La zona appenninica attorno a Genova era - almeno sino al periodo della Seconda Guerra Mondiale - intensamente umanizzata, con piccoli centri e frazioni sparse disseminati ovunque in questo sistema collinare-montuoso che in più parti superava i Mille metri sul livello del mare. Questi piccoli centri, pur trovandosi nel raggio di una quarantina di chilometri da Genova, ne rimanevano talora isolati per l'andamento frastagliato della topografia e vivevano di un'agricoltura povera, che creava i suoi spazi coltivabili rimodellando i ripidi crinali dei monti liguri in sistemi di terrazze coltibvabili. Queste, di cui un esempio di concentrazione massima si trova ad esempio nel costone collinare di Canate, dovevano essere continuamente mantenute, essendo realizzate con muretti di pietra a secco, oppure modellando la scarpata prativa secondo l'inclinazione dei 60°. Questa lunga esperienza agricola poi, soprattutto dal momento dell'esodo dalle campagne degli anni '60, in molti luoghi ebbe fine, lasciando case e nuclei di case, ed anche piccoli paesi, completamente abbandonati. A rimanere spopolate furono gran parte di quelle frazioni che che pure prima della guierra avevano ance contare le due o tre centinaia di abitanti, come Reneuzzi, oppure sistemi insediativi con effetti di abbandono a catena come nella Val Brevenna, dove giungengdo in prossimità dell'Antola i piccoli centri lasciati alla vegetazione si moltiplicano. Colpiti maggiornente dal fenomeno rimasero i centri non raggiunti dalla strada asfaltata, mentre quelli raggiungibili nonostante più o meno lunghi periodi di abbandono poterono essere riattati a seconde case. |
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Giorgio Croce mailto:giorgio.croce@libero.it index.html |
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