Soggetto
Luciana, ventidue anni, è una contadina diventata operaia in una grande
città. Timida, introversa, toccata però da una grazia sottile che la rende
amabile in modo affettuoso, cercherà (trovandola) la morte perché non
può più vivere e non sa più vivere dentro alla violenza così
scientificamente organizzata della nostra vita. Anna, ventitré anni, è una maestra; in crisi con le istituzioni scolastiche;
dunque, in crisi aperta di rimozione del proprio lavoro. La famiglia
piccolo-borghese non rappresenta più per lei un ancoraggio, ma piuttosto un luogo comune da fuggire.
Alvaro dice di venire da lontano. Anche lui è molto giovane. Vive così,
come capita, dormendo con altri amici negli anfratti della metropolitana.
E’ un attore che promette, oppure è soltanto un’ombra giovane che va
e viene e poi scompare; o può durare tutta una vita a recitare il commento ironico e aggressivo alla vita stessa.
Anche Mario è un contadino diventato operaio, come Luciana. E mentre Luciana muore, in quel modo, lui, invece, resiste perché si è socializzato
con rabbia, si è politicizzato. Ha trovato nell’impegno di lotta con gli altri
compagni il solo modo di esistere. In questo senso è una testa ordinata,
che non può essere coperta dall’angoscia totale proprio perché è
preservata e stimolata dalla sua collocazione politica. In questa sicurezza, che
in un certo modo è splendida e vitale, sta la sua forza di personaggio,
di uomo positivo. Lui non rischia di morire (mai o per il momento), anche se rischia ad ogni passo di soffrire.
Infine, Marco. E’ stato giornalista. Ora vive vicino ad una finestra,
dentro al suo negozio-stanza, ingessato dal collo al bacino, per un incidente
stradale, e sa bene che non potrà essere diverso da quello che la violenza
del mondo ha voluto che sia. Un mare chiuso, un piccione schiacciato. Eppure non è un ragazzo che odia. Non smette di interrogarsi, di
guardarsi in giro, di aspettare, di leggere... Circondato dall’affetto degli amici
potrebbe vivere senza aspettare la morte; facendo finta di dimenticarla.
Ha sposato Luciana giovanissimo, ma si sono presto separati, molto prima
del terribile incidente. Luciana però continua a cercarlo per un consiglio,
per una risposta alle continue domande turbate; o anche soltanto per ascoltarlo parlare. Il loro è un sentimento che non si è ancora calmato;
in quel modo è certamente un amore che dura, anche se è un amore con disperazione.
Anche Mario ama Luciana, con una violenza naturale e un naturale
impaccio; ma senza molta speranza. Marco concluderà la storia affidando il suo addio ad un biglietto...
Scomparirà rifiutando, con la fermezza di un ragionamento, l’emozione degli
affetti e l’amore, la tenerezza, il tempo degli altri; l’insieme dei
sentimenti bene educati che rischiano di soffocano togliendogli — questi sì —
ogni speranza. Mentre i cinque ragazzi vivono le loro storie, sottoterra, in una stazione
della metropolitana, si svolgono parallele una serie di azioni
(spettacolari o teatrali) che alcuni giovani di volta in volta inventano.
Queste azioni rimandano di continuo alle invenzioni delle idee, quelle che ciascuno di noi, come un grande teatro di fuoco, si porta addosso.
La città del racconto non è Milano, anche se il film è stato girato
interamente a Milano. I cinque giovani non sono i nostri figli o i nostri
fratelli, questi giovani non siamo noi, anche se crediamo di esserlo. Ogni sentimento è mercificato e ha un prezzo, ormai, e una quotazione.
E’ una moneta anche la morte: valutata, pesata, contrattata,
sottoscritta. In questa società niente è lasciato al caso, tutto è
parcellizzato; non ci sono più crepe. Non è più possibile, per quanto
ci si illuda, inserirsi in qualcosa con una piccola astuzia. |