Giuseppe Mazzullo (1913-1988) nacque
a Graniti, paese siciliano alle falde dell’Etna, nella valle
dell’Alcantara.
Con una sensibilità ancorata ad un
arcaismo genuino connaturato al paese nativo, alla vita del
borgo, alla terra d’origine, Mazzullo visse i grandi cambiamenti
sociali, culturali ed artistici del XX secolo. Attraversò così
quel momento storico straordinario, ma infine tragico, della
rivoluzione industriale la cui esaltazione tecnologica generò la
sopraffazione tra i popoli: gli eventi delle grandi guerre e il
loro sconvolgente impatto sulla cultura, e nello specifico
sull’arte, segnarono profondamente l’animo di Mazzullo.
Negli
anni della guerra
(1944-46),
la sua casa di Roma fu un luogo d’incontro per artisti ed
intellettuali di ogni indirizzo professionale, ideologico e di
pensiero. Si incontravano da Mazzullo, in via Sabazio 34, Renato
Guttuso, Pietro Consagra, Sebastian Matta, Achille Perilli,
Piero Dorazio Cesare Zavattini, Rafael Alberti, Giuseppe
Ungaretti, Stefano D’Arrigo e molti altri, tra i quali anche i
curiosi di quell’ambiente culturale .
Poi, con le rinnovate speranze del
dopoguerra, Mazzullo intuì il disorientamento sociale e la
dispersione tecnologica volta ad un vacuo benessere.
Da cui l’amarezza, negli ultimi anni
della sua attività, espressa in figurazioni sofferte e stravolte
nell’estrema tensione a una identità e dignità da non doversi
perdere: sacrifici umani di fucilati, partigiani, martiri,
figure emergenti dalla pietra e ad essa connaturate, Crocefissi
tracciati da segni, essi stessi dramma. Sono espressioni
esistenziali interiori che Mazzullo, di riscontro, percepì
nell’ambiente arcaico delle sue origini, nella valle
dell’Alcantara: nella parvenza umana della pietra, nella
apparente sofferenza della natura-pietra, piuttosto che
nell’alterigia bellica di un umanità perduta.
Nel frantumarsi dell’arte
contemporanea in indirizzi diversi (scientifici, di ricerca
analitica, di protesta e spesso di opportunismo), l’arte di
Mazzullo fu rivolta alla storia, ai conflitti sociali, alle
ragioni etiche dell’essere che sole, in piena coscienza, possono
garantire un futuro dell’identità culturale dell’uomo.
Mazzullo è stato perciò una figura
unica e sicuramente singolare per la complessità della sua
opera, nel panorama della storia dell’arte del Novecento.
Insegnò all’Accademia di Belle arti
di Roma. Fu protagonista di mostre personali e collettive in
tutto il mondo. Le sue opere fanno parte delle più prestigiose
collezioni pubbliche e private.
Nel 1981, il comune di Taormina, in
accordo con la Soprintendenza ai Monumenti, ha istituito la
Fondazione Mazzullo con sede nel medievale Palazzo Duchi di
Santo Stefano ove sono ora raccolte molte delle sue opere.
Giuseppe Fanfoni ha seguito
l’attività di Mazzullo sin dagli anni cinquanta, curando
l’allestimento delle sue mostre e la sistemazione architettonica
delle sue opere.
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