PENSIERI LONTANI

 

Da Agra dove mi ero recato per effettuare alcune foto del Taj Mahal per il National Geographic mi ero trasferito in auto gentilmente trasportato dal vice ministro della cultura di quella provincia a Jaipur e qui dopo diversi giorni di contatti con le varie autorità cittadine per ottenere i permessi necessari per le riprese e per le relative interviste un taxi mi aveva accompagnato alla stazione ferroviaria . Era presto per il treno così dopo aver acquistato un biglietto di prima classe per Delhi mi diressi al marciapiede dove sarebbe transitato il convoglio mi sedetti sul mio bagaglio che consisteva in un saccone di tipo militare ed iniziai a sbucciarmi una mela visto che la colazione era saltata Era un mio divertimento particolare sbucciare la frutta in una unica striscia che via via si allungava e si attorcigliava alzai gli occhi un attimo non so perché e vedo davanti un bambino che mi guarda assorto forse penso è curioso di vedere una cosa simile e nella distrazione incido maldestramente la buccia tagliandola dalla spirale che ormai lunga penzolava dalla mia mela non riuscì a toccare terra che la mano del bambino l'aveva ghermita e ficcata in bocca con avidità incredibile rimasi interdetto e guardandolo nei suoi occhi neri e grandi non ebbi altro gesto che porgergli la mela intera con ancora della buccia attaccata la prese con garbo e disse delle parole nel suo dialetto a me sconosciuto poi si recò presso una donna che stava per terra ad attendere il treno e gliela dette lei mi sorrise e giunte le mani davanti la faccia mi ringraziò religiosamente poi la divise in quattro e ne dette uno spicchio per uno ai suoi ragazzi niente per sé. La cosa mi commosse ma non avevo più mele.

Preceduto da un gran muggito e da uno sferragliare impressionante entrò in stazione il convoglio per Delhi come fu fermo si aprirono le portiere ed una massa multicolore scese facendo pressione su coloro che inutilmente si accalcavano per salirvi io mi scostai e cercai il mio vagone che si distingueva dagli altri solo per il fatto di non essere preso d'assalto e perché davanti alla portiera aperta un ferroviere con grandi baffi neri ed un sorriso accattivante invitava i pochi passeggeri, dedicati a quella vettura, a salire. Arrivato davanti mostrai il biglietto lui ringraziandomi mi indicò da quale parte fosse il mio posto.

Finalmente seduto dopo aver lasciato il bagaglio sulla apposita rastrelliera davanti la piattaforma della vettura cominciai a guardarmi in giro e notai con stupore come la fauna di questa carrozza fosse completamente diversa da ciò che stazionava sul marciapiedi e che poi si era arrampicato sul treno. Dove ero seduto io c'erano solo Bramini, commercianti Sik, europei ed altri stranieri in genere nelle altre carrozze erano ammassate tutte le altre caste eccetto gli intoccabili che stavano in un vagone a parte. Il treno era appena partito quando uno steward gallonato e sorridente venne a chiederci la destinazione ed il tipo di menù desiderato vegetariano, carne, pesce oppure breakfast con caffè o the dietro seguiva una hostess con panni umidi e caldi per lavarsi le mani, . sullo stesso convoglio viaggiavano veramente mondi diversi e lontani fra loro anni luce pensai e così iniziai a guardarmi intorno per, non dico capire, ma almeno riconoscere chi fossero i miei vicini di viaggio . Alla mia destra stava una donna paludata con un sari sgargiante e pieno di colori come piena era lei di anelli e collane molto sobrie ed eleganti in fronte aveva il segno rosso della donna coniugata, di fronte le sedeva un tipo alto magro dai baffi e la barba brizzolati e severi coperta la testa da un turbante amaranto tipico dei Sikh che seppi poi essere il consorte, davanti a me stava un europeo classico diplomatico di basso ordine nord europeo e nei quattro posti dall'altro lato erano seduti due europei che parlavano in francese con gli altri due indiani dall'aspetto molto signorile ed elegantissimi nei loro abiti di taglio inglese. Dopo che i lunch furono serviti, mangiati e ritirati i vuoti, mi fu chiesto se avessi niente in contrario a che la signora fumasse una sigaretta ed avuta la risposta fui omaggiato di un grande sorriso di approvazione ed avendo inteso che parlavamo una lingua in comune anche se di nazionalità diverse fu iniziata una conversazione banale all'inizio poi sempre più concreta. Il Sikh di nome Alamgir Jahan e discendente da un ramo della famiglia dei Moghul che governarono fino alla metà del settecento per poi entrare a far parte dell'impero britannico, saputo che io sono italiano e di Firenze mi ricorda che alla confluenza dell'Arno col Mugnone sono state disperse le ceneri di un Maharajah suo consanguineo che ebbe la sventura di morire in questa città splendida ma lontana dalla sua casa nella metà del XIX secolo. Lui stesso è tornato a Firenze anni addietro per curare il restauro del tempietto che la comunità indiana cittadina gli aveva dedicato poi gentilmente consente alla consorte di parlare del mio paese che lei ama moltissimo per le grandi ricchezze artistiche che vi si trovano e poi lei amante delle campagne non lesina elogi alla bella Toscana ed alle sue montagne che in inverno sono coperte di neve . Si unisce l'europeo dopo essersi presentato come impiegato di un ufficio consolare irlandese di stanza a Delhi il suo nome è John Bordok, anche lui ama moltissimo l'Italia, Venezia, Roma ed in special modo Firenze che conosce benissimo perché sovente deve recarvisi per curare gli interessi di una discreta comunità del suo paese che terminata l'attività lavorativa vi si stabilisce a finire i propri giorni per cui ad ogni decesso deve sempre venire per sanare le immancabili dispute fra gli eredi che sono sempre pronti a ghermire ciò che resta dei loro congiunti. Parla con voce chiara pacata strascica un po' l'accento è una persona da ascoltare dico io. Riprende il filo del discorso ed annuncia che dopo le feste natalizie sarà nuovamente in Italia e dovrà provvedere alla vendita di terreni situati sull' Appennino a nord di Firenze ed altri nel modenese sono boschi che appartenevano all'ultima Lady della dinastia degli Scotters di Dublino non aveva figli o parenti vicini solo un cugino acquistato che ora vive in Australia lei aveva goduto dell'usufrutto dei boschi perché rimasti ancora intestati al defunto marito.

Non ci dovrebbero essere problemi per questa vendita perché il cugino ha già data a lui carta bianca per effettuare la transazione di vendita essendo, lui anziano e troppo lontano per gestire una simile proprietà e così aggiungo io il buon John Bordok potrà farsi una bella sciata sulle piste del Monte Cimone! John raccoglie e sorride compiaciuto gli altri approvano anche senza sapere bene cosa voglia dire sciare. E' la donna di Jahan che interviene ed illumina il marito sullo sport dello sci lei lo praticò una volta quando era studentessa negli Stati Uniti e precisamente a Squaw Valley allora usavano sci lunghissimi, alti bastoncini in canna del Tonchino pantaloni attillatissimi e corte giacche a vento col nome della squadra stampato sul pettorale ricordava ancora la tortura degli scarponi che arrivavano allo stinco tutti sembravano tante marionette per salire c'erano delle seggiovie singole e se il vento tirava forte si gelava. Alla partenza di una gara stavano tutti in fila al freddo in attesa del via ed un giudice di gara gli dava una pacca sulle spalle e schiacciava il cronometro.

E' vero erano tempi eroici da pionieri, mi intromisi io, rispetto alla tecnologia odierna ed alle comodità che si sono raggiunte sia sugli impianti di risalita che sono velocissimi e multipli che sulle piste che non vengono più battute con gli sci dai maestri ma da moderne macchine simili a trattori cingolati che rendono lisce e compatte come un morbido tappeto da salotto. La donna aggiunse anche che nella Università statunitense dove si era laureata ci tenevano molto allo sci e lei era dispiaciuta di non averlo potuto praticare anche in India. Alangir mi distolse dai miei pensieri che avevano cominciato a marciare all'indietro chiedendomi di cosa mi occupassi nella vita e perché mi trovassi nel suo paese. In verità ero così distratto che indugiai un po' a rispondergli e quando lo feci devo aver data l'impressione di non essere sincero ma corressi il tutto dicendo loro la verità mi stavo rammentando di un episodio della mia vita giovanile che era accaduto proprio lassù su quelle montagne del modenese e precisamente su quelle piste innevate. Ripetei loro la mia occupazione e la ragione della mia presenza colà che era del tutto legittima ma volli rendere anche nota la storia di cui avevo accennato: ne furono felici e mi incitarono ad iniziare il racconto. Era oramai una storia antica, oramai, così iniziai: L'inverno prometteva bene quell'anno e giunti ai primi di dicembre ci organizzammo per passare qualche giorno sulla neve. Fu deciso di noleggiare un autobus intero ed i miei amici si incaricarono di pubblicizzare la cosa in modo da riempire i quaranta posti disponibili nel veicolo. Io mi occupai dei contatti logistici con un albergo modesto ma di buona qualità. A quei tempi non si badava tanto per avere il bagno in camera la TV ed il frigobar come accade oggi allora ci bastava una camera calda il bagno al piano e la cucina ben curata possibilmente a conduzione famigliare. Inoltre i singoli potevano anche dormire in camerette con letti a castello come accadeva nei rifugi alpini a quei tempi, le località dell'Appennino Toscoemiliano erano a confronto delle stazioni sciistiche delle Alpi sia italiane che svizzere od austriache molto arretrate in fatto di strutture ma eccellenti come ospitalità. Stavo proseguendo nel racconto quando mi accorsi di non sentirmi a mio agio a sciorinare la mia storia che per me era stata importante ma a loro poteva anche dare noia e sembrare una becerata, in fondo eravamo estranei su un treno che cercano di passare il tempo a parlare e basta, così senza parere detti loro una versione sciocchina ma salace valida sotto tutte le latitudini e per tutte le culture dalle occidentali alle orientali (mi erano venute in mente "le mille e una notte") e proseguii così per loro beneficio: - Pronti partimmo e lungo il viaggio facemmo conoscenza, l'autista ci chiese il favore di poter imbarcare due persone da una località e lasciarle dove noi eravamo diretti ,c'erano alcuni posti liberi per cui non avemmo nessun problema ad acconsentire. Arrivammo e dopo aver sistemate le nostre cose nelle stanze assegnateci ci dirigemmo veloci al botteghino per prendere i biglietti degli impianti di risalita, ma qui ci dissero che solo una pista era agibile data la scarsità della neve, delusi decidemmo di salire e quando i prati erbosi si aprirono di fronte a noi non avemmo più parole per imprecare.

La pista era innevata pochissimo e solo al centro, già la prima discesa si manifestò rovinosa e non vedemmo l'ora di scendere per il pranzo. Cominciammo a familiarizzare con le persone nuove e fra queste proprio una delle ragazze che avevamo ospitate si dimostrò essere quella più vivace e simpatica. Il pomeriggio lo passammo al paese visitando tutti i negozi di articoli sportivi che trovammo sulla nostra strada. Cenammo presto e poi facemmo un gruppo diretti alla unica balera del luogo fra una danza e l'altra si chiacchierò di tutto e di niente ma la bionda ragazza cominciò ad interessarmi sempre più ed al momento della buona notte eravamo un bel pezzo avanti. La notte nevicò abbondantemente e quando al mattino ci alzammo anche il manto nevoso si era alzato di buoni trenta centimetri così sciammo tutto il giorno saltando perfino il pranzo. Al pomeriggio non avevo rivista ancora la mia mezza conquista e chiesi notizie agli altri ma nessuno ne sapeva alcunché poi a cena non c'era e chiesi alla cameriera se sapesse dove era e così mi accorsi di non saperne neppure il nome finché la proprietaria non mi consegnò un biglietto che recava all'esterno il mio nome e dentro recitava all'incirca così. - perché non mi hai chiesto né il mio nome né dove potevamo rivederci? Io sono dovuta partire stamani presto e non ho voluto disturbarti perché in verità non sapevo le tue intenzioni perciò ti dico solo arrivederci alla prossima occasione, casuale, oppure se vuoi cercami.

La cercai per un po' ma la vita continua e quell'episodio è rimasto solo un pensiero conficcato in testa ed ogni volta che in un modo o nell'altro sento rammentare quei luoghi si riaffaccia alla mia mente il pensiero a colei di cui non conosco neppure il nome scusate se ve ne ho parlato.

La reazione dei miei ascoltatori fu oltremodo positiva e credo proprio sincera un contesto internazionale di approvazione dei sentimenti provati della gioventù che trapelava dalle parole, la donna poi sembrava veramente rapita da un ricordo così romantico ed anche l'irlandese disse che erano sentimenti veramente italiani, anche i loro poeti infatti erano venuti in terra Toscana o comunque italica per attingere vena poetica per i loro lavori, il Sikh approvò compiaciuto. Il treno correva e nel silenzio della sera la donna aveva chiusi gli occhi e gli altri si misero a leggere o a guardare il soffitto assorti, chissà forse ripensando al mio racconto. Io invece fingendo di dormire stavo mentalmente ricostruendo l'avventura sull'onda più prossima alla verità del ventennale ricordo.

Dopo cena ci eravamo recati all'unica balera del villaggio e qui alcuni ballarono altri si misero a giocare a scopone scientifico con i paesani trovati nel bar io approfittai di un flipper per farmi una partitina. Lesi mi si avvicinò e chiese fuoco l'accesi e le chiesi con chi stava era col marito un tipo topo grasso e piccolo insignificante nei suoi confronti, lei snella bionda, due grandi occhioni blu scuro non una bellezza ma un tipo di quelli che ti fanno prima voltare poi ti fanno sussurrare frasi osé a mezza voce.

Con voce dolce mi chiese se volessi sciare con lei il giorno seguente ammesso che ci fosse una pista innevata decentemente io non avrei avuto niente in contrario ma il consorte? Chiesi, in sottotono, lei alzò semplicemente una spalla. La notte nevicò bene e la mattina anche se ancora grigia con radi fiocchi che volteggiavano in aria nella brezza che cambiava costantemente direzione visibilità scarsa ma sufficiente ci vide entusiasti e vogliosi di discese anche se la poca neve non essendo battuta sarebbe ben presto scomparsa.

Salii al lago con la seggiovia singola, unico mezzo esistente allora e mentre mi accingevo ad allacciarmi gli scarponi Lesi mi apparve alle spalle e mi salutò dicendosi pronta alla discesa,le controllai le chiusure degli attacchi, le palpai una gamba per assicurarmi che gli scarponi fossero ben stretti e poi le consigliai di venirmi dietro che io sarei sceso piano per capire quale fosse il suo grado di competenza così iniziò una discesa da infarto con lei che voleva correre senza sapersi fermare e la neve che andava ammucchiandosi ai lati e scomparendo dal centro della pista. Alla fine del percorso io mi fermai in tempo per vedermela crollare addosso in un abbraccio da marionetta, sci di traverso, braccia allargate, occhiali sulla cima del cappellino in testa, naso contro la mia gola mi chino per slacciarle gli sci e lei mi morde il naso lascio un bastoncino per aiutarla ad alzarsi, la cingo col braccio sinistro le infilo la mano destra sullo stomaco passando sotto il maglione e mi ritrovo un seno in mano e lei in piedi: stupito? Grande risata non raccontiamolo in giro.

Finimmo la facile discesa con lei che rischiò di entrare diritta dentro la porta aperta della locanda non c'era anima viva chi era in paese chi in camera a leggere e pochi sparsi sulle piste limitrofe perché quando tre persone avevano percorsa la stessa pista nel mezzo era restata solo l'erba perciò dovevi andare altrove se volevi sciare ancora fino all'ora di pranzo poi sarebbe tutto finito. Onde evitare che tutti tornassimo a casa l'oste si prodigò in maniera esemplare prendendoci per la gola con manicaretti locali rustici e no che ci fecero dimenticare la scarsità del manto bianco in pomeriggio tutti si eclissarono chi per il troppo bere chi per il troppo mangiare ed alcuni si inventarono un torneo di scopone.

A me non piace eccessivamente il gioco delle carte e poi avevano per fortuna già completate le coppie mi stavo aggirando per i corridoi dove erano le camere quando la incontrai con la pelliccia addosso dove vai così bardata?- fuori perché qui si muore- bene posso unirmi a voi ? - vieni pure ma sono sola perché dici voi?- pensavo ci fosse anche il tuo consorte. No lui è a letto fatto dal vino del pranzo fino a domani non lo rivedremo!

Bene avviati che vado a coprirmi. Lei era già uscita, avevo controllato dalla finestra quando io scesi le scale e mi defilai dalla casa mantenendo ancora una certa distanza dalla donna poi con calma la raggiunsi ed andammo ad infilarci in un bar fuori mano dove solo quattro paesani litigavano giocando a carte in un angolo ed il barman era tanto interessato a loro quanto per niente a noi. Lì parlammo di tante cose ma l'unica che ricorreva nei discorsi di Lesi era la bile contro il marito l'astio cattivo denigrante con cui ricopriva quell'uomo io non la sopportavo più. Accadde così che mentre ero partito con l'intento di combinare del bene finii per pregare di tornare presto alla locanda le mie orecchie rifiutavano di ascoltarla. Ma una cosa ricordo che la feci: vicino ad un albero mentre lei sbraitava ancora la puntai contro e presala per il risvolto del bavero mi buttai sulla sua bocca come un lupo affamato prima che lei si accorgesse del fatto la mia lingua era dentro di lei. Fu tutto così rapido e sconvolgente anche per me che quando mi staccai ero pronto a prendermi un ceffone ma questo non arrivò e lei ebbe solo a dirmi che bastava chiedere e forse un bacio non me lo avrebbe negato. La serata proseguì smorta il giorno dopo dovevamo rientrare l'entusiasmo era finito.

Dopo diversi giorni la incontrai in città e parlammo a lungo di cose insensate e di progetti futuri. Ogni riferimento al marito lo allontanavo con altre proposte e discorsi diversivi ma cercavo sempre di stringere su argomenti personali cercando di aprirmi un varco nella sua mente abbastanza contorta. Visto il percorso cittadino che lei normalmente faceva cominciai ad intercettarla un po' più avanti o indietro dei luoghi che lei frequentava cosicché nei mesi a venire riuscii ad avere molti colloqui e capita ormai la sua dinamica cercai di attirarla verso il mio domicilio. Era passato un anno intero dalla storia della neve di Sestola quando decidemmo con gli amici di tornare a farsi tre giorni sulla neve per L'Immacolata pregai che ci fosse anche lei e fui esaudito.

Questa volta c'era una bella neve il cielo era sereno ed il freddo era fortissimo almeno sette gradi sotto lo zero il vento mordeva la faccia la neve cantava sotto gli sci. Ci disperdemmo in piccoli gruppetti chi andò verso il lago chi verso le polle io lanciai una sfida per il Cimone nessuno mi assecondò ci sarei andato da solo ma quando ero in coda alla biglietteria della teleferica mi accorsi di avere fra la folla dietro di me anche Lesi. Arrivato in vetta posai gli sci alla parete di legno del bar ed entrai senza voltarmi ma qualcosa mi punzecchiò dietro e mi mormorò che era un giorno benedetto perché il sole splendeva la neve cantava ed eravamo lassù stranieri in mezzo ad estranei, benissimo, bevemmo due grog caldissimi e l'invitai a seguirmi, con disinvoltura scesi alcuni scalini, entrai in una porta dove stava scritto vietato e che sapevo essere un luogo di deposito della guarnigione dell'aviazione che ha lassù un radiofaro militare, in quel luogo non entra mai nessuno quando il bar è aperto e ci sono sciatori e turisti in giro, richiusi per bene la porta ci guardammo negli occhi e lei con un mezzo sorriso sulle labbra iniziò a spogliarsi poi ci adagiammo su una branda militare e fatti nudi come vermi dalla vita in giù ci demmo da fare fino all'ora di pranzo consci che ci saremmo presto tornati per compiere il secondo atto alla barba di tutti, aviazione militare compresa. Il treno dopo un lungo muggito iniziò a rallentare poi si arrestò. Su un grande cartellone insieme a segni incomprensibili stava scritto DELHI Central Station.

Salutai risalutato la compagine di compagni di viaggio con scambi di complimenti ed auguri e preghiere di eccellente fortuna per tutti poi recuperato il mio sacco mi diressi all’uscita. Qui un autista in divisa ed un addetto del giornale mi prelevarono e con piacere e simpatia mi aggiornarono sulle cose che avremmo dovuto fare nei giorni a venire.

 

20 –Dic-2005 by GIO

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