KARA del Nord Est

 

Non ricordo esattamente come iniziò, mi sembra comunque che sia stato in un giorno di festa, Kurt aveva già fatto il suo turno di guardia e stava tornando verso casa svogliatamente. Nessuno era ad attenderlo e niente aveva da fare. Fermo ad un semaforo vide un amico suo, lampeggiò gli abbaglianti del veicolo e tratta l’attenzione dell’uomo lo salutò con la mano attraverso il cristallo dell’auto.

Gus lo riconobbe e gli fece cenno di accostare dopo il semaforo, che nel frattempo aveva dato il fhart. Kurt eseguì la manovra ed una volta parcheggiata l’auto, scese. Fatti i saluti di rito Gus disse che avrebbe dovuto accompagnare una signora, sua amica a Grasse, ma aveva problemi per impegni presi in precedenza e non sapeva come contenersi. Kurt, senza nemmeno pensarci sopra, proprio per movimentare la giornata, si offerse di sostituirlo qualora fosse stato possibile. Gus non se lo fece ripetere due volte, montarono in auto e partirono verso il luogo dell’appuntamento. Durante il tragitto, l’amico comunicò alcune informazioni sulla donna. Essa forse era divorziata, era di mezza età, alta, simpatica, viveva in casa con la madre e due figli,un po’ incline alla polemica ma di buona compagnia. Non sapeva se avesse impegni di qualunque sorta.

La trovarono alla finestra ad attendere. Fatte le debite presentazioni, Gus si scusò dell’impegno e chiese a Kara, questo era il suo nome, se non avesse niente in contrario a farsi accompagnare da Kurt. Tutto fu brillantemente risolto. Partirono. Fu messa in sottofondo della musica dalla radio di bordo. Il ghiaccio lo ruppe Kara, scusandosi del disturbo, che stava arrecando. Questo derivava dallo sciopero dei trasporti appena iniziato. Lei in mancanza d’altro avrebbe dovuto prendere un taxi. La vecchia madre l’attendeva, disabile, non l’avrebbe dovuta lasciare neppure per la mezza giornata, essendo la tata di riposo, ma lei aveva voluto far visita ugualmente alla cugina che abitava fra l’altro nella stessa palazzina di Gus. Coincidenze disse Kurt, il mondo va avanti solo a coincidenze. Se non ci fossero queste, tutto sarebbe pianificato e monotono. Dovremmo così vivere come robot in una sequenza matematica senza scosse né balzi. La vita invece così piena d’imprevisti dava allo scorrere un sapore diverso. E’ vero aggiunse Kara, mai avrei immaginato stamani, quando ho preso il treno di tornare in auto e per giunta con uno sconosciuto. Beh si fa per dire, la presentazione c’era stata quindi era una persona non nota a lei ma all’amico quindi un estraneo, in senso lato, no. E’ vero disse Kurt pensi, anzi almeno per il viaggio diamoci del tu, pensa che io oggi non sapevo proprio dove sbattere la testa. Sono proprio senza programmi. Ho terminato il mio lavoro e stavo tornando verso casa quando ho visto il mio amico. A proposito tu hai pranzato? No, rispose Kara ho solo morsicato una mela prima di uscire. Possiamo fermarci a mangiare qualcosa ti pare? No, ti ringrazio, io sarei dovuta già essere a casa. Avevo detto a mio figlio che gli avrei preparata la cena per le venti perché,poi devo accudire, mia madre: è inferma e sarei dovuta rientrare in primo pomeriggio. Va bene in questo caso andiamo. Ascolta, non per impicciarmi, ma tu hai dei problemi? Spero non ti secchi farti vedere in auto con me. Io ti conosco appena e quindi non saprei come comportarmi. Lei a questo punto è stata molto esplicita. Io sono vedova, ho due figli. Il maggiore ha ventidue anni è fidanzato e la domenica mangia dalla fidanzata e torna tardi. Il minore ha diciannove anni e lavora presso un banco di souvenir al Duomo, alle diciannove chiude, torna a casa, mangia e va a ballare. E’ molto geloso di me ed è abituato trovarmi sempre in casa. Ma oggi hai avuto un contrattempo se non ci fossi stato io come potevi tornare in tempo? Scusami lasciamo andare.

Kurt tacendo l’accompagnò a casa la salutò ed accompagnandola sulla porta le chiese se almeno poteva avere il suo telefono, se non altro per assicurarsi che tutto fosse filato liscio.

Mentre tornava verso casa ripensava alle parole dette dalla donna: suo figlio avrebbe cenato e poi sarebbe uscito a ballare. Se io telefonassi fra un po’? Oppure, forse, meglio lasciar decantare la cosa? Provò sui tardi a chiamare. Dopo molti squilli una voce assonnata disse pronto. Kurt si scusò dell’ora ma disse che non stava tranquillo, se non sapeva che tutto era andato per il meglio. La risposta fu positiva e la voce si fece più calda mentre asseriva che era da quando rimase sola che nessuno s’interessava in questa maniera di lei. Passò qualche giorno, prima che Kurt si facesse vivo, poi una sera alzò il ricevitore ed ebbe una lunga conversazione che sfociò in un invito per un gelato. Kara aveva messo per l’occasione un vestitino fantasia sul celeste chiaro, scarpe non troppo alte un trucco leggero, estivo ed un profumo sottile quasi impercettibile dietro le orecchie, sul petto e sui polsi. Volle conoscere la storia di Kurt.

Kurt le narrò di esser nato in Renania prima della guerra, aveva studiato all’università di Heidelberg era dottore in chimica e si occupava di malattie militari per la NATO. Quando lavorava in laboratorio diceva, il turno di guardia, che era un modo per affermare che non poteva permettersi di sbagliare: era un lavoro pericoloso e top secret. Era stato sposato ma per via dell’impiego si era ritrovato solo. Oggi visto il bel tempo era passato per la spiaggia dopo una capatina del porto. Lei disse subito di non avere stima per le persone divorziate, affermava che erano inaffidabili. Kurt si arrabbiò molto per questo giudizio facilone e glielo fece notare con educazione ma con determinazione. Kara aveva una sorella maggiore con la quale non era troppo in armonia sposata anch’essa e con figli. Il marito era un tecnico della TV, mentre il suo era stato un concertista e per questo lei aveva girato mezza Europa perché lo seguiva ovunque anche quando i figli erano piccoli Anzi proprio allora perché quando cominciarono ad andare a scuola lo poteva seguire solo in estate. Era felice quando suonava in località marine perché lei amava il mare moltissimo.

Un brutto giorno, da un dolore da niente, venne fuori un male incurabile ed in poco tempo rimase sola a crescere i figli. Adesso erano già passati otto anni e le cose si erano sistemate. Comunque il consorte era stato previdente perciò mai era rimasta senza sostentamento, perché fra assicurazione e pensione aveva abbondantemente da vivere, la casa era già stata acquistata e pagata ed era a suo nome quindi non aveva avuto nessuna spesa alla di lui dipartita. Era solo mancato il più, l’amore, il rapporto e la sicurezza che dà la vicinanza di una persona anche per l’educazione dei figli. Oggi a quaranta anni, con i figli che in un modo o nell’altro correvano da soli provava una certa nostalgia per ciò a cui stava rinunciando ma mai si sarebbe risposata anche se già aveva avute più proposte, poi, c’era la madre inferma. Kurt fu molto franco: senti, le disse, nessuno vuole obbligarti a fare delle scelte, ma ricordati che il tempo incalza, tu stai rischiando di trovarti vecchia e di dover rimpiangere quei gelati che in questo momento stai rifiutando. Accetta non un consiglio, ma un ragionamento, in fondo non ci rimetti niente e può solo giovarti se non altro a toccare con mano l’altra faccia della medaglia, prova ad assaggiare uno di quei gelati che vai rifiutando, fallo solo per te stessa, l’amore è solo un’utopia, ricordati quello che hai provato una volta non può più tornare lascia quindi che la vita ti scorra accanto, senza chiedere di più che un po’ di serenità. Kurt andava lento nel fare le avances. Due erano principalmente i motivi e molto semplici. Il primo era di carattere strategico perché Kara era un bel soggetto, era simpatica prima di tutto poi era arguta, sapeva parlare e dire le cose che pensava anche se per la maggior parte dei casi aveva idee talmente obsolete da non credere che uscissero da quella bocca. Amava tutte le cose che Kurt amava ed era molto affettuosa. L’affettuosità le sprizzava dal sorriso accattivante e fiducioso che regalava a piene mani: non potevi tradire una simile persona con un gesto materiale, non si poteva chiedere di andare a letto insieme così di brutto. Occorreva tatto e tempo. Il secondo era una situazione di stallo per una precedente storia che anche se era un po’ malaticcia era durissima a morire. Si era in estate, da un giorno all’altro poteva venirgli una chiamata per comunicare che dal tal giorno sarebbe stata in Camargue con i bambini (consorte al lavoro lontano). Kurt era pronto a partire senza porre tempo in mezzo. Inoltre stava profilandosi all’orizzonte una nuova bomba che era molto frizzante e sembrava non creare nessun problema (errore madornale, ma ne parlerò in seguito) ed il rendimento era quantomeno assicurato.

Kurt per cadere in piedi aveva accennato così di sfuggita dell’eventualità di una chiamata improvvisa per lo studio di un nuovo farmaco da sperimentare in Germania con le FFAA della NATO. La qual cosa avrebbe però preso pochi giorni dopodiché sarebbe stato libero per un po’ di tempo.

Dopo qualche giorno un colpo di telefono: scusa, devo partire urgentemente, ma credi a me massimo sabato sera, rientrerò in Francia. Invece del sabato rientrò il venerdì sera. Un nuovo colpo di telefono: sono già qui non stavo più nella pelle sono rientrato in aereo (balle!). Contentezza, felicità dall’altra parte, ma un problema perché pensando il sabato, per il venerdì sera era impegnata con la sorella. Va bene dice Kurt non è colpa di nessuno, ci vedremo domani pomeriggio. Era chiaro a questo punto che dell’adrenalina cominciava a girare vorticosamente per tutto il corpo di Kara. L’indomani mattina, chiama per annunciare che si è sganciata dalla sorella ed ha provveduto per il pranzo del figlio, e la tata per la madre quindi può esser libera anche da subito. Ottima occasione per dire: peccato, sono a pranzo dai miei, ma cerco di liberarmi al più presto. Un po’ di contrattempi per ciascuno non fanno mai male. E’ bene che rosoli a dovere. Kurt ha già provveduto a pulire l’auto di qualsiasi testimonianza marina, a ripulire casa come da manuale, a togliere di torno qualsiasi traccia estranea e presa l’auto va all’appuntamento sotto casa di Kara perché è meglio per i vicini non far vedere sotterfugi di nessuna sorta. Domani, se il solito ficcanaso, figlio di baldracca, azzarda a dire qualcosa: era un parente venuto da fuori…….risponderà.

Il pomeriggio era caldo e afoso i due cercano refrigerio verso la montagna. Un boschetto al limitare di un vigneto sembra il meglio che si possa pretendere, si seggono sull’erba secca per la calura, all’ombra di un grosso pioppo che tiene un filare di viti di chardonnay si respira bene. Il villaggio, si stende alle pendici del monte ed in lontananza s’intravede il lago che sembra danzare per effetto del moto dell’aria calda che sale. La conversazione scorre bene ma sempre più lenta, i discorsi tendono a farsi banali per mancanza di concentrazione sugli argomenti disquisiti: Kurt si appoggia sul gomito sinistro, scorre la mano destra sui bei capelli cinerini ricciuti, i volti si avvicinano muti e le labbra si congiungono in un lungo bacio. I due riprendono fiato dopo la lunga apnea e le lingue si tuffano di nuovo, i profumi si mischiano e mentre la sua mano, va lentamente, verso lidi estranei risalendo la linea delle gambe, prima delle cosce, Kara pronta afferra il polso in un vano tentativo di fermata di quello che ormai sa inevitabile. Poi con fulminea, mossa è lei (è bellissimo l’effetto della mancanza d’allenamento) ad insinuarsi nei suoi pantaloni alla ricerca di ciò che per troppi anni le è mancato.

Non siamo più giovincelli di primo pelo, di quelli che si accontentano di accoppiarsi in condizioni estreme, non conoscendo i piaceri delle comodità oppure per mancanza d’esperienza o di mezzi o di consensi perciò lo fanno solo quando possono e dove capita a casaccio, noi siamo consci che una bella cosa va svolta nel migliore dei modi, nel luogo e nei tempi giusti. Così guardandosi in faccia, sorridenti Kara e Kurt si ricompongono e senza parlare, perché le parole sono superflue e potrebbero incrinare un momento così magico, si avviarono verso casa.

Kurt come già detto aveva rassettato tutto. La casa era avvolta nella penombra ed il fresco del condizionatore diffondeva la voglia di amarsi a perdifiato. Tutto fu secondo le regole, con calma i due si spogliarono, uno per volta si recarono in bagno per una doccia ristoratrice, fu preparato un drink alla frutta, (niente alcool) e poi fu buio completo. Quando ripresero entrambi conoscenza di quello che era successo, oramai era già notte, le luci del borgo diffondevano la gialla luce tipica del sud della Francia ed odori di buon arrosto di agnello filtravano dalle fessure delle finestre della casa. L’appetito, la voglia di cibarie prese il sopravvento e dopo una rapida doccia questa volta insieme ricomparvero il bel vestitino azzurro di lei ed i pantaloni di lino bianchi e camicia blu di lui.

La bettola era piccola pulita e fresca, dal giardino pieno di fiori di lavanda saliva un profumo che stordiva. Mangiarono una buona buillabesse con salsa rosa ed aragosta alla borgognonne, con vino bianco della Camargue. Un calvados della Normandia fece da cornice alla splendida serata.

Kurt la ricondusse a casa, durante il tragitto parlarono poco, ma Kara gli stava tutta abbracciata stretta ,stretta con la gota sulla spalla di lui.Arrivati che furono nelle vicinanze di casa,Kurt fermò l’auto ed un lungo bacio chiuse la serata.

La strada per tornare a casa si dipanò in un attimo e rientrato in casa Kurt si rallegrò con se stesso per come aveva condotto il giuoco. Il mattino seguente, le telefonò per ringraziarla della bella giornata trascorsa e le chiese se in settimana non avesse per caso avuto tempo da dedicargli, fatti salvi suoi impegni. E’ sempre bene mettere una parola avanti per equilibrare qualsiasi evenienza s’interponga. Ma lei non sembrava avere problemi, le era sufficiente sapere con un po’ d’anticipo quali fossero gli intendimenti. Oramai il gioco era avviato bastava non guastarlo. Si sentirono spesso e fecero lunghe conversazioni, cosicché, seppe, quanto le piacessero le passeggiate nei boschi e quanto amasse stare a rosolarsi al sole vicino al mare, odiava le navi e gli aerei le erano un po’ d’impaccio per via delle lunghe attese negli aeroporti e tutte le storie per i bagagli, per i posti al centro e per i cibi a bordo che sembravano di plastica. Niente di più vero e scontato anche per Kurt. Fu dopo una quindicina di giorni che Kurt le propose una fine settimana sulle alpi della Savoia a scelta, ma dopo che lui fosse tornato da un congresso di lavoro. La risposta fu positiva ma volle sapere per filo e per segno tutte le modalità dell’impegno. Kurt le imbastì una storia a prova di bomba che la lasciò contenta. Partì tranquillo per la solita località marina, dove era atteso con impazienza. La Camargue verso la fine dell’estate è stupenda, già le famiglie tornano nelle città ed arrivano nuove persone desiderose di sole di mare e di divertimenti. Coloro che ancora resistono sono già assuefatti al ritmo vacanziero ed agognano solo a rinnovarne gli aspetti più piacevoli e che più hanno dato godimento nel corso della villeggiatura. Questo era il pensiero anche di colei che era nell’ attesa di Kurt. Furono tre giorni di fuoco ardente, di squisiti manicaretti e di balli vorticosi nelle balere gitane della zona. Il pomeriggio del terzo giorno Kurt volse la prua verso casa stanco, sfinito ma pronto a cambiare letto. Fu durante il rientro che ebbe l’avvertenza di chiamare Kara. Che cosa fai? Sei stanca, accaldata? Avresti voglia di fresco? La risposta fu inequivocabile: Ho voglia di stare con te. Bene, allora io appena mi libero rientro, aspettami con una borsa pronta per trascorrere dei giorni in montagna. La voce di Kurt era agitata dal piacere di fare un bis nella stessa giornata. Solita prassi al primo autogrill: shampoo all’auto, pieno di carburante, controllo olio e gomme e via a casa per cambiare borsone ed abbigliamento ed una bella doccia per togliersi l’odore del mare da dosso. Tre ore dopo la telefonata era in viaggio verso S. Auban. Laggiù, un collega di Kurt aveva una casina nelle vicinanze di un vecchio monastero dove i frati in un piccolo caseificio producevano dell’ottimo formaggio. La casa era rustica, tipica maison de vacances con due belle camere bagno cucina ed una veduta sulla valle che era il vanto della famiglia. Intorno, boschi d’abeti sotto i quali crescevano a fine estate, more di rovo e lamponi grossi e succosi facevano degna cornice. Arrivarono in tarda serata, perché la strada, ricca di curve a strapiombo non concedeva spazio a virtuosismi da formula uno. Sistemarono le loro poche cose nella camera più piccola che era anche la più panoramica. Qui si poteva dormire a finestra aperta tranquillamente perché essendo sulla valle, davanti non c’era altro che il vuoto, il cielo e le montagne di fronte all’ampia vallata diafane nella nebbiolina serotina. Sul fondo della valle, un borgo illuminato ed il fiume che scorreva lento per la poca acqua della stagione.

Prima di arrivare alla casa si erano fermati dall’amico del padrone di casa per metterlo al corrente che era arrivato e quindi non stesse in pensiero vedendo gente intorno, lui, infatti, fungeva da guardiano quando i proprietari non erano presenti, Kurt già lo conosceva e si fece indicare quale delle poche osterie erano aperte quella sera." Il Cacciatore" faceva al caso loro: era vicino, ottimo e con la sua raccomandazione era ancora meglio. Dopo un’entree a base di charcuterie e fromage dei frati, fu servita una splendida coscia d’agnello al forno, con una salsa di noci resa dolce e forte da marmellata di mirtilli allo zenzero e radice di kren. Il tutto annaffiato da beaugiolet della valle del Rodano. Un bicchiere di cognac chiuse la deliziosa cenetta. Sottobraccio s’incamminarono verso casa e la buona libagione aveva reso entrambi loquaci e scherzosi, si motteggiavano allegramente a vicenda e non si accorsero di aver superata la casa. Fu il cartello di fine del paese a riportarli alla realtà. Un mezzo chilometro indietro ritrovarono il nido.

La notte a quella quota non era calda come al piano, fu necessario quindi provvedersi di un morbido plaid che già avevano visto nell’armadio, chiudere i vetri della finestra ma non gli scuri per lasciare passare la luce delle stelle e chissà forse anche della luna se passava di là. Spenta la luce i due si accorsero di essere fuori del mondo comune: il buio non era tale per lo splendore del firmamento, la stanza si distingueva nella penombra con tutte le sue suppellettili i loro corpi nudi erano due statue di greche divinità. Per qualche ora il plaid fu relegato in fondo al letto sul quale i due,come un solo corpo, si agitavano come maschere cinesi in una danza piena di significato: era un rito pagano quello che si stava compiendo, era l’inno soave alla vita, all’amore, al sesso: un trionfo di gioia repressa, compressa, che esplode, si placa, riesplode, si placa, riesplode, per poi scomparire con un bacio infinito sotto il recuperato plaid, in un sonno silenzioso e ristoratore.

Le prime luci dell’alba li sorpresero, ancora avvinghiati, con una nuova danza che li tenne lungamente occupati. Il sole stava alzandosi nella sua eterna parabola ed i due ancora dormivano e danzavano ma sempre più lentamente proprio come una pila che sta scaricandosi. Era giorno fatto quando si presentarono ad un bar per rifocillarsi con caffè, panna, croissantes calde e succhi di frutta. Fatto così rifornimento s’incamminarono per un sentiero nel bosco e camminarono per due o tre ore ridendo e scherzando, come fanciulli, su tutto quello che vedevano nel sottobosco che li circondava. Per tre brevi, troppo brevi giorni questa fu la loro vita il loro unico lavoro, cambiavano solo i menù alle varie osterie che incontravano durante le escursioni, i sentieri che erano più o meno impegnativi, secondo le direzioni prese, le frutta che coglievano: il resto era sempre lo stesso comune denominatore. L’ultima mattina non videro neppure l’alba, si risvegliarono a giorno fatto e fatto bene. Il luogo fu battezzato "Il posto dell’amore" come il romanzo di Helen Van Slyke.

La vita riprese il suo ritmo normale, le settimane si susseguirono con le stesse cose di sempre poi capitò qualcosa a Kurt che gli permise di usufruire d’alcuni giorni di libertà. Una telefonata sei disponibile? Ti andrebbe di goderci un po’ di mare autunnale poiché il caldo insiste? Quando; fu la risposta; quando ti pare, certo prima possibile. Va bene per sabato prossimo? Aggiudicato, destinazione Menton, così è vicino all’Italia si può anche assaggiare la cucina ligure.

Kurt passò a prenderla di buon’ora. Lei era allegra e beata, cominciò a cicalare sul tempo, poi sui figli e poi ancora sulla sorella che era un po’ matta perché faceva cose che a lei non piacevano come mettere a letto sua madre e poi uscire da casa e cose del genere. A Kurt non importava niente di tutto questo e rispondeva sì e no come meglio si addiceva. La strada scorreva liscia ed il traffico non era impegnativo. Oramai, il periodo dei grandi esodi era terminato e la maggior parte della gente era tornata al lavoro ed aveva ripreso la routine di sempre. Giunti vicino alla destinazione si fermarono ad un "garni" e presero alloggio. Era presto quindi si vestirono da mare e corsero alla spiaggia per un bagno refrigeratore, poi fecero una lunga passeggiata e Kurt cominciò a parlarle dei suoi progetti e come impiegare tempo e denaro. La discussione li portò anche a considerare il loro rapporto, ma Kara non era in sintonia con lui perché mal vedeva la sua condizione di divorziato. Fu a questo punto che lui le rivelò la verità. Kurt non era mai stato sposato. Quella bugia a volte la diceva per mettersi al coperto di fronte a situazioni che non si sapeva che piega potessero prendere.

Questo la fece andare su tutte le furie. Al che Kurt le rinfacciò che anche lei aveva detto all’inizio questo e poi l’aveva modificato in vedovanza. Lei di rimando replica che questo lo aveva detto semplicemente perché in quel momento erano due sconosciuti. Va bene dice Kurt lasciamo andare altrimenti non si finisce più. E’ così e basta. Seguì un gelo incredibile Kurt non sapeva cosa dire perché tutto sommato voleva salvare il salvabile e godersi quei giorni di sole, d’amore e di relax. Vogliamo chiudere per favore? Disse Kurt in maniera dolce ma decisa. Va bene disse lei, ma si capiva con poca convinzione. La passeggiata fu lunga e ciò stemperò la situazione.

Cenarono, quasi muti poi andarono a letto ma lei non volle coccole, anzi gli chiese di proseguire nelle rivelazioni delle altre verità che indubbiamente c’erano dietro. Non c’erano altre verità, c’era soltanto che lei, la cosa era apparsa a Kurt, da varie sfumature, nei discorsi sui figli, già in incontri precedenti, stava temendo che loro capissero l’animo della madre. Forse avrebbero fatto meglio a dilazionare gli incontri per non creare problemi famigliari. In altre situazioni Kurt avrebbe voltato l’angolo e sarebbe montato in auto lasciandola lì, ma questa volta preferì tacere ed attendere che il mattino portasse consiglio. Lui dormiva, quando lei lo svegliò per annunciargli che se n’andava e non voleva avere più a che fare con lui, doveva solo riaccompagnarla da sua madre. Così fece perché aveva già capito che lei nonostante tutto era restata fedele alle parole dette quando si conobbero: i divorziati non sono affidabili e sesso o no i sentimenti, nei suoi confronti erano rimasti gli stessi, dietro quel bel faccino e quell’ardore completo nei loro amplessi boccacceschi, c’era un gran buio, nascosto da una facciata di perbenismo vittoriano…

 

 

2005 by GIO

 

 

 

 

 

 

 

 

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