LONCURA STYIGIA
L’attrattiva del nero
Pubblicato su Alcedo n. del
Per
anni conosciuto nei nostri allevamenti come “Cappuccino nero”,
ultimamente ha lasciato la sua comune denominazione a beneficio di quella
scientifica, misteriosa ed affascinante di “Lonchura stygia”.
In una sola parola “Stygia”.
Questa armoniosa bellezza, è racchiusa tutta nell’incantevole
attrazione esercitata dal suo colore dominante: il nero. Un nero che
ti regala atipiche e interessanti sensazioni di piacevolezza. Un nero
che non smetti più di fissare. Soltanto il codione e le penne
sopracaudali di un lipocromo giallastro, spezzano il cupo ordine corvino,
donando una debole luce, nel sapiente equilibrio di semplicità.
Il becco ardesia lucido della tipica possanza dei cappuccini, unito
ad una posizione, sempre attenta, vigile e fiera, in una taglia di 10,
11 cm., completano l’accattivante seduzione di questa splendida,
ma poco appariscente Lonchura.
La specie ha un tenue dimorfismo estrinsecato dalla femmina in una tonalità
meno brillante rispetto a quella del maschio, con infiltrazioni di marrone
scuro nelle ali e parti superiori. Anche il giallo del codione è
un altro indice dimorfico, perché nella femmina è leggermente
più chiaro.
I piccoli all’uscita del nido hanno una colorazione accioccolattata,
ma già dal quarto mese il piumaggio comincia ad infiltrarsi di
nero, fino al completamento che avviene intorno al sesto mese.
In natura lo Stygia popola una zona ristretta del sud dell’isola
di Nuova Guinea e vive in piccoli gruppi formati da una ventina d’unità
spesso frammisti con Diamanti fetonte (Neochmia phaeton) e Cappuccini
a calotta bianca (Lonchura nevermanni), con i quali s’ibrida spontaneamente
allo stato libero.
Questa Lonchura vive preferibilmente fra il folto della vegetazione
pianeggiante, ma è abbastanza comune sulle rive dei fiumi, nei
canneti, negli stagni, nelle risaie ed anche su masse d’erbe galleggianti
dove tal volte riesce anche a nidificare.
Mediamente il nido è sistemato nel folto della vegetazione ad
un’altezza dal suolo, compresa fra 50 e 150 cm. con una forma
piuttosto irregolare, ma sempre sferica. L’esterno composto da
un intreccio di fili d’erba essiccati, nasconde una cavità
ben foderata da piume e lanugine animale, così come il corridoio
d’ingresso.
Depone mediamente da 4 a 5 uova che sono costantemente incubate dalla
femmina, che viene prontamente sostituita dal maschio ogni qualvolta
si allontana dal nido.
Entrambi i genitori provvedono all’allevamento dei piccoli con
semi di graminacee, insetti e pupe di formica in particolare.
Tra
il ventesimo e ventitreesimo giorno, i giovani escono dal nido e raggiungono
la loro indipendenza dopo ulteriori venti, venticinque giorni.
In cattività questa splendida Lonchura si presenta piuttosto
resistente e longeva, adattandosi facilmente ai ritmi di conduzione
dell’allevamento. Una dieta alimentare a base di un buon miscuglio
di semi per esotici, insieme al pastoncino morbido non grasso, basterà
a soddisfare le esigenze del nostro esotico; in ogni caso è indispensabile
arricchire la dieta alimentare nel periodo riproduttivo con un’integrazione
a base di proteine animali (tarme della farina o pupe di formica), e
dei semi germinati o immaturi, che di sicuro, aiuteranno la coppia ad
allevare senza l’ausilio delle comuni balie di Passeri del Giappone.
Dall’esperienza degli amici Alessandro Cinti e Massimo Morini,
che da anni riproducono questa Lonchura, abbiamo delle indicazioni comuni
che di certo non scoraggeranno chi vuol intraprendere l’allevamento.
Innanzi tutto dopo aver ripetuto quanto sopra riguardo all’alimentazione,
diciamo pure che lo Stygia si adatta senza sforzo al comune nido usato
per i Passeri del Giappone, che conviene fornire alla coppia, preventivamente
imbottito con fibre di sisal e cocco, lasciandogli il compito di rifinirlo
in base alle loro esigenze. Una volta completato il sito di nidificazione,
il nostro Stygia si comporterà come la gran parte delle Lonchure,
estrinsecando tutte le comunanze con questo genere a partire dalle uova,
4 – 5 del tutto simili a quelle dei Cappuccini che verranno deposte
uno al giorno. Anche nell’allevamento lo Stygia non sarà
meno dei suoi con specifici, dimostrandosi un solerte genitore; se poi
si vuole andare sul sicuro, allora le balie di Passero del Giappone
garantiranno il buon esito della covata.
I giovani all’uscita dal nido sono di un colore bruno scuro nelle
parti superiori e un po' più chiaro nelle zone pettorali e addominali.
Dal quarto mese in poi cominciano la muta verso il colore degli adulti,
infatti, tutto il corpo inizia ad infiltrarsi di nero. Ultime a mutare
sono le piume della testa. Questa fase della crescita nello Stygia,
è indubbiamente la più delicata e non è raro il
caso di assistere a blocchi di muta veri e propri, in grado di persistere
anche un anno; pertanto appare utile durante il cambio del piumaggio,
aiutare questa Lonchura somministrando un mangime complementare a base
di zinco e biotina, proprio per favorire la sintesi del piumaggio ed
intervenire nei casi di difficoltoso o lento sviluppo delle piume, favorendone
una migliore mineralizzazione della struttura. Una volta terminata la
muta questo “principe nero” si manifesterà nella
bellezza del suo splendore.
Lo
Stygia negli ultimi tempi e sempre grazie ai tentativi del duo Cinti
– Morini, sta trovando uno sbocco sperimentale nell’evoluzione
espositiva del Passero del Giappone nero bruno. Proprio in questa direzione,
si sono finalizzati gli sforzi dei due allevatori Emiliani, che lavorando
di continuo negli accoppiamenti con gli F1, R1 ed R2, hanno prodotto
nel tempo, notevoli progressi nella selezione del Passero del Giappone
nero bruno, anche se appare opportuno sottolineare il fatto che la nostra
Lonchura striata domestica ha raggiunto delle ottime caratteristiche
razziali, tali da non necessitare più dell’utilizzo d’ibridazioni
mirate con i Cappuccini, ma di semplici accoppiamenti compensativi atti
a correggere o annullare i difetti. Per facilitare il percorso operato
in questa selezione, è opportuno dare un semplice accenno di
genetica confidando nel perdono di Mendel e degli addetti ai lavori.
In genetica gli Ibridi di prima, seconda e terza generazione s’indicano
con la dicitura F1, F2, F3, per l’esattezza:
F1 = ibrido di prima generazione nato da genitori di specie diversa.
F2 = ibridi di seconda generazione nato dall’unione di due F2.
F3 = ibrido di terza generazione nato dall’unione di due F2.
La quarta generazione non è considerata più ibrida perché
presenta o l’aspetto di una delle due specie formanti la coppia
di prima generazione, o delle caratteristiche proprie intermedie e ben
differenziate da quelle delle due specie originarie.
In ornicoltura e soprattutto in ibridazione, gli F1 vengono accoppiati
con un soggetto appartenente alla specie di uno dei suoi genitori o
con uno dei genitori stessi. Il prodotto nato da quest’unione
prende il nome di R1. Da quest’ultimo R1 accoppiato sempre con
un esemplare delle due specie originarie, otterremo un soggetto denominato
R2, comunque nella pratica è consuetudine indicare sempre le
tre generazioni ibride con i termini F1, F2, F3.
Non parleremo di F4 e R3 perché i soggetti non sono più
da considerarsi ibridi.
Già dall’inizio i F1 di Lonchura stygia X Passero del Giappone,
presentano un’eccellente colorazione nero brillante, pertanto
nella strada verso la Lonchura striata domestica di colore nero, il
più, e precisamente, l’obiettivo melaninico finale, è
raggiunto in poche battute, ma l’ibrido è indiscutibilmente
carico delle caratteristiche dello Stygia e pertanto ha il becco grigio-acciaio
ed una taglia decisamente più “cappuccina”….
slanciata, piccola e scattante.
Contro
ogni aspettativa, invece, il disegno a “V” delle parti inferiori
del P. del G., si manifesta sin da subito in modo alquanto carico di
melanina, e su uno sfondo soddisfacentemente chiaro; inoltre, la classica
linea di demarcazione a forma di “U”, fra il petto ed il
ventre, si presenta ben netta e delineata. Il successivo R1, e cioè,
l’ibrido F1 accoppiato con il Passero del Giappone per traslare
su quest’ultimo la potente carica melaninica dello Stygia, purtroppo
presenta ancora l’assenza del nero sulla parte superiore del becco,
schiarisce maggiormente il fondo chiaro del disegno a spina di pesce
che mantiene un’ottima carica di nero e perde leggermente melanina
nera sul dorso a favore di un marrone scurissimo, in compenso le critiche
zone più chiare del P di G. alla base di guance e nuca, continuano
a restare piuttosto nere.
Nell’R2, e cioè il prodotto dell’R1 accoppiato con
il genitore P. di G., il becco assume sia la colorazione che la struttura
di quello della Lonchura striata domestica, la carica melaninica rimane
piuttosto alta, migliora di gran lunga il disegno a spina di pesce sul
fondo biancastro del ventre, ma la costruzione del soggetto ad un occhio
esperto, tradisce ancora l’impronta cappuccina, che sparirà
nel prosieguo degli accoppiamenti con il Passero del Giappone.
L’unione finale degli R2 con la striata domestica darà
quanto finora sperato e cioè un Passero del Giappone stupendo,
fortemente ricco di melanina nera, con un buon disegno su sfondo abbastanza
chiaro, ed un forte inscurimento delle tradizionali zone brune, in particolare
di quelle alla base delle guance e nuca, ma non lo sperato e totale
nero assoluto a scapito del bruno, a dimostrazione dell’oramai
stabile carattere fenotipico della Lonchura striata domestica.