Cussac: la Lascaux dell' incisione                                     

Grotta di Cussac

  La Lascaux dell’incisione

 Dopo la Chauvet un’altra grotta delle meraviglie.

La Francia non finisce mai di riservare delle sorprese..

A scoprirla nella valle della Dordogna, il 30 settembre del 2000, è stato Marc Delluc, uno speleologo dello Speleo Club di Périgeaux, nel corso di una ricerca nel Comune di Buisson de Cadouin, in località Cussac.            

Delluc ha dovuto lavorare non poco, per liberare dai detriti la fenditura nella roccia, prima di potersi inoltrare nella cavità e scoprire con estrema sorpresa e gioia di aver ridato all’umanità una pagina importante della sua storia.

Decine e decine di immagini gli si rivelavano, animali e figure femminili e simboli, isolate o in insiemi di straordinari “pannelli”.

La scoperta è stata volutamente tenuta segreta fino al 4 luglio 2001 per dare spazio agli specialisti ed approntare adeguate misure di sicurezza.    Oggi è classificata come monumento storico di interesse nazionale.

Il “suo tempo” è di circa 28.000 anni, tra la Chauvet (32.000) e Lascaux (16.000).

La Cussac viene a collocarsi con forza tra le grandi testimonianze delle grotte decorate europee, dopo Lascaux, Altamira, Chauvet.

A differenza delle altre grandi nella Cussac non sono le immagini dipinte a prevalere ma le incisioni. Immagini raggruppate anche in pannelli  lunghi  fino a 25 metri che  compongono insiemi figurativi articolati e complessi, addirittura con 40 figure nella stessa area.

La predisposizione all’incisione delle pareti di pietra calcarea è data dalla superficie porosa ed a grana fine; questa però non era  la condizione indispensabile per “imporre”  l’opzione dell’incisione anziché della pittura, dato che in altre grotte gli artisti paleolitici, pur trovando fattori simili, avevano usato il colore come mezzo prevalente per esprimere il loro mondo.

Quella dell’incisione è quindi stata una scelta voluta e consolidata nel tempo dal gruppo umano per il quale la grotta di Cussac era il “santuario” di riferimento; i motivi della “opzione grafica” a noi purtroppo sono ancora e forse saranno per sempre sconosciuti. C’è comunque da rilevare che la grotta, di circa 900 metri di lunghezza, non è totalmente esplorata e solo una metà è stata più o meno analizzata dagli studiosi, quindi possiamo anche pensare  che il resto della cavità ci potrà riservare delle grosse novità.

Cussac, una tra le tantissime testimonianze di arte paleolitica della Dordogna, una realtà non certamente isolata, inserita in un “affollato” contesto culturale, ma da subito  rivelatasi una sorpresa per le sue particolarità; Jean Clottes, notissimo archeologo francese, dice:<<Vi è senza dubbio un’atmosfera molto speciale in Cussac (…) vi è originalità in tutto questo>>.

Lo straordinario mondo che si manifesta con le circa 200 incisioni è quello tipico dell’immaginario e della realtà del paleolitico, fatto di cervi, di rinoceronti, di mammut, di stambecchi, di mufloni, di bisonti e cavalli, ma anche di “presenze “ che lo caratterizzano e lo rendono appunto originale, come le rare figure di uccelli e soprattutto quegli animali strani, non facilmente identificabili, dai musi allungati e dalla bocca aperta. Un “normale” bisonte, enorme però, di circa 4 metri, ed uno strano animale, un bovino dalla testa di cavallo, sono tra le tante particolarità di questa grotta.

Le tracce digitali, i simboli, le figure femminili e le rappresentazioni sessuali chiudono il cerchio di un mondo figurativo legato al vissuto ma anche e soprattutto a simbologie, miti e ritualità maturate nei millenni e che regolavano fortemente i cicli della vita individuale e sociale.

 Cussac è una grotta speciale, una grotta “dedicata” o “santuario” come vengono definite le grotte decorate, quelle scelte appositamente dai paleolitici per “scrivere” del loro mondo e “fissare” sulle pareti per vivere e perpetuare nel futuro, in quei luoghi bui e magici e misteriosi, i riti sociali e/o di passaggio generazionale. Animali e simboli, animali-simbolo, i segni misteriosi, la donna e le profondità della madre terra; quali i significati di quelle immagini stupende, quali i motivi che portavano gli “artisti” a spingersi fin nelle zone più buie per “ancorare” su fogli di pietra lo spirito delle genti della luce, del mondo di sopra?.

L’incisore di Cussac non potrà mai raccontarci le sue visioni e la vita del suo gruppo di cacciatori-raccoglitori. Quello che noi possiamo cogliere e ribadire è che certamente le immagini degli animali non erano mere rappresentazioni della realtà e che la loro collocazione nella grotta non è stata sicuramente casuale ma seguiva percorsi culturali molto complessi. Santuario si o no?

Chi, come me, ha visitato molte grotte paleolitiche ha certamente vissuto la netta sensazione di essere in un luogo sacro, incredibilmente carico di energia vitale, di presenze misteriose.

Ma oltre i miti, la nostra razionalità ed anche per fortuna la nostra voglia di sapere, rimane la bellezza di quelle immagini, veri e propri capolavori artistici del passato, ma “non passate” e superate dal tempo.

La meraviglia per ogni nuova scoperta porta ancora alla luce la loro forza, nel bisogno nostro di ritrovarci.

In questa grotta a differenza della Chauvet, e delle altre cavità decorate sono stati trovati i resti di individui (almeno quattro adulti ed un adolescente), un fatto senza precedenti nelle manifestazioni culturali dei paleolitici e questo lascia pensare che siano state collocate successivamente; secondo l’antropologo del CNRS Henri Duday è molto probabile che risalgano al neolitico.

Sapiens sapiens di altri tempi, che sembra abbiano rispettato la sacralità della grotta; a differenza di quanto avvenuto in una realtà più antica e più lontana, vicino a Marsiglia, nella grotta, oggi sottomarina, Cosquer  (ma questa è un’altra “storia”).

Sarà quindi interessante ed importante capire come mai ci sono queste inumazioni, collocate nella galleria di sinistra in tre settori differenti e con modalità diverse; due in depressioni ovoidali, probabili tane di orsi, le altre, almeno tre, sulla sommità e sulla pendenza di una scarpata argillosa, non in connessione anatomica e con i crani mancanti. Un solo scheletro è pressoché intero.

Le deposizioni, tutte di superficie, non sembra siano state oggetto di particolari ritualità ed offerte, come nelle sepolture di altre grotte, ripari o villaggi, solo quella del settore 1, più vicina all’ingresso, mostra tracce di ocra rossa sul terreno sottostante ad alcune ossa (e volendo spingerci tanto in la con ipotesi fantastiche potremmo augurarci che sia paleolitica, non toccata dalle inumazioni successive; cioè la sorpresa vera e propria, eccezionale).

A quale cultura dei sapiens sapiens appartengono le immagini?

Non sarà semplice avere una risposta abbastanza certa dato che con le incisioni non è possibile effettuare datazioni. E’ quindi necessario, per una prima collocazione temporale, basarsi sulla tipologia delle immagini e sulla comparazione con altre incisioni o dipinti datati con una certa sicurezza o comunque accettati dalla maggior parte degli studiosi come facenti parte di un ambito grafico-espressivo preciso.

Il “carattere” delle immagini di Cussac è considerato di tipo “arcaico”, cioè appartenente ai primi millenni dell’inizio dell’esplosione artistica dei nostri antenati,  e con indizi stilistici, quali le estremità ad “X” delle zampe, la visione in genere frontale delle corna su un corpo di profilo, il tipo di testa delle figure femminili, che le collocano appunto in un periodo antico del Paleolitico superiore; con sufficiente certezza nel Gravettiano (28.000-22.000 B.P.) e con qualche riserva, si potrebbe pensare anche. all’Aurignaziano (35.000-28.000 B.P.), nella sua fase finale.

L’analisi stilistica mostra inoltre che vi sono molte analogie con l’arte parietale del Quercy, in particolare con la famosa grotta di Peche-Merle, ma anche con altre realtà figurative dell’arte Paleolitica.

Un altro mezzo per poter giungere ad un’idea più precisa, almeno su uno o più periodi di frequentazione della grotta, è quello della datazione dei resti scheletrici, con campioni di ossa umane, un lavoro già iniziato e quindi la datazione è in corso.

Da ricordare però che è praticamente certo che le immagini non siano contemporanee delle sepolture e che gli inumati non appartenessero alla cultura o alle culture  di riferimento degli artisti che hanno decorato la grotta; ma la loro datazione sarà comunque  estremamente importante ai fini della definizione di un quadro complessivo della storia artistica ed umana della cavità della valle della Dordogna.

Altro elemento che non facilita la datazione è la mancanza di utensili o oggetti di arte mobiliare, come selci, strumenti in osso o avorio, resti di ossa serviti come pasto o come offerta, l’assenza di resti di fuochi. Inoltre i pochi segni di colore rosso presenti nella grotta, tracciati con le dita, non sembra attualmente siano materiale adatto per ottenere delle datazioni al C14.

In base alle poche immagini pubblicate ed escludendo ipotesi interpretative delle tracce digitali e dei simboli, che comunque richiamano ad epoche “arcaiche”, si possono fare alcune considerazioni:

1)      sugli animali: che, a parte un mammut incompleto o altri animali appena accennati,  dimostrano la grande sapienza stilistica di chi ha inciso, permettendogli di ottenere figure di  forte realismo e vitalità, siano esse meno definite nei dettagli o più accurate come la splendida immagine del cavallino con la criniera al vento, inciso al centro del “Grande pannello”, che si può pensare certamente posteriore ad altri cavalli raffigurati. E’ possibile quindi che non vi sia stata continuità temporale ma, pur in un complesso    figurativo sempre di grande livello compositivo e formale,  presenze e maturità espressive diverse in tempi diversi.

2)      sulle figure femminili: che ancor più degli animali si richiamano a Peche-Merle sia nell’impostazione complessiva della figura che in alcuni dettagli quali la forma della testa che tende a restringersi a punta sul retro. Le figure femminili mostrano donne di grande corporatura e con grandi seni , dalla testa abbastanza stilizzata e dalle sinuose linee di contorno del corpo, senza molti dettagli. Le immagini sono di profilo.

Aurignaziano, Gravettiano, altro?

Alcuni elementi aurignaziani sono presenti; quali le zampe incrociate ad “X”, come nella grotta di Ebbou nell’Ardèche, le vulve, per molti aspetti le stesse figure femminili, i segni digitali; presenze antiche che comunque non escludono certamente, come abbiamo visto anche nella Chauvet, che singole immagini o interi insiemi figurativi complessi non si limitino ai pochi tratti che invece, secondo schemi teorici ormai superati, avrebbero dovuto caratterizzare la “forma espressiva” aurignaziana.

Dopo l’esperienza della Chauvet (aurignaziana) non è più possibile pensare ad un percorso figurativo lineare dell’arte paleolitica, dal semplice al più complesso, ma bisogna accettare realtà stilistico-culturali diverse da zona a zona, caratterizzate anche da enormi differenze qualitative nella capacità espressivo-comunicativa.

Lo stile figurativo gravettiano della Cussac  nella forma dei cavalli, nelle corna degli animali ed in ulteriori elementi, trova riscontro nelle altre grotte gravettiane della Dordogna e delle zone vicine. Nell’ambito di questo “stile “ prevalente la grotta mostra sue specificità “formali” e “culturali”, tali da far dire a Norbert Aujoulat, responsabile delle ricerche, che :<<se ci si ferma alla forma di espressione attraverso l’incisione, allora questa grotta è la numero uno. Si può dire  che esista uno stile Cussac>>.

L’importanza del sito è indubbia, addirittura tale da  spingere il conservatore della grotta di Lascaux, Jean-Michel Geneste, a definirla la “Lascaux dell’incisione”.

In attesa di saperne di più, di avere altre immagini a disposizione, i risultati delle datazioni dei resti umani, nuove scoperte nel corso della ricerca nella grotta, si può dire che Cussac rientra con la predominanza dei bisonti e dei cavalli nel contesto cultural-visuale che dopo l’aurignaziano caratterizzerà, con il gravettiano e fino alla fine del magdaleniano,la storia dell’arte paleolitica del sapiens sapiens.

 A differenza dell’aurignaziano, che mostra la prevalenza di animali feroci quali i leoni, i mammut, i rinoceronti, gli orsi, ed un substrato religioso, magico e mitologico ancora in gran parte misterioso, la successiva presenza predominante di animali cacciabili e comunque meno aggressivi indica come vi sia stata una grande rivoluzione sociale e culturale nei millenni di passaggio tra l’Aurignaziano ed il Gravettiano.

E’ da auspicare che la lettura della grotta Cussac ci possa portare ad una maggiore comprensione dei modi di vita e di pensiero delle popolazioni paleolitiche.

Nel contempo, le presenze di elementi specifici o rari,quali ad esempio le strane figure ed i volatili, denotano la particolarità territoriale, di clan o di gruppo persino, che caratterizzava le popolazioni paleolitiche le quali, nella continua difficoltà di sopravvivere e di rafforzarsi come gruppo in un contesto climatico-ambientale e sociale non certo facile, si davano luoghi e segni per riconoscersi e rafforzare la solidarietà interna, pur essendo trasversalmente attraversate da grandi miti e credenze comuni che ne percorrevano i territori per migliaia di chilometri, quale ad esempio la cultura delle cosiddette “Veneri” che dai “primordi” percorse l’Europa dalla Spagna alla Siberia e che nel Gravettiano trovò il suo massimo sviluppo per non morire più e radicarsi fortemente anche nelle popolazioni del neolitico, del bronzo ecc. con il culto della “Dea madre”.

La prima grande civiltà che ha unificato l’Europa.

Potremo mai visitare questa grotta? Mai. Il sito è un ecosistema “artistico-naturale” estremamente fragile sia perché le superfici decorate sono sensibili ai cambiamenti di temperatura, sia perché il tasso di gas carbonico presente è molto elevato e tale da costringere il già limitato numero di ricercatori ad una permanenza non superiore alle tre ore al giorno.

Il governo regionale si è impegnato a far realizzare in una grotta vicina una “riproduzione” fedele.

Certamente sarà di qualità, come la riproduzione di Lascaux; a presto allora.

                                                                                                                                                      Giuseppe Bongiorno

 

riferimenti alle altre grotte:

Ebbou,cavallo: da L’art prehistorique, Dossier d’Archeologie, n° 209, Déc 1995-Jan.1996

Editino Faton S.A. 25 Rue Berbisey, 21000 Dijon

Ebbou,ibex:     da L’eterno presente: Le origini dell’arte, di S. Giedion, Feltrinelli, 1965

Zampe ad X: disegno del sottoscritto

Peche-Merle fig. femm.: da internet (non ricordo dove) (Sala dei Geroglifici: part. dei disegni tracciati con le dita nella creta)