-
L'insopportabile ondata di caldo di questi ultimi giorni agostani; ondata
di caldo non dissimile da quella che, nel mese di luglio del lontano 1500,
indusse Ambrogio Leone e la lieta brigata di amici nolani, composta da
Bernardino Vicariese, Francesco Mestrlli, Vincenzo Charamonte e Bernardino
Basile, a rifugiarsi, per trovare un po' di fresco, nella villa di
Francesco Mestrilli, posta alle falde della collina di Cicala, dalla parte
che guarda il casale di San Paolo Belsito; dove, seduto all'ombra di un
fronduto ed alto pioppo, in attesa che il personale di servizio della
nobile famiglia Mestrilli preparasse la colazione, discussero sulla nobiltà
delle cose, intesa come perfezione estesa più o meno a tutte le cose
della natura, creando una scala graduata di valori, che si risolse in una
sorta di armonia cosmica. La
conclusione del vivace discorrere fu, dunque, che, essendosi il concetto
di nobiltà andato modificando col tempo, in conseguenza delle
trasformazioni sociali, che avevano visto la nascita di una classe
borghese, ricca e colta, alla costante ricerca della propria, dimensione e
di un ruolo sempre più incisivo nella società; per cui alla nobiltà di
sangue subentrarono gradualmente, altri valori, come la pratica delle virtù,
l'humanitas, la dottrina, tutto ciò insomma, che nasce dalla perfezione e
ne possiede i caratteri, pur senza giungere ad identificarsi con essa: è
luce, splendore, fama, decoro, così, tra le cose celesti, il più nobile
e importante di tutte è il sole, il quale distribuisce la luce agli altri
corpi celesti e porta via le tenebre e con il suo splendore offusca gli
altri astri, toglie la tristezza dal cielo e rasserena anche le nubi
dell'animo umano. Esso Sole,
come una madre amorevolissima, sostenta infinite specie di piante e di
animali.
- Dopo
il Sole, nella graduatoria viene l'oro, figlio del sole, perché più di
ogni altra cosa terrena a lui s'assomglia.
Tra le piante il pioppo sembrerebbe il più nobile, perché è alto
con ampia chioma con la quale offre ristoro agli uomini durante la calura
estiva e dà asilo agli uccelli tra i suoi fronzuti rami; ma esso diventa
perfetto solo quando si sposa con la vite... Procedendo nella graduatoria
della nobiltà delle cose, la lieta brigata tocca le città: e qui il
Leone abbozza anche il modello di una città ideale, facendo una commossa
descrizione della città di Nola, dandole il primo posto fra le altre città,
perché il luogo, dove essa sorge, ha le condizioni ambientali
privilegiate: si trova in una zona temperata, priva di stagni e di paludi,
lontana dai monti, in essa gli abitanti, godendo di un clima temperato e
di un'aria salubre possono vivere svolgendo con dignità il compito loro
assegnato, praticando le virtù attive: la prudenza, la giustizia, la
fortezza e la temperanza. Per
la sua posizione privilegiata, infine, la città è ricca di opere d'arte,
frutto della sapienza, la più nobile e la più perfetta delle virtù
attive. La discussione sulla nobiltà delle cose nel 1525 troverà
posto nel dialogo « De nobilitate rerum » composto a Venezia e stampato
a cura del figlio del Leone, Marino, anche egli medico ed eruditissimo.
- Leggendo
il dialogo si ha l'impressione di respirare l'atmosfera culturale del
dialogo machiavellico sull'arte della guerra, svoltosi negli orti Rucellai
o di Cristoforo Landino sulla lingua volgare, nel quale l'autore sostenne
a favore della lingua volgare la tesi che « è necessario essere buon
latino chi vuole essere buon toscano », oppure dell'altro dialogo « De
vera nobilitate » di A. De Lisio.
- Una
domenica mattina di fine agosto di quest'anno, insieme con l'amico
d'infanzia Marotta Michele, esperto conoscitore della storia, dei costumi
e dei luoghi dell'antico casale nolano, in automobile mi reca sufl'amena
collina di Cicala, per trovare un po' di refrigerio e per esplorare,
ancora una volta, i resti dell'antico castello e delle case poste fuori le
sue mura. Più che case, ora
è lecito dire i resti di antiche case del borgo medioevale, ora ricoperti
da una folta sterpaglia, ove nidificano bisce, vipere e altri nocivi
serpentelli.
-
- L'escursione
nell'antico borgo cicalese e sulla collina fu fatta per convincere noi ed
altri che fu veramente una grossolana bugia, un vero «scoop pubblicitario»
quello messo in giro nel 1991 e riportato da tutti i giornali, nazionali e
stranieri, stampato su un foglio nolano da alcuni giovani studiosi di
storia patria, in cerca di notorietà, secondo i quali, finalmente sarebbe
stata individuata e trovata la casa dove sarebbe nato, nel 1548 il
filosofo Giordano Bruno.
- La
notizia, che commosse il mondo culturale in Italia e fuori, facendo grande
scalpore, non mancò di commento ironico da parte di studiosi nolani, i
quali non esitarono a proclamare il loro disappunto e scetticismo sulla
scorta delle ricerche fatte dal Berti, dallo Spampanato, dal Fiorentino e
da altri studiosi del Bruno. Secondo
i quali la clamorosa notizia altro non era che una bravata di giovani in
cerca di pubblicità e di un effimero quarto d’ora di gloria.
- Secondo gli studiosi scettici sulla veridicità
della notizia sul ritrovamento della casa del filosofo bruciato vivo in
Campo dei Fiori a Roma, la notizia non poteva essere vera perché la casa
dove sarebbe nato Giordano Bruno, da decenni non esisteva più; lo stesso
Fiorentino, come pure lo Spampanato, i quali avevano studiato i verbali
delle Sante Visite, le carte catastali del Catasto fatto compilare da
Carlo III di Napoli, nonché i Registri dei fuochi e gli atti notarili dei
secoli XVI e XVII, erano falliti nelle loro ricerche, perché da siffatti
documenti si apprende che la presunta casa dove nel 1548 sarebbe nato il
filosofo, insieme con altre case appartenute alla famiglia Saulino ed ad
altre famiglie, non esistevano più, in quanto distrutte dalla ruspa,
quando nel 1567 il nobile nolano Gerolamo Albertino cedette ai frati
cappuccini il vasto appezzamento di sua proprietà, sul quale sorse poi
l'attuale Convento di Santa Croce dei
Cappuccini. Su quel vasto
territorio denominato « Santo Janni » o Ciesco, di formazione
alluvionale, per gli abbondanti residui di terriccio e di altro materiale
alluvionale, trascinato dalla collina dalle acque piovane e dilavanti.
Ivi, dunque, la ruspa, nel 1567, completando l'azione devastante
delle acque e delle alluvioni, per dare spazio alla costruzione
dell'imponente Convento francescano, distrusse le già fatiscenti casupole
ed edicole sacre, che vi si trovavano, fra cui i resti della proprietà
della famiglia Saulino.
- La casa del filosofo insieme con l'annesso
poderetto si trovavano, secondo le carte catastali e secondo una vecchia
tradizione locale, che oggi, in grazia delle carte vescovili del tempo,
diventa una preziosa notizia storica.
Si legge, infatti, che la casa e il poderetto dei Saulino si
trovavano «ubi dicitur» a piede S. Jovanni de lo Ciesco, nella parte
bassa della costa della Collina di Cicala; ed ora lontana tra le due
chiesette rurali di S. Lucio e di S. Lorenzo della Foresta, nella parte
bassa della costa della Collina di Cicala; ed ora lontana 1 km. da Nola e
da S. Paolo Belsito; guardando questo luogo da un lato, quasi alla stessa
altezza, quella di fronte in piano: insomma la casa stava sul pendio che,
sembrando una scarpa più che un contrafforte, uno scoscendimento più che
un rinfranco, fu dai nolani chiamato «Ciesco» (cfr.
V. Spampanato, La vita di Giordano Bruno, pagg. 50 e segg. note 1,
2, 3, 4, 5). Per concludere,
la casa ed il podere dei Saulno si trovavano precisamente nei pressi del
trivice e della Starza con le tre vie; una delle quali menava a Nola
presso la porta Cortafellana, un'altra via menava a S. Paolo Belsito e la
terza via menava a Casamarciano. Il trivice con la Starza si trovavano nei pressi della
odierna cappella di S. Maria delle Grazie, presso il palazzo Dal Verme; di
fronte all'altra chiesetta dei Mauri.
Dopo un'attenta rilettura dei documenti napoletani, leggibili in D.
Berti, Vita di G. B., in Spampanato, vita di G. B. e in Avella, I Casali
di Nola nel 1639, abbiamo iniziato l'escursione attraverso i resti
fatiscenti di antiche casupole poste ai piedi del Castello, tra i ruderi
del maniero che fu testimone di vicende storiche lungo i secoli, a partire
dall'invasione dei Longobardi fino alle imprese criminose dei briganti,
che seguirono alla conquista del regno di Napoli coi garibaldini nel 1860.
- Il
notevole e documentato studio dello storico Pietro Manzi sul castello di
Cicala, opera condotta con acume e scrupolosa diligenza di autentico
storico, e di attento ricercatore e lettore di documenti di archivio;
tutti i documenti riportati nel suo volume sono stati esaminati con la
stessa serietà dello Spampanato, del Berti e del Fiorentino.
- I
confini dell'appezzamento del suolo, concesso ai frati cappuccini, nel
documento notarile di cessione risultano essere i seguenti: a N. E. il
convento di S. Angelo in Palco, la Foresta e il Boschetto con la via per
Casamarciano; ad E il Castello di Cicala; ad O il Trivice, la Starza dei
Saulino e dei Vecchione con la Via che mena a Nola; a S. la Cupa Marco e
la stradina che porta a S. Paolo Belsito. Tutto il territorio compreso nei
confini descritti veniva chiamato dal
- popolino
« anto Janni 'o Ciesco» e una volta era paludoso con una grossa cisterna
che raccoglieva le acque piovane; col tempo la cisterna si colmò non solo
d'acqua piovana ma anche di detriti, e di tronchi d'alberi e d'altro
materiale alluvionale, trasportato dalla collina con altro materiale di
risulta.
- Le
frequenti alluvioni, che funestarono anche Nola, indussero i cittadini di
Nola a massicce migrazioni sulla Collina, dove essi diedero origine a una
vera e propria colonia, in virtù della quale i Cicalesi assimilarono
leggi, costumi e usanze dei nolani immigrati, al punto che gli atti
pubblici e privati, gli atti notarili e i processetti matrimoniali
venivano redatti «iuxta mores, usum et consuetudinem Cicalae et Nolac».
- Durante
la nostra escursione, dietro il Castello, presso l'antica legnaia,
incontrammo il sig. Torquato
Russo, un contadino di Cicala, robusto, tarchiato col volto rugoso e cotto
dal sole, ma dall’indole dolce e dalla volontà ferrea di riportare il
borgo di Cicala alle sue antiche origini, difendendo dalla distruzione
quanto ancora c'è da salvare e ricostruendo, a proprie spese e col suo
lavoro manuale le antiche edicole e riparando i guasti della Chiesa, della
Cappella e della corte del castello, liberandola dalla sterpaglia che
copre le reliquie delle antiche abitazioni.
- Il
Torquato, un lavoratore tutto fare, parla di Cicala con l'ardore e la
fierezza dell'antico contadino, il suo parlare, incisivo, è ricco di
antiche sentenze e di proverbi del mondo contadino; ascoltando Torquato,
ti sembra di leggere una pagina del «De re rustica» o delle «Origines»
di Catone il Vecchio, intrisa di nostalgia del tempo che fu e di fiducia
nelle provvidenze che vorranno elargire, per realizzare il suo progetto,
il prof. Avv.
Luigi Buonaura, presidente della pro-loco nolana e il commissario
straordinario al Comune di Nola, dott.ssa Elena Stasi.
Tra le altre cose il Torquato vuole la rinascita dell'antica fede
religiosa dei Cicalesi, con la ristrutturazione della parrocchia e della
chiesa e la ripresa della messa domenicale e il catechismo ai fanciulli.
- Con
il riassetto del castello longobardo, almeno nelle parti ancora in
condizione di essere visitato dagli studiosi, come la cappella genfilizia
e la corte. Il Torquato
intende rendere percorribili le antiche e anguste vie del borgo e
ripristinare col concorso delle autorità comunali due servizi che
esistevano già nei tempi passati: la vigilanza notturna e l'assistenza
medica e ginecologica a quanti di notte, uomini e donne, avessero bisogno
urgente dell'assistenza sanitaria.
- Ricorda,
il Torquato, che fino ad alcuni anni orsono, nelle ore del vespro
arrivavano sulla collina da Nola un medico e una levatrice, scortati da
una pattuglia di vigili urbani, comandati da un vice-brigadiere.
Essi ripartivano per Nola all'alba del giorno seguente e rimanevano
sulla collina per tutta la nottata per l'assistenza sanitaria ai vecchi,
ai bambini e alle partorienti, mentre i vigili tenevano a bada i
malviventi con un servizio di ronda lungo le viuzze del borgo medioevale.
- Così
pure si deve ripristinare il rispetto della legge sul diritto allo studio
per i ragazzi del casale nolano. I
ragazzi, obbligati a frequentare la scuola dell'obbligo e l'asilo per i
bambini, i quali non devono essere ancora privati del diritto di
istruirsi. Perciò il Comune e la Direzione Didattica competente per la
platea cittadina, devono ripristinare il servizio che c'era una volta:
riaprire, cioè, l'asilo e la scuola elementare con una insegnante alla
quale sia affidato l'asilo e un insegnante al quale sia affidata una
pluticlasse elementare, così come c'era un tempo, quando la Direzione
Didattica di Nola assicurava la presenza di una insegnante per l'asilo e
di uno o più insegnanti per le classi elementari.
- La
collina di Cicala, che tuttora è il polmone di ossigeno della città di
Nola, non deve essere invasa dal cemento sui suoi fianchi, ricchi di
vigneti e di uliveti, ma dev'essere salvaguardata dalla protezione di
rigorose leggi urbanistiche, che vietino la costruzione lungo i pendii
della collina.
- Il
castello deve ritornare ad essere meta di giovani studiosi di architettura
militare, come avveniva anni addietro.
- Così
pure bisogna far riprendere i festeggiamenti in onore di S.
Lucia e di S. Aniello, come quando manipoli di studenti, marinando
la scuola, si recavano a Cicala, misti ai numerosi pellegrini provenienti
dai paesi dell’agro nolano, per venerare la Santa Vergine martire
siracusana, protettrice degli occhi, e per onorare e rispettare il Santo
abate «vendicatore», il quale, come ancora si crede presso il popolino,
«sgobba» chiunque non santifichi il suo giorno.
In quei giorni di metà dicembre, l'antico borgo brulicava di
fedeli visitatori; c'era una festa di luci e di colori, luminarie, fuochi
d'artificio, bancarelle di copetari e di altre mercanzie... Così per un
po' rinasceva la vita nelle viuzze dell'antico borgo medioevale, un tempo,
come ancora oggi, considerato un casale di Nola, posto «extra moenia»,
ma parte integrante della città, della quale deve godere di tutti i
servizi di cui godono i cittadini nolani.
- Il
sig. Torquato è fiducioso che i Cicalesi non rimarranno delusi nelle loro
legittime attese, perché sarebbe un vero tradimento verso una comunità
che con Nola ha sempre avuto stretti rapporti di civile convivenza e di
servizi, oltre ad avere una storia comune nella buona come nella cattiva
sorte. E poi i Nolani, che si
sentono fieri di essere concittadini di G. Bruno e di C. Stigliola, non
devono trascurare la collina che diede i natali ai due più grandi ingegni
della civiltà rinascimentale, uno nel campo della Filosofia, l'altro in
quello delle Scienze e della Matematica, secondo solo a Galileo Galilei.
Curando Cicala e assistendone gli abitanti si onora, doverosamente
e convenientemente la memoria dei due grandi suoi figli.
Infine, dice Torquato, Cicala e il suo Castello, sebbene diroccato,
rimangano ancora un punto di riferimento per quanti vogliono studiare la
storia civile, economica e sociale di Nola medioevale.
- Quattro
secoli orsono G. Bruno, fanciullo, potè studiare e ricevere i primi
elementi del sapere in una scuola di Cicala; oggi gli scolari cicalesi
sono renitenti all'obbligo scolastico, oppure, loro malgrado, sono
costretti a portarsi, a piedi, in città dalla collina, in ogni stagione
dell'anno. Torquato, con un
abbozzo di sorriso maligno e ironico ci domanda: Che si dice dei due fari
luminosi da fissare sulla collina, per indicare ai cittadini dell'agro e
ai forestieri che su di essa nacquero nel sec.
XVI G. Bruno e C. Stigliola, anticipatori, sotto molti aspetti del
pensiero filosofico e delle Scienze Moderni? I due fari furono
programmati, molti anni or sono, dalla Giunta municipale
di Nola e dal Consiglio provinciale di Napoli, auspice l'allora assessore
al Turismo. Fu la solita
promessa di marinai? conclude con una smorfìa di amarezza e di delusione
il fiero cittadino di Cicala.
- Come
dargli torto? Suvvia,
eccellenza Stasi e prof. Buonaura,
ai tanti meriti che già vi riconosciamo, aggiungete anche questo: Ridate
a Cicala quanto legittimamente Vi si chiede: soprattutto il ripristino di
certi servizi sociali reclamati dal sig. Torquato.
-
-
(tratto
da: “Pagine sparse di storia Nolana” 2ª serie di Luigi Ammirati, Nola
1995 pagg. 56-63)