Nato a Torino nel 1943, Roberto Faenza,
studi universitari alle spalle e diploma al C.S.C., esordisce
giovanissimo come regista. Il suo primo film - a parte un paio di esperienze con i cortometraggi -
uscì nel 1968 e si intitolava Escalation. Era un aspro apologo contro la società capitalistica ed i
molti lacci e condizionamenti che essa impone alla libertà
dell’individuo con protagonista Lino Capolicchio e con altri ottimi
attori come Gabriele Ferzetti, Claudine Auger, Didi Perego e Leopoldo Trieste. Il film, costato cento milioni,
giunse ad incassare oltre un miliardo. L’anno successivo uscì il
grottesco H2S, con Paolo Poli, Carole Andrè e Lionel Stander. Il film,
una bizzarra favola fantascientifica impregnata d’utopismo
antitecnologico, è la storia di Tommaso, giovane che tenta di sfuggire alle tentazioni del consumismo rifugiandosi in un ghiacciaio. In un’ intervista del periodo Faenza
dichiarava:
La differenza tra me ed i miei colleghi è ben visibile. Quelli prodotti
dagli altri registi sono film romantici, nei protagonisti rispecchiano
loro stessi, li guardano con affetto e indulgenza. Nei miei, al
contrario, c’è per tutti i personaggi lo stesso metro di misura: la
critica feroce.
Il film fu un clamoroso insuccesso. Dopo un periodo di tempo
trascorso nello studio e nell'uso dei mezzi audiovisivi di
controinformazione, ha diretto nel 1977 Forza Italia, un film montaggio che ripercorreva trent’ anni di falsità, incongruenza e involontaria comicità del
potere democristiano. Due anni dopo Faenza realizzò Si salvi chi
vuole con Gastone Moschin e Claudia Cardinale, la storia di un deputato, fervente comunista a parole, ormai imborghesito e circondato da una moglie permissiva, una figlia fricchettona con
fidanzato nullafacente al seguito. Faenza visse poi qualche tempo in America lavorando come docente
universitario. Nel 1982 diresse Copkiller, tratto dal romanzo
" The order of death" di Hugh Fleetwood, storia di un
assassino di poliziotti, con protagonisti un mitomane che si accusa degli omicidi,
una giornalista in cerca di scoop, un tenente di polizia che odia gli emarginati, gli oppressi e sogna una società pulita e
perfetta. Gli interpreti sono Harvey Keitel, Nicole Garcia e l'ex Sex
Pistol John ("Rotten") Lydon. Faenza ritorna poi alla regia
solamente nel 1990 con Mio caro dottor Grasler, anche questo tratto da un romanzo,
"Il dottor Grasler medico termale", di Arthur
Schnitzler. Il cast è internazionale: Keith Carradine, Miranda
Richardson, Max Von Sydow, Mario Adorf.
La storia: il medico termale Grasler ha un’ esistenza scandita in modo perfetto, d’estate lavora in Marocco, d’inverno in Europa. Il suicidio della sorella gli impone una scelta di vita, ma il medico non riesce a districarsi dall’ amore per tre diverse
donne.
E’ datato 1993 Jona che visse nella balena, film tratto da
"Anni d’infanzia" di Jona Oberski (oggi scienziato ad
Amsterdam) che racconta la tragedia dell’ antisemitismo e l’esperienza del lager, attraverso gli occhi offesi del piccolo Jona, costruendo un film delicato ed
emozionante che rinuncia al clamore delle scene madri e alla facile commozione.
Nel 1995 Faenza porta sul grande schermo un romanzo di successo: Sostiene
Pereira, di Antonio Tabucchi, affidando la parte del protagonista a Marcello
Mastroianni. Accanto a lui compaiono Daniel Auteil, Stefano Dionisi, Nicoletta Braschi, Joaquim de Almeida e Marthe Keller.
E’ la storia di un anziano giornalista che vive e sopravvive nella Lisbona del 1938, in pieno periodo salazarista, mentre nella vicina Spagna infuria la guerra civile. Pereira è responsabile ed unico collaboratore di una pagina d’arte, dialoga con la foto della moglie, pranza sempre nello stesso ristorante ed un cameriere gli racconta cosa succede in città. Casualmente il tranquillo Pereira conosce Monteiro Rossi, un giovane che si candida a collaboratore, in realtà militante antifascista. Per lo stanco giornalista è l’incontro con una nuova vita, più irruente e irresponsabile, ma oltremodo affascinante. Monteiro sarà ucciso dai killer fascisti, ma Pereira ha imparato la lezione ed usa la pagina del suo giornale per denunciare l’accaduto all’opinione pubblica.
Anche il film successivo, Marianna Ucrìa, uscito nel 1997, è tratto da
un romanzo italiano: "La lunga vita di Marianna Ucrìa"
di Dacia Maraini. Gli attori principali sono Emmanuelle Laborit, attrice non udente,
Laura Morante, Philippe Noiret, Lorenzo Crespi, Eva Grieco, Roberto Herlitzka, Selvaggia Quattrini.
Il film racconta la vita di Marianna, una bimba chiusa in un silenzio totale che, dopo aver subito una violenza sessuale, cresce fra adulti omertosi che la costringono ad assistere all’esecuzione di una pena capitale nel vano tentativo di scuoterla con uno choc violento, ma nulla serve a farle tornare la parola. Marianna va in sposa ad uno zio, ma troverà l’amore grazie ad un domestico, un ragazzo in grado di amarla e capirla.
Faenza ha poi diretto L'amante perduto, tratto dal romanzo "L'amante"
di Abraham B. Yehoshua.
Ambientata a Tel Aviv è la storia di Asya, di suo marito Adam e della figlia Dafi. Asya, una donna che ha sofferto per la perdita di un figlio, vive senza interesse la vita finché un giorno incontra il giovane studente Gabriel, un ebreo francese, che diventa il suo amante. Adam comprende il magico momento che sta vivendo sua moglie e
anziché ostacolarla, quando Gabriel se ne andrà senza lasciare tracce, partirà al suo
inseguimento per ridare ad Asya la felicità, In questa ricerca è accompagnato da un ragazzo arabo che lavora nel suo garage e che s’invaghisce di Dafi, la figlia tredicenne di Adam e Asya, che più di tutti soffre della situazione che è andata creandosi tra i genitori. Ma il sentimento d’amore dei due giovani sarà
ostacolato, oltre che per ovvi motivi politico-religiosi, anche dai genitori libertari e apparentemente permissivi di Dafi.
Nel 2003 esce l'ultimo film di Faenza, Prendimi l'anima.
Siamo nel 1904. La giovane Sabina Spielrein, ricoverata nell’istituto psichiatrico "Burghölzli" di
Zurigo, si rivela paziente assolutamente speciale per il dottor Carl Gustav Jung, trattandosi di una donna dalla complessa e affascinante personalità, la cui schizofrenia “attiva” non può che attirare - tra scienza e passione amorosa - il medico seguace di Freud. Per lei comunque Jung non sacrificherà carriera e famiglia e Sabina, una volta laureatasi psicoanalista, sperimenterà una nuova vita ritornando nella natia Russia dove - sulla scorta dei nuovi respiri “rivoluzionari” - andrà a gestire con metodi pedagogici alternativi l’“Asilo Bianco”, finché non ci penseranno Stalin prima e i nazisti in seguito a porre fine drammaticamente alla sua eccezionale esperienza.
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