Giordano Bruno e la Chiesa
 
“Storia della colonna infame”,
parafrasando Alessandro Manzoni;
“Storia di un delitto”, partendo
da un’idea politica di Victor Hugo;
“Memoria storica dell’umanità”:
così definirei il “Rogo” di Giordano Bruno.
 
Ripenso agli otto anni di prigionia,
di torture e di supplizi ai quali
Giordano Bruno fu sottoposto dal 1592
al 1600 nel carcere romano
dell’Inquisizione Vaticana, ripenso
a “quella specie di coraggio disperato
con cui la ragione alle volte sfida
la forza, come per farle sentire
che, a qualunque segno arrivi,
non arriverà mai a diventar ragione”([1]).
 
Chi potrà mai immaginare le pene
e lo strazio, le sofferenze e il dolore
di un uomo grande, geniale come il Bruno,
di fronte alla irrazionalità di giudici
che in nome di nessuna fede o religione
avrebbero dovuto piegare alle istituzioni
la santità della coscienza umana,
rinunziando alla razionalità e alla ragionevolezza. 
 
Dopo quattrocento anni la mostruosità
di una condanna orribile si documenta
da sé, nella presunzione indicibile
di una istituzione che ancora oggi,
sia pure in forme diverse, pretende
di emettere “sentenze” di “valore”
sulle idee di uno straordinario pensatore,
che seppe ordinare scientificamente
le conquiste del cervello umano
nella infinita complessità dell’universo.
 
Nell’epoca in cui il genoma e la vitalità
delle cellule viventi si accordano
con la fecondità dell’“atomo senziente”
scoperta da Giordano Bruno, è assurdo
che ancora si cerchi di delimitare
o di snaturare la creatività del Nolano,
giustificando oscuramente l’arbitrio
e la violenza di un’iniqua sentenza
che si rese complice del “male” della storia.
 
Che cosa poté spingere la Chiesa a condannare
un innocente e altissimo filosofo della libertà?
Il calcolo, l’orgoglio o la malvagità?
È innegabile che i giudici romani
non vollero o non seppero difendere
il diritto della libertà, cedendo alla paura,
al pregiudizio, all’incoscienza ed alla falsità.
Il dogmatismo è figlio della vanità,
un male senza fine: la viltà.
 
 
Nola, 16 maggio 2000

Luigi Simonetti


[1] A. MANZONI, “Storia della Colonna infame”, con presentazione di A. Quattrone, edizioni Acquarelli, Bussolengo (VR) 1995, pagina 51.