Di
Luca Maestri (Famiglia TV, aprile 1984)
Nell’ambiente tutti lo chiamano maestro, in segno di
rispetto e anche di deferenza per i capelli grigi, ma soprattutto per la sua
grande esperienza di musicista. A 56 anni
compiuti Giusto Pio si può legittimamente considerare il fenomeno musicale del momento.
Da tre stagioni sta tirmando tutti i più
grossi successi: quelli che arrivano regolarmente ai vertici delle classifiche
di vendita. Fa coppia con un altro grande talento della musica italiana, Franco
Battiato. Insieme hanno realizzato gli album L’era
del cinghiale bianco, Patriots, La voce del padrone (che l’anno scorso ha
sfiorato il milione di copie vendute), L’arca
di Noé.
Da solo si è già cimentato in un LP dal titolo Legione straniera, dove proponeva musiche classiche ed esotiche in chiave moderna, con arrangiamenti elettronici. Giusto Pio, un nome diverso e stravagante per un personaggio che potrebbe sembrare irreale se non fosse invece così vero e presente. Molto riservato, timido, preferisce passare il tempo sperimentando suoni nuovi piuttosto che concedere interviste. E sempre impegnatissimo. Adesso ha appena ultimato il suo secondo album da “solo” (si fa per dire, perché c’è sempre la presenza di Franco Battiato) e che uscirà a giorni sul mercato. «Il primo», confessa, non era un gran che, ma è piaciuto. Questo spero piaccia un po’ di più».
Nativo di Castelfranco Veneto, Giusto Pio ha ereditato la passione per la musica dal padre che suonava un po’ tutti gli strumenti. ma senza mai aver frequentato scuole regolari (“Aveva un intuito eccezionale e una sensibilità molto acuta. Quando vide che me la cavavo da solo col violino volle che io prendessi lezioni”).
Così, se oggi possiamo ascoltare certe sonontà, se possiamo gustare certe atmosfere magiche dei dischi di Battiato, lo dobbiamo al signor Giuseppe Pio, musicista autodidatta. che spinse il figlio a fare il pendolare tra Castelfranco Veneto e il Conservatorio Benedetto Marcello di Venezia.
Aveva già 13 anni Giusto Pio quando cominciò a studiare seriamente il violino, un po’ tardi. Ma era un allievo diligente e arrivò facilmente al diploma. «Mi sarebbe piaciuto anche studiare composizione, ma c’era la guerra e dovetti abbandonare gli studi per non farmi mantenere dalla mia famiglia».
La sua fu l’ultima leva chiamata alle armi, prima della disfatta dei tedeschi. Aveva 18 anni Giusto Pio, ma nessuna voglia di affiancare i germanici. Così si imboscò per un po’ in campagna. dai contadini, poi si arruolò nei “battaglioni lavoratori”, incaricati di riparare ponti e strade. «Non mi vergogno di quello che ho fatto. Così non ero costretto ad ammazzare nessuno. E a ripensarci, nonostante la drammaticità di quei momenti, fu un periodo avventuroso e divertente. Ci si fa il callo a tutto in guerra, alle bombe, ai morti, all’idea di non vedere l’indomani».
Dopo la guerra prende il diploma nel 1947 e comincia
a suonare dove capita, dalle balere ai night, facendo trasferte in tutto il
Veneto per poche lire. «Quasi per disperazione partecipai a un bando di
concorso della Rai e lo vinsi diventando “violino di concertino”. Mi sono
trasferito a Milano, poi mi sono sposato. Ho passato alla Rai trent’anni, ne
ho viste e sentite di tutti i colori. Musiche stupende e altre scadenti,
direttori bravi e più spesso appena sufficienti, pubblico attento, ma anche
presuntuoso, che si accontenta magari di sentire composizioni orrende solo
perché firmate da Bach».
Non ha odi né rancori Giusto Pio e, oggi, è un uomo libero di lavorare come gli pare, sicuro soltanto di una cosa: che a giudicare le sue opere sarà quel pubblico di giovani che da qualche anno ha imparato ad amare e dal quale ha appreso una cosa importante, la lealtà. «I ragazzi sanno distinguere subito chi bluffa: se la tua musica è onesta ti seguono, altrimenti ti abbandonano oppure ti fischiano, non importa se ti chiami Beatles o Mick Jagger. Negli ambienti della musica “colta” questo non succede: ho visto direttori d’orchestra che trattavano noi orchestrali come schiavi senza avere neppure le capacità di comandare. E noi non potevamo ribellarci. No, la musica pop è libertà, per questo a cinquantasei anni sono rinato. Con i giovani mi diverto, anche se fare sessanta concerti, come l’anno scorso, e faticosissimo».
Giusto Pio (Giusto lo ha chiamato suo padre Giuseppe per riparare a un “errore” del nonno, che avrebbe già dovuto chiamare così il figlio nato il giorno di San Giusto) si e ritrovato idolo “pop” per caso. “Ho conosciuto Franco Battiato sette anni fa. Me lo mandò, dopo molte insistenze, un amico pianista, Antonio Ballista. Battiuto aveva appena vinto il Premio Stockhausen per compositori di pianoforte e voleva studiare il violino. Accettai per fare un favore a un amico. Per due anni ci dicemmo soltanto “buongiorno” e “buonasera”, all’inizio e alla fine delle lezioni. Poi pian piano, cominciammo a parlare e scoprimmo di avere interessi comuni. Così, un giorno Battiato mi chiese di improvvisare con lui un concertino, dopo di che mi propose di lavorare assieme. Incidemmo un disco, Juke box, e poi continuammo. Ma ancora oggi tra noi ci diamo del ‘lei’”.
Della vita caotica in cui si è trovato improvvisamente immerso, Giusto Pio non si lamenta. Non ama i trasferimenti in macchina, odia dover aspettare per ore, dopo i concerti, che la gente si decida a togliere l’assedio ai camerini per poter finalmente andare a riposare. E’ geloso del suo violino, uno splendido e prezioso Guarneri del 1699, ha un debole per la musica del Duecento e ama suonare la lira e la libecca. «Ho qualche problema in famiglia», confessa con pudore. «I miei due figli, Giulietta e Stefano (quest’ultimo è diplomato in viola), ormai si sono abituati ai miei ritmi. Chi protesta un po’ è mia moglie, la mia “vecia” Maria, che mi aspetta cucinando o cucendo e qualche volta borbottando. Forse ha ragione lei, come pensionato sono davvero al di fuori di qualunque modulo INPS»