Quella tragica notte

 

          

Avevo visto nascere  Francesco , un cucciolo d’uomo biondo con due occhi nerissimi e spaventati che sembrava catapultato nella terra come un novello superman . Figlio del mio più caro amico Giovanni col quale avevo passato l’infanzia insieme e gli studi alle superiori. Più tardi lui si era trasferito a Udine ed io ero rimasto a Padova, nel negozio di cornici che i miei mi avevano lasciato.un luogo polveroso..dal sapore antico…di colle vernici..e spazi vuoti..che venivano riempiti ed abbelliti dai miei quattro lati intorno alle tele di pittori del luogo, dilettanti ed appassionati che vivevano le loro creazioni quasi sempre come si chiamassero  Renoir o Van Gogh.

Al matrimonio di Francesco con Serena avevo partecipato commosso nella parte di testimone dello sposo che mi aveva voluto onorare di tanta  stima più di tutti quei giovani amici che avevano partecipato allegri e rumorosi al pranzo di nozze..

Poi l’incidente.  Serena era già all’ottavo mese quando svenne nel panificio,

 della signora  Adalgisa , durante la solita spesa quotidiana. Lì rimase solo per pochi minuti, l’ospedale distava un paio di chilometri e l’autoambulanza arrivò quasi subito, dopo che la Ada, così la chiamavano tutti la padrona del negozio,aveva telefonato urlando sconvolta al centodiciotto.

Francesco avvertito al cantiere, dove come giovane ingegnere si occupava dell’assistenza alla direzione lavori , per la costruzione del nuovo Ipermercato vicino al parco del Corno, si era precipitato all’ospedale come un pazzo, guidando nel traffico cittadino da vero forsennato e l’incrocio con la via che portava all’ospedale gli fu fatale.

Un  furgone del latte era ripartito lentamente  spostandosi a sinistra per immettersi nella corsia di marcia, non avvedendosi del sopraggiungere della golf bianca che  gli piombo addosso dal lato posteriore sinistro e, per rimbalzo, scaraventata proprio sul muso dell’autobus che sopraggiungeva di fronte.

L’impatto fu tremendo e Francesco che nella furia di recarsi al pronto soccorso dalla moglie, non si era allacciato le cinture, usci letteralmente dal parabrezza per schiantarsi  sul davanti del mezzo pubblico dove si frantumò una spalla  il braccio destro ma quello che fu peggio subì un violentissimo trauma cranico che lo consegno al coma immediatamente, una tragedia nella tragedia.

Lo avevo lasciato in terapia intensiva dove era ricoverato da quattro giorni, da quel fottuto martedì mattina. Giovanni , il padre era come impazzito, il dolore gli impediva qualsiasi parola, ogni movimento lo costringeva ad uno sforzo tale che sembrava invecchiato di un centinaio di anni  in qualche ora. L’anno prima aveva perso la moglie  per una rara forma leucemica che l’aveva strappata alla famiglia in meno di due mesi. La gravidanza di Serena e l’approssimarsi della nascita del piccolo Luca , così si sarebbe chiamato quel bambino atteso come una luce nuova nel buio della sua esistenza, lo avrebbero risollevato da tanta amara tristezza per la perdita della moglie ancora giovane e bella. Ed ora era lì seduto nella sedia vicino al letto assente, assorto in chissà quali pensieri, quasi che tutta la faccenda non lo riguardasse più.

Il primario del reparto gli aveva appena pronunciato la sentenza…solo un miracolo avrebbe potuto riportare alla vita  Francesco . la moglie che nel frattempo  si trovava  in maternità ancora per accertamenti dopo il malessere, alla notizia..aveva emesso solo un urlo cupo..quasi soffiato all’interno di un’anima straziata dal dolore.

 Erano le dieci di sera  e stavo seduto su una panchina umida del vialetto che portava alle sale della intensiva, e osservavo muto il lento e sparuto passare di qualche visitatore ritardatario che si avviava verso l’uscita trattenendosi il bavero della giacca di questo maledetto autunno freddo e umido oltre misura.

“ Fa freddo eh??”

Quasi mi venne un colpo all’improvvisa esclamazione alle mie spalle. Mi girai di scatto e la vidi. Una signora anziana, capelli bianchissimi sparsi lunghi,troppo lunghi..sopra a due spalle stranamente erette per l’età della vecchia  che nel frattempo era scivolata con una agilità insospettata  alla mia destra e lì rimaneva dritta come un monumento, assolutamente immobile, e solo allora mi accorsi di quanto fosse alta, forse un metro ottanta anche più. Magrissima vestiva di un completo che al buio sembrava  stranamente luccicare su uno colore nero quasi metallizzato che le stava sospeso attorno volteggiando leggero come seta, alle raffiche sempre più rapide di una brezza gelida che si era levata improvvisa.

“Si fa molto freddo” Risposi solo per cortesia chiedendomi cosa volesse a quell’ora tarda e fredda.

“io dovrò aspettare ancora un’ora, poi  dovrò rimettermi in cammino come sempre.” La voce risuonava con uno strano eco tutt’intorno perdendosi tra le foglie cadenti del parco, con toni bassi, caldi  ed avvolgenti, penetrando nelle orecchie con potenza ma allo stesso tempo con delicatezza quasi vellutata.

“Che cazzo me ne frega!!” Pensai subito, infastidito da quella presenza che appariva inopportuna ai miei pensieri ma anche imposta come da una volontà sconosciuta e decisa.

“si lo so cosa sta pensando..” Continuò  senza alcuna incrinatura sul tono basso che rimase sempre eguale. “penserà che sono una vecchia pazza rompiballe che viene a disturbarla  mentre il figlio del suo amico sta morendo…”

“Senta ma che cosa vuole lei?? Chi è chi l’ ha chiamata qui??” le parole mi uscirono dalla bocca come lame taglienti. Lei non si scompose neanche di un soffio..e mi rivelò che mi aveva visto prima in reparto con Giovanni mentre ascoltavamo ciò che tanto terribile stava per pronunciare il primario. Mi scusai..con un vago cenno della mano, ma senza dare troppa importanza al fatto, mentre lei continuo.

.” La vita delle persone che amiamo è un bene che non pensiamo mai ci venga sottratto vero sig. Marino?” Stavo per chiederle coma facesse a conoscere il mio nome quando con un cenno dell’indice destro lungo e scarno mi zitti immediatamente.

“ Mi dica  che cosa sarebbe disposto a dare in cambio della vita di Francesco?”..

Anche di lui sapeva tutto or dunque. Rimasi come inebetito, ero in un incubo misterioso e macabro dal quale mi era difficile estraniarmi. “ Io ..non lo so balbettai sorpreso per quella domanda che richiedeva una risposta come dire assoluta definitiva. Quanto può valere la vita di un ragazzo di ventisei anni che sta per divenire padre? “ Credo che sarei disposto a dare la mia  di vita” .Mi sorpresi di ciò che avevo appena pronunciato e cercai invano di far ritornare quelle parole dentro alla mente solo per poter riflettere ancora un po’, ma ormai era tardi, mi ero esposto irrimediabilmente.

Un lampo negli occhi di lei rischiarò tutto lo spazio limitrofo come una sorta  di raggio luminoso quanto veloce ad apparire che a spegnersi.

“ Va bene sig. Marino, le voglio credere senz’altro.  Allora si alzi, le lascio il tempo per salutare Francesco che in questo momento si sta riprendendo dal coma, abbracciarlo ..e stringersi intorno  alla gioia di  Giovanni il padre e suo amico caro.”

“ Ma chi è lei?? Come può dirmi ciò che ha appena detto?? Francesco non si riprenderà più, come osa?” Ma chi cazzo è lei una volta per tutte che cosa vuole

da me?”

”Caro sig. Marino, io sono molte persone, ho molti nomi, e sono in molti  luoghi  anche ora mentre parlo con lei sto svolgendo il mio compito in migliaia di altri paesi e città.Ma se vuole mi può pensare come  una oscura signora venuta da molto lontano dall’alba del tempo, e di ogni esistenza”.

“ vuole dire che lei è…è .” Non riuscivo ad emettere quel nome tanto ero terrorizzato ed impotente.

“La morte? Si lo sono “

Passarono alcuni interminabili secondi prima che potessi imprimermi quella parola tanto inflazionata nella vita di tutti i giorni  quanto funerea e definitiva ora che era stata pronunciata dalla morte stessa.

“ Bene vada sig. Marino le lascio esattamente  sette minuti per salutare i suoi amici ..dopo la verrò a  prendere ..per il viaggio che farà al posto di Francesco”

Caddi letteralmente per terra, mentre Giovanni mi strattonava per le spalle, urlando Frasi che non riuscivo a decodificare in significato di nulla. “ Marino..Marino.. Francesco si è ripreso è debole ma tutti i valori si stanno stabilizzando ..è un miracolo Marino vieni ti stavo cercando da un sacco di tempo..” . Mi rialzai dal suolo umido e fangoso..girandomi e guardando attorno  ben felice anche se ancora istupidito  dal sonno interrotto che mi aveva preso di colpo ,frutto della stanchezza  che mi rendeva esausto fino al punto di addormentarmi lì su una maledetta panchina, roba da prendermi un accidenti , ma tutti i pensieri ora erano rivolti al senso delle parole che il mio amico aveva continuato a pronunciare  fino a che non si era reso ben conto che le avessi recepite perfettamente.

In un batter di ciglia eravamo sul letto di Francesco che aveva riaperto gli occhi e ci guardava stupito..non capendo ancora dove si trovasse e cosa ci facesse li intubato  al punto da sembrare un astronauta in partenza per qualche viaggio interplanetario….La moglie gli era accanto in silenzio con gli occhi colmi di calde lacrime di gioia come tutti noi impazziti da  ciò che vedevamo e dalla rinnovata speranza tornata prepotente a ridare  nuova luce alle nostre anime.

Rimasi lì ancora un’ora .. fino a che i medici non ci  rassicurarono che Francesco era in lento ma inequivocabile recupero..un risveglio tanto incredibile quanto agognato…è proprio vero a volte la vita prende altre volte  da….e nessuno si chiedeva certo ora perché…tanto eravamo euforici e felici.

Io e Giovanni andammo in centro città in una enoteca  aperta fino a tardi dove divorammo voracemente una decina di tartine in vari gusti a testa..e ci  scolammo due bottiglie e mezza di un ottimo cabernet  franc  leggermente barricato come tanto ci piaceva bere nei momenti di relax quando venivo da Padova a trovarlo. Maurizia ,la titolare era così felice che decise di aprire una bottiglia di  Bollingèr  millesimata  98. Vedemmo il fondo in un baleno tanto trangugiavamo con passione sfrenata quelle bollicine  che salivano in perlage quanto noi salivamo la scala alcolica..tanto che presto dovemmo farci portare un paio di caffè belli forti..potenti per permetterci di ritornare a casa.

Erano le due di notte quando decisi di mettermi al volante di tornare a Padova a casa..stanco leggermente ubriaco ma non da compromettere il viaggio di ritorno che si svolse lento , e prudente oltre misura anche nella paura di trovare qualche pattuglia troppo zelante..cosa del tutto probabile visto il poco traffico di quelle ore. Nelle due ore che impiegai per tornare a casa, ripensai al sogno che avevo fatto e mi sembrò ancora incredibile di come fosse apparso tanto reale. Fui alla fine contento e mi sentii orgoglioso e fiero di me perché,  se pur solo nell’oblio, mi era venuto spontaneo scambiare la mia vita con quella di Francesco, anche se il suono  cupo e tetro di quella voce nella sera mi inquietava ancora, mandandomi qualche brivido di troppo alla schiena mentre il climatizzatore pompava nell’abitacolo dell’auto aria calda a manetta. Riposi l’auto nel garage del palazzo dove abitavo da ben 17 anni e preso l’ascensore mi avviai a salire i sette piani  che mi avrebbero riportato nel tanto desiderato letto sotto le coperte dopo una bella e calda doccia per un sonno lunghissimo e ristoratore.

Premetti il bottone numero sette..ma  quasi contemporaneamente l’ascensore anziché salile cominciò a riscendere .cosa che mi  fece esclamare un’imprecazione tanto ne ero rimasto contrariato. L’ascensore continuava a scendere e mi chiesi se si sarebbe fermato nel sotterraneo al primo livello dei garage  del piano A o se avrebbe continuato, evidentemente chiamato da qualche inquilino che aveva fatto le ore piccole e che sarebbe dovuto risalire dal livello B. Dopo una discesa che mi sembrò interminabile, finalmente si arrestò..rimase qualche secondo immobile fino a quando lentamente le porte si spalancarono  aprendo davanti a me solo una oscurità totale..che appariva stranissima   e malamente illuminata dalla poca luce interna all’ascensore. Aspettai  qualche secondo pensando che chi   lo avesse chiamata

sarebbe apparso da quella cupa oscurità, ma nulla.

A voce alta, quasi per farmi coraggio e darmi un tono meno preoccupato pronunciai come un qualsiasi ragazzo ai piani di un grande albergo la fatidica frase “ signori si sale al settimo” ..fu allora che una scarpa affusolata di donna si insinuo tra le due ante bloccando la chiusura delle porte che si riaprirono subito illuminando ora ben visibile il pallido e spettrale volto della signora del sogno che voce suadente ma ferma e calma mi disse

 “ Fa freddo sig. Marino vero?” E prima che potessi pronunciare nulla aggiunse con uno storpiato ghigno che vagamente assomigliava ad un  macabro sorriso

 “ Ah! Dimenticavo noi non saliamo sig. Marino..ricorda? noi scendiamo…..le porte si richiusero la luce si spense  ed una mano forte mi penetrò il torace strappandomi il cuore e la vita..che dovevo rendere…in quella tragica..ed ultima notte.

 

 

( 11.05.2003)