LA PROPRIETÀ NON È PIÙ UN FURTO (1973)
di Elio Petri

 


Soggetto e sceneggiatura: Elio Petri, Ugo Pirro; fotografia (Eastmancolor-Technospes): Luigi Kuveiller; scenografia e costumi: Gianni Polidori; montaggio: Ruggero Mastroianni; tecnico del suono: Mario Bramonti; musica: Ennio Morricone; produzione: Claudio Mancini per la Quasars Films Company.
Interpreti: Ugo Tognazzi (il macellaio), Flavio Bucci (Total), Daria Nicolodi (Anita), Orazio Orlando (il poliziotto), Mario Scaccia (Albertone), Salvo Randone (il padre di Total), Cecilia Polizzi (la ricettatrice), Luigi Proietti (Paco l’Argentino), Julien Guiomar (il direttore della banca)
Distribuzione: Titanus
Durata: 125’.


Soggetto
La proprietà non è più un furto è un «grottesco» tutto giocato sulla contrapposizione di due personaggi principali: l’uno il rag. Total, è un impiegato di banca affetto da allergia al denaro (maneggiarlo gli procura un incontenibile prurito), da antiche e nuove frustrazioni (figlio di un modesto bancario in pensione non ha altra prospettiva che quella di calcare le poco gloriose orme paterne), da invidie e rabbie nei confronti dei «beati possidentes» che frequentano quotidianamente la banca; l’altro, il Macellaio, è ricco e volgare, dotato di una lussuosa automobile e di «donna-oggetto» per i propri piaceri sessuali, spregiudicato nelle pratiche di vita e nelle tecniche di arricchimento. Stando cosi le cose, Total, nel tentativo o nell’illusione di rovesciarle, prende a perseguitare il Macellaio: dapprima lo deruba del coltello preferito, poi del cappello, quindi dei gioielli di casa: infine cerca di portargli via la concubina, di introdurglisi in casa con sempre maggior frequenza, di minacciarlo continuamente nella «roba». In realtà il fine di Total — che si proclama «marxista-mandrakista» (e in effetti nella sua stanza sono, l’uno accanto all’altro, un ritratto di Marx e un manifesto del mago Mandrake) — non è, almeno in primo luogo, quello di appropriarsi dei «beni» altrui, quanto quello di distruggere la sacralità dei «beni» stessi, di violare, appunto, il loro carattere di «proprietà» in un mondo in cui «l’essere» sembra sempre più identificarsi con «l’avere». Potremmo insomma dire che Total è un individualista ribelle che cerca di rompere le regole del gioco (capitalistico), non proponendosi di mutarlo (cioè di fare la rivoluzione), ma soltanto di boicottarlo. Il Macellaio, sulle prime stupito, poi spaventato, quindi disposto a tutto per riavere la propria pace di «proprietario», prova con le minacce, poi con i trucchi, quindi con le lusinghe, infine con le proposte. Ma Total non cede e anzi ricorre a operazioni sempre più complicate (ivi inclusa una sorta di alleanza con i ladri «professionisti» della città; che gli fa scoprire come anche il furto sia oggetto di furto) per incrinare la sicurezza «capitalistica» del Macellaio. Al quale, dopo averle tentate tutte, non resta che ucciderlo.