IL
DIAMANTE DI BICHENO
(Stictoptera bichenovi)
articolo di Ivo Ginevra per Alcedo
Originario
dell’Australia settentrionale, prende il suo nome in onore a J.
E. Bicheno, illustre segretario della “Linnean Society” di
Londra dal 1825 al 1832 ed è altrimenti noto come Diamante gufo
o gufetto per le striature scure del capo e la distribuzione dei disegni
della testa.
Ha una lunghezza di 9 - 10 centimetri ed un dimorfismo sessuale appena
accennato, che lo rende riconoscibile soltanto ad un occhio molto esperto.
Le parti superiori appaiono di un grigio-brunastro con leggere ondulazioni
scure, formanti un soffuso disegno semicircolare avvolgente il dorso.
Le ali sono della stessa colorazione del dorso, ma molto più scure
ed evidenziano un disegno delicato, simmetrico e suggestivo, formato dalle
piccole perlature bianche, poste nella parte esterna delle remiganti di
primo e secondo ordine.
Il groppone riprende lo stesso colore e disegno del dorso, mentre il sopracoda
è bianco.
Le timoniere sono nere, così come la barra semicircolare che delimita
il petto dal ventre, quest’ultimo di colore bianco leggermente sfumato
di un giallo pallido.
È, invece, di un bianco candido e senza alcun’infiltrazione
di disegni o di melanina, il petto, ben circoscritto fra la striscia nera
del ventre, e quella, sempre dello stesso colore, che scende dal becco
formando un disegno circolare fino al petto.
Le parti
racchiuse all’interno di questo disegno espresso nella parte superiore,
e cioè: le guance, il mento, la gola, la zona auricolare, le sopracciglia,
sono di un accattivante bianco argenteo, ancor più valorizzato
e messo in risalto dal piccolo becco grigio argenteo e dalle attaccature
nere della striscia, che partendo dall’attaccatura della mascella
superiore, formano una “V” sulla fronte.
L’estensione maggiore o minore di questa “V”, così
come l’ampiezza della striscia del petto dovrebbero essere i criteri
distintivi dei due sessi, che nella femmina disegnata più sottilmente,
ma il confine fra un brutto maschio, o una bella femmina è molto
sottile.
La mia personale esperienza mi porta anche a prendere in considerazione
una maggiore concentrazione di sfumature grigie nelle guance e nelle zone
auricolari della femmina, in contrapposto ad una maggiore pulizia di lipocromo
del maschio.
Il corpo ben proporzionato e tondeggiante della testa, petto, ventre,
completano la descrizione di quest’uccellino, che malgrado sia privo
delle tipiche colorazioni sgargianti dei Diamanti australiani, riesce
ad esprimere un fascino emozionante, grazie alla gradevolezza del piumaggio
ed all’originalità dei disegni.
Proprio questo delicato piumaggio, è il tallone di Achille del
Diamante del Bicheno; basta, infatti, la mancanza di una semplice remigante
a spezzare il disegno delle ali, così come l’assenza di qualche
piuma a scomporre il disegno del dorso.
Appare
palese, che il soggetto in questione, per non rovinarsi il piumaggio,
deve essere preventivamente abituato alla gabbia da mostra, al fine di
farlo familiarizzare con le ridotte dimensioni di quest’ultima,
visto che gioca la sua carta vincente nella sericità e brillantezza
del piumaggio, nonchè nella pulizia, regolarità e precisione
dei disegni.
Il canto, per niente armonioso, è formato da tonalità
basse e accompagna la tipica gestualità danzante degli Estrildidi.
In natura il Diamante del Bicheno, preferisce costruire il nido nei cespugli
o in fitti arbusti, conferendogli una forma circolare e mettendo all’interno,
un piccolo corridoio discendente.
In cattività riesce ad abituarsi tranquillamente alla cassettina
da nido che imbottisce con copioso materiale, adattandosi anche alla comune
juta.
È indispensabile che la femmina abbia a disposizione una buona
dose di Sali minerali, gritt e ossi di seppia, atti a favorire una buona
formazione del guscio d’uovo. In mancanza, non sarà raro
assistere a deposizioni con uova fragili o formate solo dal tuorlo, oppure,
nei casi più gravi, veder debilitare l’uccellino per questa
mancanza d’integrazione calcica.
Le uova, generalmente quattro-sei, vengono covate dalla coppia con assiduità
per 11-13 giorni ed i pullus allo stato libero, vengono alimentati con
semi immaturi e piccoli insetti.
In gabbia si adatta ben volentieri al pastoncino morbido all’uovo
ed ai comuni semi germinati che si forniscono agli Estrildidi, pertanto
l’integrazione di natura proteico animale, po’ essere non
adottata.
Una coppia che evidenzia un buon affiatamento, può allevare con
facilità anche per tre covate all’anno, quindi è preferibile,
onde eludere il ricorso alle balie, che i partner abbiano la facoltà
di potersi scegliere fra loro, magari facendoli riprodurre in colonia,
dove riescono a dare il meglio di loro.
In mancanza di queste possibilità, le nutrici di Passero del Giappone,
accettano anche di buon grado i pullus di Bicheno, portandoli avanti fino
allo svezzamento.
In relazione con gli altri uccelli si dimostra socievole e modesto, pertanto
non crea problemi di convivenza all’interno delle voliere.
Si raccomanda
di fornire a disposizione giornaliera, l’acqua per le abluzioni,
da ritenersi necessarie per mantenere in ordine il già delicato
piumaggio e di sottrarli agli inverni rigidi del nostro paese, evitando
esposizioni al di sotto dei 10 °C, in locali molto umidi.
In ibridazione il Diamante del Bicheno si comporta più che dignitosamente,
ma non fornisce alla prole colori sgargianti, quindi è leggermente
penalizzato rispetto ai suoi colleghi, magari ammantati di rosso. Inoltre,
è anche poco usato, per cui le strade da percorrere sono molte
ed inesplorate.
Degno di menzione è l’ibrido ottenuto con il Diamante mandarino
grigio guancia nera, che stupisce l’osservatore sia per la forma
che per la pulizia e nettezza di colori e disegni.
Il Diamante del Bicheno è indole tranquilla e timida; nel tempo
familiarizza con l’allevatore non dimostrando alcuna paura dell’uomo.
Ivo Ginevra
|