Nella casa di Annelore il tepore invadeva la stanza  dove un grande camino dispensava luce e calore. Il sole era al declino e l’aria viola premeva contro i vetri il suo fiato gelido, brinandone i contorni. La piccola Ingeborg saltellava sulla punta dei piedi per poter guardare fuori dalla finestra, che’ era troppo piccina per arrivarvi agevolmente, avrebbe volentieri avvicinato la sedia alla parete, ma sapeva che la mamma si sarebbe inquietata, pertanto quello rimaneva l’unico modo possibile..per ora…

Annelore la osservava di sottecchi mentre riempiva un foglio di colori e disegni.

La porta si apri’ all’improvviso e  in folata di freddo entro’ la risata di Frida che ancora vestita e con tanto di sciarpa appoggio’ per dispetto le mani gelate sulle guance delle sorelle, che lanciavano strilli di gioia e di risentimento per quella inattesa carezza di ghiaccio.

-         La mamma?-

-         E’ uscita, torna verso sera – rispose Annelore

-         Ma e’ gia sera! –fece seria Ingeborg

-         Ho capito..bisogna aspettare! Che ne dite se ci prepariamo una cioccolata? – la domanda di Frida fu accolta con grida di gioia.

 

Poi la sera scuro’ per davvero e la madre guardava con lieve timore quelle bimbe, quelle risa, quegli occhi, e il disagio, difficili a dirsi , aumentava, Emma non sapeva perche’.

 

La domenica le tre sorelle erano immusonite e malinconiche, fuori il tempo era brutto e la madre aveva posto un severo divieto a restare a giocare fino a sera inoltrata.

Mentre si avvicinava l’ora del rientro lo sguardo di Frida venne attratto da un punto del giardino…si allontano’ dalle altre due  e ando’ a vedere cosa fosse quella piccola macchia di verde. Si chino’ con premura e scorse, in mezzo a alla terra brulla e scura un germoglio, timido e infreddolito; stupita allungo’ la mano , come per sincerarsi della sua reale esistenza.

-         Un fiore? – chiese Ingeborg

-         No, un semplice boccio, un germoglio…che strano..  – rispose Frida

-         Portiamolo in casa! Col freddo che c’e’ gelera’.. – propose Annelore

Erano incerte sul da farsi non sapevano come proteggere quella piccola forma di vita.

Emma risolse la questione raccogliendo il germoglio e buona parte della terra che lo circondava per far si che non avesse a soffrirne, e la terra era morbida, a dispetto del resto del mondo…

In casa il piccolo vaso fu sistemato accanto alla finestra cosicche’ potesse ricevere luce.

Quell’evento inaspettato aveva creato uno strano e lieto fervore tra le bimbe e anche Emma pareva ora un po’ piu’ sollevata.

Nella notte Annelore scese scalza  nella casa in ombra; aveva sete e il pavimento di legno non era poi cosi’ freddo.

Nell’entrare in cucina fu attratta da una debole luce azzurra; non capiva da dove potesse arrivare…la segui’ piano piano e con stupore vide che era la piantina ad essere avvolta da una sfera di luce brillante di blu.

Rseto’ cosi’, meravigliata a guardare, sgranando gli occhi…

Il blu sembrava diventare sempre piu’ intenso e caldo e avvolgente, Annelore cerco’ di toccarlo, che’ era invitante e lucente e accanto a lei apparve una voce suadente e morbida che le mormoro’ – Tu sarai la prima rosa a sbocciare, ma non devi temere…non avere timore..mai.. –

Si fermo’ forse anche il tempo, non ci e’ dato saperlo, ma Annelore sembrava incantata e non aveva ne’ freddo, ne’ sete…

La mattina, era grigia di neve e Annelore sembrava dimentica di quello che aveva visto la notte precedente.

E la neve si sa, porta allegria nei bambini e quel giorno trascorse tra giochi e risate…

Frida lascio’ le sorelle e ando’ a curiosare nell’angolo di giardino dove avevano raccolto la piantina.

Non rimase meravigliata nel vederne una seconda; era come se avesse saputo di ritrovarla, di rivederla, ma stavolta appena la tocco’ si produsse un fenomeno a dir poco stupefacente; una piccola sfera di luce rosata sembro’ avvolgere il terreno imbiancato…ed era cosi’ bello, ed era cosi’ luminosa…Frida non si avvide del tempo, della neve e del freddo…un voce la accarrezzo’ e le sussurro’ piano – Tu sarai la seconda a sbocciare…ma non devi temere… -

Nulla fu raccontato, questi momenti sembravano essere frammenti di sogno, che le sorelle lasciavano cadere come i fiocchi leggeri che di nuovo imbiancavano il cielo.

L’indomani sarebbe stata la terza domenica d’Avvento, prima di andare a dormire Emma dispose l’agrifoglio e le candele al centro del tavolo, le figlie le passavano i nastri colorati e frutta secca per decorare al meglio la casa.

Emma era stupita dalla tenacia della piccola piantina, che pur conservandosi verde e tenera, pareva non subire alcun mutamento…

Tutto era in ordine quando si spensero le luci e il silenzio si fece sovrano negli angoli delle stanze.

Ingeborg, folletto felice, era troppo eccitata e non riusciva a prendere sonno; voleva toccare di nuovo quei nastri, quei dolci, voleva sentire il profumo liscio e rotondo delle candele…

Scese piano la scala di quercia, che sembrava non finire mai per i suoi piccoli passi e si avvicino’ al camino ancora caldo per goderne il tepore…fu il bagliore di un arcobaleno a riempirle gli occhi…rapita si mosse appena, con il naso all’insu’ guardava quella cascata di luce che gorgogliava dalla piantina…

In tutto quello splendore una voce leggera e flautata la accolse – Tu sarai soltanto mia…e sara’ bello.. anche se ora non lo saprai vedere…anche se la strada della felicita’ sara’ segnata da lacrime e singhiozzi…tu sei piccola ora.. ma sarai soltanto mia… -

 

 

Dimentica la luce, dimentichi i giorni di risa e di giochi, nel fluire affannoso degli anni…

 

 

Annelore, gia’ bella e ragazza incontro’ il suo destino sul finire di un aprile ventoso..ed era di luce azzurra, come tanti anni prima lo fu quell’incanto di notte…

La trovarono dopo tre giorni, sul finire della sera, nelle acque ancora fredde del lago che le facevano sponda mortale. Ma il suo viso era bello  e sereno.

 

Fu solo dolore il seguire dei giorni, soltanto le lacrime a parlare.

Ma la vita, si sa, mai non svela i suoi piani, i suoi giochi e suoi giorni.E continua.

 

 

I vent’anni di Frida le portarono in dono un mazzo di rose color confetto e con quelle prese congedo; i suoi occhi bruni mai piu’ avrebbero pianto ne’ riso, mai piu’ avrebbe sorriso alla vita traversata di corsa, troppo in fretta, chissa’…

 

 

Quella casa di dolore divenne cupa e silenziosa; Emma ricordo’ tutte le volte che aveva provato timore per quelle tre giovani donne a venire…

 

Ingeborg, dagli occhi color del pianto, si intristi’ e la sera era sempre un po’ prima e la pace era sempre un po’ troppa…

 

Ingeborg, conto’ le ultime tristezze dentro un ottobre di rugiada,e le gocce sui suoi capelli splendevano di mille colori contro l’oro rosso delle foglie di vite…

 

Emma, restata sola, curvo’ la schiena al tempo, la terra li’ vicino, era compagna fedele, gli occhi ora rifuggivano anche la luce tenue…

 

 

Ed era la terza domenica d’Avvento, Emma non aveva agrifoglio, non candele ne’ nastri…

 

Curva sul suo bastone si avvicino’ al finire della sera e vide quella pianta, tanti anni prima germoglio protetto e custodito, sbocciare in quell’inverno…

Tre tulipani selvatici, tre colori palpitanti tremavano nelle sue lacrime,uno color del cielo, l’altro color di rosa, l’ultimo colore dell’arcobaleno….

 

 

Qualcuno ancora ricorda, in quel finir di sera, la terra nuda e gelida e il cielo iridato, sembrava fosse viso angelico con quei colori insoliti, il blu dell’orizzonte sfumava in rosa tenue per perdersi d’incanto nell’arco luminoso dell’iride che bagna , pare da allora, ogni serata al limitar di inverno.