Soggetto e sceneggiatura:
Luciano Vincenzoni, Nicola Badalucco
Fotografia (Eastmancolor): Pasqualino De Santis
Musica: Gianfranco e Giampiero Reverberi, Nicola Di Bari
Scenografia: Amedeo Fago
Montaggio: Franco Fraticelli
Produzione: Dino De Laurentiis Cinematografica - lntermaco, Roma -
Trianon, Paris
Distribuzione: M.G.M.
Durata 105’
Interpreti: Nicola Di Bari (avv. Stefano Mancuso, detto l’avvocaticchio), Bud Spencer (Rosario Rao), Andrea Balestri (suo figlio Raffaele, detto “Lello”),
Domenico Santoro (Mino. l’altro figlio), Francoise Fabian (signora Rao), Marcel Bozzuffi (Mariano Fridda), Guido Leontini (maresciallo Coppo), Maria Baxa (Nascarella), Saro Urzì (contrabbandiere di sigarette), Gigi Ballista (avv. Marinotti), Teodoro Corrà (Ravezza), Vittorio Duse (fotografo), Mario Pilar, Elio Zamuto
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Soggetto:
Rosario Rao, generoso nel cuore e prestante nel fisico viene ingiustamente imprigionato e condannato per omicidio. Il crimine in realtà era stato compiuto da un gruppo mafioso guidato da un certo Fridda, il quale intendeva così liberarsi in un sol colpo di un proprio «picciotto», troppo focoso e troppo informato, e di Rosario che in tempi non lontani aveva impedito certe sue prepotenze. Con Rosario in prigione, chi lotta per provarne l’innocenza è il suo figlioletto Mino, assistito dal fratellino minore Lello e da un avvocaticchio generoso e squattrinato, Mancuso. I mafiosi, dapprima cercano di disperdere le piste lasciate
(tra cui fondamentale una fotografia), poi passano alle maniere forti, malmenando Mancuso; quindi non esitano neppure a tentare di ammazzare uno dei ragazzi, Mino, il quale era riuscito a procurarsi la prova dell’innocenza paterna. Rosario Rao riesce a sottrarsi ai carabinieri proprio mentre lo portavano in ospedale a visitare il figlioletto morente. Essendosi procurata una pistola tramite il piccolo Lello, uccide sia Fridda che il sicario che ha malmenato Mino. E torna in prigione, questa volta veramente colpevole di omicidio.
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"Coesistono in "Torino
nera", restando però narrativamente separati, almeno tre motivi: il
primo (...) trova la sua migliore dimensione (...) nello sguardo di Lizzani verso certa periferia suburbana dove l’emigrazione interna vive
in perenne provvisorietà e degradazione; il secondo, quello del discorso
su mafia ed emigrazione, fa capolino tra pieghe del racconto senza tuttavia mai acquistare una
dimensione precisa e una definizione sociologicamente significativa; il terzo, quello del «thrilling» giallonero resta
preminente (...) tale comunque da distogliere l’attenzione dello spettatore da un
discorso sociologico che avrebbe potuto acquistare pregnanza — e non restare una semplice scorza
intenzionale — se il disegno narrativo del film e la sua realizzazione
(...) fossero stati governati da un maggior rigore. Alla confezione del film, spettacolarmente comunque dignitosa,
contribuisce (...) la bella fotografia di Pasqualino De Santis."
(Lino Miccichè) |