Italia, 2006

Regia

Alessandro Di Robilant

 

Sceneggiatura

Fabrizio Battelli, Nora Venturini

 

 Il film è liberamente ispirato alla vita di Don Luigi Di Liegro

 

 

Anni Cinquanta, Belgio, conosciamo Di Liegro nelle insolite vesti di minatore mentre lavora a fianco degli immigrati italiani. Quando Luigi era bambino ha visto suo padre tentare più volte di emigrare negli Stati Uniti, senza successo. Capisce lo strazio dell’emigrante: lasciare i propri cari o morire di fame. E allora sente il disperato bisogno di stare insieme a loro e tentare di alleviare i momenti di sconforto e di disperazione. Forse per la prima volta Luigi capisce che il compito principale di un prete, per migliorare la qualità della vita di chi sembra essere senza speranza è innanzitutto quello di essere una guida per la formazione di una comunità salda.

E’ in queste circostanze che conosce don Eugenio (Carlo Gabardini), l’amico che rimarrà con lui tutta la vita per incoraggiarlo, spronarlo e qualche volta metterlo di fronte ai suoi errori. Di Liegro è un uomo d’azione, odia l’immobilità, desidera a tutti i costi aiutare gli altri ma spesso si trova a correre da solo, avanti a tutti, perché prima di tutti intuisce il problema e la sua soluzione.

Come in questo caso, in cui il progetto di Luigi fallisce: il vescovo non vede di buon occhio la sua vicinanza con i minatori e lo rispedisce rapidamente a Roma.

 

Ma qui Luigi continua la sua corsa. Anni Sessanta, dopo aver convinto la burocrazia ecclesiastica, incarnata nella austera figura di Mons. Fabbri (Mariano Rigillo), riesce a farsi assegnare a Giano, una borgata che rappresenta la miseria e le condizioni di vita disperate che una gran parte dell’Italia si trova ad affrontare in questi anni. E’ qui che conosciamo Alfio, figlio di baraccati, già indirizzato verso una vita di criminalità. Alfio è cinico, impenetrabile, non si lascia contagiare dal progetto di Don Luigi. Un giorno il ragazzo viene portato via dai Carabinieri e nel vederlo allontanarsi Luigi sente forse di aver fallito. Ma i due sono destinati ad incontrarsi ancora…

Intanto, una notte, Luigi viene svegliato da Eugenio. Nella sua parrocchia i carabinieri hanno fatto irruzione nella struttura della Pastorale che si occupa di Servizi Sociali: malati legati ai letti e trattati come bestie. Di Liegro tocca con mano la scandalosa ipocrisia di quella che dovrebbe essere la carità cristiana. Il nostro ha un duro scontro con Mons. Fabbri, il quale, quasi per sfida, decide di affidargli la direzione della Pastorale. Luigi non si tira indietro e, dal niente, comincia a costruire quella che diventerà la Caritas. Il progetto è quello di sempre, ma questa volta su grande scala: si tratta non tanto di “fare la carità”, ma di realizzare una rete di solidarietà che restituisca ai dimenticati della società dignità e identità reinserendoli nella comunità che li ha emarginati. E’ un lavoro di squadra che coinvolge Eugenio, Fausto (Simone Gandolfo) e Suor Ada (Claudia Coli), una giovane suora del nord combattiva e instancabile. Nella squadra c’è anche Silvia (Moira Grassi), una giornalista interessata ai progetti di Luigi che lo appoggerà sempre, fino alla fine. Luigi e i suoi collaboratori dovranno affrontare anche la pigrizia e la diffidenza della classe politica, incarnata nella figura dell’on. Robatta (Renato Carpentieri). Questi si trova spiazzato dalla caparbietà di un rappresentante della Chiesa che decide sorprendentemente di non schierarsi con il potere. Il progetto culmina nella creazione dell’Ostello di via Marsala, una struttura efficiente e non degradante, con mensa e posti letto.

 

 

E’ una vittoria indiscussa, della quale si fa vanto anche Robatta, ma Luigi è già oltre, alla sfida successiva. Siamo nei primi anni Ottanta e ha appena conosciuto Diana (Chiara Gensini), un’adolescente di buona famiglia che, dopo essere stata cacciata di casa per la sua tossicodipendenza, è finita a vivere per strada. Diana è la ragazza di Alfio (Flavio Pistilli), il bambino baraccato di Giano, ormai cresciuto e anch’egli tossicodipendente. Diana ha una strana malattia, poco conosciuta perché nuova, l’AIDS.

Luigi ha capito in anticipo che quello dell’Aids è un problema serio ed inizia un’opera di sensibilizzazione. La Caritas è diventata una struttura forte, efficiente e autonoma e Luigi si dedica anima e corpo alla creazione di una casa famiglia per malati d’Aids a Villa Glori. La casa si trova in un quartiere dell’alta borghesia romana, i Parioli, e subito nascono i problemi. Incoraggiato dall’affetto per Diana, Luigi parte con la sua solita determinazione e occupa la casa, cominciando fin da subito a trasferirvi i malati. Tra questi anche Alfio che con la sua indole provocatoria e violenta continua a non credere ai progetti di Luigi. Alfio ricomincerà ben presto a drogarsi, scomparendo di nuovo.

Intanto il quartiere si è mobilitato e ha costituito un comitato per l’espulsione dei malati da Villa Glori. Il comitato, nel quale è presente anche il padre di Diana, fa pressione al Comune e sembra avere la vittoria in pugno. Nel frattempo Diana muore, e Luigi decide di celebrare il funerale della ragazza ai Parioli. E’ un evento straordinario, che spiazza i fedeli tra i quali i genitori di Diana. Con parole semplici, Luigi riesce a far breccia nel cuore dei presenti e a convincerli che la ragazza scomparsa, insieme a tutti i malati, faceva parte della loro stessa comunità. Dopo questo evento il comitato si ritirerà e la casa famiglia di Villa Glori otterrà l’autorizzazione.

 

Primi anni Novanta, i vertici della gerarchia ecclesiastica sono cambiati, l’eterno amico-nemico di Luigi, Mons. Fabbri, è stato rimosso. Senza più appoggi, Luigi viene mandato in Albania con un nuovo incarico. Il regime è caduto e c’è da avviare l’ordinazione di nuovi sacerdoti. In viaggio con Eugenio, Luigi ha la possibilità ancora una volta di intuire quale sarà il nuovo problema da affrontare. Migliaia di clandestini si stanno ammassando sulle coste. Stanno fuggendo e vogliono venire in Italia.

Stavolta si tratta di un problema planetario, di portata storica, e Luigi è tra i primi ad intuirlo e a cercare concretamente delle soluzioni.

 

Eccoci allora alla Pantanella, con Luigi che si batte per l’accoglienza degli immigrati. C’è Kamel, un pakistano che Luigi aveva già conosciuto all’Ostello di via Marsala, che si è innamorato di un’italiana e vorrebbe sposarla. Luigi celebra un matrimonio misto, a fianco dell’Imam. Durante la cerimonia nella Pantanella, però, scoppia una rissa che degenera in una vera e propria battaglia tra immigrati di diversi Paesi.

 

La battaglia è finita e Luigi è sul tetto dell’edificio. Attende l’inesorabile arrivo delle forze dell’ordine. L’edificio sarà sgombrato, gli immigrati dislocati e allontanati. E’ una sfida che Luigi non fa in tempo a vincere. E’ troppo tardi, le sue condizioni si sono aggravate ed è costretto a ricoverarsi. Ma forse niente è ancora perduto, il problema della convivenza tra popoli è come un simbolico testimone che Luigi lascia alle generazioni future. Nelle ultime ore di vita di Luigi ricompare Alfio. Sembra in forma, ripulito, elegante. Luigi ha sempre creduto di aver fallito con il ragazzo. Invece sarà proprio lui, mano nella mano, ad accompagnarlo negli ultimi istanti di vita.