MANON
LESCAUT
di
Angela Vuoso
A
duecentocinquantadue anni dalla sua prima pubblicazione è ancora valida la
“lezione” di Manon Lescaut ? Ha ancora qualcosa da dire ai suoi lettori
e, soprattutto, come interpretarla correttamente?
In effetti fin dalla sua
apparizione Manon Lescaut ha suscitato giudizi e critiche contrastanti.
Agli evidenti meriti letterari del romanzo si aggiunge una reputazione un po'
scandalosa che non è estranea, ancora oggi, al suo successo.
Ma volersi fermare solo
ai meriti letterari dell'opera, è un po' travisare le intenzioni dell’Autore.
Poiché il romanzo
contiene vari elementi: la malavita, realistiche descrizioni del milieu,
l’amoralità romantica, delle tesi gianseniste e, soprattutto la passione amorosa,
noi cercheremo, appoggiandoci su vari giudizi critici, di interpretare Manon
Lescaut secondo questi elementi.
MANON LESCAUT ROMANZO DELLA CRAPULE?
Per il critico marxista
André Wurmser la commovente storia di Des Grieux e Manon, d’un escroc amoureux
d’une putain -come li definisce J. L. Bory (1)-, è in realtà la descrizione
malsana dei bassifondi parigini (2). Wurmser condanna l’amore dei due giovani,
che egli tratta da malviventi, e dice che mai la bassezza umana è stata
descritta con più intelligenza e naturalezza.
Pierre Mac-Orlan, meno violentemente che
Wurmser, fa notare l'audacia del soggetto e la sua modernità: “Transportée dans
le climat de notre temps, l’histoire simplement dite par l’abbé devient un
drame de la pègre, celui des truands de bonne famille et de la rue, celui des
fillettes immorales, mais charmantes” (3).
Erede della Princesse De Clèves e
delle tragedie raciniane, questo romanzo sarebbe, dunque. un documento
scabroso, pieno di sensualità, sulle persone che vivono al margine della
società, e sulla “dolce vita” della Parigi-Reggenza? (4).
Certo l'autore parla di
rapimenti, evasioni, assassini, arresti, bische e appartamenti ammobiliati, fa
vedere dei vecchi libertini, dei giovani gaudenti, una prostituta e tutto uno sfondo
di guardie, banditi, arcieri venali, bari organizzati, prigioni..., e Manon ha
il comportamento, la mentalità e il linguaggio di una allegra donnina. Ella ha
un amante del cuore che le piace; dei maturi, occasionali amanti incaricati di
provvedere alle sue spese; e trova anche naturale soddisfare, offrendo la sua
bellezza, i bisogni del Cavaliere e di suo fratello. Manon, sicura del suo
potere, dichiara a Des Grieux: “Je t'adore, compte là-dessus. Malheur à qui
va tomber dans mes filets! Je travaille pour (te) rendre riche et heureux”.
(pag. 1266).
E l'ex seminarista
e Cavaliere di Malta accetta la condizione di protettore. Egli usa i soldi
estorti al signore di B., si fa passare per il fratello di Manon, si unisce a
mascalzoni di ogni sorta, per non parlare dell'uccisione del guardiano di Saint
Lazare.
Ci si può impietosire per
le sventure dei due giovani -viene
spontaneo accostarli, per l’età, a Romeo e Giulietta- ammirandone la costante
passione che, nuovi Tristano e Isotta, li unisce oltre la morte. Nondimeno
questo amore ha qualcosa che li degrada; Des Grieux e Manon, in fondo,
inquietano: “Les pauvres enfants -dice
il vecchio G. M., sorprendendoli nel letto di suo figlio- sont bien
aimables, en effet, l'un et l'autre, mais ils sont un peu fripons” (5).
R. Etiemble parla
chiaramente di roman crapuleux, (6) ma fa risalire tutto alla bellezza,
dicendo che, quando un romanzo ci sembra bello, faremmo meglio a cercare le
ragioni di questa bellezza:
Des Grieux découvre qu'il arrive à deux corps de se convenir si
parfaitement que le coeur et l'esprit se pardonnent tout le reste. Que ne lui
prêcha-t-on la morale de la gloire, morale paienne, qui vous rend incapable
d'aimer celui ou celle que vous n'estimez pas! Hélas (...) on se garde bien de
l'éclairer sur les surprises de la chair et sur cette inépuisable indulgence
que peut conseiller, fût-ce à l’égard d'une catin, la volupté bien partagée
Crapuleux (...) mais surtout:
beau comme l'amour fou. (7).
MANON LESCAUT ROMANZO
REALISTA ?
La storia di Des Grieux e di Manon si
svolge durante i pochi anni della Reggenza (8) e i protagonisti e gli
avvenimenti sono collocati in un ambiente ben preciso tanto che Bory si chiede
con Balzac: “Cette histoire, sera-t-elle comprise audelà de Paris? Les particularités
de cette scène pleine d’observations et de couleurs locales ne peuvent être
appréciées qu’entre les buttes de Montmartre et les hauteurs de Montrouge, dans
cette vallée remplie de souffrances réelles, de joies souvent fausses.
Cependant il s’y rencontre çà et là des douleurs que l’agglomération des vices
et des vertus rend grandes et solennelles” (9).
Le avventure cominciano alla stazione
di posta di Amiens e finiscono in Luisiana, ma si svolgono, tutte, a Parigi.
“On ne peut imaginer -dice Bory-
d’autre décor, pour l’histoire de Des Grieux et de Manon, que Paris. Ce
Paris de la Régence qui vient de prendre une revanche définitive sur Versailles
et sur le Cour” (10). Non si può immaginare - dice Bory - altro ambiente, per
la storia di Des Grieux e di Manon, che
Parigi.
Questa Parigi della Reggenza che si è presa una
rivincita definitiva su Versailles e sulla Corte”. Ed è tale la precisione dei
dettagli che siamo portati a credere che Prévost ha realmente vissuto la vita
della Parigi della Reggenza.
Innanzitutto ritroviamo il rilassamento morale della capitale; il gusto
sfrenato del lusso e dei piaceri, il desiderio di vivere nell'abbondanza,
nell'immediatezza, nella stravaganza, fuori da ogni costrizione morale. La
ricerca ad ogni costo del "bonheur", intravisto non più nel Cielo e
nella pratica della virtù, ma nella soddisfazione dei sensi. Le donne non si
fanno scrupolo di tradire la famiglia e l'onore per i gioielli e il danaro che
nobili e finanzieri mettono a loro disposizione. È tutto un mondo di vizio e di violenza, in cui la gente per bene
stringe strane relazioni con gli ambienti degli imbroglioni e delle prostitute,
come gli ambienti che frequenta il Cavaliere. Addirittura a Parigi esistono
delle "accademie" (11) frequentate da mascalzoni e gentiluomini, con
tanto di codice e gerarchie. Des Grieux deve essere presentato da Lescaut per
esservi ammesso, quando si dà al gioco.
In questo
“singulier roman passionnel” -come lo chiama R. Mathé- (12) si parla di
ufficiali di polizia -il Luogotenente
di polizia e il “Grand Prévot” di Parigi- e di carceri: la prigione di Saint
Lazare, vicino a Porcherons (13); l'Hôpital, dove Manon è ben alloggiata,
perché dispone di una stanza e di un valletto; e il Petit Châtelet, all'inizio
del Pont-Neuf.
Con la precisione
topografica del romanzo, Prévost ci fa ritrovare lo spirito della città di
Parigi, che acquista sempre più importanza ed è meta di numerosi visitatori
stranieri che vengono ad ammirare le bellezze della città. Chaillot, Passy e
Auteuil costituiscono l'ambiente campagnolo, scelto per i piaceri agresti e per
allontanarsi dal tumulto della città (13). Des Grieux e Manon si stabiliscono a
Chaillot per sentirsi più sicuri, ma talvolta Manon se ne lamenta, perché
Chaillot è lontana da Parigi: quando ritornano dall'Opera, rientrano molto
tardi la notte. La gente si incontra al Palais-Royal, aperto al pubblico da
Filippo d'Orléans e al giardino del Luxembourg, dove il Cavaliere si incontra
con suo padre. Prévost colloca sempre con cura gli episodi, rispondendo ad una
esigenza di verosimiglianza. “Cette localisation -osserva Mathé- justifie
l’événement et lui donne sa couleur” (14) . La prima infedeltà di Manon è
spiegata dal fatto che B. abita vicino a lei, come l'allusione all'Hôtel de
Transylvanie ci fa capire il decadimento morale del Cavaliere. Des Grieux
studia a Saint Sulpice e tiene delle prediche
alla Sorbona; aspetta Manon al Café Féré, in rue Saint-André des Arcs, vicino
al ponte St. Michel.
Altri piccoli dettagli - fa notare R. Mathé - ci riportano alla
vita quotidiana: per andare da Parigi a Péronne (120 km.) ci vogliono due
giorni; 150 scudi bastano per vivere un mese in un appartamento con cameriera
(15).
E ancora i mezzi di
trasporto che hanno tanta importanza per gli incontri galanti, i rapimenti e le
fughe. Chi se la può permettere, si serve della carrozza, altrimenti fa ricorso
al fiacre, la vettura di piazza.
Anche la
sensualità, realisticamente sentita, è presente in molte scene del romanzo,
suggerita dai rapporti tra Des Grieux e Manon. Sensualità suggerita dalle
lacrime e dalla "toilette" femminile che suscita "un fascino
misto d'erotico e di sentimentale" (16) che nel XVIII secolo diventa di
moda, quando "un idillio disturbato, un colpo di vento, una caduta, un
salto che svelano parti di regola celate del corpo femminile, (suscitano) una
intimità erotica e sentimentale”(17).
Nella seconda parte del
romanzo, l'ambiente cambia, siamo in Luisiana: capanne di fango lungo la
collina, un forte, la casa del governatore, il deserto. La colonia è descritta
come organizzata gerarchicamente, secondo la civiltà europea, ma la legge che
regna tra i coloni è quella della giungla. L'esotismo si ferma ai nomi:
Mississipi e Nouvelle Orléans.
A proposito del realismo -relativamente
alla Luisiana- Gilbert Chinard fa notare che Prévost non conosce l'America:
ignora che la Nouvelle Orléans è costruita in una zona paludosa, a più di 25
leghe dal mare, lontana da ogni collina, e che le colonie inglesi, verso cui si
dirigono i due amanti, si trovano molto più lontane che a “plusieurs journées”
di cammino (18).
Prévost, in effetti, si
preoccupa di dare verosimiglianza alle descrizioni dei luoghi senza distrarre
l'attenzione del lettore, che deve vedere l'animo dei personaggi.
Il realismo di Prévost -secondo J. Sgard-
non è descrittivo, ma tragico. L'autore non descrive la realtà per se stessa:
“il en fait un obstacle dramatique” (19), egli cerca di descrivere i caratteri.
In Manon Lescaut
ciascuno è prigioniero del proprio ruolo o della propria natura e pare che
Prévost descriva dei tipi, degli esseri chiusi su se stessi e incapaci di
comprendersi o di agire gli uni sugli altri (20). I più bei dialoghi del
romanzo -secondo Sgard- sono quelli in cui i personaggi "non parlano la
stessa lingua", come avviene nei rapporti del Cavaliere con Tiberge e suo
padre e soprattutto con Manon.
Alla fine,
però, Manon cambia, comprende Des Grieux e riesce a farsi comprendere. Certo ci
vogliono gravi interventi esterni: prima la deportazione e poi la morte,
l'illuminazione della Grazia che purifica i due amanti, sublimando il
sacrificio di Manon e la passione di Des Grieux.
Ma allora Manon
Lescaut sarebbe un romanzo giansenista ?
MANON LESCAUT ROMANZO GIANSENISTA?
Accanto al libertinaggio dei
costumi notiamo senza dubbio in Manon Lescaut degli slanci di pietà, dei
momenti di pentimento che danno al romanzo un'altra dimensione. E d'altra parte
la religione potrebbe difficilmente essere assente da un libro scritto da un
monaco e il cui eroe è un ex seminarista: Des Grieux, anche nelle situazioni
più sregolate, conserva l'impronta dell'educazione cristiana che ha ricevuto.
Nel suo romanzo Prévost
raffigura l'uomo debole e degno di compassione, perseguitato dal destino (ci
viene in mente il greco Edipo, "Mòrimos huiòs" -il figlio fatale
(21)-), incapace di salvarsi da solo, accecato com'è dai piaceri e dalle
chimere di questo mondo. Più volte Des Grieux giudica severamente la propria
condotta, si rende conto delle proprie colpe e ne prova pure rimorso, ma
confessa che ciò non dipende da lui, che l'amore è più forte di qualunque altro
sentimento e che il Cielo ha voluto così.
Prévost, non lo dimentichiamo, è un prete e
-come fa notare Sauro- scrive il suo romanzo con l'animo del prete che è venuto
meno ai suoi doveri. E solleva il problema del disaccordo che esiste tra i
nostri istinti e le esigenze della legge umana e divina, tra la ragione -di
natura divina- e le passioni, che sono puramente umane. “Può l'uomo controllare
il sentimento dell'amore?” (22).
Il XVII secolo l'aveva
creduto, sfoggiando un certo stoicismo che sottoponeva l'amore alla ragione.
Già Corneille aveva preso questa posizione. Ma questo stoicismo, dopo il XVII
secolo, comincia a venir meno perché, secondo certi teologi, non tiene conto
dell'imperfezione della natura umana dopo il peccato originale e del bisogno
della grazia divina. Credere alla volontà ragionante è credere alla libertà
dell'uomo, che, invece, è "schiavo della concupiscènza" (23), come
obiettano Giansenio, Pascal e i giansenisti. Solo la grazia efficace -secondo i
giansenisti- permette all'uomo di salvarsi, e questa grazia Dio la dona a degli
eletti, senza che questi abbiano fatto niente per meritarla, ed è irresistibile.
Per quanto riguarda Prévost, sappiamo che
egli ha vissuto lunghi periodi di dissolutezza e che scrive il suo romanzo
sotto la Reggenza, quando la filosofia liberale inglese comincia a diffondersi
in Francia e contribuisce a svilupparvi l'indifferenza religiosa. Nello stesso
tempo Prévost studia la teologia e nel 1727 si trova presso i Benedettini dei
Blancs-Manteaux che sono ritenuti i più giansenisti di Parigi, come nota il
Sauro (24).
Manon Lescaut
presenta senz'altro delle tesi gianseniste. Benché Prévost non accetti
completamente il giansenismo, ne ritiene, comunque, delle proposizioni
fondamentali, come l'affermazione secondo cui l'uomo è debole e imperfetto, e
che la ragione non aiuta l'uomo quando entra in lotta con la passione:
“O cher ami –dice Des Grieux a Tiberge- c’est ici que je reconnais
ma misère et ma faiblesse: hélas! Oui, c’est mon devoir d’agir comme je
raisonne; mais l’action est-elle en mon pouvoir? De quel secours n’aurais-je
pas besoin pour oublier les chermes de Manon?
Dieu me pardonne! –risponde Tiberge- je pense que voici ancore un des nos jansénistes. Je ne sais ce que je suis –riprende Des Grieux- et je ne vois pas trop clairement ce qu’il faut être; mais je n’éprouve que trop la vérité de ce qu’ils disent. (pag. 1285).
Ecco, Prévost usa chiaramente la parola
“jansénistes”. Dovremmo credere, allora, che l'uomo è determinato dalla
Provvidenza, che Dio agisce per scopi a noi ignoti? È Dio che regola tutto e
noi non possiamo opporci alle sue decisioni. Di questo parere è Paul Hazard che
a più riprese definisce il capolavoro di Prévost un romanzo giansenista (25).
Egli fa notare che Des Grieux si astiene da ogni lotta; esce da Saint-Sulpice
senza resistere a Manon, convinto che la resistenza sia inutile. In opposizione
a Molina, il quale afferma che l'uomo può sempre contare sull'aiuto del Cielo
per sfuggire al male, Prévost fa dire a Des Grieux:
“S’il est vrai que
les secours célestes sont à tout moment d’une force égale à celle des passions,
qu’on m’explique donc par quel funeste ascendano on se trouve emporté tout d’un
coup loin de son devoir, sans se trouver capable de la moindre résistence, et
sans ressentir le moindre remords.” (pag. 1243).
Secondo la tesi di Hazard, il Cavaliere è
predestinato ad amare Manon e a soffrire per questo amore che il Cielo gli
impone come prova. Quando Dio giudica l'espiazione sufficiente, si mostra
misericordioso, facendo morire Manon proprio quando si è ravveduta, e aprendo
gli occhi del suo amante.
Dovremo, allora,
concludere che Manon Lescaut è il romanzo delle due “delectationes” di
Giansenio ? (26)
MANON LESCAUT ROMANZO
PREROMANTICO?
Obietta
Pietro P. Trompeo: “Ma si può parlare di giansenismo, sia pure di un giansenismo
come P. Hazard commenta, travasato in un'anima di libertino, mille miglia
lontano dalla tragica concezione che avevan della vita gli Arnaud e i Pascal,
ridotto a vedere nella predestinazione non altro che l'impotenza a frenare il
proprio libertinaggio?” (27).
Secondo
Trompeo il giansenismo di Des Grieux è solo apparente, perché, certo, quando
Prévost scrive, si lascia influenzare dalla polemica intorno alla bolla
Unigenitus (28) e il Cavaliere sarebbe soltanto “il fratello anticipato” (29)
di Musset che adorava Manon non meno di Des Grieux.
Manon! Sphinx étonnant! Véritable sirène!
Coeur trois fois féminin, Cléopâtre en paniers!
(…) Comme je crois en toi! Que je t’aime et te hais!
(…) Comme toute la vie
Est dans tes moindres mots! Ah! Folle que tu est!
Comme je t’aimerais demani si tu vivais! (30).
Musset, un po' come tutti i suoi contemporanei, si innamora di Manon. Manon è bella, è la vita stessa. Manon est folle. Manon est comparée tour à tour à un sphinx, à une sirène, à Cléopâtre, considérée comme l’archétype de la femme fatale”. (31).
Incarnazione
perfetta della donna, Manon è, in una certa misura, una eroina preromantica,
dal destino tempestoso e tragico.
Antenata di Marion Delorme, eroina
dell'omonimo dramma di V. Hugo, ella è purificata dal suo tardivo sacrificio
ispirato dall'amore -nota R. Mathé-. Sensuale, perfida, perversa, ella conserva
sempre una dignità esemplare.
Al tempo del
romanticismo, ogni lettore e critico vede Manon con gli occhi di Des Grieux,
identificandosi non solo con l'eroe, ma con l'autore stesso, convinto che si
tratti di una storia vissuta, di una avventura personale e che l'autenticità
della storia permette di scusare le debolezze dell'opera e la sua immoralità.
(32)
Per giustificare questa
indulgenza -dice Cellier- ogni scusa è buona: “Elle est adorable parce qu’elle
est jeune, parce qu’elle est belle, parce qu’elle est fraîche, parce qu’elle
est franche, parce qu’elle est tendre, parce qu’elle est passionnée, parce
qu’elle est vive” (33).
MANON LESCAUT ROMANZO MORALE O APOLOGIA DELL'AMORE?
Secondo A. Sauro, Prévost col suo romanzo
ha voluto dare un avvertimento morale ai suoi contemporanei, restando fedele
alle concezioni del XVII secolo che ritenevano che la letteratura avesse come
scopo l'utilità sociale, si trattasse di storia e poesia (34).
Raccontare per semplice
diletto non avrebbe avuto scopo. Lo dice anche Lesage nel suo Gil Blas:
“Si tu lis mes aventures sans prendre garde aux instructions
morales qu’elles renferment, tu ne tirerai aucun fruit de cet ouvrage” (35).
Anatole France sottolinea, invece, che
Prévost aggiunge l'intento moraleggiante solo dopo aver scritto il romanzo:
“En agitant
votre plume, vous fûtes seulement inspiré par le souvenir de vos premières
ardeurs. C’est ainsi que le romancier grec, ayant vu dans un bois sacré des
nymphes raconta une histoire d’amour” (36).
Ma, sempre secondo Sauro, il romanzo di
Prévost è un capolavoro di penetrazione psicologica, una confessione personale,
il grido di un'anima che soffre dei propri peccati e se ne pente, cercando una
spiegazione alle proprie colpe.
Ma si può vedere nella
storia di Des Gríeux, realmente, un esempio edificante ?
Certo
-afferma Sgard- Prévost pensa di dare un significato morale al suo romanzo;
egli stesso l'ha detto e non è il caso di dubitarne. La storia di Des Grieux e
di Manon si presenta -è sempre Sgard a sostenerlo- come una parabola che
raggrupperebbe i temi del figliuol prodigo e della Maddalena pentita.
Romanziere del dolore e dell’umiliazione, Prévost resta vicino al
cristianesimo, e pensa in un contesto cristiano. Forse -afferma Sgard- la
storia del Cavaliere Des Grieux e di Manon Lescaut è quella che più si avvicina
al passato cattolico di Prévost ma non è certo un esempio edificante. Piuttosto
vi si può vedere una vibrante apologia dell'amore, inserita non senza
contraddizioni, in un romanzo cristiano (37); perché è evidente che quella che
noi -con Jaccard- abbiamo chiamato
“teologia dell'arnore” di Des Grieux, si oppone alla morale cristiana
annunciata all'inizio del racconto e consacrata alla fine. Secondo Sgard la
conclusione del romanzo deriva, più che dal passato di Prévost, da un più
profondo pessimismo (38). Des Grieux ama in Manon un miraggio. Sempre più
attaccato ad un essere ambiguo e inaccessibile, egli insegue “iusqu'en enfer”
(39) una falsa immagine della felicità; e questo fa la sua rovina. “Mais un
choix passionnel peut-il être juste?” (40) Des Grieux, che cerca di sfuggire ai
compromessi e all'ambiguità, non fa che dannarsi. Prévost, dunque, cede al
pessimismo e immette il tragico nel romanzo.
Egli vede
nell'amore una chimera, una felicità impossibile da raggiungere (41). Des
Grieux, alla fine, ritorna "sans enthousiasme” (42) alle regole dell'onore
e della religione, solo perché anche lui ha affrontato la morte, durante tre
mesi di malattia. “Il ne retrouve de
vie et de force que pour charter l’histoire de Manon. Le récit n’est lui-même
qu’une descente aux enfers, sans fin recommencée, un effort pour mimer la mort
par la parole et se fondre en elle” (43).
In conclusione, la storia di Manon è
edificante o torbida? Giansenista o preromantica ?
Tutto è vero e tutto è falso. Tutto dipende
dal lettore; per dirla con J. L. Bory, “l’interprétation qu’on en donne dépend
beaucoup moins de ce que l’oeil regard que de l’oeil qui regarde” (44).
Manon Lescaut è un romanzo limpido e
torbido; impudico e casto; ma è soprattutto il romanzo della giovinezza e
dell'amore.
È il romanzo di quell'amore
"insensé et parfait” -come lo definisce D. Aury- (45) che, nato dallo scambio di uno sguardo come
nelle leggende, rimane intatto fino alla morte, attraverso tutte le colpe e le
prove.
NOTE:
1. In: J.L. Bory, Manon ou le désordre du
monde, prefazione all’edizione Gallimard di Manon Lescaut, Parigi,
1972, pag. 9.
2. A. Wurmser, Conseils de révision, “La
lumière”, 3 febbraio 1939.
3. In: P. Mac Orlan, Préface de l’édition
Gallimard de M. L., Parigi, 1959, pag. XI.
4. “Je préfère pourtant voir dans Manon Lescaut
le type parfait du roman Régence”, in: J. L. Bory, op. cit. , pag.35.
5. Cfr. R. Mathé, op. cit. , pag. 8.
6. pag. 1335.
7. Des Grieux scopre che succede a due corpi di
essere fatti l'uno per l'altro così perfettamente che il cuore e lo spirito si
perdonano tutto il resto. Perché non gli si predicò la morale della gloria,
morale pagana, che rende incapaci di amare colui o colei che non si stima?
Ahimè ( ... ) ci si guardò bene dal prevenirlo sulle sorprese della carne e su
questa inesauribile indulgenza che può consigliare, fosse anche nei confronti
di una prostituta, la voluttà ben condivisa ( ... ) Abbietto ( ... ) ma
soprattutto bello come l'amore folle. In: R. Etiemble, op. cit., pag
1204 e pagg. 1213-14.
8. Reggenza è il nome che prese il governo di
Filippo d’Orléans negli anni 1715-23, durante la minore età di Luigi XV.
9. Balzac, Le père Goriot, éd.
Gallimard, Paris, 1971, pag. 21-22.
10. Bory, op.
cit. , pag. 34.
11. Le accademie di cui parla Prévost,
erano delle vere e proprie associazioni di bari organizzati, patrocinate,
spesso, da gentiluomini o persone di primo rango. In una di queste, la “1igue
de l’industrie”, Des Grieux fu presentato da Lescaut e ben presto imparò a fare
un “volte-face” e a "filer la carte", divenendo un abile
"tricheur", favorito dal suo bell'aspetto di giovane di buona
famiglia.
12. R. Mathé, op. cit. , pag 46.
13. La
prigione di Saint Lazare, retta dai preti della Congregazione della Missione,
fondata da San Vincenzo de' Paoli, era la prigione dei giovani delinquenti di
buona famiglia; dove i preti erano tutt'altro che carcerieri, e che
Beaumarchais, per avervi passato quattro giorni nel 1784, per il suo Mariage
de Figaro, definisce come una prigione "ridicule".
14. Cfr. C.
E. Engel, op. cit. , pagg. 159 e 160.
15 e 16. R. Mathé, op. cit. , pag. 43.
17. Cfr. E
Auerbach, Mimesis, Il realismo nella letteratura occidentale, Einaudi,
Torino, 1964
pagg. 158 e 159.
18. Cfr. C. Chinard, L’’Amérique et
le rêve exotique, Parigi, Hachette, 1913, pagg. 302, 303, 304.
19. In: J. Sgard, Prévost romancier,
Parigi, Corti, 1968, pag. 274.
20. Cfr. J. Sgard, op. cit. ,
pag. 276.
21.
Pindaro, Olimpica II, verso 42.
22, 23, 24. In: A. Sauro, op. cit.
, pagg. 126 e 127.
25. Cfr. P. Hzard, in “Révue des deux
mondes”, 1° aprile 1924; e Etudes critiques sur Manon Lescaut, The
University of Chicago Press, 1929.
26. Secondo
Giansenio l'uomo, dopo il peccato originale, non è più in grado di volere o
compiere il bene con le sole sue forze. Adamo era libero di scegliere e si
determinò per il peccato: da allora in poi, l'uomo, tra i due amori
(delectationes), le due attrattive, celeste e spirituale, terrena e carnale, è
attratto dalla seconda, mentre non può dirsi buona se non l'azione suggerita
dalla prima, dall'amore cioè di Dio.
27. In: P. P. Trompeo, Vecchie e
nuove rilegature gianseniste, Napoli, 1958,pag. 155.
28. La bolla Unigenitus fu emanata da
Clemente XI, l'8 settembre 1713, contro le ultime manifestazioni dei
giansenismo, e venne dichiarata legge nel 1720.
29. In: P. P: Trompeo, op. cit.
, pag 155.
30. Cfr. A. De Musset, Oeuvres
complètes, éd. Du Seuil, Paris, 1963,p. 131.
31. Cfr. L.
Cellier, Le mythe de Manon et les romantiques français , in: “Actes du
colloque d’Aix-en-Provence”, éd. Ophrys, 1965, p. 260.
32. Stendhal
si dice convinto che Prévost aveva provato gli stessi sentimenti che dà ai suoi
eroi. “Prévost avait senti lui-même les sentiments qu’il donne à Manon et au
Chevalier Des Grieux", in Pensées, 2 8 luglio 1804.
33. In: L.
Collier, op. cit. , pag. 257.
34. Cfr. A.
Sauro, op. cit. , pag. 121.
35.
Alain-René Lesage, Gil Blas, Nelson, Parigi, s.a., tomo I, pag. 20.
36. In: A.
France, “Les aventures de l’abbé Prévost”, in Le génie latin, Lemerre,
Paris, 1913, pag. 183.
37, 38, 39,
40. J: Sgard, op. cit. , pag. 249, 250, 260, 250.
41. P. Vernière ritrova in Manon
Lescaut “le signe de l’impossible bonheur humain”. In P. Vernière, introduzione all’edizione di
Cluny della Manon Lescaut,
Paris, 1949,p. 31.
42. J. Sgard, op. cit., p. 251.
43. Cfr. J: Sgard, Le spectre de la
mort chez Prévost, in: Saggi e ricerche di letteratura francese,
vol. XIII, Bulzoni, Roma, 1974, p. 111.
44. J. L. Bory, op. cit. , p.
37.
45. D. Aury, Lecture pour tous,
Gallimard, Paris, 1958, p. 213.
In: Rivista Letteraria, anno V, n. 1,
feb-mag. 1983.
torna a Ú giorgio vuoso