Modernità Crisi e Information Technology
__commento all'articolo: Affioramenti del prof. Antonino Saggio

 

Il contesto: subconscio dell’Architettura

[…Ora la bellezza del termine affioramento è nel suggerire un processo di disvelamento “al contrario”. Come se il progetto si debba formare certo attraverso stratificazioni, ma invece che attraverso una modalità "dall'alto al basso" con una modalità dal "basso all'alto". Come un insieme di strati che affiorino, che emergano.]

da Affioramenti di Antonino Saggio

Il germe della creazione è contenuto sotto la superficie delle cose; la pulsione verso una vita, ovvero una forma nasce dal basso e non certo si catapulta dall’esterno, dall’aere, per cadere nel nostro mondo. E’ un processo che ricalca il comportamento della natura: la germogliazione. Pensiamo, inoltre, all’essere umano: tutti gli slanci nascono da moti che si generano, crescono e si agitano nel profondo dell’animo, dove non hanno né corpo né forma poiché inghiottiti dall’oscurità. Quest’ultima è proprio la causa che allontana la ragione, poiché si dissocia da ciò che non conosce, o meglio non vede. La razionalità che ha determinato per decenni le nostre città attraverso la pratica dello zoning, tralasciando l’emozione nel vivere la città, che oggi si cerca di recuperare armonizzando natura e tecnologia in ambiti di mixité che riciclano soprattutto le “brown areas” formatesi dalla limitatezza del concetto di composizione urbana per frazionamento in aree omogenee.
La verità che affiora da questi siti è una pulsione verso l’alto, un’aspirazione alla forma, forse al simbolo, sicuramente alla metafora.
Quindi la progettazione parte dal livello più basso, e con questo non si intende la prima quota fruibile, ma il subconscio dell’architettura, ovvero le zone buie della città, dove si agitano gli istinti informi propri del contesto; istinti che si mostrano a disposizione del cambiamento che sta al progettista condensare in operazioni pratiche e reali.
Ai primordi della storia umana si poteva parlare, forse, di vassoio (tabula rasa) riferito al contesto; ma oggi dopo millenni di passaggi, tracciati, solchi determinati dal tempo, dalla natura, dall’uomo è davvero incosciente non far germogliare l’Architettura partendo da quei mostri che si agitano nel sottosuolo.
Gehry a Bilbao insegna. Rifiuta aree consolidate per concentrarsi sulle aree incancrenite della città; è lui a scegliere il contesto perché sente che solo in quell’area dimenticata può nascere l’opera architettonica che la città reclama. Legge la pulsione che si agita e che prenderà forma nel museo che oggi ha reso Bilbao una delle mete di pellegrinaggio culturale più importanti in Europa se non nel Mondo. Ma il fattore più sconvolgente è che ancora oggi quella forma continua ad agitarsi, a rincorrersi fino a raggiungere il centro, cuore dell’opera (la hall), e da essa germogliano tutte le protuberanze tecnologico-naturali che contengono le ali del museo. Il Guggenheim è affiorato dal basso verso l’alto proprio in quell’atrio, e da lì sembra voler catturare con i suoi arti l’intera città, farla sua ed ergersi a simbolo di essa. Allo stesso modo il faro, tacciato di inutilità è nato da un moto, creatosi nel sottosuolo, di aspirazione a mutare la propria condizione di forte degrado.
Ora quell’oggetto è lì fiero della sua forma, incurante di tutto, poiché oramai è affiorato nella nostra realtà e non è più relegato nel mondo delle immagini riflesse dalla luce che di rado raggiunge gli abissi più profondi del subconscio, dove milioni di pulsioni non aspettano altro che divenire Architetture contestuali alla città.

Ma rifletto anche su altre tipologie di affioramenti come quelli che coinvolgono gli edifici di Eisenman: moti meno psicologici  ma maggiormente legati alle dinamiche e traiettorie contestuali. Ad esempio l’edificio al Check Point Charlie di Berlino, dove una serie di rotazioni e nuovi allineamenti nascono da dinamiche perse da tempo nel sottosuolo e ora riaffioranti da studi eseguiti da Eisenman su vecchie planimetrie della capitale tedesca. Ciò arricchisce il bagaglio di possibilità formali dell’architetto che può scegliere quali layers fare emergere e quali tenere negli abissi, ovvero spegnere come se fossimo su un programma Cad. Inoltre ognuna di queste linee può diventare qualsiasi cosa indifferentemente dal layer geometrico di appartenenza: ovvero nel campo reale ogni linea affiora come volume, ma anche come segno di pavimentazione o di partizione di facciata, oppure semplicemente percorso in quota. Anche se meno legato ad aspetti psicologici propri del contesto, questo metodo non è da sottovalutare per la ricchezza di elementi che mette a disposizione del compositore.

Chi, a mio avviso, coglie appieno il concetto di affioramento psicologico legato al contesto funzionale e simbolico dell’opera architettonica è Daniel Libeskind nel suo Jewish Museum a Berlino. Qui emerge la capacità dell’architetto di far emergere dalle profondità della storia, quello che di più buio è esistito: il vuoto che pervade l’epopea umana rimbomba tra i cunicoli del museo, negli angoli drammatici e slanciati dove come lame affiorano dalle pareti, le travi strutturali che reggono anche moralmente l’intenzione poetica. Gli stessi visitatori sono vere e proprie pulsioni celate nel subconscio del museo che affiorano quando incontrano gli squarci di luce prendendo così forma e coscienza, per poi ricadere nell’oblio della profondità dell’animo di questa architettura. Quindi non solo affioramento dell’architettura ma anche del fruitore che sente così suo questo posto così come il dramma storico, anche se non ne è mai stato partecipe realmente.

Concludendo direi che quando si parla di contesto non bisogna dimenticare che esso è si il luogo in cui andiamo ad operare, ma anche l’ambito tematico entro il quale ci dobbiamo districare per costruire Architetture non estranee alla città ma anche all’uomo. 

 

 

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