E’ dall’inizio degli anni ’80,
con Roberto Bettega, che la terra di Piemonte non vanta più campioni del calcio
in grado di arrivare in Nazionale e far sognare un’intero paese.
Nel Mundial spagnolo l’attuale vicepresidente della Juventus non partì con la
carovana di Bearzot per i postumi di un grave infortunio e non sarà mai Campione
del Mondo.
E pensare che la terra piemontese è stata la culla di grandi campioni: da Adolfo
Baloncieri a Silvio Piola, da Guglielmo Gabetto a Giampiero Boniperti e Gianni
Rivera; fino all’88enne Pietro Rava, l'unico ad essere campione olimpico e
mondiale insieme.
Oggi quali sono le promesse per il futuro? Da Cossato, quindici chilometri ad
est di Biella, terra di dolci colline e di fiorenti industrie tessili, c’è un
certo Alberto Gilardino che bussa prepotentemente alla porta. Oltre a Gilardino
possiamo annoverare anche un certo Federico Balzaretti da Grugliasco, comune
alle porte del capoluogo, giovane terzino in forza al Torino Calcio, da molti
acclamato come l’erede di Maldini in Nazionale.
Ma concentrandosi su Gilardino, e alle sue origini biellesi, rimane una
considerazione e un parallelismo storico da fare, che in questo caso,
permettetemi, calza a pennello. Alberto è nato a poca distanza da Andorno, paese
natale di un certo Pietro Micca, che nel 1706 si trova costretto a combattere,
con i piemontesi e contro i francesi, per la guerra di Successione Spagnola. Il
resto è storia nota: Pietro Micca sacrifica la propria vita per liberare Torino
dalle truppe del Re Sole durante il duro Assedio della capitale sabauda; il
Piemonte, grazie a quella vittoria, si rafforza economicamente e, non a caso,
molti storici segnano l’inizio del Risorgimento e, quindi, dell’Unità d’Italia
proprio da quell’evento.
Non voglio certo augurare la stessa sorte dell’eroe Micca al giovane Gilardino,
che magari è pure discendente dell’andornese, onore della sua terra. Ma una cosa
è certa: il gioco delle coincidenze e delle date non pare essere un caso. Nel
2006 saranno trecento anni esatti dal sacrificio di Pietro Micca. Nel 2006, anno
di Olimpiadi invernali in Italia (Torino, guarda caso), ma soprattutto del
Mondiale di Calcio in Germania, il biellese Giardino è già arruolato per
regalarci, con la nuova squadra di Marcello Lippi, una vittoria in finale per
l’Italia (magari proprio contro la Francia, giusto per rispettare le tradizioni
biellesi terminanti con «006»). Del resto una vittoria ad un Mondiale, agli
occhi degli italiani, vale come la Vittoria ad una guerra: si vedano,
oltretutto, i tanti risvolti politici e diplomatici che stanno dietro alle più
importanti competizioni sportive.
E questa volta un biellese non dovrà accendere coscientemente una miccia troppo
corta con la certezza della morte, dovrà semplicemente tirare tanti palloni
dentro un rettangolo con le reti e causare tanta gioia…