IO
E BRUNO
Parlare
di Giordano Bruno dopo
quattro secoli dal “rogo” che
bruciò la sua carne, la
sua esistenza fisica, corporea,
ma impresse i segni indelebili
dell’immortalità al
suo pensiero antiveggente e
fulgido di luce, è “navigare” immergersi
nel flusso incoercibile, infinito
della sua filosofia che
come un fiume scorre in
un immenso mare. Quando
parlo del Bruno sento
in me rinascere l’immagine
del tempo e
le “categorie” dell’“esistenza”, proiettando
la mia “finitudine” nella
complessità dell’universo. Mi
accorgo che la vita umana non
si consuma invano, ma incarna le
vicissitudini dell’eternità e
le tempeste della libertà. Penso
al Leopardi, che cantò il dolore la
vita e la poesia dell’universo. Penso
a Giuseppe Mazzini, che amò Bruno
col cuore e con la mente: intuì
la somma grandezza del Nolano, voleva
esserne biografo, ma invano, perché
costretto a vivere lontano per
l’ingratitudine dei “tempi”: entrambi
dimostrarono coi fatti che
la coscienza è il centro della prassi; entrambi
seppero fare eroicamente del
dolore lo strumento della libertà, un
mondo senza fine e senza età. Entrambi
furono filosofi dell’umanità, celebrando
il valore della vita, senza
retorica e senza vanità. La
nostra epoca deve confrontarsi coraggiosamente
con Giordano Bruno per
un’evoluzione planetaria di se stessa. All’alba
del Terzo Millennio noi tutti ci
dovremmo unire in una fratellanza cosmica, perché
tutte le Nazioni fanno parte della
medesima comunità dell’universo. Il
filosofo nolano era convinto che esistono altri
pianeti abitati come il nostro. Liberiamoci
dall’egocentrismo, costruiamo a
Nola un “federalismo solidale”, un
centro di ricerca universale, umanitaria,
cosmica, immortale.
Luigi Simonetti |