ALLONSANFAN (1974) 
di Paolo e Vittorio Taviani

 


Soggetto e sceneggiatura: P. e V. Taviani; dirett. fotografia: Giuseppe Ruzzolini (in Eastmancolor); musica: Ennio Morricone, diretta da Bruno Nicolai (ed. mus. RCA); montaggio: Roberto Perpignani; assist. mont.: Stefano Patrizi, Adalberto Ceccarelli; scenogr.: Giovanni Sbarra; costum.: Lina Nerli Taviani; arred.: Adriana Bellone; org. gener.. Giancarlo Di Fonzo; dir. prod.: Giuseppe Francone; aiuto regista: Ferruccio Castronuovo; assist. regia: Stefano Guerrieri; isp. prod.: Bruno Ciconti; segr. ediz.: Jacqueline Perrier; fonico: Sergio Buzi; trucc.: Alfonso Gola.
P
roduzione: Giuliani G. De Negri per Una Coop. Cin.ca.
Int. Marcello Mastroianni, Lea Massari, Mimsy Farmer, Laura Betti, Claudio Cassinelli, Bruno Cirino, Benjamin Lev, Renato De Carmine, Luisa De Santis, Stanko Molnar, Cyrille Spiga, Alderice Casati, Biagio Pelligra, Ermanno Taviani, Michael Berger, Luis La Torre, Francesca Taviani, Raul Cabrera, Roberto Frau, Pier Giovanni Anchisi, Bruna Righetti, Carla Mancini.
Distribuzione: Ital Noleggio. 
Durata 115’. 
Reg. Cin.co 5.610.
Visto censura n.65079 del 28-08-1974.
Ppp: 06-09-1974.


Soggetto
1816. Liberato dal carcere, dove aveva soggiornato per la sua appartenenza alla setta segreta dei Fratelli Sublimi, Fulvio Imbriani torna alla sua casa. Charlotte, la donna che gli ha dato un figlio, lo invita ad unirsi a lei e ad altri rivoluzionari per organizzare una spedizione destinata a liberare il Sud. Un’imboscata (ordita dalla sorella di Fulvio) ne uccide molti, compresa Charlotte. Fulvio pensa di emigrare in America, ma i Fratelli Sublimi gli comunicano che andranno ugualmente nel Sud. L’uomo, deciso a tradire la causa dei vecchi compagni, si appropria del denaro affidatogli per acquistare armi e inscena una aggressione. Caricato sulla nave, raggiunge col drappello di rivoluzionari il Sud d’Italia. Escogita poi l’ultimo tradimento, rendendo possibile lo sterminio dei compagni. Rimasto solo con l’unico superstite, Allonsanfàn, Fulvio rimane vittima di un equivoco ed è ucciso dagli stessi soldati di cui era stato delatore.


Dichiarazioni:
[...] In "Allonsanfan" c’è una cosa a cui ci siamo attenuti anche nei film precedenti: abbiamo usato la storia e il passato per parlare del presente. Noi abbiamo sempre fatto così. Quando in una storia del passato trovavamo qualcosa di affine a certi stati d’animo che vivevamo, allora prendevamo quel periodo storico scomponendolo, ricomponendolo, facendo un’opera di sincretismo storico e non rispettando la storia. Perché se un professore di storia analizzasse "Allonsanfan" direbbe che è tutta una follia. Come "San Michele", del resto. Ad esempio, i costumi di "San Michele" sono assolutamente falsi, da quando lui va in prigione a quando esce sono passati appena dieci anni, e le modificazioni nei costumi erano state poche, ma noi dicemmo alla costumista che volevamo che questo passaggio si sentisse molto forte, non ci importava se alcune cose erano venute in uso vent’anni dopo... Nel momento di "Allonsanfan" sentivamo in noi e fuori di noi questa forza orrenda della restaurazione, di una restaurazione violenta che avveniva dopo gli anni Sessanta — non dico il ‘68, dico gli anni Sessanta perché è più complesso e più giusto — e sentivamo che l’opera di restaurazione fatta dal potere non era solo del potere ma agiva anche su qualcosa che era nel profondo di noi. Allora abbiamo detto: analizziamo un po’ con un film (per noi l’unico modo di analizzarci è fare un film) cosa c’è dentro di noi di restauratorio su cui può agire il potere, desideri rimossi durante gli anni Sessanta, cioè quando la scelta del politico aveva fatto mettere in ombra nella nostra vita altri amori, amori intesi proprio nel senso dell’amore, la riscoperta dei figli, la riscoperta della casa, insomma tutti quegli splendori a cui avevamo rinunciato e che invece la restaurazione riproponeva come un trabocchetto con un fondo di verità, giocando sulla tua necessità di ristabilire un equilibrio nella tua esistenza. Studiando il periodo della restaurazione, gli anni dopo la Santa Alleanza, e leggendo vari libri vi trovammo storie, confessioni di personaggi che erano vicine alla sensazione che noi avevamo. Storicamente non c’è mai un parallelo tra storia del passato e storia presente, mai, però, emotivamente, andava bene. D’altro canto avevamo sempre davanti l’esempio del più grande uomo di spettacolo della storia dell’umanità: Shakespeare. Quando usava la storia romana certamente non era la vera storia romana, ci metteva un pizzico di suo, se la palleggiava a seconda degli umori del momento storico che stava vivendo. Non bisogna avere paura di utilizzare i temi del passato e quelli della storia dell’uomo quando si avvicinano ai tuoi... Sartre e Goethe hanno fatto uno "Il diavolo e il buon Dio", l’altro il "Goetz von Berlichingen": è lo stesso personaggio ma sono due esseri completamente diversi, la storia è completamente diversa e però, indubbiamente, quel personaggio aveva qualcosa di appassionante per entrambi, mantiene una sua verità sia con l’uno sia con l’altro autore. [...] (Paolo Taviani)
[...] Se il Manieri di San Michele non si fosse ucciso, forse sarebbe diventato un uomo finito, o forse anche un traditore. Il Fulvio-Mastroianni di "Allonsanfan" è tutto dentro il riflusso, nel tradimento e negli splendori della restaurazione. Dominato da una specie di stanchezza fisica come da una specie di intuizione storica. Per anni ha fatto, senza risparmiarsi, il rivoluzionario, ma è attratto dal ritorno a casa, alla famiglia e al benessere, e alle proprie prime vocazioni, e si domanda come questo possa succedergli, si rende conto che l’epoca in cui vive non lascia prospettive di successo per le rivoluzioni. La sua intuizione non gli permette però di cercare altre strade, e per questo si lascia andare, si autoannienta. Ma c’è un terzo modo di reagire, rispetto al suicidio di Manieri e al tradimento di Fulvio, ed è — presente sempre nei nostri film — quello dell’utopia. Che noi non intendiamo come farneticazione e sogno avventuristico, ma come ricerca di strategia, spinta morale, disegno generale rispetto al quale scegliere i modi della propria azione. Qualcosa che implica fantasia e coraggio, e che può modificare profondamente l’individuo. Il limite dell’utopia è che è qualcosa che deve essere e che ancora non è, di qui le contraddizioni che comporta. [...] (Vittorio Taviani)
[...] "Allonsanfan" nasce da una vecchissima idea, da un soggetto nostro di tanti anni fa in cui si raccontava di un eventuale Fulvio che cercava e batteva molte strade pur di trovare la verità. Quando poi, dopo lo "Scorpione" e "San Michele", abbiamo ripreso a lavorare sulla storia, egli diventa un personaggio che tradisce. Con questi cambiamenti violenti che ribaltano quasi il senso del film cominciammo a lavorare sul vecchio progetto. Giuliani, il nostro produttore, era sempre entusiasta, però il film era in costume, una cosa abbastanza dispendiosa. Poi l’Italnoleggio si interessò al progetto, alti e bassi, trovandoci spesso sul punto di dire ragionevolmente: «Basta, non si può fare!». Ma noi siamo scati caparbi, di un’insistenza a volte un po’ folle. Ecco perché ai giovani diciamo sempre: «Se volete una cosa, battetevi anche quando sembra assurda», perché proprio per "Allonsanfan" vedemmo che persino quando cento porte si chiudevano una alla fine si apriva... Ci fu poi il fatto che Marcello voleva fare il film con noi, e alla fine "Allonsanfan" fu prodotto con l’Italnoleggio. [...] (Paolo Taviani)