Liliana Cavani


 

I cannibali (1970)


Regia: Liliana Cavani; sog.: Liliana Cavani, liberamente ispirato alla tragedia "Antigone" di Sofocle; scen.: Italo Moscati e Liliana Cavani; fot.: Guido Albonico; oper.: Sebastiano Celeste; suono: Raul Montesanti; scenog.: Ezio Frigerio; cost.: Ezio Frigerio; truc.: Franco Schioppa; aiuto regia: Gianni Amelio, Ugo Novello, Paola Tallarigo; mont.: Nino Baragli; mus.: Ennio Morricone diretta da Bruno Nicolai.
Int.
: Pierre Clementi, Britt Ekland, Tomas Milian, Delia Boccardo, Marino Masè, Francesco Leonetti, Alessandro Cane, Cora Mazzoni, Francesco Arminio, Giampiero Frondini, Sergio Serafini, Giancarlo Caio, e il gruppo attori della Comunità teatrale Emilia Romagna: Carla Cassola, Massimo Castri, Giselda Castrini, Dino Desiata, Marco Gagliardo, Graziano Giusti, Renato Montanari, Giancarlo Palermo, Antonio Piovanelli, Alberto Rossati, Dama Colombo. 
Organiz. gen.
: Giuseppe Francone; dir. di prod.: Federico Tofi. 
Produzione
: Enzo Doria per la Doria (Roma), Bino Cicogna per la San Marco (Roma).
Distribuzione
: Euro International Film; 
Colore, Techniscope - 35 mm. Durata:
88’.

Sotto un regime totalitario i cadaveri dei ribelli uccisi a bruciapelo coprono a centinaia le strade, le trattorie, i vagoni del metrò. Servono d’esempio. I manifesti lo ricordano agli abitanti: è proibito, sotto pena di morte, toccarli o anche prestarvi la benché minima attenzione. La gente passa indifferente, inciampando nei corpi il cui odore appesta la città. Innaffiati con disinfettanti, questi corpi sono anche benedetti dai preti che percorrono le strade al servizio del potere. Alla TV, i responsabili spiegano che «la legge e l’ordine si basano sulla collaborazione di tutte le forze democratiche». L’ordine fascista-neocapitalista regna, i militari impongono la loro legge di terrore. Solo una giovane donna, Antigone, manifesta il desiderio di sotterrare suo fratello, il cui corpo è calpestato dai passanti all’ingresso di un bar. La sua famiglia e il fidanzato Emone, figlio del Primo Ministro, si oppongono violentemente. Un giovane molto bello giunto dal mare (lo si è visto all’inizio svegliarsi sulla spiaggia, dove giaceva coperto d’un grande mantello nero), barbuto, i capelli lunghi, il quale pronuncia a malapena alcune parole di una lingua misteriosa che nessuno comprende, entra in uno snack-bar del centro della città, dove Antigone sta mangiando. Disegna su un tovagliolo di carta un pesce. Viene servito. Poi avvolge il pesce nel tovagliolo ed esce. Affascinata dallo strano personaggio, Antigone lo segue. Il giovane ricopre col suo mantello il corpo di un ribelle, mette la sua sciarpa sotto la testa di una ragazza che giace sul selciato. Antigone segue i suoi passi in silenzio. Insieme, ora essi trafugano il corpo del fratello di Antigone e lo depositano in una caverna nei pressi d’un fiume, poi tornano in città per prendere altri corpi. Subito denunciati, Antigone e il giovane straniero, Tiresia, sono inseguiti dalla polizia. Si rifugiano al Circolo Militare, poi in una chiesa, sotto diversi travestimenti. Ma sono ben presto arrestati. Antigone è interrogata, torturata. Il giovane, Tiresia, è internato sotto sorveglianza in un istituto neuro-psichiatrico. Il fidanzato di Antigone, Emone, ottiene di vedere la ragazza negli uffici della polizia. Percossa a morte, ella riesce appena a parlare. Emone cerca di ottenere da suo padre che Antigone sia trasportata in un luogo dove possa essere curata. Di fronte al rifiuto del padre, Emone decide di seguire l’esempio di Antigone e si carica sulle spalle il corpo di un ribelle. Subito arrestato anche lui è gettato in carcere. Per esprimere la sua rivolta, egli regredisce volontariamente allo stato animale, trasformandosi in un cane. Liberato dalla polizia che lo segue a distanza, Tiresia cerca Antigone attraverso la città, mostrando la sua foto ai passanti. La ritrova ammanettata, davanti al Palazzo del Governo accerchiata da un forte schieramento di poliziotti. Antigone sente il richiamo di Tiresia e liberandosi dai poliziotti corre verso di lui, ma una mitragliata la uccide. Tiresia cerca di ribellarsi lanciandosi contro i poliziotti che uccidono anche lui. Uno degli ufficiali dichiara: «L’ordine è ristabilito». Ma alcuni reclusi dell’istituto neuro-psichiatrico dove era stato rinchiuso Tiresia, messi in libertà dopo un periodo di detenzione-osservazione, trovatisi davanti i corpi dei ribelli, non sanno restare indifferenti e riprendono il lavoro iniziato da Antigone e Tiresia portando via i cadaveri e dando loro sepoltura nei pressi di un fiume.