Ha iniziato lattività letteraria descrivendo, con il gergo dialettale, la storia semiseria della costruzione, intorno allanno 1460 e sui ruderi di un antico maniero, del castello medioevale di Balsorano, da parte di Antonio Piccolomini, nipote di Papa Pio II e ciò per gentile donazione delle terre della baronia fattagli dal suocero Ferrante II, Re di Napoli.
Titolo dellopera: La uéra storia de glie castéglie de Bbalzeràna.
Ancora in dialetto ha scritto: - Doppi tarramùte.
Si tratta del racconto, vero e documentato, della ricostruzione a valle del paese avvenuta, tra intrighi, prepotenze ed abusi, dopo il disastroso terremoto del 13 gennaio 1915.
Mariùccia, i tenènde...i glie brecànde è una avvincente racconto di un fatto effettivamente accaduto nel periodo del brigantaggio post-unitario. Nell'anno 1861, sulle montagne di Pescasseroli venne barbaramente seviziato ed assassinato dai soldati dell'esercito regio savoiardo un inerme cittadino di Balsorano soltanto perché aveva mantenuto qualche simpatia per i borbonici. Si chiamava Francesco, era amogliato ed aveva una figlia di nome Mariuccia. Era costei una bellissima e simpatica ragazza, per la quale, a seguito della criminosa uccisione del padre, nacquero due contemporanee e meravigliose storie d'amore.
Mo u'aracconde la càua 'glie quatrine - La grotta di S.Angelo e il brigante Cedrone - Il fatto che viene raccontato con questo libro narra un episodio realmente successo a Balsorano circa ottant'anni fa, quando per la popolazione locale, sopravvissuta al terremoto del 13 gennaio 1915, alla prima guerra mondiale ed al flagello dell'epidemia cosiddetta "spagnola", qualsiasi mezzo ed ogni occasione erano buoni per uscire dalla miseria e dalla disperazione. Gli uomini superstiti, avviliti e sfiduciati, trascorrevano il tempo alla ricerca di espedienti pur di poter fuggire dal loro stato di miseria e di disperazione. La notizia di un tesoro nascosto dai briganti in alta montagna, inizialmente sussurrata poi di dominio pubblico, produsse su alcuni di essi un tale effetto aberrante che li rese disposti alla esecuzione di un qualsiasi atto inconsulto o, addirittura, al compimento di crimini orrendi.
Hanno fatto seguito due raccolte, in vernacolo e con la traduzione in italiano, di oltre 1500 proverbi locali:
Siotte Pasqualùcce tecéua accucì.