Il problema dell'acqua

Dal giornale "Il Manifesto" del 28-12-2001

SOGNARE L'ACQUA

NICOLA FALCINELLA - MORBEGNO

Chi usa paga. E chi inquina paga (e non sempre, vista anche la recentissima sentenza su Porto Marghera).

Sono fra i concetti chiave impiegati da chi ha, negli ultimi decenni, trasformato l'acqua da bene pubblico a risorsa economica da privatizzare per arricchire pochi ed assetare molti. Concetti smontati da Emilio Molinari, vicepresidente del Comitato italiano per l'acqua, nel corso del convegno "Il diritto all'acqua" promosso a Morbegno (Sondrio) da GlobOs il Sondrio Social Forum come contro iniziativa al "1° Festival delle acque minerali" organizzato negli stessi giorni da alcune ditte fra le quali Levissima (gruppo Nestlè). La gestione integrata del ciclo delle acque, specchietto (segnato forse da qualche buona intenzione) per le allodole che credono che l'ingresso dei privati nel campo dei servizi pubblici porti ad un risparmio, non farà che aumentare i profitti per chi gestirà l'utilizzo, l'inquinamento e la depurazione dell'H2O.

"Chi ha in mano la distribuzione e la depurazione non fa niente per contenerne i consumi - argomenta Molinari - perché più acqua consumata significa più acqua da depurare e quindi profitti maggiori. Anche il discorso che facendola pagare se ne consuma di meno non è valido, perché il mercato spinge per fare aumentare i consumi e chi potrà permettersela ne acquisterà di più, escludendo i meno abbienti.
Negli ultimi 20 anni hanno lavorato per modificare la mentalità delle persone e ci sono riusciti, demonizzando l'acqua del rubinetto ed associando all'immagine dell'acqua, rigorosamente minerale, quella di salute, bellezza e giovinezza. Le acque minerali rappresentano la seconda voce mondiale come spese per la pubblicità. Le multinazionali, come la Vivendi che è entrata nella raccolta dei rifiuti o l'ex Lyonnaise des Eaux ora Ondeo Suez che rischia di acquistare l'acquedotto di Milano (l'obiettivo di queste società è la privatizzazione del settore entro il 2004) insieme alla Aem che controlla buona parte delle acque in Valtellina, stanno diventando multiutility. Queste ditte si spostano da una città all'altra secondo il mercato ed il profitto, meccanismi che porteranno anche le città e il territorio ad essere amministrati con questi criteri. Nel frattempo è stato sostituito il termine utente con quello di cliente e queste società diventano dei brooker. Il problema è che fare dell'acqua un bene giocato in Borsa equivale a creare le premesse per grandi conflitti e grandi crimini".

Il rischio, che in più casi è già realtà (come nell'ambito della stessa giornata ha illustrato anche il geologo Enrico Cameron mostrando che, ad esempio nelle contese israelo-palestinesi, le linee di demarcazione corrano lungo i limiti delle zone con disponibilità di acqua), è di una "petrolizzazione" di questo bene essenziale, ovvero che come il petrolio è stato causa o concausa di buona parte dei conflitti del XX secolo, l'acqua lo diventi per le guerre degli anni a venire, lo ha scritto anche Heinrich Boll nel suo H2O.
Casi di conflitti per l'acqua esistono già ora anche nei paesi occidentali: fra Castiglia ed Andalusia, oppure fra California, Arizona e Colorado. Una petrolizzazione che può rivelarsi nelle stesse modalità di trasporto e vendita: in Canada si sta verificando uno scontro fra chi progetta di vendere "l'oro blu" che scorre abbondante nei fiumi del paese degli aceri dentro grandi cisterne. Il nord America diverrebbe così fornitore, a caro prezzo di acqua. In Groenlandia accade già che il ghiaccio artico venga triturato ed imbottigliato: l'acqua "purissima" viene venduta in alcune città statunitensi alla modica cifra di 10 dollari la bottiglia. Contro questa filosofia che avanza, di acqua mera risorsa economica da cedere o comprare secondo le leggi del mercato, si pone il Comitato per il Contratto mondiale dell'acqua (presieduto a livello internazionale dall'ex premier portoghese Mario Soares). Obiettivo primario, dopo che negli ultimi 40 anni il consumo mondiale si è triplicato e le previsioni parlano di un raddoppio dello stesso nei prossimi 35, è di stabilire una soglia da tutti riconosciuta come il quantitativo minimo di acqua a disposizione di ciascun essere umano.

Questo presuppone una rivoluzione culturale (contraria a quella in atto che Molinari definisce "dei ricchi contro i poveri, di chi vuole recintare l'acqua come un tempo l'aristocrazia inglese con le terre") che riporti l'acqua sotto il controllo della politica. Un governo dell'acqua, insomma, e non un mercato. Un'inversione di tendenza rispetto alle indicazioni/vincolo che Banca mondiale e Fondo monetario internazionale stanno ponendo ai paesi terzi per la concessione dei prestiti, ovvero la privatizzazione dei servizi, fra i primi l'approvvigionamento idrico. E non è un caso che gli acquedotti di alcune delle moltissime megalopoli, una per tutte Manila, siano stati acquisiti da multinazionali. A proposito di acquisti non va dimenticato che mentre iniziavano i bombardamenti sull'Afghanistan Danone e Nestlè hanno comprato delle fonti in Pakistan. Il valore dell'acqua come diritto per tutti e come bene essenziale e insostituibile deve entrare nel senso comune dei cittadini.

Quello che il Comitato chiede è che venga stabilita in 40 litri giornalieri la quantità minima giornaliera di acqua disponibile gratuitamente per ciascun essere umano, sia che viva in un paese con grande disponibilità che in un'area meno avvantaggiata (i paesi del sud del mondo dispongono solo del 20% dell'acqua dolce disponibile sulla Terra). Quello che serve è una politica di solidarietà fra gli Stati, di una presa a carico da parte della collettività di questo problema: "Non si tratta di porre la questione in termini ideologici, semplicemente l'acqua come l'aria o la luce solare è un bene comune di cui tutti abbiamo diritto e bisogno, ridurlo a semplice bisogno vuol dire portare la questione a livello dei singoli individui" afferma il vicepresidente del Comitato.

Sopra i 40 litri giornalieri il consumo dovrebbe essere a pagamento fino ad una soglia limite oltre il quale "è un abuso", per esempio gli eccessi di utilizzo per scopi ludici dovrebbero essere considerati alla stregua di "crimini contro l'umanità".
"Dall'acqua - sostiene Molinari - può nascere una grande fratellanza mondiale. Per esempio trovando nuove forme di cooperazione decentrata: la cessione da parte delle zone ricche di una percentuale dell'acqua imbottigliata o di una quota dei sovraccanoni energetici per la realizzazione di pozzi o cisterne. L'alternativa è che sulla questione acqua si creino le macerie dell'umanità. Credo che il movimento dei no-global si debba porre quella dell'acqua come una delle priorità, come uno dei punti qualificanti della sua azione".
Il cambiamento è necessario a livello macroeconomico, nel rapporto fra gli Stati, gli organismi intergovernativi e le grandi società, come pure nella vita di tutti i giorni. In Italia si consumano giornalmente 250 litri procapite, a Milano addirittura 600.

 

LO SCHERMO LIQUIDO IN RASSEGNA

La guerra dell'acqua al cinema, da Amir Naderi a Makhmalbaf e Imamura

Nicola Falcinella

Migrazione, guerra, morte. Ma anche speranza, dono, tradizione. Differenti modi di mostrare nel cinema i drammi legati alla spartizione iniqua dell'acqua ma anche l'assunzione di questo elemento a simbolo di una civiltà. La migrazione è quella di molti kurdi costretti a lasciare i loro villaggi nella Turchia orientale perché le loro abitazioni vengono invasi dai bacini artificiali seguiti alla costruzione delle dighe. La mostra, raccontando il percorso all'inverso con il morto che torna al paese natale "fantasma" perché scomparso fra le acque, Yesim Ustaoglu nel bellissimo Viaggio verso il sole (1999). L'amico che accompagna il giovane ucciso dalla polizia trova qualche tetto che emerge ed un cartello stradale testimone silenzioso in un finale quasi lynchiano.

Una guerra sotterranea, a "bassa intensità", quella che si combatteva nel silenzio in Tajikistan. Una contesa alla base della quale c'è l'acqua, bene preziosissimo nell'Asia centrale ex sovietica, delle città mito di Samarcanda e Bukhara, della florida civiltà della valle del Fergana. Una guerra che in anni recenti ha coinvolto eserciti di quasi tutti gli stati vicini, incluso quel Kirghigistan che nasconde fra i suoi monti le principali sorgenti dell'area. La questione segna in filigrana il solo apparentemente spensierato Luna Papa (1999) del visionario Bakhtiar Khudojanazarov, fra pallottole vaganti, perquisizioni, posti di blocco e militari mercenari.

La morte si concreta in un fuori campo tremendo e lancinante, nel caldo insopportabile di una cisterna. Un camionista palestinese della diaspora trasporta acqua tra Kuwait ed Iraq ed arrotonda conducendo, nel corso del viaggio di ritorno, tre connazionali in cerca di fortuna nascosti nella grande cassa metallica. I tre poveracci vengono abbandonati, ormai arrostiti, ai bordi della strada perché la sosta al posto di frontiera s'è protratta oltre il limiti del sopportabile nella soffocante cisterna. Gli ingannati -Les dupes (1971), capolavoro di Tewfiq Saleh, si avvia per contrasto da un oasi ricca di acque. Ad un popolo è toccata in sorte una delle regioni più assetate della Terra. L'iraniano Amir Naderi racconta in Acqua, vento, sabbia (1989) la pena millenaria di queste genti, un destino segnato fin dalla partenza che il "progresso" sta solamente aggravando. Un bimbo vaga dopo che il lago si è prosciugato e la sua famiglia l'ha abbandonato. Anche dall'ultimo pozzo l'acqua scompare e la zona è battuta dalle tempeste di sabbia. Il silenzio e il vento sono rotti solo da una Quinta di Beethoven (amato anche da Makhmalbaf ne Il silenzio) che pare sorgere dalle terre assolate. Sgorgano dalle dune in un finale visionario acqua e pesci a tenere aperto un varco alla speranza per la testardaggine dei bimbi iraniani.

Una donna-geiser getta acqua al mondo come/in atto d'amore nel recentissimo L'acqua calda sotto il ponte rosso di Shoei Imamura; infine l'importanza imprescindibile dell'acqua nella vita dei villaggi africani in Faraw! Una madre delle sabbie del maliano Ascofarè (una madre peregrina nel sahel per riempire otri) e nel cartone Kirikou e la strega Karabà di Michel Ocelot, entrambi molto utili per affrontare la questione nelle scuole.