Era un giorno particolare, uno di quei giorni in cui, pur sapendo che la vita è inesorabilmente esposta ai limiti del nulla, ti accorgi che ciascuno può tracciare il suo percorso, può fare le sue scelte, perché l’essere è il tempo, ma non si dà mai il tempo della fine, dal momento che la vita supera la morte, essendo parte inesauribile di un’esistenza infinita, che è la sostanza e l’anima di tutto l’universo.
Quel
giorno mi stavo recando a Palma Campania, che è la mia terra di origine, anche
se vivo a Nola da più di vent’anni.
Mentre
ero in automobile, avevo il presentimento di poter precipitare in un abisso.
Sentivo
che al ritorno mi sarebbe capitato qualcosa che non potevo prevedere.
Ero
come sospeso ad una corda, a un filo impercettibile, a un evento che avrebbe
messo a rischio la mia vita, facendomi però riflettere sulla precarietà
dell’esistenza umana.
Infatti,
al ritorno da Palma Campania, a qualche chilometro da San Paolo Bel Sito, il
volante dell’automobile cominciò a ruotare su se stesso, senza che io potessi
minimamente controllarlo. Sbandavo pericolosamente e temevo di scontrarmi con
qualche veicolo che circolava in senso opposto, o che potessi investire
qualcuno.
Vissi
momenti terribili, di angoscia e di terrore, ma trovai in me la forza e la
lucidità di spingere col gomito il volante verso destra, fino a cadere oltre il
margine della strada, con l’automobile completamente capovolta, in uno spazio
di terra sottoposto al livello stradale di oltre un metro.
La
caduta fu violenta e l’automobile divenne un miserabile ammasso di rottami.
Per
alcuni istanti sprofondai in uno stato psichico di vuoto mentale e di
incoscienza.
Ad
un tratto, però, nella mia anima si aprì un orizzonte luminoso, aperto, un
cielo senza nuvole e senza confini.
Davanti
ai miei occhi si aprirono spazi di pensiero inesplorati e sentimenti limpidi,
sinceri, umanamente veri. Comparve davanti a me un’immagine severa, ma nello
stesso tempo, rassicurante, dolcissima, che mi aiutò a riprendere coscienza di
me stesso.
Era
l’immagine di Giordano Bruno, il cui pensiero filosofico, scientifico,
cosmologico e morale è splendido di luce nell’immensità dell’universo.
Mi
abbracciò rasserenandomi e aiutandomi a leggere dentro di me questi versi:
“Ricordati
che Dio è nudo, perché
non
v’è ornamento d’oro e d’argento
che
possa rivestirlo o nasconderlo all’animo umano.
Trova in te stesso il senso della fede
e
la speranza che ogni uomo,
anche
il più debole e indifeso,
possa essere immortale”.
A
quel punto la figura del filosofo scomparve, diradando nel cuore della luce.
In
quella luce era scolpita un’altra immagine, quella di San Paolino, che
sorrideva mentre era raccolto in un atteggiamento di silenzio e di preghiera.
Io
mi ripresi lentamente e fui aiutato ad uscire da quello che restava della mia
automobile con il soccorso di un infermiere e di un carabiniere.
Entrambi
si meravigliarono nel constatare che io ero miracolosamente illeso e non avevo
alcun graffio o lividura in nessuna parte del corpo, mentre i miei occhiali pur
essendo di vetro erano intatti.
Per
prudenza fui accompagnato all’ospedale civile di Nola, ma dopo pochi minuti
firmai per essere dimesso, tra l’incredulità e lo stupore dei medici. Tornai
a casa a piedi, per mia espressa e ferma volontà. Nel pomeriggio andai a
scuola, per gli scrutini.
Da
quel giorno, 12 giugno 2000, mi sento umanamente padrone di me stesso e sono
sempre più deciso a combattere, ogni istante, ogni momento, per il trionfo
della verità e della giustizia, anche a costo di sacrificare la mia vita.
Mi
sento in pace con me stesso, perché mi accorgo che l’esistenza è veramente
tale, se ha un significato universale, cosmico, immortale.
Nola,
18-07-2004
Luigi Simonetti