (per
ovvie ragioni), ho pensato di affidare il ruolo del protagonista a Rufus
Sewell.
Jennifer Connelly l'ho conosciuta con "Phenomena" e mi sembrava adatta
al ruolo.
Sigourney Weaver mi dava una doppia sensazione: donna bella e gentile
da una parte, crudele predatrice dall'altra; una sensazione maturata soprattutto
dopo la visione del film "Biancaneve nella foresta nera"; quindi a mio
giudizio perfetta del ruolo della bella incriminatrice.
Serviva un uomo di mezza
età, possibilmente non un figurino, cosciente dell'importanza del suo compito,
quindi intraprendente e sciolto nel dialogo; risultato: Harvey Keitel, sempre un
mito.
A Tim Roth, conosciuto con "Le iene", spetta un ruolo di non
protagonista: non essendo Roth una star assoluta, ma essendo comunque un buon
attore, anche il personaggio di Brian acquista un certo rilievo.
Per il ruolo
del "padrone" avevo solo l'imbarazzo della scelta; uno degli
antagonisti più noti è certamente John Voight, che anche per questioni
anagrafiche soddisfa le mie esigenze.
Per ultimo, il ruolo forse più
"cattivo", quello di Derek Sykes, è affidato a Ricky
Caria, reduce
dalle fatiche di "Never look the sky"; un personaggio in crescita, che
ha già esperienza di video amatoriali, per il momento tutti in chiave comica.
Ma, come dice Egg-Shen in "Grosso guaio a Chinatown", tutto comincia
dal molto piccolo.