LA CHIA (Salvia hispanica)

Un nuovo seme dall’origini antiche

Articolo di Ivo Tiberio Ginevra

Pbblicato su Alcedo al N°21 anno 2005

La pianta

La chia (Salvia ispanica) è una pianta annuale appartenente alla famiglia delle Labiatae. Purtroppo al nome di salvia corrispondono circa una dozzina di varietà e questo negli anni ha ingenerato una notevole confusione, facendo chiamare lo stesso vegetale con termini differenti come se si trattasse di altre specie, ad esempio: Salvia spagnola, Salvia colombiana, Salvia messicana, Salvia di chia, Chia messicano, ecc..Un ordine a tutto questo lo diede il noto botanico Carolus Linnaeus nella metà del settecento, che chiuse ogni diatriba affibbiandole l’universale nome di Salvia ispanica, nonostante la chia sia originaria del Messico e dei paesi centro americani.
I più attenti avranno notato subito il controsenso nel chiamare “hispanica” una pianta proveniente dal Messico ma, lo sbaglio commesso da Linnaeus è di certo scusabile perché agli inizi del 1500, i conquistadores introdussero la chia nel territorio spagnolo e questa si diffuse con una rapidità tale da ritenersi, intorno al 1750, come una specie originaria del luogo inducendo, pertanto, all’errore anche l’illustre biologo.
La pianta di chia, di contro, si ambientò perfettamente sfruttando a suo vantaggio i terreni argillosi ed alcalini, nonché il bel sole caldo della Spagna. La chia cresce spontanea nei paesi del centro America e soprattutto nel Messico, in particolare, fiorisce da luglio ad agosto con dei fiori tipicamente ermafroditi (hanno organi sia maschili, sia femminili), raggiungendo l’altezza di un metro.
La germinazione solitamente avviene in due settimane ed in serra è seminata fin dal mese di marzo per ottenere più raccolti.
I semi sono molto piccoli, chiazzati di scuro con vergature che ricordano pressappoco “le uova di un dinosauro in miniatura”. La loro colorazione è prevalentemente grigia nelle varie tonalità, con una maggioranza di sementi scure rispetto alle chiare, quasi bianche. Più raro è trovarle di un marrone vergato di nero.
Il chia si riesce a conservare per anni senza alcun deterioramento nel sapore, nell’odore, nel suo valore nutritivo e ciò a tutto vantaggio rispetto ad altri semi. Il suo maneggiamento è abbastanza facile per coltivatori e fornitori.

La storia

Il chia, insieme all’amaranto, ai fagioli ed al mais, era la semenza base della dieta quotidiana delle popolazioni messicane, Azteche in particolare, e d’altre civiltà dell’America centrale come quelle dei Toltechi, Zapotechi o della più conosciuta Maya.
I semi di chia ad esempio erano considerati come la razione base di sopravvivenza dei guerrieri Aztechi.
Si narra che da questo seme, gli aztechi trassero la loro forza durante le battaglie e che grazie al chia conquistarono territori e popolazioni fino a formare il grande impero avente in Tenochitlan la sua capitale.
I codici Pre-Columbiani rivelano che le nazioni conquistate dagli Aztechi pagavano in chia un tributo annuale oscillante intorno alle 4.000 tonnellate e che la capitale Tenochitlan, all’epoca abitata da 200.000 persone, ne riceveva circa 3.000 tonnellate. Di questi tributi pagati in chia, rimangono tracce anche nel codice Mendoza del 1541 e nel codex fiorentino del 1548.
Gli Aztechi facevano un grande consumo di questo seme, usandolo pure nelle cerimonie religiose come offerta propiziatoria ai loro dei, ma questa cosa non piacque per niente ai conquistadores spagnoli, che intorno al 1521 scatenarono la loro furia bruciando i raccolti e le riserve.
H. Cortes dopo aver incriminato questo seme, ne vietò la coltivazione soppiantandola con quella del frumento, dell’orzo e delle carote, proprio per soddisfare la notevole richiesta proveniente dall’Europa.
Dalla ben nota furia distruttiva dei conquistadores spagnoli, si salvarono soltanto il mais ed i fagioli che addirittura trovarono sviluppo sia nel vecchio, sia nel nuovo continente.
Il chia pertanto si avviò verso l’oscurità sopravvivendo in zone molto piccole sparse nelle montagne del Messico e del Guatemala, risorgendo intorno al 1991 grazie ad un programma di sviluppo tecnico, scientifico e commerciale nell’Argentina del nord, Colombia, Perù. Un programma che si pone anche come risultato supremo, quello di migliorare la salute umana reintroducendo il chia nelle diete alimentari, grazie alle sue eccellenti qualità nutritive.

Proprietà

Il chia anticamente fu usato come medicina curativa da parte degli Aztechi, per alleviare gli stati generali di dolore, per stimolare la secrezione di saliva, per curare le irritazioni della pelle e per disinfettare occhi e ferite.
I ricercatori del Sud America, ritengono che i semi di chia, una volta ingeriti, sviluppano all’interno dell’intestino, un gel che si traduce in una barriera fisica fra i carboidrati e gli enzimi digestivi che li scompongono, ritardando così, la conversione degli stessi carboidrati in zucchero. Questa patina gelatinosa protegge anche il tessuto intestinale da un eventuale attacco batterico. Il beneficio diretto di questo gel è a chiaro appannaggio dei diabetici, ma le proprietà colloidali idrofile dei semi di chia aiutano anche la digestione di tutti gli alimenti.
Una qualità eccezionale di questa semenza, è la sua capacità idrofila, avendo la forza di assorbire fino 12 volte il relativo peso nell’acqua; pertanto, oltre a vantare proprietà d’idratazione prolungata, è utile anche per curare gli scompensi causati dal mancato equilibrio elettrolitico.
Il chia è usato anche in gravidanza, durante l’allattamento e la crescita dei bambini per le qualità benefiche riguardanti, lo sviluppo dei tessuti. A tal proposito è somministrato anche agli atleti per una buona rigenerazione dei muscoli.
Sempre i ricercatori delle università Sud Americane, sostengono che la salvia hispanica, sia ritardante nelle malattie connesse all’invecchiamento, nonché benefica per contrastare l’insorgenza del cancro, delle malattie cardiovascolari, delle cataratte, e soprattutto, ne riconoscono un’azione protettiva sul sistema immunitario. Innegabile è il suo effetto equilibratore nei trigliceridi, con il conseguente beneficio sul colesterolo
Questi ricercatori, pertanto, incoraggiano il consumo di chia nell’alimentazione giornaliera e così come noi abbiamo rivalutato la nostra dieta mediterranea, la stessa cosa stanno facendo nei paesi del centro America, sostenendo le diete Pre-Colombiane a base di chia.
Il principio sta nell’offrire un’opportunità per migliorare l’alimentazione umana consumando il chia. Questo seme è, infatti, un’ottima fonte naturale di antiossidanti, fibra dietetica, mucillagini, proteine, minerali, vitamine (A in particolare) e soprattutto, si propone come fonte dei nobili acidi grassi polinsaturi essenziali: gli Omega 3., che grazie all’elevato contenuto d’acido alphalinolenico, sono necessari per la salute, rappresentando una risorsa naturale per il mantenimento dello stato di benessere e la prevenzione di numerose malattie.
Il chia risulta ricchissimo di Omega 3.; ne contiene addirittura più dello stesso seme di lino e di quello presente nei pesci, confermandosi come la migliore fonte naturale di acidi grassi Omega 3..

I semi di chia sono molto simili per composizione a quelli di lino ma, non possiedono i residui antinutrizionali trovati in quest’ultimo. Ecco una tabella di confronto fra i due semi

Tabella - Università di Arizona
Composizione di lino e chia per una parte commestibile di 100 gr


Sostanza nutriente Unità Lino Chía
Acqua g 8.75 4.0
Energia kcal 492 330
Energia kj 2059 1381
Proteina g 19.50 17.1
Lipido totale (grasso) g 34.00 32.8
Carboidrato
g 34.25 41.8
Fibra, totale dietetico g 27.90 22.1
Cenere g 3.50 5.2
Minerali
Calcio, Ca mg 199 870
Hierro, Fe mg 622
Magnesio, Mg mg 362 466
Fosforo, P mg 498 922
Potassio, K mg 681 890
Sodio, Na mg 34 2.0
Zinco, Zn mg 4.17 7.4
Rame, Cu mg 1.04 2.45
Manganese, Mn mg 3.28 5.85
Selenio, Se mcg 5.5

Il confronto con gli antiossidanti è a chiaro appannaggio del chia perché presenta in buone quantità, acidi assenti nel lino come ad esempio: acido caffeico, acido clorogenico, miricetina, quercetina, mentre ben equilibrato è il confronto con gli amminoacidi dove spiccano lisina, prolina, serina, valina, arginino, e cistina. Eccezionale l’apporto di niacina e vitamina A (4300 IU) assente nel lino.
Il chia possiede anche un tenore proteico elevato e più alto rispetto ad altri semi.


Usi alimentari

Dal chia si ricava una bevanda rinfrescante, saporita ed energetica.
Si narra che gli antichi guerrieri Atzechi sopportavano le fatiche della guerra per ventiquattrore, alimentandosi con un semplice cucchiaio pieno di chia. Una volta macinato, il seme può essere trasformato in pane, torte, biscotti, e tostato può accompagnare tranquillamente le miscele di cereali da usare nel latte, esaltando il sapore del miele. Arricchisce anche lo yogurt, le salse, le barre nutrizionali ed il brodo vegetale.
Le uova delle galline alimentate con il chia hanno un acido grasso simile a quello trovato nel latte umano. Sono ricche di Omega 3. insieme alle loro carni, è quindi indubbio l’alto valore nutritivo ed apprezzabile lo sforzo dei ricercatori nel miglioramento dei programmi per un più sano sviluppo alimentare. Questa somministrazione del chia arricchisce oltre ai prodotti menzionati, anche le carni di manzo, di maiale, nonché i loro derivati come prosciutto, latte, formaggio.


Altri usi

Ci sono parecchi usi industriali per il chia, fra i principali è apprezzato come vernice per carrozzeria e gomma industriale.
Dalla spremitura dei semi si ricava un olio con proprietà simili a quelle dell’olio di lino, particolarmente buono come siccativo per le vernici.
E’ anche un buon antiparassitario per le piante e proteggendone in modo naturale i raccolti, evita il ricorso potenzialmente dannoso ai prodotti chimici.
Risulta abbastanza usato nell’alimentazione intensiva di bestiame e polli.


Uso ornitologico

Dopo aver elencati i benefici che questo seme dona all’alimentazione umana, sembra superfluo dare uno spazio ornitologico per l’utilizzo della chia, pertanto non possiamo far altro che chiudere quest’articolo raccomandandolo a tutti gli allevatori, in particolare a quelli di carduelidi.
La giusta razione è quella di un cucchiaino di caffè al giorno per soggetto, che può essere anche offerta mescolata al pastoncino quotidiano. Particolarmente indicato è l’uso del seme nei periodi d’allevamento, sviluppo e muta dei giovani uccelli.
Non essendo ancora conosciuto un effetto secondario o controindicazione, il chia può essere somministrato tranquillamente secondo un uso moderato ma, senza eccedere visto il forte apporto proteico della semenza e l’alto gradimento dello stesso da parte del carduelide.
Appare pertanto ovvio durante il periodo di riposo degli uccelli, fornirlo, sempre nella misura di un cucchiaino di caffè, due volte la settimana possibilmente non consecutive.
Dalle sperimentazioni effettuate in vari allevamenti oramai da circa tre anni, si è potuto apprendere che l’uso continuato di questo seme, ha contribuito da un lato a tenere in forma i soggetti, donando una buona salute e dall’altro a risolvere positivamente alcuni problemi di carattere intestinale.

Consiglio di far macerare in un litro d’acqua da bere, due cucchiai di semi di chia per circa venti, trenta minuti. Una volta filtrata, se ne ricaverà una bevanda, come ho detto prima, rinfrescante, saporita ed energetica. Appare ovvio il consiglio di somministrare quest’infuso per ammorbidire il pastoncino secco che in tal modo viene ad essere integrato con gli utilissimi acidi grassi polinsaturi Omega 3..
Può usarsi ottimamente anche nei comuni beverini come acqua da bere, e ciò per curare disturbi gastrointestinali in genere e soprattutto per prevenire stati di malessere, in tal modo tutti gli uccelli beneficiano di questa pozione, in particolare gli esotici domestici come il Diamante mandarino od il Passero del Giappone, ai quali questo genere di semi non è per niente gradito.
Ovviamente i semi usati per la macerazione vanno gettati e la bevanda nei beverini, va cambiata ogni giorno.
E’ importante non esagerare visto l’alto contenuto proteico e non scordarsi che gli usi di questo seme arrivano da poco nel nostro continente, pertanto non essendo ancora note eventuali controindicazioni, è buona norma avere prudenza sul relativo uso e circa la preparazione della bevanda si consiglia di farla al momento.
Concludo quest’articolo, informandovi che un temerario imprenditore siciliano, proverà quest’anno la semina del chia nei suoi possedimenti in provincia di Enna, convintosi delle ottime qualità del seme e della sua enorme versatilità nei vari campi di applicazione. A lui vada il nostro buona fortuna.
Dott. Ivo Tiberio Ginevra

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