MADE IN SWITZERLAND

Storia di una regata

 

Era un’estate caldissima quell’anno e tutti erano scappati dalla città come ladri anche noi seguimmo la fiumana ricordo come vedessi ora il mio amico Rico che tutto sudato scaricava l’auto davanti la villetta che abitava vicino a noi e ad altri amici con i quali ci eravamo accordati ad affittare una serie di villette appena costruite tutte in fila con parco verde a nostra disposizione spiaggia riservata attracco per piccole imbarcazioni e vicine a tutti quei servizi che fanno di un luogo anonimo una piccola oasi di pace fuori dal mondo comune ancora due o tre erano restate libere ma per non avere in futuro discussioni con estranei ci consorziammo in una società e le prendemmo noi, poi le avremmo locate a chi ci pareva e come ci sembrava giusto, al massimo avremmo dovuto sopportare, nella peggiore delle ipotesi il mancato ricavo. Ma l’estate era agli inizi e contavamo dei vacanzieri dell’ultimo minuto. Un giorno, infatti, arrivarono delle famiglie dalla Svizzera e furono loro locati gli appartamenti rimasti per tutta la stagione, erano gente simpatica del Canton Ticino e naturalmente parlavano la nostra lingua fu stabilito un ottimo rapporto con uomini donne e ragazzi che del resto erano educatissimi con tutti spesso cenavamo tutti insieme facendo varie prove delle cucine delle rispettive regioni i risultati erano però sempre a nostro vantaggio perché la cucina italiana e in particolar modo quella toscana subiscono difficile concorrenza. C’era fra di loro un insegnante di scuole elementari simpaticissimo che prediligeva starsene all’ombra a leggere piuttosto che venire a nuotare con noi perché, ci spiegò un giorno, aveva avuto un incidente d’auto che gli aveva procurato un grosso trauma femorale che non gli permetteva una vera libertà di movimenti specialmente in acqua in compenso venivano spesso con noi la giovane moglie ed i due ragazzini. Tessa così si chiamava la donna era una biondina teutonica dagli occhi azzurri che amava stare con noialtri più anziani di lei che con gli altri amici più giovani e ciò diceva era perché voleva imparare la nostra filosofia di vita vista da un gradino più alto della sua età era intelligente ed arguta e mai si lasciava andare a frasi o gesti non perfettamente corretti a volte si restava a parlare nel praticello davanti casa anche da soli fino a notte fonda con Rico poi aveva una predilezione particolare e lui, che era il più anziano di tutti, fai conto noi eravamo sui quaranta lui era vicino ai sessanta diceva a noi, vorrei avere la vostra età e glielo farei vedere io ... ma era una battuta perché Tressa poteva essere sua figlia e lei gli chiedeva le cose con la semplicità e la genuinità tipiche di una figlia. Fu un bell’anno quello non ci furono né litigi né incomprensioni di nessuna sorta si nuotò si pescò e si fecero molte cene tutti insieme. Uscendo dal nostro splendido isolamento conoscemmo molte persone nuove fra le quali gente di Palaia, di Livorno e di Pisa anzi proprio con qualcuna di Pisa ci fu una storia con Loris. Spesso i due solevano andare a vela verso il largo Loris le insegnava a navigare sulla piccola "star" e poi al rientro andavamo tutti insieme sulla spiaggia a cuocersi le salsicce infilzate in uno stecco al bel falò acceso per l’occasione. Ricordo che ad un certo momento fu deciso per una fuga verso l’arcipelago, Rico non era compreso ma all’ultimo momento una strizzata d’occhio con Renzo ed anche lui fu dei nostri. Eravamo tutti contenti perché lui ci avrebbe dato modo di godere della vacanza in modo ancora più eccitante. Così caricate tutte le masserizie che ci sarebbero servite per campeggiare sulle auto ed attaccato il carrello per l’imbarcazione a motore, partimmo tutti insieme e viaggiammo per tutto il giorno fino all’imbarco del traghetto. Salpato che fu ci occupammo subito delle nostre dimore, poiché sul traghetto non avevamo cabine ognuno si cercò un angolo adatto al riposo per la notte. Dopo una lauta cena al ristorante ci coricammo ed il sonno ci rapì immediatamente.

Al mattino seguente fummo svegliati dagli ordini perentori per prepararsi allo sbarco.

Raggiungemmo la zona dove avremmo campeggiato per ben due settimane e dopo aver sistemate tende ed attrezzature cominciammo a guardarci intorno. Il luogo era veramente ameno e nello specchio d’acqua di fronte a noi un cerbero di marinaio esortava un gruppo di ragazzi ad armare le piccole imbarcazioni della scuola di vela del campo. Vistoci a guardare incuriositi ci apostrofò come terragnoli nell’intento di convincerci a seguire un suo corso di navigazione a vela.

Con fare educato declinammo l’invito, ma lui per niente intimorito insisté col dire che è la marina che forgia gli uomini e voi non lo siete. La cosa ci stava offendendo così si replica che noi in barca ci andiamo sempre ed adesso abbiamo portata solo una imbarcazione a motore per andare a pesca, ma siamo velisti. No voi non lo siete! E se avete il coraggio guardate là in fondo c’è il magazzino andate a prendere fiocco, randa, timone e deriva poi armate quel Fly numero tre se riuscirete ad armarlo e salpare ve ne concedo l’uso per tutto il periodo che sarete ospiti di questo campo- parola di capitano-.

A questo punto non mettemmo tempo in mezzo e dopo una rapida occhiata corremmo a prendere il materiale ed armammo il Fly Junior promessoci. Più veloci degli allievi lo amammo e presto fu in acqua, poi fatta vela verso il centro della baia stringendo il vento di bolina sulle mure di dritta virammo veloci al traverso e poi con una bella strambata ci apprestammo al rientro

Il capitano bestemmiava come un nostromo e suo malgrado dovette ammettere la beffa divenimmo così amici e per tutto il periodo ci blandì con mille promesse purché partecipassimo alla regata della Madonna a cui teneva moltissimo così alla data stabilita partimmo con due barche io con Rico e Loj salpò col figlio del capitano come prodiere. AI mattino presto fummo tutti rimorchiati in fila indiana dietro al gozzo del "capitano" con le vele a riva ma ammainate, giunti al campo di regata ci disponemmo tutti in bella mostra sul fronte del porto riservato alla nostra classe poi facemmo conoscenza con l’ammiraglio della marina militare che era presidente della giuria e parte in causa dell’organizzazione e dopo un frugale spuntino ci disponemmo al via. Quando il guidone di intelligenza fu issato a riva del rimorchiatore che portava la giuria al completo partimmo e non saprò mai perché ci trovammo subito in prima posizione la cosa durò quasi per tutto il bordo di bolina ma vicini alla boa fummo sorpassati da un concorrente che fra l’altro sulla virata ci tolse il vento così fu ammonito e penalizzato sul bordo di traverso stavamo recuperando molto bene il vento rinforzava ma le onde ancora non percepivano la variazione, la velocità cresceva lentamente ma con continuità tutto stava volgendo al meglio quando d’un tratto si udì uno schiocco provenire dalla testa d’albero ed il fiocco ci cadde in testa la velocità precipitò prossima allo zero Rico ed io ci guardammo negli occhi e prima di parlare a vanvera dissi a lui ma forse a me stesso: io in tasca dei pantaloncini ho due grilli di scorta. In casi del genere l’unica è scuffiare, mollare la drizza del fiocco, prenderne la penna con una mano e portatala a combaciare con la drizza inserire il nuovo grillo, poi, nuotare fino alla deriva da qui facendo leva sulla stessa raddrizzare la barca e saltarci dentro. Mentre Rico col timone rimette il mezzo in rotta io provvedo tempestivamente a mettere il fiocco a segno per un’andatura al traverso fino al prossimo bordo, poi anche la randa è aggiustata. Così facendo si comincia la scalata verso le posizioni di testa, farfalla, sul bordo di poppa, il traguardo si avvicina molti concorrenti sono stati superati ma la nostra posizione è solo la quattordicesima. Torniamo all’ormeggio si disarma e si va ad assistere alla premiazione il contrammiraglio della base militare chiama i numeri delle barche secondo l’ordine di arrivo terzo,secondo, primo poi chiama il numero delta nostra imbarcazione non si capisce all’istante il perché ma poi una medaglia ricordo ci viene concessa con una stretta di mano per la tempestiva ripresa della gara dopo la scuffiata e la perizia con fa quale è stata compiuta. Per noi è più della coppa del primo posto. A questo avvenimento se ne aggiunsero tanti altri come la volta che fu deciso il giro dell’arcipelago con un barcone preso a noleggio e che poteva portare fino a sedici persone e così andammo ad esplorare alcuni fondali accessibili in apnea e prendere molti pesci con l’arpione poi grandi cene e grandi balli fino a notte alta. Ricordo un raid nel nord dell’isola che ci occupò addirittura due intere giornate perché volemmo visitare una zona dell’isola stessa che era a sua volta una isola linguistica in quanto qui la gente parlava spagnolo e poi tornando verso le nostre zone passammo per le montagne piene di buoni profumi di pecore e pecorai dai quali comperammo ottimi formaggi stagionati che innaffiati poi da vini robusti furono colpevoli di sane ubriacature. In certe serate afose la banda aveva presa l’abitudine di frequentare un piano-bar dove un amico suonava ed arrangiava canzoni da strapparti l’anima. Qui una sera comparve come per incanto Tessa. Meravigliati tutti cercarono di scoprire l’arcano ma la cosa era semplicissima: aveva rotto col maestro ed era libera. In principio fu uno shock ma poi parlando e vedendo il comportamento capimmo che non aveva avuta altra scelta così andò che non mancò niente a nessuno e devo dire che fu una cosa notevolissima. Quando fu deciso di tornare alla base tutta la combriccola era al settimo cielo dalla soddisfazione per come erano andate le cose c’era solo rammarico per il dovere che richiamava molti al lavoro quotidiano comunque l’estate continuava con le sue mille novità e perché no anche con le certezze del nostro status quo sia al mare che in città ognuno cercava il massimo quella fu una estate benedetta e tutti indistintamente ebbero a goderne Senza eccezione alcuna.

14 04 2004 by GIO

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