- "Io
ho nome Giordano (1), della famiglia di
Bruni, della città di Nola, vicino a
Napoli dodici miglia, nato ed
allevato in quella città. La professione
mia è stata ed è di lettere e di ogni
altra scienza.Mio padre aveva nome Giovanni
e mia madre Fraulissa Savolina, e la
professione di mio padre soldato... e
nacqui, per quanto ho inteso dalli miei,
nell'anno 48.
- E
sono stato in Napoli a imparare
lettere de humanità, logica e dialettica,
sino a 14 anni: e solevo sentir privatamente
la logica da un padre agostiniano chiamato
Fra Theofilo da Vairano, che dopo lesse la
metafisica in Roma.
- De
14 o 15 anni incirca pigliai l'abito di S.
Domenico nel Monastero di S. Domenico in
Napoli... e finito l'anno della
probazione fui ammesso (…) alla
professione (2), la qual feci solennemente
nel medesimo Convento, ... e dopo fui
promosso alli ordini sacri e al sacerdozio
alli tempi debiti (3); e cantai la mia prima
messa in Campagna, città del
medesimo regno, lontana da Napoli; stando
allora in un convento (…) sotto il titolo
di S. Bartolomeo e continuai in questo abito
della religione di S. Domenico celebrando
messa e li divini offici sotto l'obbedienza
de' superiori (…) de' monasteri e conventi
dove sono stato sin l'anno del 76, che fu
l'anno seguente
- dopo
l'anno del Giubileo (4), che trovandomi in
Roma nel convento della Minerva (... ) dove
ero andato a presentarmi, perché a Napoli
ero stato processato due volte... ove il
processo fu rinnovato con altri articoli che
io non so, per il che uscii dalla religione,
e, deposto l'abito, andai a Noli territorio
genovese, dove mi trattenni quattro o cinque
mesi a insegnar la grammatica a putti... e
leggendo la sfera a certi gentil uomini. Da
poi mi partii di là e andai prima a Savona
dove stetti circa 15 giorni e da Savona a
Torino, dove non trovando trattenimenti a
mia soddisfazione venni a Venezia per il Po'
dove stetti un mese e mezzo in Frezzaria, a
camera e locanda in casa de uno
dell'Arsenale. E mentre stetti qui feci
stampar un certo libretto intitolato
"DE SEGNI DE' TEMPI", e feci
stampar quest'opera per mettere insieme un
poco de denari per potermi sustentar,... E
partendomi di qui, io andai a Padoa, dove
trovando alcuni padri dell'Ordine di S.
Domenico miei conoscenti, li quali mi
persuadettero a pigliar l'abito quando bene
non avessi voluto tornar alla religione,
parendoli che era più conveniente andar con
l'abito che senza; e con questo pensiero
andai a Bergamo, e mi feci una veste di
panno bianco di buon mercato e sopra essa vi
posi il scapulare che io avevo conservato
quando partii da Roma, e con questo abito mi
inviai alla volta di Lione (5). E quando fui
a Chambery, andando a logiar al Convento
dell'ordine e vedendomi trattato molto
sobriamente e discorrendo sopra questo con
un Padre italiano che era lì, mi disse:
avvertite che non troverete in queste parti
amarevolezza di sorta alcuna, e come più
anderete innanzi ne troverete manco.
- Onde
voltai alla volta di Ginevra (6) e arrivato
là andai ad alloggiare all'osteria, e poco
dopo il marchese di Vico napolitano che
stava in quella città mi domandò chi ero,
e se ero andato lì per fermarmi e per
professar la religione di quella città.
- Al
quale, dopo che ebbi dato conto di me e
della causa perchè ero uscito dalla
religione, soggiunsi che io non intendevo
professar quella di essa città, perchè non
sapevo che Religione fosse, e che perciò
desideravo più presto di star li per vivere
in libertà... ... e persuadendomi in ogni
caso ad emettere quell'abito che io avevo,
pigliai quei panni e mi feci far un paro di
calze et altre robe, et esso marchese con
altri italiani mi diedero spada, cappello,
cappa et altre cose necessarie per vestirmi
e procurrorno a ciò potesse intertenermi di
mettermi alla correzione delle prime stampe:
dove stetti in quell'esercizio circa doi
mesi, andando però alle volte alle pratiche
e sermoni così d'italiani come di francesi
che leggevano e predicavano in quella
città. Fra gli altri ascoltai più volte le
lezioni e prediche di Niccolò Baldani
lucchese, che leggeva l'Epistole di S.
Paolo, e predicava li Evangeli; ma essendomi
detto che io non potevo star lì molto tempo
se io mi risolvevo di accettar la religione
di essa città, altrimenti che non avrei
avuto sussidio alcuno da loro mi risolsi di
partir ed andai a Lione, dove stetti un mese
e non trovando comodità di guadagnar tanto
che mi bastasse di poter vivere e per i miei
bisogni, di là andai a Tolosa dove è uno
studio famoso; e avendo fatto pratica di
persone intelligenti, fui invitato a leggere
a diversi secolari la sfera, la qual lessi
con altre lezioni di filosofia forse sei
mesi, e in questo mezzo, essendo varcato il
luogo del lettor ordinario di filosofia di
quella città, il qual si dà per concorso,
procurai di addottorarmi, come io feci, per
maestro delle arti; e cosi mi presentai a
detto concorso e fui ammesso ed approbato e
lessi in quella città, da poi doi anni
continui il testo di Aristotile de Anima ed
altre lezioni di filosofia.
- Di
poi per le guerre civili mi partii e andai a
Paris (7) dove mi misi a leggere una lezione
straordinaria per farmi conoscere e far
saggio di me, e lessi trenta lezioni e
pigliai per materia trenta attributi divini
tolti da S. Tommaso. Da poi essendo stà a
pigliar una lezione ordinaria, restai e non
volsi accettarla perchè li lettori pubblici
in essa città vanno ordinariamente a Messa
e alli divini offizi, ed io ho sempre
fuggito questo, sapendo che ero scomunicato
per essere uscito dalla religione ed aver
deposto l'abito; (... ) E leggendo quella
(lezione) straordinaria acquistai nome tale
che il Re Enrico III mi fece chiamare un
giorno, ricercandomi se la memoria che avevo
e che professavo era naturale o pur per arte
magica; al qual diedi soddisfazione e con
quello che dissi e feci provare a lui
medesimo, conobbe che non era per arte
magica ma per scienza, e dopo questo feci
stampar un libro de memorie sotto il titolo
"De umbris idearum" il qual
dedicai a Sua Maestà: e con questa
occasione mi fece lettor straordinario et
provisionato, e seguitai in quella città a
leggere,... forse cinque anni.
- Per
i tumulti che nacquero dopo, pigliai
licenzia e con lettere delli stessi Re andai
in Inghilterra a star con l'ambasciator di
sua Maestà (... ) in casa del qual non
faceva altro se non che stava per suo
gentiluomo, e mi fermo in Inghilterra doi
anni e mezzo (8).
- In
questo tempo ancora che si dicesse la messa
in casa, non andavo né fuori a messa né a
predica per la causa suddetta; e tornando il
detto Ambasciator in Francia alla corte,
l'accompagnai a Paris; dove stetti un altro
anno, trattenendomi con quelli signori che
io conoscevo a spese però mie la maggior
parte del tempo.
- E
partito da Paris per causa de' tumulti, me
ne andai in Germania e feci primo recapito a
Mez, alias Magonza che è una città
Archiepiscopale ed è il primo elettor
dell'imperio, dove stetti dodici giorni e
non trovando né qui né in Vispure, luogo
poco lontano di lì, trattenimento a mio
modo, andai a Vittimber in Sassonia, dove
trovai due fazioni, una de' filosofi che
erano Calvinisti, e l'altra de' teologi che
erano Luterani, e in questa un dottor che si
chiamava Alberigo Gentile marcheggiano, il
quale avevo conosciuto in Inghilterra,
professar di legge, che mi favori e
m'introdusse a leggere una lezione
dell'Organo di Aristotile, la quale lessi
con altre lezioni di filosofia dui anni (9).
- Nel
qual tempo essendo successo Duca il figliuol
del Vecchio, che era calvinista ed il padre
Luterano, cominciò a favorir la parte
contraria a quelli che mi favorivano, onde
mi partii. E andai a Praga e stetti sei
mesi, e mentre mi trattenni là, feci
stampar un libro di geometria il qual
presentai all'Imperatore (10), dal quale
ebbi in dono trecento tàllari, e con questi
danari, partito di Praga, mi trattenni un
anno alla Accademia lulia di Brunsevich.
Dove, occorrendo in questo tempo la morte
del Duca, feci un'orazione alle sue eseguie,
in concorso con altri della sua Università;
per la quale il figliuolo successo (1 1) mi
donò ottanta scudi di quelle parti, e
partii (12) e andai a Francfort a far
stampar doi libri uno De Minimo, e
l'altro De numero monade et figura. E
in Francfort sono stato da sei mesi incirca,
alloggiando nel convento dei Carmelitani,
luogo assegnatomi dallo Stampator, il quale
era obbligato a darmi stanzia.
- Trovandomi
a Francfort ebbi due littere dal signor
Zuane Mocenigo, gentiluomo veneziano, con le
quali mi invitò a venir a Venezia,
desiderando secondo che mi scriveva, che io
li insegnassi l'arte della memoria et
inventiva, promettendomi di trattarmi bene,
e che io mi saria contentato di lui.
- E
così venni (13) al quale ho insegnato
diversi termini pertinenti a queste due
scienze, stando prima fuori di casa sua, et
ultimamente nella sua casa.
- E
parendomi d'aver fatto e d'averli insegnato
quanto bastava, e deliberando perciò di
ritornare a Francfort per stampare certe mie
opere, pigliai (... ) licenza da lui per
partirmi.
- Il
quale intendendo questo e dubitando che io
intendessi partir fuor di casa più presto
per insegnar ad altre persone le stesse
scienze, che avevo insegnato a lui ed altre,
che andare a Francfort secondo che io
dicevo, mi fu attorno con molta istanzia per
frenarmi; et io istando tuttavia di voler
partir, cominciò prima a dolersi che non li
avevo insegnato quanto li aveva promesso, e
poi a minacciarmi col dirmi che se non fossi
voluto restar di buona volontà, che avrebbe
trovato il modo che sarei restato. E la
notte del giorno seguente, vedendo questo
ser Giovanni che io persistevo nella
risoluzione di partirmi e che io avevo già
dato ordine alle cose mie, e fatto pratica
di mandar la roba a Francfort, venne che io
era in letto sotto pretesto di volermi
parlare, e dopo che fu entrato lui,
sopraggiunserolli suo servidore con cinque o
sei altri, che erano secondo io credo, et al
mio giudizio, gondolieri di quelli che
stanno vicini, e mi fecero levar di letto e
mi condussero sopra un solaro, e mi
serrarono nel detto solaro, dicendo esso ser
Giovanni che se volevo fermarmi ed
insegnarli i termini della memoria delle
parole e li termini della geometria che mi
aveva ricercato prima, che mi avrebbe fatto
mettere in libertà, altrimenti mi sarebbe
successo qualche cosa spiacevole: et io
rispondendogli sempre che mi pareva di
avergli insegnato a bastanza e più di
quello che io dovevo e che non meritavo di
essere trattato a quella maniera, mi lasciò
sino al giorno seguente, che venne un
capitano accompagnato con certi uomini, che
non conobbi; e mi fece condurre da loro lì
abbasso nella casa in un magazen terreno,
dove mi lasciarono fino la notte, che venne
un altro capitano con li suoi ministri, e mi
condussero alle preggioni di questo S.
Ufficio.
- Io
non tengo per nimico in queste parti alcun
altro, se non il ser Gioanni Macenigo... che
non solamente voleva che io li insegnassi
tutto quello che io sapevo, ma voleva che io
non potesse insegnarlo ad alcun altro,
- e
mi ha sempre minacciato nella vita e
nell'onore... (14)".