Giusto Pio, maestro e “partner” di Battiato

 

E’ il nuovo ragazzo del “pop”: ha 56 anni.

 

Per trent’anni ha fatto il violinista nell’Orchestra della Rai, poi si è messo a scrivere arrangiamenti di grande succe­sso per Milva, Alice e Giorgio Gaber - Il suo sodalizio con Franco Battiato: “Ho cominciato dandogli lezioni di violino, poi lui mi ha chiesto di lavorare insieme e ha rivoluzionato tutta la mia vita” – “Dopo sette anni ci diamo ancora del “lei”” – “Mi diverto, ma mia moglie protesta perché la lascio troppo sola” – “Il prossimo disco? Sarà il migliore”

 

di NICOLETTA SIPOS

 

Milano, dicembre

A vederlo così, con i capelli grigi, gli occhi tondi e l’a­ria indifesa, non si po­trebbe mai sospettare che Giu­sto Pio è il Gengis Khan della Hit Parade, l’asso pigliatutto dei primi posti in classifica. E lui non fa molto per mettersi in mostra. Al contrario. Mi­nimizza, butta acqua sul fuo­co, mette i puntini sulle “i”. “Non mi considero affatto un musicista “arrivato”, spiega. “Nel nostro mestiere non esi­stono garanzie. Il successo è una bestia strana, imprevedi­bile. Un giorno sei su, l’altro fi­nisci con il naso per terra”.

La sua modestia è sincera, ma non va presa troppo sul serio. Il maestro Giusto Pio, 56 anni, violinista e compositore di salda professionalità è in­fatti un musicista di sicuro av­venire. E’ lui l’alter ego dell’e­stroso cantautore Franco Bat­tiato, ed è anche l’arrangiatore di cantanti come Milva, Alice, Giuni Russo e Giorgio Gaber. Ha l’aria dell’uomo tranquillo e un buon senso da contadino, ma deve avere anche una spe­cie di radar per captare le me­lodie più suggestive, quelle che colpiscono la fantasia e il gusto del pubblico.

Al pop è arrivato per caso, dopo avere fatto per trent’an­ni il “concertino del primo vio­lino” nell’Orchestra sinfonica della Rai di Milano. La for­tuna lo ha baciato in fronte appena si è lanciato nel volu­bile mondo della musica leg­gera, in collaborazione con Battiato. Per Battiato ha mes­so a punto grandi successi discografici come L’era del cinghiale bianco, Patriots, La voce del padrone che è entrato i superclassifica (sfondando il tetto delle 900 mila copie) e, nuovissimo, L’arca di Noè che promette di essere uno degli hit del 1983. In proprio, ma sempre con la collaborazione di Battiato, Giusto Pio ha presentato in queste settimane il 33 giri Legione straniera, nel quale il suo violino fa la parte del leone arricchendosi di effetti computerizzati, con risultati gradevolissimi.

Lo chiamano l’eminenza grigia del pop italiano, l’antidivo per eccellenza. Etichette a parte, il maestro non è un chiacchierone. Le parole gli escono a stento, con un accento veneto che la lunga permanenza a Milano non è riuscita a cancellare. Intervistarlo diventa un Lascia o raddoppia? “Mi faccia domande facili”, raccomanda in partenza: “altrimenti non so cosa ri sponderle”

Vogliamo cominciare da suo nome?

PIO:    “Mica me l’hanno dato per caso. C’è dietro tutta una storia. Il primo Giusto della famiglia è stato mio padre. Era nato il 29 febbraio, giorno di San Giusto, ma i suoi l’hanno battezzato Giuseppe. Quando sono arrivato io, ha pensato bene di rimediare”.

Giusto e pio: è un programma?

PIO:    “Non mi dispiacerebbe essere l’uomo dei giusti, ma non mi illudo di essere l’”uo­mo giusto” per tutti gli appas­sionati di musica leggera. Per gli ammiratori di Julio Iglesias non sarò mai nessuno. Pro­babilmente li faccio ridere”.

E’ una famiglia di musicisti la sua?

PIO: “Potrebbe diventarlo. Mio figlio Stefano è diplomato in viola. Quanto a me, la passione per la musica l’ho ereditata da mio padre, che suonava un po’ di tutto senza avere mai studiato. Tutto a orecchio, ma aveva un intuito formidabile. Quando ha visto che con il violino non me la ca­vavo male, mi ha spinto a studiare sul serio. A quel tempo nel nostro paese, Castelfranco Veneto, non c’erano maestri. Tra i miei coetanei io ero l’unico a voler fare il musicista. Sono dovuto andare fino a Venezia per frequentare il Conservatorio Benedetto Marcello. Adesso tutto è diverso. A Castelfranco ci saranno almeno mille musicisti, c’è anche una sezione staccata del Conser­vatorio”.

A che età ha cominciato?

PIO:            “Tardi. Il violino l’ho scoperto a dieci anni. Ne ave­vo 13 quando ho deciso di fare questo mestiere. Avrei voluto studiare anche composizione, ma sono stato costretto a piantare tutto. Ho infatti per­duto parecchio tempo per col­pa della guerra e non potevo più farmi mantenere dalla fa­miglia”.