GIUSTO PIO E’ TORNATO A CASTELFRANCO. PER ANNI HA FATTO COPPIA FISSA CON FRANCO BATTIATO, FIRMANDO DECINE DI BELLE CANZONI
E’
musica lui stesso. Giusto Pio se parla della vita passata lo fa con una
semplicità e un entusiasmo che non possono non sorprendere. Fanno trasparire un
momento di perplessità solo quando dice: “Ho settantaquattro anni”.
Insospettabile, a vederlo carico di progetti e creatività, ma è così.
Pio è
tornato a vivere i Castelfranco Veneto dopo quarant’anni passati a Milano,
violinista nell’orchestra sintonica alla Rai, ma soprattutto compositore.
“Vi e stato un periodo -racconta- in cui era difficile, aprendo la radio,
non sintonizzarsi su qualche brano composto da me e Battiato”.
Già,
Franco Battiato, uno dei musicisti italiani più raffinati e completi, più
intensi e originali. Chi non ricorda canzoni come “Centro di gravità
permanente”, “Patriot”, Bandiera bianca”, “Il re del mondo”,
“Voglio vederti danzare”, “Vento caldo dell’estate”. Solo alcuni
titoli, ma bastano per rievocare una stagione indimenticabile della musica
italiana. “Con Battiato - racconta - ho scritto oltre un centinaio di canzoni,
interpretate non solo da Franco. “Per Elisa”, ad esempio, eseguita da
Alice ha vinto il festival di San Remo”.
Ma altri
celebri cantanti, come Milva e Gaber, sono avvalalsi delle composizioni e degli
arrangiamenti del duo Battiato-Pio.
Come
è nata la passione per la musica?
Mio
padre possedeva uno dei primi apparecchi radio della provincia di Treviso, così
ho avuto prestissimo la possibilità di sviluppare la sensibilità musicale, di
conoscere, di appassionarmi. Poi, in quinta elementare, ho ricevuto le prime
lezioni e dopo la terza media sono passato al conservatorio, a Venezia,
diplomandomi in violino. Ho vinto un concorso e mi sono trasferito a Milano”.
All’
impegno con l’orchestra sinfonica della Rai, il musicista di Castelfranco
aveva affiancato un attività cameristica di notevole livello, inserendosi in
numerosi complessi. Il repertorio affrontato spaziava, praticamente, dal
Trecento ai giorni nostri. Quando si trattava di eseguire brani cinquecenteschi
Pio utilizzava uno strumento di particolare fascino e suggestione, la lira da
braccio.
“La
musica non possiede confini -sottolinea -. Adesso poi, con l’elettronica, si
sono aperte nuove, straordinarie possibilità”.
E
l’incontro con Battiato, come era avvenuto?
“Aveva
chiesto di ricevere lezioni di violino, per questo veniva a casa mia. Saranno
passati venticinque anni, da allora. Poi, dal momento didattico, siamo
passati a quello sperimentale. Facevamo, insieme, un lavoro di ricerca molto
interessante. Il nostro era un esprimersi non codificato da regole precise. Ad
un certo punto è stato Franco a spingermi verso la composizione. Così sono nati
i primi brani e il primo disco. Abbiamo avuto fortuna. Ricordo ancora con
emozione il Primo Lp di larga diffusione, si intitolava “L’era del cinghiale
bianco” e coincideva praticamente con un diverso modo di fare musica di
Battiato.
Quale
ruolo aveva Giusto Pio?
“Le
parole erano di Franco. Io, sostanzialmente, intervenivo sulle sonorità.
Dopo “L’era del cinghiale bianco” sono venuti “Patriot” e, con un
milione di copie Vendute, “La voce del padrone”. Per anni abbiamo lavorato
tantissimo insieme, componendo oltre un centinaio di canzoni. Ci divertivamo,
anche. Non di rado, si trattava di canzoni che cantava l’Italia intera.
Ricordate, ad esempio, “Un’estate al mare”? Anche quella era firmata
Battiato-Pio. Di volta in volta, per incidere, utilizzavamo gli studi di
registrazione più belli del mondo. Sono stati anni indimenticabili”.
Franco
Battiato visto da vicino: com’è?
“Una
persona rara, soprattutto per la generosità e l’altruismo. E’ dotato di
un’intelligenza particolare. Ad esempio ha una facilità estrema nell’apprendimento
delle lingue. Dal punto
di vista
strettamente musicale, poi, in Italia è il migliore in senso assoluto”.
Un’
esperienza conclusa, tuttavia.
“Sì, anche se l’anno scorso, al festival di Sanremo, ho diretto o
l’orchestra che accompagnava Battiato, intervenuto in qualità di ‘superospite’.
Ora, da tempo, sono tornato ai vecchi amori, alla cosiddetta musica colta”.
Quali
le produzioni recenti?
“Lavoro
fuori dei canoni consueti. Ho composto musica nell’ambito delle arti
figurative, del teatro, della poesia. Ho ideato colonne sonore navigando con i
suoni sulla produzione artistica, ad esempio quella di Romano Abate. Ho poi
composto musiche di scena, in particolare per la “Medea” allestita da una
compagnia fiorentina. E realizzato l’accompagnamento musicale per brani
poetici di Roberto Mussapi’’
E
la musica Sacra?
“Quattro
anni fa, ho composto una “Missa populi’ che ho voluto dedicare a papa
Giovanni Paolo II. E’ stata replicata più volte: oltre che a Treviso,
all’abbazia di Nervesa la scorsa estate e poi a Vicenza, al festival di Fano,
a Catania e altrove”.
Come
vede, Giusto Pio, la realtà attuale?
“Credo
che il mondo sia quello di sempre. Tuttavia, a colpirmi, è oggi soprattutto
l’ipocisia, in particolare nei settori dominati dai politici”.
E’
ottimista o pessimista riguardo al futuro?
“La
speranza in un domani migliore esiste sempre. Anche perché vedo tanta gente
portare avanti il mondo in silenzio. Purtroppo, a far notizia, sono quasi sempre
i fatti negativi. Invece, esistono tante persone, spesso sconosciute, che fanno
un gran bene e di loro non parla nessuno”.
Difficile
attuare un’inversione di rotta...
“Mah...
L’ultimo giorno dell’anno mi ero coricato presto, ma sono stato svegliato
dai botti che salutavano il nuovo millennio. Mi sono alzato e ho acceso la
televisione. In ogni parte erano in atto grandi festeggiamenti, ma io non
riuscivo a distogliere il pensiero
da tutta la gente che di fame nel mondo”.
E la
musica?
“Abbiamo attraversato in periodo buio, ma la situazione sta migliorando,
soprattutto perché è cessato un certo monopolio dettato dalla politica, che
condizionava la creatività dei musicisti. Oggi, fortunatamente, ognuno ha il
coraggio e la forza di scegliere la sua strada”.
Antonio Chiades