Mercoledì
25 agosto 1982
il Giorno
Per anni è stato violinista nelle orchestre sinfoniche – Poi l’incontro con Battiato e la sua esplosione nel panorama del rock
Giusto
Pio ha 56 anni, un onorevole passato da violinista classico, ma soprattutto
un avvenire nel mondo della canzonetta. E’ teorico ed eminenza grigia, al
fianco di Battiato, della Nouvelle Vague pop italiana. Questo signore distinto e
riservato, dai capelli grigi, diplomato in violino al conservatorio “Benedetto
Marcello” e primo violino dell’orchestra sinfonica rai
diretta da Zoltan Pesko, fa impazzire i teen-agers italiani. E’
popolare quanto Ivan Cattaneo e Alberto Camerini. Da tre anni lui e Battiato
scrivono e arrangiano in società. Lavorano in proprio (tre album di Franco e il
nuovissimo “Legione straniera” di Pio) e per conto terzi. Vendono e fanno
vendere milioni di dischi. Primo cliente, nel ’78, è Giorgio Gaber per
“Polli di allevamento”. I due non si conoscono ma scoprono la comune
idiosincrasia per la cultura paludata e gli autori contemporanei.
Giusto
Pio diventa il braccio “musicale” della provocazione canzonettistica di
Battiato, suo complice in collage ironici e surreali. Guidano in coppia, come in
sidecar, e più la curva è difficile più Giusto Pio “compensa” col peso
della sua competenza, della sua saggezza. Hanno scritto e arrangiato un disco
per Milva, uno per Alice e Giuni Russo. Fino all’anno scorso Battiato lo
chiamava “professore”.
Il
professore veste, in modo lindo e severo, un po’ démodé. Ha natura schiva e
dignità, gli è rimasto soltanto il marchio triste e un po’ stanco del
travet. Non è molto loquace, si muove in punta di piedi tra Renato Zero,
Rettore e Loredana Bertè. Dietro le quinte, nei festival, deve sempre spiegare
“chi è”. Lui guarda vergine e ingenuo lo zoo itinerante della canzone e si
diverte. Ha fatto il “negro” di lusso per anni dietro un leggio e detesta
cordialmente l’ambiente. Dice sgradevoli verità senza mai alzare il tono di
voce: “Il mondo della musica leggera è molto più professionale di quello
accademico e pesante”. Oppure: “I direttori di orchestra sono spesso tiranni
che concepiscono i rapporti con gli orchestrali alla stregua dei negrieri. Così
capita che ci siano dilettanti che esercitano l’arte del comando”. E
aggiunge fuori dalle virgolette, pure stupidi e cialtroni. “Un direttore bravo
– mi dice – noi peones in smoking lo riconosciamo dal primo colpo di
bacchetta”.
E
Battiato? “Un professionista, un modello di comportamento per tutti”. Un
padrone buono e un allievo devoto e rispettoso, aggiungiamo noi. Giusto Pio
suona con Battiato in tournée, nei palazzotti e negli stadi, vestito da
impiegato della musica. Seduto, con il fido violino, circondato da una panoplia
di tastiere. Ora ha registrato un disco a suo nome, “Legione straniera”. Pop
moderato e nostalgico, paesaggi che evocano “Beau Geste” e “Lawrence
d’Arabia”, in technicolor. “Un album computerizzato, ma con giudizio –
ci spiega – esoterico e orientaleggiante, ma con moderazione”. Sono motivi
garbati, miraggi arabi, ritmi esotici, gentili. E una deliziosa favola per
bambini, “Cristina’s Day”.
Marco
Mangiarotti