- E' bastato l'anniversario della morte su rogo di
Giordano Bruno per riportarne in auge il ricordo alle nostre coscienze di
buoni (e cattivi) italiani. Ma rinnovarne il ricordo non può
coincidere unicamente con un intento commemorativo; in questa società
voluttuaria ed effimera, superficiale e materialista, che tutto tritura tra
le spire di un'informazione becera e distratta , una manciata di
articoletti pubblicati sulle principali testate nazionali ed altri
consimili espressioni di coinvolgimento popolare non possono riscattare
l'immagine di chi, oggi come allora, con diversi mezzi, sotto differenti
forme, continua a perseverare in atteggiamenti antiprogressisti, a chi,
ora come allora, continua a tarpare le ali del libero pensiero umano. Un
così grande esempio di coerenza come lo fu il Bruno, non può appartenere
agli opportunisti d'ogni genere.
- C'è poi tutta una corrente , anche laica, che per
secoli ha attribuito al Bruno l'appellativo di "filosofo mago",
di chi vuol relegarlo tra i tanti maghi e profeti che affollarono
quel secolo così complesso quale fu il Cinquecento;cercando di dare così
un giudizio superficiale su un'epoca che ancora oggi, per l'intreccio di
diverse dottrine, per le vicende politiche e per la forza propulsiva di
idee e concezioni che si riveleranno determinanti per i secoli successivi,
non siamo ancora in grado di definire in modo chiaro e netto.
- Così la fama di Giordano Bruno continua tuttora ad
essere offuscata da una identificazione a loschi affari di magia;
purtroppo anche alcuni manuali di storia della filosofia per i licei
continuano a dare un'immagine del filosofo nolano come di un adepto
alle pratiche magiche, uno che voleva ridestare il paganesimo
in un'Europa dilaniata dalle guerre di religione.
- Si equivoca in questo modo la sincera ricerca
dell'armonia della natura al di là dei dogmi , con il recupero delle
istanze pseudomagiche nella loro forma più degenere.
- Una rivalutazione autentica e sincera del pensiero di
Giordano Bruno deve quindi essere soprattutto volta ad un'attenta analisi
del significato del suo pensiero in rapporto alla sua epoca ed ai
presupposti che egli gettò per lo sviluppo della filosofia nei secoli
successivi.
- Innanzitutto occorre riconoscergli l'azione
rinnovatrice che egli esercitò su un modo di conoscere ed operare
pedante ed antistorico, più legato alla pedissequa ripetizione di
stereotipi aristotelici che volto alla vera conoscenza; poi occorre saper
bene interpretare l'impronta decisiva che egli diede alle moderne
concezioni che ne seguirono. Basta questo per cominciare a capire
come il suo presunto ermetismo non si esaurì nella sterile perseveranza
in pratiche di contenuto occulto quanto piuttosto nell'elaborazione di un
pensiero rivoluzionario, una nuova concezione dell'universo,dell'uomo,
della vita, che da tanti predecessori e contemporanei apprese ma in
una sintesi nuova che necessariamente doveva apparire ai dogmatici come
involuta, simbolica, arcana.
- Il misticismo di Giordano Bruno, così come si
rispecchia nelle sue opere, nei dialoghi, nel mito di Atteone ripreso
negli Eroici furori, ad esempio, è soprattutto
l'espressione di un'ostinata ricerca del sapere intesa nel senso
dell'acquisizione della conoscenza della realtà nella sua interezza.
- Straordinarie somiglianze riscontriamo anche in una
certa letteratura a noi lontana. Nel suo poema Mathnavì yi ma'navi
il poeta persiano Rumì dice infatti che " l'amore è estraneo alla
terra ed al cielo, in esso vi sono settantadue pazzie", laddove per
amore si intende il desiderio di conoscenza che nutre il
filosofo.
- Lo stesso Atteone, eroe che va a caccia
di fiere e scopre infine di essere se stesso la preda ambita, è una
magnifica allegoria della divinità che è in noi stessi e che non
possiamo trovare al di fuori di noi.
- Anche questo è un simbolismo molto diffuso nelle
tradizioni letterarie arabe e persiane. Il leggendario amante Majnun
(che in persiano significa pazzo) , innamorato perennemente alla
ricerca dell'amata Laylì che infine scopre essergli stata sempre
vicina.
- Ricorre quindi l'uso di un lessico simbolico che
allude ad una conoscenza a cui l'uomo si avvicina acquisendo le sembianze
della divinità, è questa " passione eroica" che reca ad una
divinizzazione repentina ed atemporale.
- Tuttavia esistono concretamente degli esempi da
seguire, dei "liberatori spirituali" che dischiudono agli occhi
dell'uomo e del suo intelletto la visione di un mondo non più come
"immaginato carcere" ma nella sua interezza come infinito e
sconfinato.
- Sono uomini come Copernico, il cui ingegno come il
Bruno afferma nella sua opera De immenso et innumerabilibus "non
fu mai toccato dall'infamia del secolo oscuro" e che
condivideva le idee di altri "liberatori spirituali" come Egesia,
Timeo, Pitagora, Niceta e Cusano.
- Di quest'ultimo il Bruno è profondamente debitore
così come anche di Giambattista Della Porta e di Telesio.
- La prerogativa che unisce questi pensatori
è soprattutto la loro tensione spirituale che amplifica notevolmente
quella del nascente uomo moderno il quale si accinge ad appropriarsi delle
leggi fisiche attraverso la conquista del nuovo metodo scientifico e da
qui comincia ad avvertire la profonda ed insanabile lacerazione con il
mondo delle istituzioni religiose, con la Chiesa.
- Scienza e religione si sono divise il mondo; l'una
governa e descrive la realtà fenomenica, l'altra ha la pretesa di dire
all'uomo ciò che è bene per la sua anima. Dividendosi questi compiti
hanno scavato un solco profondo, un abisso nella vita dell'uomo,
hanno tracciato i netti confini di due opposte "verità" che si
fronteggiano, che si sfidano ma che continuano a non trovare alcun punto
di coesione.
- Questo solco, questa frattura ha avuto inizio e
si è man mano accentuata durante l'epoca di Giordano Bruno alla quale
egli ha dato voce nella maniera più ampia.
- Come già sosteneva il Cusano, anche Giordano Bruno
afferma infatti che il limite della conoscenza non è tanto un
difetto quanto piuttosto la consapevolezza che il sapere è una conquista
progressiva, un processo che continua all'infinito.
- I nemici del libero pensiero, nemici di ogni risma
e di ogni era, che si nascondono dietro i paludamenti dei fedi
religiose o di ideologie, i detrattori della ragione umana sono tutti
rinnegatori ostinati del motivo più vivo del progresso: il progresso come conquista
e quindi come prodotto del pensiero creativo umano che procede verso
l'acquisizione della conoscenza attingendo da se stesso la
necessaria linfa vitale che lo guida..
- Il falso progetto di falsi ideali si tradisce
quando rivela la propria contraddittorietà di fondo. Da una parte esso
professa il culto dell'infinito e del trascendente, dall'altro però
blocca la conoscenza umana in schemi, dogmi, asserzioni, articoli di fede
che rifiutano ogni valenza probatoria, dando così paradossalmente
all'Infinito il valore di una normatività rigida e conclusiva. Così
usava fare la filosofia della Scolastica, così ancora oggi continuano a
propinarci.
- La rivoluzione dell'umanesimo, la rivoluzione
dell'"homo novus", che vede nell'individuo il vero fautore ed il
principale fruitore del progresso che egli stesso costruisce giorno dopo
giorno, capace di congetturare ipotesi e di verificarle, è la nuova
dimensione del mondo in cui vive Giordano Bruno, una dimensione che
propone una differente dislocazione dei poteri nel rispetto della libera
facoltà di progettare il proprio futuro. Egli ha ereditato il meglio
di questa idea rinascimentale che ha radici profonde, usando la sana
tradizione dell'ermetismo, cioè della "magia naturale", per
cercare di conciliare il conflitto che stava alla base della concezione
religiosa e di quella scientifica. Ha operato, sino all'estremo
sacrificio, in modo da riallacciare lo stretto vincolo preesistente tra
materia e spirito in una sorta di palingenesi, di espressione genuina
della "philosophia perennis" come più tardi verrà definita da
Leibniz.
- Ed in questo il Bruno non ha fallito, anzi ha
trionfato sui suoi nemici, nonostante la morte orribile che gli è stata
riservata.
- Come diceva Lamartine, l'uomo è un tessitore
che ordisce dal rovescio la trama del tempo. Un giorno, passando al
diritto del tessuto, egli potrà contemplare finalmente il disegno
magnifico e grandioso che è riuscito ad ordire sul telaio del tempo ma di
cui, fino a quel giorno, non ha visto altro che il confuso ed increscioso
groviglio di fili.
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Tecla Squillaci, Catania.
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