NEPAL

 

INTRODUZIONE

Il Nepal si apre alle spedizioni alpinistiche nel 1950 mentre il Tibet invaso dai cinesi e considerato da loro come una provincia cinese resta chiuso a qualsiasi forma di turismo sia esso sportivo od altro. Con le nuove tecnologie tutto si fa più facile, bastano ottimi scalatori robusti ed in buona salute al resto pensano le organizzazioni logistiche e con gli elicotteri si può portare più materiale fino all'ultimo campo base.

Il Nepal si trova fra l'India ed il territorio cinese del Tibet, è compreso fra gli 8o° e 88° di longitudine est e 27° e 30° di latitudine nord con 140.000 Kmq di superficie ed una popolazione di circa 16 milioni di soggetti appartenenti a gruppi etnici diversi per aspetto lingua religione e costumi.

Si trovano così un gruppo indo-ariano, un altro tibeto-birmano ed un terzo che è il misto dei primi due. Il primo, che abita le regioni sud occidentali, è tipico dell'India e professa l'induismo il secondo che vive prettamente sulle montagne del nord proveniente dall'Asia centrale di religione buddista-lamaista contaminato da altre credenze che parlano dialetti di derivazione tibetana. Ogni gruppo etnico ha una sua storia e collocazione etnico geografica. Citerò solo per dovere informativo quelle etnie con le quali verremo in contatto nella zona dell'Annapurna dove saremo diretti.

I Tamang che vivono a nord di Kathmandu agricoltori e artigiani tessili. I Gurung che vivono nelle vicinanze dell'Annapurna e precisamente a Ghandrung e Landrung. I Thacali che vivono lungo la via che dall'India porta alla Cina ma ora che la frontiera cinese è chiusa si dedicano al trasporto dei turisti o fanno il faticoso mestiere dello sherpa altri gestiscono lodge e thea shop lungo le vallate frequentate da chi fa trekking.

L'attività alpinistica è sotto la tutela del Ministero del Turismo per le grandi spedizioni e della Nepal Mountaineering Association per i piccoli gruppi che fanno solo trekking e non scalate. Con una piccola tassa rilascia permessi bisettimanali prorogabili purché il gruppo sia accompagnato da un sirdar (guida) registrato presso il N.M.A.

Trekking sull'Annapurna

Era già da molto tempo che se ne parlava con gli amici. Ma una volta mancava il denaro ed un'altra c'era stata un'epidemia di colera nella zona specifica dove noi avremmo dovuto camminare così avevamo sempre rimandata la possibilità di vedere le più alte montagne della terra. L'Ambasciata Nepalese ci rilasciò i permessi per attraversare il territorio del la valle del Modi Kola alla fine d'ottobre del millenovecentonovantuno il volo Air India fino a Deli era già pagato per i primi di novembre, poi avemmo dovuto proseguire per Kathmandu con l'Air Nepal. Il sacco lo zaino le apparecchiature fotografiche erano in trepida attesa. Un treno all'alba ci condusse a Roma per imbarcarci sul volo Air India per Deli. Uno dei maledetti scioperi italiani ci fece ritardare la partenza così arrivati a Deli non avevamo più la coincidenza e dovemmo pernottare in aeroporto in attesa del volo del giorno successivo per Kathmandu. L'aeroporto di Deli è grande e ben organizzato solo che come tutte le aerostazioni quando non ci sono né arrivi né partenze il personale di pulizia lo invade di disinfettanti e di macchine pulitrici. Quando finalmente la toilette fu terminata disposti i nostri sacchi sulle poltrone che ci sarebbero servite più tardi per passarvi la notte. Salite due rampe di scale andammo al ristorante con i buoni che la compagnia aerea ci aveva elargiti per sopperire al disagio. S'iniziò così ad assaggiare la cucina indiana: riso carne in salsa con peperoncino ed erbette aromatiche ciapate per pane e the come bevanda. Una bella pipata di tabacco profumato e poi distesi sulle poltrone per riposare a turno con un occhio sempre aperto per noi e bagagli.

Finalmente si è fatto giorno e la vita ha cominciato a fluire attorno a noi, alle sette abbiamo avuto la chiamata e ci siamo avviati a piedi lungo la pista verso un vetusto 727 con tanto di toppe sulla fusoliera, per coprire i fori di una mitragliata ricevuta in precedenza da ribelli filo cinesi. Le hostess di bordo carine da non dire ci hanno accolti con le mani giunte al petto la testa china ed un sommesso "NAMASTEE" che è il loro modo di salutare un amico o una divinità. Coperte dai loro sari colorati di rosso viola e fucsia e sempre sorridendoci cordiali ci hanno servito the e biscotti squisiti dopo averci consegnati pannicelli caldi per detergerci le mani. Quando sono venute a ritirare le tazze e gli avanzi ci hanno deliziati con un piccolo omaggio floreale sempre con inchini e sorriso accattivante. Ospitalità nepalese che sa d'altri tempi e stride con i fori della mitraglia sulla fusoliera. Sotto di noi l'Himalaya con tutta la sua maestà e con le cime coperte di ghiaccio si è presentato al gruppo ed un singhiozzo mi ha colpito: sto volando sul tetto del mondo.

Stridore di ruote che graffiano l'asfalto, motori in contromarcia e siamo finalmente arrivati a Kathmandu. Il tempo di sbarcare e recarci alla dogana per sbrigare noiosissime formalità di frontiera riempire fogli su fogli dove per cento volte devi ripetere il nome la provenienza e la causa del viaggio poi quanto denaro porti con te e per quanto tempo intendi soggiornare poi in ultimo prima di uscire devi pagare la tassa aeroportuale. Un carretto ti porta i bagagli e la polizia vuole vedere cosa porti nel loro paese e ti frugano e ti guardano con sfiducia. Tutto l'opposto dell'accoglienza a bordo del vettore che ci ha appena scaricato. Usciti fuori dell'aeroporto però è un'esplosione d'entusiasmo da parte di tutti: il nostro contatto offre collane di fiori ad ognuno di noi ed i "namastee" si moltiplicano come se fossimo personaggi importanti e forse per loro lo siamo davvero così chiari di pelle ben vestiti d'aspetto sano e ben nutriti pieni di bagagli che fanno pensare a grandi imprese. Persone che arrivano da paesi stranieri e forse portano un poco di benessere per tutti loro. Saliamo sul pulmino che c'è stato riservato un vecchio Volkswagen degli anni cinquanta ridipinto e rattoppato più volte e ci lasciamo condurre a quello che sarà il nostro albergo per i giorni che sosteremo in città. Sull'ingresso sta scritto Hotel Trivedi. Al secondo piano ci assegnano delle stanze arredate con piccoli letti tipo branda un tavolo due sedie e dietro una mezza parete si celano un water ed una doccia che schizza direttamente sull'impiantito leggermente in discesa verso un foro che funge da scarico un solo rubinetto la dice lunga sull'acqua che è solo ed esclusivamente fredda. Fortuna che la finestra dà sulla via principale e da quest'altezza si può godere il passeggio della gente ed una buona fetta di panorama cittadino. Ovunque sono festoni colorati con sopra scritte le preghiere della religione buddista fissati a circa cinque metri d'altezza da una parte all'altra della strada dove scorrono carretti trainati da asini o da uomini seminudi e scalzi e poi biciclette stracariche di masserizie e risciò con belle donne a bordo oltre a vecchie auto camion e taxi gialli. Ci riuniamo in una stanza illuminata da una piccola lampadina elettrica e facciamo il punto per i programmi dei prossimi giorni insieme a una guida locale (sirdar) che il nostro contatto nepalese ci ha presentata, ci vengono finalmente consegnati i permessi per poterci muovere all'interno del santuario dell'Annapurna ed effettuare il trekking desiderato. Per adesso siamo liberi di andare in giro per la città e cercarci dove mangiare per cena ma non possiamo uscire dalla medesima poiché dal tramonto all'alba è chiusa da sbarre di bambù vegliate da gendarmi armati. Così studiata la mappa e visto dove è situato l'albergo ci dirigiamo in quattro verso l'enorme mercato del centro storico e specialmente verso Pashupatinath dove ci sono i templi dei morti poi al grande stupa di Badhanat che ci conquista per la sua magnificenza e grandezza con intorno botteghe mercati e fedeli che percorrono il suo perimetro facendo ruotare i tamburi delle preghiere inseriti nel muretto che lo circonda. La costruzione è la più grande del Nepal è costruita su un terreno pianeggiante circondato da case e botteghe coloratissime qui si è stabilita una grande comunità tibetana di rifugiati dopo l'invasione cinese del Tibet .

Lo stupa è costruito su terrazze concentriche degradanti fino a creare l'effetto di un mandala tutto perfettamente in armonia con i grandi occhi dipinti in rosso bianco e azzurro sui quattro lati. Lungo il perimetro ci sono tantissime piccole statue dell' Amithaba Budda poi un coronamento in mattoni con celle che contengono ciascuna cinque mulini di preghiera e una lunga scalinata ci conduce alla sua base. La città si è assiepata attorno allo stupa e negozietti di fabbri tessitori e venditori di ogni ben di dio costituiscono una piacevole curiosità per turisti e no. I fedeli issano sullo stupa file di bandierine colorate con sopra scritte preghiere affinché mosse dal vento disperdano per l'aria la parola di Budda esse sono di colori diversi per ricordarsi degli elementi della vita: cielo aria terra fuoco e acqua. Kathmandu è fondata sul letto asciutto di un lago la terra è fertile e intorno la campagna è rigogliosa e ben coltivata.

Il mattino seguente siamo partiti di buon'ora per Pokhara con un vetusto bus senza sportelli e con sedili di legno come i nostri tram d'anteguerra. La strada sale e scende stretta e bordata dalla montagna a sinistra e dal fiume Trisuli in fondo alla valle del Nosi Khola a destra.

Ogni tanto incontriamo un centro abitato e ci fermiamo per vedere come scorre la vita quotidiana e per mangiare un boccone in certi ristorantini sulla strada dove si vede il fumo di un fuoco acceso il menu è quasi sempre lo stesso riso ciapata (sorta di piadina sottile e calda) pollo al curry verdure bollite o carne di capretto o pecora arrostita e zuppe d'aglio oppure specie di farinate con verdure e naturalmente il tutto molto spezziato. Si beve birra ottima e leggera o coca cola sempre a bottiglia perché i bicchieri non sono compresi almeno lungo la strada. Passiamo Naubise poi Muging e Damauli e finalmente dopo dieci ore di tormento siamo a Pokhara. E' un posto magnifico tutto un mercato case piccole con grandi aperture sul davanti che fungono da bottega dove si trova di tutto a prezzi irrisori anche se è chiaro che a noi chiedono qualcosa in più. Proseguiamo per ancora mezza ora e montiamo il campo a Benida (900/1000 metri di quota) dove una sbarra di bambù sulla strada ci informa che siamo nel "santuario dell'Annapurna". I portatori scaricano i bagagli dall'imperiale del bus e constato che un sacco è stato lasciato al Treviri così io e Gianni abbiamo soltanto la metà del necessario per i prossimi quindici giorni. Pokhara ormai è lontana ed è già notte domani partiremo presto così inventariata la roba presente facciamo onore alla cena che i nostri sherpa hanno preparato e poi ci corichiamo nel sacco senza arrabbiarsi più di tanto.

Appena fa giorno ci svegliano con una bacinella di acqua calda per ciascuno e l'invito a radunare le nostre cose perché mentre noi saremo a colazione smonteranno il campo caricheranno tutto sulle gerle degli sherpa e partiremo. Con noi portiamo soltanto lo zaino con una borraccia d'acqua un kway un golf cioccolato e caramelle ed il materiale fotografico.Caffè caldissimo miele di montana porrige all'inglese e pane imburrato ci mettono in moto per iniziare il trekking. Fa abbastanza fresco ma non freddo c'è un bel sole e appena partiti si percorrono sei km di strada asfaltata in piano lungo il fiume Modi Khola, siamo in mezzo alle risaie dove donne all'apparenza anziane portano sulla schiena grosse fascine di paglia di riso verso le loro abitazioni che noi scorgiamo in distanza appena sopra le risaie. Uomini e bufali stanno arando alcuni campi allagati ma senza riso due cantori con tanto di strumento a corde che vorrebbe assomigliare ad una chitarra fanno la questua su questa strada deserta: basta una monetina e subito ringraziano col noto namastee. Contadini stanno battendo il riso facendo girare intorno su grandi mucchi di piante di riso mietuti due bufali che schiccano il frutto dalla pula e dalla paglia. Dietro di loro stanno due donne con un grande grembiule aperto a sacco per raccogliere prima che cadano eventuali fatte delle bestie. Poi con un forcone di legno provvederanno a liberare definitivamente i chicchi dalla paglia e dalla pula. a Dhampus quattro capanne uno spiazzo per mettere le tende da 900 mt siamo saliti a 1740 mt l'aria è più fine c'è profumo di erba e fiori e incenso si vede benissimo la vallata inondata di sole poi alla nostra destra dietro montagne più basse e vicine fa capolino il Macchapucchare (coda di pesce) un paradiso che ti fa dimenticare la fatica boia per arrivarci e quanta ci aspetta ancora. Tutto è superbo indescrivibile come la sacralità che si respira e la serenità di questa gente che è in simbiosi con la natura circostante.

Mentre gli sherpa preparano le nostre tende per la notte ed i cuochi la nostra cena io mi rilasso dalle fatiche del giorno scattando foto del paesaggio ed osservando gli uomini che dintorno a noi come formiche ci accudiscono. La serata è limpida e l'aria si fa fresca un'aquila volteggia alta sopra di noi; in una capanna non lontana dal nostro campo una donna spidocchia un bambino che gioca con un bambolotto di pezza mentre una vecchia vicina a lei macina del riso con una pietra munita di manico imperniata con un piolo di legno sopra un'altra più grande ed un uomo dietro la capanna munge uno yak. E' una scena d'altri tempi, i volti, i modi di vita, la capanna stessa, le montagne intorno, un laghetto vicino e le orchidee sui tronchi degli alberi dietro il campo montato dagli sherpa rappresentano due mondi lontani fra loro millenni eppure io sono nel mezzo. Io e loro siamo reali e contemporanei la mia Nikon è ultraterrena cosmica, mi fa effetto usarla è come rubare un biscotto ad un bambino, una sensazione strana non riesco a fare a meno di guardare il sorriso sulla bocca della donna che spidocchia il pargolo e non posso avvicinarmi molto perché il puzzo del burro rancido col quale si è spalmata i capelli per renderli lucenti mi rivolta lo stomaco la guardo e lei mi sorride come la vecchia che macina il riso mostrandomi una bocca da neonata senza neppure un dente, l'uomo mi volge le spalle intento nella mungitura in ginocchioni col suo mastello di legno.

Si giunge ad un villaggio che si chiama Sarangkot ed è sede di un ospedale dove termina la strada. La gente anche qui è cordiale ed allegra e siamo salutati con simpatia. Poi si comincia a salire ed il sentiero si fa prima, molto ripido e poi si sale solo per scalini che oltre ad essere sconnessi sono anche molto alti e scivolosi: e questo per qualche ora.

Siamo vicini ad un lago dove il Mchhapuchhare si specchia e la foresta è piena d'orchidee una donna macina il grano fra due pietre per farne farina da chiapate (schiacciatine di pane non lievitato) vicino c'è un'amaca con un bambino che piange mentre la madre vicina sta spidocchiando una figlia più grande. Qui la notte è fredda ma il paesaggio a ben dire è paradisiaco. E' mattina presto quando ripartiamo ed il freddo ci morde la faccia, siamo diretti verso Pothana e si sale a 2200 metri per poi calare a 1600 al passo Duralin fino al terzo campo a New bridge. Qui ho fatto una doccia semifredda e mi sono preso subito il raffreddore perché ero abbastanza sudato. La cena viene servita nel patio del lodge dall'aspetto simile a certi nostri rifugi alpini ma molto rustico e primitivo. La gente che li gestisce è molto cordiale. Conviene bere a bottiglia ed usare le nostre posate perché il lavaggio delle suppellettili da tavola è alquanto approssimativo. Ho mica raccontato di quel ristorantino lungo la strada da Kathmandu a Pokkara dove dopo aver mangiato pollo e peperoni in salsa seguo con lo sguardo il ragazzo che toglie i piatti dalla tavola così vedo che vengono buttati per terra dietro una palizzata e schizzati d'acqua con una sistola a pressione e poi asciugati con un grande straccio unto e sporco quindi rimessi in circolazione per i prossimi avventori?

Qui il paesaggio è superbo, siamo sul fondo di una profonda gola il fiume scorre molto impetuosamente e fa un fracasso d'inferno, guardando in alto verso il cielo s'intravedono delle cime innevate che ci stanno sopra come in un abbraccio.

Nuova mattina stesso orario partenza : oggi verso Chhomrong si salgono molti scalini poi si scende e quindi si sale tantissimo. Il sentiero erboso nasconde acqua che ci appesantisce l'andatura. E' pieno di sanguisughe lunghe come bisce e molto grosse tenaci anche al fuoco della sigaretta: proseguiamo. La valle è abbastanza ampia il paesaggio indescrivibile, la fatica tanta superiamo Landrung e il mio raffreddore peggiora non riesco a respirare. Kyumrung e finalmente Chhomrong che è un grande villaggio ad un crocevia di sentieri attrezzato con diversi Lodge già frequentati da stranieri europei americani inglesi australiani. Decido che dovrò fermarmi per almeno un giorno per smaltire il raffreddore così al Lodge Guest Haus mi accaso. Camera 108 con finestra senza vetri, gabinetto in fondo al sentiero sporco naturalmente e lavandino nell'orto vicino acqua fredda oppure gelata non potabile!

C'è un bel sole e dopo che gli amici sono ripartiti cerco di riposarmi sul terrazzo al sole così faccio conoscenza con una coppia di belgi che sono in pensione e vivono girando il mondo per i paesi meno cari per quadrare i loro bilanci. Vicino c'è una scuola e più tardi faccio conversazione col maestro ed una coppia d'inglesi che parlano bene italiano. La sera calano grossi nuvoloni e fa freddo ma meno che nella mia camera mi rintano nella sala da pranzo con le gambe sotto la gran tavola dove sotto c'è un grosso braciere. La cucina è varia per la località ci sono uova e cipolle, zuppe d'aglio che diventeranno la mia bandiera del Nepal e specie di pizze fatte con ciapate ricoperte di formaggio di yak e zuppa di legumi con pollo veramente deliziose. Ho detto che resterò anche domani ed i proprietari si finiscono in sorrisi ed inchini mi portano succo d'arancio e dolcetti loro non meglio identificati in ogni caso sono conditi col miele così vado sul sicuro. In una escursione per il villaggio trovo da comperare del sapone e mi faccio il bucato e l'inventario dei miei indumenti che sono pochi perché una parte è salita con lo sherpa per mia dimenticanza. Oggi è arrivata una carovana di muli con i rifornimenti, hanno roba da vestire usata di provenienza russa e cinese, scatolette alimentari che il proprietario del Lodge ha subito acquistate in blocco poi pentole e detersivi vari e sacchi che sanno di armi e munizioni ma io non ho visto niente. Sono arrivati anche una giornalista tedesca ed un ragazzo di Ravenna con i quali ho terminata la giornata a cena. Sono stanco e mi ritiro nella mia Siberia. Il mattino seguente mi sveglio quando il sole è abbastanza alto il raffreddore sembra sopito dalle tante aspirine ingerite, in fondo ad un terrazzamento pascolano dei bufali e per esorcizzare la tosse che ancora mi tortura faccio una abbondante colazione con ciapate al miele prosciutto e the nero fortissimo. Davanti a me si ergono l'Annapurna ed il Machhapuchhare in tutto il loro splendore di ghiaccio, la neve che fino a ieri stava dietro la casa oggi non c'è più perché fa più caldo ed oh potuto pranzare all'aperto gustando Tibetan bred con tonno e blak thea oltre alla immancabile zuppa d'agli. Il ragazzo di Ravenna oggi si è ammalato e la giornalista dopo una notte di orge con i ragazzi nepalesi del villaggio è già partita per chissà dove con la guida ed il suo fotografo.

In pomeriggio è atterrato un elicottero dell'esercito per prelevare un tizio che si era fratturata una gamba cadendo. Sarà portato a quel piccolo ospedale da me citato in precedenza ma la cosa interessante è che per avere questo trasporto uno sherpa è partito due giorni fa munito del danaro per fare arrivare il soccorso dalla stazione elioportuale di Pokkara ed adesso prima di salirvi l'infortunato deve saldare il conto in dollari naturalmente. Oggi aspetto il gruppo che per attendermi senza restare fermo ha operata una diversione girando intorno ad una foresta di bambù. La scuola è aperta e ragazzi di tutte le età affollano l'angusta stanza. Qui non ci sono classi ma tutti insieme fanno le lezioni che ad ogni età competono. Un gruppo di francesi è ridisceso dal campo base e sono tutti stanchi ma soddisfatti dell'impresa appena compiuta. Poi prima del tramonto arrivano anche i miei amici così ci riuniamo e domani mattina partiremo tutti insieme per le due ultime tappe che ci separano dal Campo Base. La prima non è molto impegnativa si tratta di attraversare una foresta di bambù seguendo una curva di livello fino a kulighar dove pernottiamo al Kinho Cafe,la seconda ed ultima è oltremodo impegnativa per dislivello e freddo fino a Bagar. Continuando a salire senza però portarsi alla cresta della morena si volta verso ovest lasciandosi dietro la piramide del Machhapuchhare, seguendo una piccola valle fra i detriti si guadagna quota dolcemente.

Sorpassati i resti di una costruzione in pietra che faceva parte di un progetto inglese per l'allevamento ovino, siamo a quasi 4000 metri al punto dove le spedizioni istallano i loro campi prima di attraversare il ghiacciaio. Per dormire discendiamo qualche centinaio di metri verso i 3020 in una vecchia costruzione in pietra per assicurarci un minimo di comfort per la notte che si annuncia freddissima e ventosa. E' difficile anche mangiare ma una zuppa di legumi con carne di pollo bella calda ci riconcilia con la vita.

Dormire è un'utopia il freddo ci morde il corpo, il vento che penetra fra gli anfratti delle pietre della costruzione in rovina si infrange sui nostri sacchi a pelo ed anche se siamo tutti stretti l'uno vicino all'altro non c'è conforto. La quota incide sul nostro fisico impedendoci di prendere sonno, ma la cosa che forse almeno per me, impedisce al sonno di arrivare è la stragrande gioia di essere lassù, sul tetto del mondo. Io piccolo uomo, sono quassù vicino agli dei, vicino al cielo azzurro freddo, pieno di stelle grossissime e lucenti che illuminano dall'alba dei tempi questi luoghi magici, queste vette candide di ghiaccio.

Capisco la gente del luogo che crede che quassù risiedano tutte le divinità che danno loro vita morte gioia piacere sorriso amore. Gli occhi si riempiono di lacrime non saprò mai se per il freddo o per la commozione.

Il sole è appena apparso fra le montagne ed ormai tutti sono fuori a godere di questo spettacolo superbo. Siamo nella parte bassa di una coppa da champagne la capanna si trova a28°33' di latitudine nord e 83°72' di longitudine est e partendo da sud- ovest in senso orario siamo circondati dal Hiunchuli alto 6441 metri, l'Annapurna sud di 7210 metri, il Varahashikhar di 7647 metri, l'Annapurna I di 8091 metri, il Khangsar Kang di 7485 metri, il Tarke Kang di 7193 metri, il Gangapurna di 7455 metri, l'Annapurna III di 7555 metri, il Gandravachuli di 6249 metri e per ultimo ma per me il più caratteristico il Macchapuchhare di 6993 metri. Fatta una calorica colazione a base di ciapate ripiene di miele riso e porridge il tutto annaffiato con abbondante the nero e forte riprendiamo la marcia di ritorno che nonostante si vada in discesa non è per questo meno faticosa. Per tre giorni ripercorriamo la via che abbiamo percorsa per salire così abbiamo modo di godere maggiormente dei paesaggi e della natura visti prima. I lodge di Deurali Bagar Himalaia Kuldighar Commrong Kyumrung ci appaiono come paesaggi di casa poi verso New Bridge prenderemo per Komrong percorrendo adesso la riva destra del Modhi Khola.

Abbiamo visto un mulino primitivo che le genti che abitano questi villaggi usano per macinare i cereali. E' ingegnosissimo su un rio che porta sempre tanta acqua è stata messa una piccola paratoia per deviare il flusso liquido quando serve l'acqua colpisce una girante verticale di legni incastrati che muove una spessa ruota di pietra che gira sopra un'altra pietra dove viene fatto cadere il cereale. Quando la quantità che si desidera è sufficiente basta deviare la paratoia per fermare il tutto e recuperare la farina così ottenuta. Da Komrong 2100 metri ripartiamo presto in maniera di raggiungere Ghandruk 1900 metri, dopo sette ore di marcia, avendo ancora luce sufficiente per montare il campo e visitare il villaggio che è meraviglioso ma di una povertà incredibile. Acquisto ad un sedicente spaccio dei dolciumi che poi distribuisco a bambini e adulti che si assiepano intorno. Sono molto dignitosi perché non chiedono niente guardano sorridono e si lasciano fotografare con piacere. Finalmente la quota più bassa ci permette di dormire e riposare bene. Da qui si discende verso le risaie dell'altopiano così s'intercetta una strada camionabile e per poche rupie facciamo alcuni km sul cassone di un camion che trasporta calcinacci fino a Nogandaak dove trovo da cambiare 50 § per 2500 rupie con cui acquisto il gurka e bracciali d'argento e collane di corallo ed orecchini. Da qui scendendo per un crinale veramente panoramico che ci permette di vedere un basso il lago di Pokkara da 1300 si arriva a quasi 900 metri. I contadini sono molto cordiali e ci vendono dolci casalinghi e piccoli ananas e papaia coltivate da loro.

oggi non faremo il campo ma mangeremo in riva al lago faremo un bel falò e gli sherpa ci delizieranno con canti e danze della loro cultura. E' ormai sera quando l'autobus ci preleva per tornare a Kathmandu. Lungo la strada ci fermiamo a cenare in un ristorantino che già conosciamo dal viaggio d'andata poi ritardiamo per una frana che mette in serio pericolo il rientro. Scendiamo tutti e l'autobus passa sul ciglio del burrone mettendo la ruota gemella del treno posteriore nel vuoto tutto ok ripartiamo ma arrivati alle porte di Kathmandu troviamo la sbarra chiusa e la polizia non vorrebbe farci passare poi come in tutto il mondo pochi dollari fanno alzare la sbarra di bambù contrappesata con una grossa pietra e loro tornano a giocare a carte come prima.

Liquidati gli sherpa noi abbiamo ancora un giorno intero per goderci Kathmandu così al mattino ci mettiamo in moto e noleggiato un taxi per l'intera giornata andiamo a vedere tutte quelle meraviglie che non avevamo visto all'arrivo.

E sto parlando di Durban Square, il Palazzo Reale la casa della muher Kumari Mahaal, i templi di Narayan e di Talejur ed altre meraviglie indimenticabili. Il giorno dopo partenza all'alba volo ritardato cambio a Deli ed arrivo a Roma il giorno dopo ancora. Per finire in bellezza il rifornimento del pulmino viene sbagliato e anziché benzina viene riempito di gasolio così rimane un giorno fermo in attesa di bonifica.

Era il mese di novembre del 1991 Ventidue giorni di viaggio.

Le tappe con i campi (tende o lodge) sono state le seguenti:

Dampus- new bridge

New Bridge-Kuldigar

Kuldigar-Bagar

Bagar-Chhomrong

Chhomrong-Ghandunk

Ghandunk-Naudanda

Naudanda- Pokkara parte in autobus e parte in camion il resto a piedi

Gen2007 by GIO

 

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