Etica e società civile: una nuova Costituente per i giovani del III Millennio

 

I giovani di oggi hanno bisogno di un concetto morale unitario e organico, come direbbe Giuseppe Mazzini. Sarebbe come un raggio di sole, che possa illuminare il senso della vita e della morte, del tempo che passa e della vita che continua, in un universo infinito di valori esistenziali, etici, politici e civili.

Pensando alle migliaia di giovani che sono spesso soggiogati, talvolta affascinati e il più delle volte oppressi e dominati da una fredda scuola di individualismo e di vuoto consumismo, sento in me il malessere morale e un disagio spirituale.

La rigenerazione etica e civile dei giovani esige, secondo me, una fede cosciente nei valori della solidarietà, della fratellanza universale e dell’amore. Purtroppo assistiamo ad una globalizzazione selvaggia che corrisponde ad un processo incontrollato di automatizzazione genetica e di parcellizzazione indistinta di funzioni che riducono sempre più l’uomo ad una macchina, in una frammentazione irrazionale e violenta dell’‘ecosistema-mondo’[1].

 

“Sorgono strumenti cibernetici, nuove teorie

organizzative del lavoro, in una rete

di flussi filiformi e di attività disparate.

Al politeismo della tecnica si aggiunge

la devastazione delle risorse energetiche,

ingigantendo il problema dei “rifiuti”.

I protagonisti del lavoro computerizzato

sono figure multiformi e variegate.

 

Il potere tradizionale degli Stati nazionali

non ha più controllo su se stesso.

Il male radicale del nostro tempo

è che il soggetto umano diventa irrazionale

in una sfera dell’esistenza che è sempre più “virtuale”.

Il nucleo fondante della società del Terzo Millennio

è la tecnologia che soppianta il valore della scienza

e sfonda la stessa razionalità del “calcolo”

in una “incalcolabilità” di schemi eterogenei.

 

La macchina elettronica affascina e divora

la libertà fino ad essere un nuovo Leviatano,

che assolutezza la produzione generando

paradisi artificiali, che sfuggono alla mente

e dissolvono il loro stesso carattere strumentale

sostituendosi ai tempi umani del cervello,

svuotando la riflessività di chi lavora

e di chi organizza le forme produttive

in un mercato globalizzato e globalizzante.

 

Il reddito si svincola dal tempo del lavoro,

che è sempre più ridotto, per essere flessibile,

e il rendimento non è più misurabile,

col risultato che si sfalda impercettibilmente

la comunità sociale e si corrompe il senso della vita.

Lo zero e l’infinito si toccano nel nulla:

la storia diventa amorfa solitudine

di un “deserto” in cui poche oasi di ricchezza

si contrappongono alla miseria di miliardi di poveri.

 

Dalla bomba atomica alle armi batteriologice,

dalla “pulizia etnica” all’integralismo barbarico

di bande terroristiche, dal militarismo capitalistico

all’idolatria del mercato mondiale,

fino alle “guerre umanitarie” dei “gendarmi del mondo”

e al pericolo di conflitti termonucleari assurdi,

si è giunti al punto limite di rendere “virtuale” l’esistenza,

sostituendo la carne della vita col computer,

dimenticando che lòa vita è l’universo nel tempo di noi stessi”.

 

L’essere umano ormai appare come un ‘simulacro’, una “immagine sbiadita” che si riduce a una “forma virtuale”, astratta dai contenuti concreti del pensiero e della prassi. Si rincorre il successo, l’affermazione nebulosa di un falso benessere che uccide la libera espressione della volontà in una indefinita e indefinibile estrinsecazione di “potenza”, che è meccanismo deleterio, in cui la storia dell’uomo è pura e semplice elaborazione cibernetica di “dati”, di “cifre”, che la “ragione calcolante” rende simili a “pietre”, a tasselli informi di un “mosaico” nel quale l’“io” è simile a un “pronome” che non ha plurale.

Anche le città diventano “plurali”, nel senso che diventano una somma di immagini confuse, ove il soggetto umano è destinato a perdere la propria identità e gli stessi edifici che accolgono le scuole sono fragili strutture che crollano senza opporre resistenza agli urti violenti che la natura sotterranea della terra emette dal suo seno, come è accaduto il 31 ottobre scorso a San Giugliano di Puglia e in altre zone del Molise, suscitando paura e sgomento in gran parte della nostra penisola.

Non bastano i lamenti ipocriti e le vane contumelie di mediocri benpensanti e di uomini politici pronti a speculare finanche sulla morte di bambini innocenti, caduti tragicamente nel fiore degli anni come fili d’erba falciati dalla violenza spietata di un aratro che non distingue il seme dal frutto, le radici dal tronco e le zolle di terra dall’opera dell’uomo.

Occorre un nuovo statuto antropologico e morale, una nuova concezione della vita e della morte, in una nuova “costituente”, che sappia valorizzare il senso del “diritto” e il significato del “dovere”, valorizzando la purezza dei giovani e il loro potenziale contributo alla rinascita dell’umanità, per un mondo più libero e più giusto, più attento al lavoro manuale e intellettuale, per un’esistenza che sia veramente degna di essere vissuta. Non si tratta di costruire difficili sociologie del consenso formale e del dissenso generalizzato di massa, perché la massa non è la comunità e la comunità non può ridursi ad una massa anomala di gente che protesta occasionalmente soltanto per distruggere.

C’è urgente bisogno di una nuova “Costituente giovanile” che non abbia programmi massimalistici o velleitari, ma che possa aiutare gli adolescenti e tutti gli uomini di buona volontà a cercare che cosa si debba promuovere praticamente nel proprio paese, incentivando il lavoro e l’occupazione, l’uso del tempo libero e la programmazione educativa nelle scuole, nelle attività professionali, nel commercio, nell’agricoltura e in tutto il territorio nolano-vesuviano. Bisogna perciò esaminare in concreto la disponibilità delle risorse umane e materiali, intellettuali, economiche, politiche, etiche e sociali, per dar vita a movimenti giovanili che sappiano interagire con le istituzioni e dialogare con gli enti locali e provinciali, regionali e nazionali. Dobbiamo perciò elaborare un programma di ampio respiro e costruire nuove prospettive.

Dobbiamo riunirci sistematicamente, per fondare e rifondare il nostro punto di vista ed elaborare uno statuto, che faccia di noi una libera associazione di pensiero e di azione, per costruire qualcosa che duri nel tempo e sappia essere il punto di partenza per una nuova dimensione umana, spaziale e temporale della città di Nola, che noi tutti amiamo, ma che giace afflitta e demotivata moralmente e politicamente, in uno stato di disagio e di crisi che dura ormai da troppo tempo. Vogliamo e dobbiamo innanzitutto ricomporre il rapporto tra individuo e società, come un rapporto tra “persone”, come un civile consorzio, come un “convitto umano”, come direbbe Giordano Bruno, per far sì che “i raggi dell’amore si accendano di luce”, come direbbe San Paolino.

Io penso che la nostra associazione possa creativamente, dialetticamente, operativamente ispirarsi a Bruno e a San Paolino, in modo che i nostri atti quotidiani si rivolgano all’amore della verità e al raggiungimento di una solidarietà edificante, in una visione cosmica della libertà, con una incessante, perenne, umanità.

 

Nola, 11 Novembre 2002

 

Luigi Simonetti

 


[1] Faccio riferimento alla mia “Lettera ai giovani del Terzo Millennio”, Nola, Sala Consiliare del Comune di Nola, 21 aprile 2001, pp. 1-2.