Guardo in una
luce riflessa di un sabato che promette quei momenti di vita dimenticati.
Il rosso
screziato di una serie di sfere di corallo mi rimandano l’idea di mare, di anni
passati, di acque che non vedrò.
E’ strano, non
penso al gioiello.
Lui mi guarda
e mi chiede, Ti piace?
Si, molto
E non dico che
e’ un momento, una visione, una immagine.
Non e’ un
gioiello.
E poi.
Le parole
salgono leggere, come le luci che vanno dissolvendosi nella sera incipiente di
un primo sole gravido di promesse che sanno di birra, che sanno di sesso, che
sanno di incognito, per molti.
Che avranno
solo il sapore della delusione , il giorno dopo.
Ma sarà già
domani.
E adesso e’
ora.
E le risa e le
voci e i messaggi e le risate troppo forti sono di adesso.
Mi immagino
una serata su un divano di pelle chiara, trasportata dalla magia delle parole
di un film che non so; a me la vita e’ male , riconosco la qualità quando mi
viene prestata, anche solo per una notte.
E poi.
Il riflesso
dell’acqua e il vago ricordo di un ponte e di una vita passata, di corse a
perdifiato, di una pioggia tiepida e beffarda che lavava via le note di un
concerto, che ci portava in un davanti a birre rosse e tapas immangiabili, che
ci faceva scrutare la nostra essenza dentro gli occhi che non conoscevamo, solo
le parole avevano illuminato le notti di giugno e Damiel e Kassiel…e Parma
dentro un te’ freddo di corsa per non a fare tardi in Università…
E adesso
tornava tutto, certo, filtrato dagli anni, certo raschiato dal dolore, certo
più opaco perchè gli anni.
E poi.
Tutta
quell’aria .
Da non
respirare.
Da bere.
Da perdersi.
In faccia.
E basta.
Restano le
parole di una notte inutile, sciocca che riempe di ferite che non si lavano
nella luce di un mattino che sa già di tempi andati, di nuovo,ha già in bocca
il sapore del sangue che verrà.
Torna la
memoria acuta e dolente del proprio non essere, torna la voglia di ferire di
picchiare di usare la forza per non sentirsi dire,Quanto sei dolce e sapere ,
sapere, sapere che e’ solo una delle tante trappole in cui le tagliole ti
strapperanno un altro (ancora) brandello di anima…
Volevo
regalarti quella collana
Non capisco,
sono li’ a sanguinare, a chiedere di farmi grazia di una dolcezza che non
conosco e mi parla di un oggetto che non so, che non voglio, che non e’ la
vita….
Non stringere
le mani fino a strozzare il cuore parlando di una collana…
Non ho la voce
per dirlo, per chiederlo.
Dopo rimangono
i vetri sparsi, quelli che tagliano più di mille lame, e non se ne schiva uno…
E ritorna il
vuoto, quel buio che sa di niente e di notte e si fatemi dormire, adesso basta.
C’e’ chi
baratta la propria moglie con un cappello e chi getta dai finestrini di un’auto
che taglia i colori e dolori l’anima delle persone, come carta straccia e sudicia,
già usata, buona per togliersi il sudore di un mese di inutilità.