La Religione del Bruno |
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Non
è certo conforme all'ortodossia quanto il nolano scrive
sulla religione. Secondo il suo pensiero vi è la
religione degli ignoranti e quella dei dotti. La
prima è un insieme di superstizioni, contrarie alla
ragione e alla natura. Essa è utile per governare i
" popoli rozzi", è la forma del divino idonea a
renderlo accessibile alla mentalità volgare ed ignorante.
Il Bruno, pertanto, riconosce alle religioni positive (
che critica con appassionata violenza, sia la cattolica
che la protestante ) solo una funzione pratico - sociale,
valida fino a quando l'umanità non avrà raggiunto un
grado superiore di evoluzione. La religione dei dotti o
dei " teologi " , invece, prescinde da ogni
credenza positiva e si identifica con la sapienza
originaria, comune a tutti gli uomini in tutti i luoghi e
in tutti i tempi, anche se attraverso il processo storico
essa sia stata arricchita, riveduta e chiarita. Il Bruno
fa suo uno dei motivi caratteristici del Rinascimento e
che si formulerà come " religione naturale ".
Ma la religione di cui parla il Nolano è, in
fondo, la sua filosofia della natura, la quale, " o
è Dio o è la virtù divina che si manifesta nelle cose
stesse ". Naturalmente il Bruno,che per giunta sosteneva
di essere egli il vero cristiano e il vero cattolico,
doveva necessariamente venire in contrasto con l'autorità
ecclesiastica. Si può essere eterodossi e difendere con convincimento profondo e sincero la propria fede, ma non si può pretendere, essendo eretici, di essere riconosciuti come ortodossi; anzi come i soli detentori dell'unica verità, come appunto pretendeva il Bruno sia nei confronti del cattolicesimo che in quelli del luteranesimo. C'è una lettura di Bruno che gli assegna il credito, o il debito, di aver liquidato definitivamente ogni teologia ma in termini di rilancio panteistico se non addirittura ateistico. Questa interpretazine, che dialetticamente unisce e lega il rogo per l'eretico all'opposta santità laica del libero pensatore, finisce per tagliare le ali alla razionalità bruniana quando, tesa al limite della ricerca dell'illimitato, apre su dimensioni che nulla hanno a che fare con il misticismo o con l'irreligiosità e neppure con la teologia negativa. Infatti la forma teologica, come rapporto tra fede biblica e razionalità patristico - scolastica, è fatta rientrare dal Nolano nel campo d'indagine sulla razionalità e quindi coinvolta nel suo procedimento complessivo di rifondazione della " ratio " che in bruno finisce per produrre il rigetto della mentalità aristotelica, soprattutto per la confusione logica che essa opera tra fisica e metafisica, e la costruzione di quell'insieme personalissimo costituito dall'unione di arcaicità presocratica e futuribilità copernicana. Lo spazio specifico del " divino " è ritagliato e circoscritto nel recinto della nuova razionalità ed è in questa che in effetti si sorpassa e abbandona puntualmente il Dio della fede. L'irrazionalità nuova, va vista e decifrata mediante la razionalità nuova. A questo livello e grado di conoscenza, la teologia e la sua fede non hanno luogo. Qui l'Uno ( il Divino ) non è più ridotto a uno ( il Dio ), sia pure il supremo; qui l'infinito è lasciato essere nella sua infinità e non ridotto a cosa, oggetto, limite, sia pure il massimo. L'Uno non è Dio , è Divino: è tutto. |