Notizie storiche

Collio (in dial. Coi, in lat. Collii) è il comune più a nord della Valtrompia e comprende i centri di Collio, Memmo (v.) e S. Colombano (v.), Tizio (v.), Ivino (v.) ecc. Come comune si estende su una vasta superficie di kmq. 53,78. Collio si trova allo sbocco della valle percorsa dal torrente Bavorgo e si spinge con le ultime case sino alla statale delle Tre Valli. Il territorio è raccolto in una ondulata conca compresa dalla testata della Valtrompia il cui spartiacque a grande semicerchio comprende il monte Ario (m. 1785), la Pezzolina (m. 1802), Corna Blacca (m. 2006), monte Pejo (m. 1948), Dosso Alto (m. 2064), Giogo del Maniva (m. 1669), monte Maniva (m. 1863), presso Dasdana (m. 1990), monte Colombine (m. 2206), Dos Man (m. 2097). Composto di più frazioni (Memmo, Tizio, Ivino, S. Colombano) giace in una verde conca su terreno diluviale, contornato da alture che si innalzano a montagne. Interessante è anche l'aspetto geologico. Il suolo montuoso e costituito da calcari e dolomiti del Muschel Kalk che possono essere usati come calce e offrono grandi varietà di marmi grigi, scuri, variegati e picchiettati. Vi si trovano anche porfidi e serpentini. Oltre che con Brescia, Collio e collegato con Breno e Bagolino attraverso i passi del Maniva e del Crocedomini. Il nome deriva da collis - colle o meglio dal plurale Collibus o da Collius (collinare), o dal latino medievale Colius - casa, o forse da Colius, nome romano dato che in Collio sopravvivono voci e frasi latine.
Abitanti (colliesi) 4000 nel 1619, 2545 nel 1861, 2623 nel 1871, 2649 nel 1881, 3003 nel 1901, 2978 nel 1911, 3120 nel 1921, 3093 nel 1931, 2936 nel 1936, 3236 nel 1951, 3074 nel 1961, 2599 nel 1971 (fam. 773, maschi 1340, femm. 1259, add. agr. 172, altre attività 671, totale 843, non att. 1756, popolazione presente 2465). Il nome nel sec. XV è "Calles" o "de Collibus Valli Trumpiae" il che fa pensare subito alla conformazione geologica e geografica del paese composto di alcune colline frammezzate da piccole vallette, con abbondanti corsi d'acqua. P. Guerrini, tuttavia, rifiuta tale etimologia e rifacendosi a documenti pergamenacei dell'archivio comunale di Bovegno, in cui appare la forma latina "caules" che ha un significato ben diverso perchè indica l'ovile, cioè la stalla di pecore o capre.
Agli inizi della valle Serramando vennero trovati selci lavorate preistoriche.
Comunque per molti secoli queste località rimasero di dominio di pastori, fino a quando si incominciarono a sfruttare le miniere.

COLL - consacrato l'8 dicembre 1480 e poi ricostruito nel 1671. Venne restaurata nel 1676 in seguito ad una inondazione. Una nuova inondazione avvenuta nel 1757 convinse i colliesi a costruire una nuova chiesa. La nuova grandiosa e bella chiesa venne iniziata il15 agosto 1758 ed ultimata nel 1785. Venne consacrata il 27 settembre 1827 dal vescovo Nava. L'anniversario veniva celebrato come ricorda un'iscrizione la prima domenica di settembre. La chiesa parrocchiale e fra le più belle della Valtrompia per armonia architettonica e per ricchezza d'arte. Le maestose colonne che sostengono l'arco del presbiterio danno a questa chiesa l'imponenza di una cattedrale. La stessa navata si slancia ardita in perfette linee geometriche e volumi architettonici, nella grazia delle svelte colonne e lesene scanalate con capitelli corinzi a fogliame e con nascenti volute abbinate. Indovinati anche gli ornati dipinti a chiaroscuro, rispondenti allo stile e l'indovinata doratura che illeggiadrisce la decorazione. Il tempio è stato dipinto nel 1903 da Gaetano Cresseri per le figure e da Giuseppe Trainini per la decorazione. In particolare Gaetano Cresseri ha eseguito nel catino dell'abside il sacrificio di Isacco, nella volta dell'abside la Trasfigurazione con ai lati gli Evangelisti; nella prima campata della navata, l'Ascensione, nella seconda la predicazione dei SS. Nazzaro e Celso, nella terza l'Assunzione. Giuseppe Trainini ha eseguito invece i medaglioni con i simboli vari e le decorazioni. Solenne, splendido di marmi e l'altare maggiore, con fregi in bronzo fra cui l'Agnello al centro del paliotto e un bel tabernacolo in marmo di Carrara con colonnine in bronzo fuso e ornamentazioni in ottone. Sull'altare campeggia, in una elegante cornice di marmo verde e bianco, la pala di Grazio Cossali (olio su tela 405x278) datata 1638 che pur macchinosa e dispersiva nelle composizioni non manca di immediato effetto per l'affollarsi delle figure e la varietà dei movimenti. A destra sul primo altare sta una tela (olio su tela 286x192) di Giuseppe Nuvoloni (1638), raffigurante i santi Gaeti Luigi, nella quale sono evidenti gli insegnamenti di Van Dyck che ebbero influenza sul pittore milanese. L'altare di marmo policromo ha un bel paliotto adorno di angioletti e un tabernacolo in marmo prezioso con colonnine a spirale e porticina a lamine d'ottone sbalzato. E' di impronta barocca il secondo altare dedicato alla Madonna del Rosario, in stucco, ricco di fregi con solenne fastigio e con pallio molto bello in cui campeggia una bella statuetta della Madonna contornata da angeli. La statua della Madonna e della bottega Poisa, raccolta in una soasa settecentesca illustrata dai quindici misteri del Rosario (olio su tela 0,40x140). Il terzo altare è dedicato alle Anime purganti. Ha una mensa in marmo intarsiato e una tela secentesca (olio su tela 323x164) raffigurante Cristo in gloria, i santi e le anime purganti. A sinistra il primo altare è dedicato a S. Antonio. La mensa è di marmo mentre la soasa è di stucco e raccoglie una tela settecentesca (a tempera 309x182) raffigurante la Madonna e S. Antonio Ab. La tela sulla parete laterale raffigurante S.Rita (olio su tela 0,80xO,51) e di Gabriel Gatti. Il secondo altare ha mensa in marmo rosso, con pallio finemente lavorato e bellissimo fastigio. La bella pala (olio su tela 311 x220) raffigura la Deposizione ed e opera di Tommaso Bona, particolarmente rilevante per i suoi caratteri luministici di influenza cremonese o bassanesca. Il terzo altare, di stucco, è ricco di statue, di santi e di guerrieri della scuola dei Carrà dominato da una tela settecentesca (ad olio 205x147) raffigurante la visita di Maria a S. Elisabetta. Particolarmente venerato un crocifisso posto nella navata. I banchi e gli inginocchiatoi sono dell'artigiano Ottaviani, i lampadari della bottega Poisa. Nuove opere di restauro (pavimento con eleganti motivi decorativi, eseguito da Giulio Papis, ripristino della pala dell'altare maggiore ad opera del Bertelli, lampadari artistici ecc.) vennero compiute nel 1941 per iniziativa del parroco don Ruggeri. La chiesa di S. Rocco che si innalza su un piccolo poggio lungo la strada Collio - Memmo soprastante la contrada Piazza, venne iniziata forse intorno alla metà 1400 secondo il Guerrini, per voto espresso nella peste del 1474. E' di forme architettoniche semplici a parallelepipedo, a pareti lisce, non contraffatte, con a capanna. La facciata è munita di un portale caratteristico a strombatura, con capitelli a fogliette lisce, e arco pieno al centro. Una iscrizione latina ricorda come "il Comune di Collio e la società dei minatori di Valdardo fece fare questa porta per devozione". Più sopra sta un semplice rosone circolare. L'abside maggiore è a forma semicircolare con archetti decorati in cotto intrecciati, montati su mensolette a T, costruiti con laterizi e con sopra una cornice con motivo a sega. L'interno ha una volta a crociera con costoloni, montata su archi a tutto sesto, e un emiciclo coperto da semicalotta. L'affiancano due piccole absidi semicircolari. Le tre navate separate da due filari di alte colonne cilindriche in pietra che danno alla chiesa, come rileva Adriano Peroni, una struttura di sala "pura". Nell'edificio il Peroni stesso individua il permanere di una "coincidenza della produzione architettonica bresciana del tempo, tra il passaggio da forme ambiguamente gotiche, ad altre non meno ambiguamente rinascimentali". L'abside conserva ancora ben visibili figure che il Panazza definisce di tipo ferramoliano con una intelaiatura di richiamo bramantesco mentre nella calotta il Pantocrator fra evangelisti e simboli e "di un debole derivato del da Cemmo". Sovrapposizioni barocche del sec. XVII hanno deturpato le linee quattrocentesche. Nuovi, pessimi restauri vennero compiuti nel 1867, dopo il colera. Cinquecentesca e la chiesa-santuario di Tizio che distrutta da un incendio nel 1697 venne poi ricostruita ed abbellita (v. Tizio). Ha un bell'altare maggiore operi Boscaì, una tela di Giuseppe Nuvoloni e altre opere. Una piccola chiesa dedicata S. Marco sorge in frazione Ivino. Di rilievo casa Calvetti poi Lazzari nella quale erano raffigurate le scene che colpirono per secoli la borgata: fame, peste, incendi inondazioni. L'economia della zona si e sempre basata su attività agricole, pascoli, allevamento del bestiame, lavorazione del latte, e l'industria estrattiva (minerali di ferro, fluoro, ecc.). Ebbero vasta estensione selve che però da 2000 ettari si ridussero agli inizi del sec. XX a 634 ed ancor più in seguito. Il suolo produce patate e sedano e il Viburnum lantana col quale si costruivano spazzolini per denti. Vi si lavorava anche canapa e lino. Sempre più ridotta la lavorazione del latte. Giacimenti di marmo lumachella si trovano sull'alto Pesseda sopra Collio. Nella zona vi esistono anche depositi di gesso, ma non utilizzabili industrialmente. Più utilizzati lo spato e la fluorina. Galena argentifera venne scavata nella miniera di Torgola, tra Bovegno e Collio. Sfruttati il solfuro di ferro, il rame e il piombo. Molto attivi furono gli altiforni che poi si andarono spegnendo. Anche le miniere sono andate chiudendo. Le ultime ad essere sfruttate sono la S. Aloisio della Soc. Carlo Tassara e la Torgola e la Prealpina della Soc. Mineraria Prealpina per l'estrazione della fluorina. In espansione invece l'artigianato fra cui l'Officina Meccanica di Precisione (O.M.Z.) di Zanardelli che ha aperto nel 1975 un nuovo stabilimento lungo le rive del Mella. L'attività turistica si è andata intensificando. Nel 1957 ospitava in Collio e frazioni circa 4000 persone in 230 appartenenti con oltre 600 vani e 500 camere.
Attualmente il paese ospita specialmente durante l'estate alcune migliaia di persone. In sviluppo specie dagli anni Cinquanta anche il turismo invernale. Ai due skilift nel 1958 e 1956 si e aggiunta la seggiovia di Pezzeda - Roccolo delle Crispe e altri skilift. Anche l'attrezzatura ricettiva si e andata sviluppando con alberghi (Astoria, Valtrompia, Mella, ecc.) e pensioni. Nel 1955-1956 vi venne istituito un centro medico climatologico che però non ebbe ampio sviluppo. Di richiamo specie nel passato fu la fonte Busana molto apprezzata per le sue qualità.

Personaggi illustri -Tra i personaggi sono da ricordare i letterati Martino Buzzio, Antonio Bianchi (1773 -1828), amico del Foscolo e di molti letterati del tempo, latinista e verseggiatore, e il naturalista don Giovani Bruni (1816 -1880), il matematico don Giovanni Tonini ecc. Da Collio proveniva la famiglia dello statista Giuseppe Zanardelli. Patroni sono i S.S. Nazzaro e Celso 29 luglio). Il mercato si tiene il terzo lunedì di ogni mese in piazza Zanardelli. Lo stemma e "d'argento al pino modrito su un monte uscente dalla punta, il tutto al naturale".

COLLIO - Doralice, detta la Beata Monaca -(Nave 26 aprile 1729) -Di ottima famiglia proveniente da Collio, fu giovane di rara bellezza e di grande virtù. Un fratello sacerdote le fu maestro di vita spirituale. A 15 anni si fece conversa nel monastero domenicano di S. Caterina in Brescia e il 16 aprile 1746 salì a Conche per mettersi sotto la protezione della Vergine. Ricevendo l'abito religioso ebbe il nome di suor Daria. Visse per cinquant'anni nel monastero di S. Caterina che edificò con la sua pietà e virtù e nello stesso tempo ravvivò con il suo temperamento allegro, attivo, e con il suo amore alla musica, al disegno e alla pittura. In seguito alla soppressione del monastero avvenuta 1'8 dicembre 1798, tornò al suo paese nativo, nella casa paterna di Monteclara, vivendo della tenue pensione assegnatale dal Demanio e con cespiti del suo lavoro manuale. Fabbricava infatti fettucce (o "nistole") e reti metalliche che andava a vendere poi nei paesi con un piccolo carretto a mano. Si dedicò agli infermi, ai bisognosi ed eresse quasi solo con le proprie mani, nella chiesetta di Monteclana, l'altare della Madonna davanti alla quale venne sepolta. Il popolo di Nave l'ebbe in venerazione di santa e le attribuì perfino dei miracoli e la chiamò la "Beata monaca". A lei venne dedicata una biografia pubblicata nel 1809.

LE ACQUE MARZIALI DI S. COLOMBANO - Cenni Storici
Nell'immenso laboratorio farmaceutico che la natura tiene preparato a disposizione dell'umanità sofferente, occupano certamente il primo posto le stazioni alpine e le acque marziali, e di questi tesori per la salute essa fu direi quasi prodiga per la nostra provincia. Oltre le tre magnifiche vallate che offrono al turista appassionato delle escursioni e delle mete emozionanti, sensazionali, ed alle menti affaticate
delle potenti attrattive di svago nella varietà delle scene ed originalità dei panorami abbiamo delle eccellenti fonti ricche di elementi terapeutici. Io voglio qui parlare di una, per l'addietro molto conosciuta, ed oggi, ingiustamente, quasi dimenticata. E' dessa la Fonte delle Acque Marziali di S. Colombano, frazione Collio, ultimo lembo di vita della storica ed industre Valle Trompia, magnificate dal nostro Arici in una piacevole Memoria che lesse al Civico Ateneo, ed analizzate dal celebre chimico, pure nostro lustro, Stefano Grandoni. Queste acque scaturiscono per due polle perenni, a breve distanza l'una dall'altra, nel parte superiore del paese, e precisamente dalla falda orientale del monte Acuta, che si eleva nella gaia e romantica solitudine della pittoresca valletta, ed è così denominato dal suo aspetto torreggiante e maestoso. L'ossatura del monte dal quale l'acqua stilla e geme, come pure quella degli altri confratelli che fiancheggiano, e di schisto micano, I'arenaria e di schisto argilloso. Le due piccole vene escono dalla viva pietra, o macigno, e sono inalterabili e alle piogge e allo sciogliersi delle nevi, o, come dice l'Arici, agli accidenti dell'atmosfera e contrarietà delle stagioni. Devesi la scoperta ad un certo Zanini Bortolo soprannominato Armei, proprietario del fondo, situato a breve distanza dalla sua abituale dimora. Di mente accorta e sveglia, come e naturale in questi alpigiani, lo Zanini ai fiocchetti giallastri che lascia lungo il suo percorso. Fissò la sua attenzione al sapore metallico dell'acqua ed ecco la lettera con la quale egli medesimo, attribuendosi a merito la scoperta casuale di questa Fonte, si rivolge all'Ateneo di Brescia per averne un premio od una elargizione: "Alli virtuosi Membri componenti il Letterario Ceto dell'Ateneo di Brescia. Zanini Bortolo f. Faustino della Villa di Santo Colombano, sezione del Comune di Collio, che ha ormai oltrepassata la mal veduta età di sessant'anni, nell'anno 1826 ebbe riconoscere le Minerali Acque esistenti ivi, e precisamente nel fondo prativo di sua proprietà; usò di quanto sapeva e poteva perché fossero le medesime esperimentate. Difatti dopo l'attivo di lui interessamento vennero ad opra di questa lodevole Deputazione Comunale esperimentate con l'analisi dell'esperto e valente chimico signor Grandoni, data alla luce nello scorso anno 1833.
Il Zanini, però, conoscendo che da questo virtuoso Ceto non viene dimenticato qualunque individuo, che si occupa in utili ritrovamenti, osa umilmente sperare una qualche largizione, od alcun sovvenimento per la scoperta di si efficaci acque cotanto cooperanti alla salubrità (sic) e conservazione dell'uman genere.
Pieno di profondo ossequio, anticipa all'illustri Signorie Loro i propri ringraziamenti. Grazie. Da Collio 2 Gennaio 1834. (Umlmo. e Devtmo. Servitore - Zanini Bortolo f. Faustino)". Il Zanini suddetto, pensando che quell'acqua fosse di virtù salutari dotata, ne comunicò ad altri la scoperta, e non pochi si invogliarono di farne uso per sperimentarne l'efficacia. Tra i primi vi fu Domenico Bianchi; ma chi riportò maggior vantaggio fu una certa Zanini, - che Grandoni chiama col nome di Alessandra, ma che non mi pare di poterlo in alcun modo confermare -della medesima famiglia dello scopritore. Soffriva costei di ostruzione di fegato; aveva sperimentata l'acqua di Pejo, di Recoaro ed i ritrovati dell'arte sanitaria, ma senza alcun vantaggio. Trovandosi un giorno a pascolare delle bestie minute, come dice ella, poiché ad altre fatiche era incapace, dietro indicazione avuta dal famigliare, scoperse che da alcuno fenditure di un macigno d'arenaria stillava una piccola vena di acqua, ed appresso un'altra, e l'una l'altra lasciavano dietro dei sedimenti rossicci, o piuttosto giallastri. Sentendo ammalata e quasi abbandonata dai medici, le venne vaghezza di provarne
l'efficacia. Ne bevve in quantità discreta, poi tornò il giorno appresso e fece altrettanto. In due giorni l'inferma si sentiva migliorare, il male che la travagliava si era alleggerito, quell'acqua era la sua medicina. La poveretta, insieme ripristinarsi della ilarità del suo carattere, cominciò a rinverdirsi, e, facendo uso per parecchi giorni di quell'acqua, potè ristabilirsi completamente in salute.

Storiografo Sig. Mabesolani Wolfango

DA VEDERE

Chiesa dei Santi Antonio abate, Faustino e Giovita, a Memmo, di antiche origini, venne ricostruita agli inizi dell'800. Sulla parete esterna dell'abside sono murati due antiche mascheroni e un tondo col monogramma di San Bernardino da Siena ('400).

Santuario di S. Maria Assunta, a Tizio, del XV sec. L'Assunta di Nuvoloni è il dipinto dell'altar maggiore, incorniciato in un ancona di Faustino Bonomi di Avenone.
Partiolcarmente venerata l'icona bizantina del XVI sec. rappresentante la Madonna col Bambino.

Il Santuario di S. Rocco, una delle prime chiese bresciane dedicate al santo, fu probabilmente edificato nel 1574 per voto pubblico in seguito ad un epidemia di peste.

La Chiesa di San Colombano fu ricostruita nel 1625 nel luogo di una cappella annessa all'ospizio per i viandnati. All'altar maggiore è posta la pala di Stefano Viviani (1617).
Seicentesci sono gli arredi lignei, comprendneti il pulpito, la cantoria dell'organo, gli inginocchiatoi, i confessionali e il bancone della sagrestia.
Settecenteschi sono gli affreschi della volta.

La Chiesa Parrocchiale dei Santi Nazaro e Celso, del XVIII sec., conserva dipinti di Grazio Cossali. Nell'archivio parrocchiale è custodito un codice del 1523 che contiene la regola della confraternita di Memmo ed è ornato da due miniature, opera di un artista vicino al Ferramola.

Casa Zanardelli è un vecchio edificio di montagna senza speciali caratteristiche all'esterno. Nell'interno c'è una saletta con volta dipinta nei primi anni del '700 con piccole finte balaustre e fregi che racchiudono quattro quadretti con scene della Sacra Scrittura.