Il
salto di Giusto Pio
L’inconsueto itinerario artistico d’un professore di violino di 56 anni
di MABIO
GAMBA
Da
eminenza grigia a “pop star”, da consigliere musicale dotto e appartato a
eroe del juke-box. E l’itinerario di Giusto Pio, il personaggio che meno ti
aspetteresti tra quelli che cullano le estati italiane e danno la scalata alle
posizioni alte delle classifiche discografiche. Il suo pezzo Legione straniera,
suonato con violini elettrificati, tastiere elettroniche, chitarre percussioni
“disco-wave” (ma con dentro forti echi mediterranei), ha concorso al
Festivalbar. La sua tournée estiva lo ha portato negli stadi e nelle
megadiscoteche. Lui, il più antidivo anche nell’ epoca in cui gli antidivi
sono quasi la norma nel mondo della musica leggera è un signore di cinquantasei
anni, professore di violino nell’Orchestra sinfonica della Rai di Milano.
Giusto
Pio deve essere stanco di giornalisti che gli chiedono cosa si prova a passare
dall’ambiente classico a quello pop. Ha già risposto molte volte a questa
domanda in genere dicendo che la sensazione di liberazione è stata per
lui la più forte. Non si sa a tutt’oggi, se Giusto Pio abbandonerà per
sempre le aule dei conservatori e le severe sale da concerto. Di sicuro, però,
si sa che non ne può più dì direttori d’orchestra arroganti e sempre pronti
a presentarsi come vestali delle sacre tradizioni della “grande musica”.
Oltre
tutto tipi simili hanno ben poco da insegnare a un musicista come Giusto Pio. Il
violinista di Castelfranco Veneto non assomiglia certo ai modesti strumentisti
che invecchiano nelle prime e seconde file di violini o violoncelli delle
orchestre sinfoniche italiane, privi di curiosità per tutte le musiche che non
siano quelle datate diciottesimo-diciannovesimo secolo e fornite di regolare
patente accademica. Giusto Pio è da molti anni un esponente importante della
ricerca musicale. Lo è come compositore della “post-avanguardia”, una
definizione che e un modo per dire che si sono abbandonati i furori e i dogmi
dell’avanguardia dei Novecento, quella nata dall’eredità artistica di Anton
von Webern e che ha avuto il suo santuario, durante gli anni Cinquanta e
Sessanta, nella città tedesca di Darmtstadt.
Circa
due anni fa un lavoro “serio” di Giusto Pio, Motore immobile, è stato
registrato su disco (dalla Cramps). E’ musica estremamente rarefatta, così
essenziale e sommessa, cosi “senza tempo”, da suonare come una sfida
all’ascoltatore. Però è ricca di elementi lirici. E’ un esempio di
composizione fuori dei codici, un tipo di musica che non si può collocare in un
genere preciso, anche se non ha il carattere immediato della musica di consumo,
Motore immobile si situa in una zona aperta di produzione musicale, come i
lavori di ricerca di un Franco Battiato, per esempio, il Battiato degli anni
dal ‘74 al ‘78.
Naturalmente
il nome di Battiato, l’autore del best-seller della canzone italiana 1982 (La
voce del padrone), il
mangiatutto dell’estate, non è saltato fuori per caso. Perché tra il
nasuto cantautore catanese (cantautore? Mah!) e Giusto Pio c’è un sodalizio
che dura ormai da quattro anni. Si conoscono da sei, da quando Battiato andò da
quel maestro di violino a farsi dare delle lezioni. Nel 1978 l’allievo e il
maestro, tranquillamente disponibili a scambiarsi le parti, cominciano a
lavorare assieme. Firmano le musiche e gli arrangiamenti di Polli d’allevamento, uno spettacolo di Giorgio Gaber. Intanto confezionano
gli ultimi due album sperimentali di Battiato, Juke-box e L ‘Egitto prima delle sabbie.
Nel
‘79 il grande salto: Franco Battiato, pur conservando un certo cipiglio da
moralista, si mette a fare canzoni, vere e proprie canzoni; Giusto Pio è con
lui per L’era
del cinghiale bianco, per
Patriots e infine per La voce
del padrone.
Appare anche in
scena in alcuni concerti di Battiato. Tutti sanno che il violino, la sapienza
e la vena melodica di Giusto Pio hanno qualcosa a che fare con la scoperta
della formula che ha dato il successo a Franco Battiato.
Ma tutti
sanno anche che certe strane sintonizzazioni di Battiato con l’Africa e
l’Oriente. punteggiate di ironie e di sentenze camuffate, riguardano anche
Giusto Pio, forse lo influenzano. Così, quando il violinista classico, il
compositore della “post-avanguardia” decide
di fare il grande salto anche in proprio, le atmosfere “alla Battiato”
non mancano nel suo
primo album pop, Legione
straniera. Insieme a
suoni più tecnologici di quelli che si sentono nei dischi di Battiato. Insieme
a echi di musica per film (osiamo dire che spunta qua e là persino lo
spiritello di Ennio Morricone) e a melodie piuttosto “all’italiana”.