Il problema dell'acqua
Dal giornale "Il Manifesto" del 28-12-2001
SOGNARE L'ACQUA NICOLA
FALCINELLA
-
MORBEGNO Sono fra i concetti chiave impiegati da chi ha, negli ultimi decenni, trasformato l'acqua da bene pubblico a risorsa economica da privatizzare per arricchire pochi ed assetare molti. Concetti smontati da Emilio Molinari, vicepresidente del Comitato italiano per l'acqua, nel corso del convegno "Il diritto all'acqua" promosso a Morbegno (Sondrio) da GlobOs il Sondrio Social Forum come contro iniziativa al "1° Festival delle acque minerali" organizzato negli stessi giorni da alcune ditte fra le quali Levissima (gruppo Nestlè). La gestione integrata del ciclo delle acque, specchietto (segnato forse da qualche buona intenzione) per le allodole che credono che l'ingresso dei privati nel campo dei servizi pubblici porti ad un risparmio, non farà che aumentare i profitti per chi gestirà l'utilizzo, l'inquinamento e la depurazione dell'H2O. "Chi
ha
in
mano
la
distribuzione
e
la
depurazione
non
fa
niente
per
contenerne
i
consumi
-
argomenta
Molinari
-
perché
più
acqua
consumata
significa
più
acqua
da
depurare
e
quindi
profitti
maggiori.
Anche
il
discorso
che
facendola
pagare
se
ne
consuma
di
meno
non
è
valido,
perché
il
mercato
spinge
per
fare
aumentare
i
consumi
e
chi
potrà
permettersela
ne
acquisterà
di
più,
escludendo
i
meno
abbienti. Il
rischio,
che
in
più
casi
è
già
realtà
(come
nell'ambito
della
stessa
giornata
ha
illustrato
anche
il
geologo
Enrico
Cameron
mostrando
che,
ad
esempio
nelle
contese
israelo-palestinesi,
le
linee
di
demarcazione
corrano
lungo
i
limiti
delle
zone
con
disponibilità
di
acqua),
è
di
una
"petrolizzazione"
di
questo
bene
essenziale,
ovvero
che
come
il
petrolio
è
stato
causa
o
concausa
di
buona
parte
dei
conflitti
del
XX
secolo,
l'acqua
lo
diventi
per
le
guerre
degli
anni
a
venire,
lo
ha
scritto
anche
Heinrich
Boll
nel
suo
H2O. Questo presuppone una rivoluzione culturale (contraria a quella in atto che Molinari definisce "dei ricchi contro i poveri, di chi vuole recintare l'acqua come un tempo l'aristocrazia inglese con le terre") che riporti l'acqua sotto il controllo della politica. Un governo dell'acqua, insomma, e non un mercato. Un'inversione di tendenza rispetto alle indicazioni/vincolo che Banca mondiale e Fondo monetario internazionale stanno ponendo ai paesi terzi per la concessione dei prestiti, ovvero la privatizzazione dei servizi, fra i primi l'approvvigionamento idrico. E non è un caso che gli acquedotti di alcune delle moltissime megalopoli, una per tutte Manila, siano stati acquisiti da multinazionali. A proposito di acquisti non va dimenticato che mentre iniziavano i bombardamenti sull'Afghanistan Danone e Nestlè hanno comprato delle fonti in Pakistan. Il valore dell'acqua come diritto per tutti e come bene essenziale e insostituibile deve entrare nel senso comune dei cittadini. Quello che il Comitato chiede è che venga stabilita in 40 litri giornalieri la quantità minima giornaliera di acqua disponibile gratuitamente per ciascun essere umano, sia che viva in un paese con grande disponibilità che in un'area meno avvantaggiata (i paesi del sud del mondo dispongono solo del 20% dell'acqua dolce disponibile sulla Terra). Quello che serve è una politica di solidarietà fra gli Stati, di una presa a carico da parte della collettività di questo problema: "Non si tratta di porre la questione in termini ideologici, semplicemente l'acqua come l'aria o la luce solare è un bene comune di cui tutti abbiamo diritto e bisogno, ridurlo a semplice bisogno vuol dire portare la questione a livello dei singoli individui" afferma il vicepresidente del Comitato. Sopra
i
40
litri
giornalieri
il
consumo
dovrebbe
essere
a
pagamento
fino
ad
una
soglia
limite
oltre
il
quale
"è
un
abuso",
per
esempio
gli
eccessi
di
utilizzo
per
scopi
ludici
dovrebbero
essere
considerati
alla
stregua
di
"crimini
contro
l'umanità". |
LO SCHERMO LIQUIDO IN RASSEGNA La guerra dell'acqua al cinema, da Amir Naderi a Makhmalbaf e Imamura Nicola Falcinella Migrazione, guerra, morte. Ma anche speranza, dono, tradizione. Differenti modi di mostrare nel cinema i drammi legati alla spartizione iniqua dell'acqua ma anche l'assunzione di questo elemento a simbolo di una civiltà. La migrazione è quella di molti kurdi costretti a lasciare i loro villaggi nella Turchia orientale perché le loro abitazioni vengono invasi dai bacini artificiali seguiti alla costruzione delle dighe. La mostra, raccontando il percorso all'inverso con il morto che torna al paese natale "fantasma" perché scomparso fra le acque, Yesim Ustaoglu nel bellissimo Viaggio verso il sole (1999). L'amico che accompagna il giovane ucciso dalla polizia trova qualche tetto che emerge ed un cartello stradale testimone silenzioso in un finale quasi lynchiano. Una guerra sotterranea, a "bassa intensità", quella che si combatteva nel silenzio in Tajikistan. Una contesa alla base della quale c'è l'acqua, bene preziosissimo nell'Asia centrale ex sovietica, delle città mito di Samarcanda e Bukhara, della florida civiltà della valle del Fergana. Una guerra che in anni recenti ha coinvolto eserciti di quasi tutti gli stati vicini, incluso quel Kirghigistan che nasconde fra i suoi monti le principali sorgenti dell'area. La questione segna in filigrana il solo apparentemente spensierato Luna Papa (1999) del visionario Bakhtiar Khudojanazarov, fra pallottole vaganti, perquisizioni, posti di blocco e militari mercenari. La morte si concreta in un fuori campo tremendo e lancinante, nel caldo insopportabile di una cisterna. Un camionista palestinese della diaspora trasporta acqua tra Kuwait ed Iraq ed arrotonda conducendo, nel corso del viaggio di ritorno, tre connazionali in cerca di fortuna nascosti nella grande cassa metallica. I tre poveracci vengono abbandonati, ormai arrostiti, ai bordi della strada perché la sosta al posto di frontiera s'è protratta oltre il limiti del sopportabile nella soffocante cisterna. Gli ingannati -Les dupes (1971), capolavoro di Tewfiq Saleh, si avvia per contrasto da un oasi ricca di acque. Ad un popolo è toccata in sorte una delle regioni più assetate della Terra. L'iraniano Amir Naderi racconta in Acqua, vento, sabbia (1989) la pena millenaria di queste genti, un destino segnato fin dalla partenza che il "progresso" sta solamente aggravando. Un bimbo vaga dopo che il lago si è prosciugato e la sua famiglia l'ha abbandonato. Anche dall'ultimo pozzo l'acqua scompare e la zona è battuta dalle tempeste di sabbia. Il silenzio e il vento sono rotti solo da una Quinta di Beethoven (amato anche da Makhmalbaf ne Il silenzio) che pare sorgere dalle terre assolate. Sgorgano dalle dune in un finale visionario acqua e pesci a tenere aperto un varco alla speranza per la testardaggine dei bimbi iraniani. Una donna-geiser getta acqua al mondo come/in atto d'amore nel recentissimo L'acqua calda sotto il ponte rosso di Shoei Imamura; infine l'importanza imprescindibile dell'acqua nella vita dei villaggi africani in Faraw! Una madre delle sabbie del maliano Ascofarè (una madre peregrina nel sahel per riempire otri) e nel cartone Kirikou e la strega Karabà di Michel Ocelot, entrambi molto utili per affrontare la questione nelle scuole. |