B u j i n k a n  N i n t a i  D o j o

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ALTA TENSIONE

 

"...Di questa inevitabile e imprescindibile

interazione tra corpo e mente, che avviene

ogni qual volta ci troviamo in una condizione

di conflitto, sia essa solo di carattere psicologico,

o sia di tipo fisico in palestra, come nella vita di

tutti i giorni, ne sono ben consapevoli i più nobili esperti dediti allo studio e all'insegnamento di tecniche di combattimento: i maestri di arti marziali..."

 

di Maria Rosa Distefano

 

Come vi comportate in un momento di alta tensione?

Cosa succede al vostro stato emotivo quando vi trovate in uno scontro ad alto rischio?

Riuscite a utilizzare al meglio le risorse necessarie alla sopravvivenza, rimanete paralizzati dalla paura nei primi determinanti momenti del confronto cruento o non siete capaci di muovervi affatto? La paura e la paralisi fisica e psichica sono fattori comuni agli esseri umani, siano essi agenti di polizia, impavidi combattenti o normali cittadini; tutti abbiamo paura di fronte a un confronto che riconosciamo pericoloso per la nostra incolumità.

Persino le impavide cinture nere provano paura di fronte a un confronto reale.

Grazie al lavoro di formazione in psicologia delle arti marziali ho avuto contatto con numerosi agenti di sicurezza o esperti di arti marziali dai quali, per luogo comune, ci si aspetta un comportamento scevro dalla paura e dirompente nel confronto. In realtà le cose non stanno così: persino gli addestratori delle forze armate hanno dovuto fare i conti con i limiti psicologici e fisici che si verificano nelle occasioni di confronto con un avversario.

Consapevoli di tali blocchi e limitazioni, nei training di formazione di particolari squadre di agenti speciali sono state inserite una serie di verifiche che contemperano e addestrano gli allievi a superare in maniera funzionale le difficoltà probabili in un confronto con un avversario. Forse tale consapevolezza dovrebbero acquisirla anche le scuole di arti marziali che promuovono l'insegnamento di invincibili tecniche di autodifesa senza tener conto della reale applicabilità  di tali tecniche in un momento di stress da confronto. In un confronto cruento ciò che fa la differenza, tra un individuo e un altro, non sono solo le caratteristiche fisiche e la preparazione tecnica dei singoli contendenti, ma grossa parte dipende dalla capacità psicofisica di ognuno di essi di gestire una condizione di forte stress da confronto.

Di questa inevitabile e imprescindibile interazione tra corpo e mente, che avviene ogni qual volta ci troviamo in una condizione di conflitto, sia essa solo di carattere psicologico, o sia di tipo fisico in palestra, come nella vita di tutti i giorni, ne sono ben consapevoli i più nobili esperti dediti allo studio e all'insegnamento di tecniche di combattimento: i maestri di arti marziali.

Con la parola maestro, ovviamente, mi riferisco a coloro i quali coltivano la completezza della formazione marziale e non coloro i quali ne selezionano solo una sequenza di tecniche per "fare a pugni".

 

Prima di tutto: chiarezza

La differenza tra colui che studia l'arte del combattimento approfondendone anche la dimensione psichica, e colui che impara solo una sequenza di tecniche, sta nella volontà di ognuno di conoscersi e mettersi in discussione confrontandosi con i momenti salienti della vita.

Esiste una forte resistenza in molti individui a contattare la propria parte emotiva, a tal punto da considerare accettabile il riconoscere una propria deficienza di carattere fisico tecnico, ma inaccettabile il riconoscere le proprie difficoltà psichiche. Anche gli addestratori delle Forze armate hanno dovuto fare i conti con i miti psicologici e fisici che si verificano nelle occasioni di confronto con un avversario. Infatti, consapevoli di ciò e dei limiti dei programmi di training di formazione delle loro squadre gli istruttori hanno ritenuto necessario inserire nei loro piani di formazione una serie di verifiche che addestrano gli allievi a superare in maniera funzionale le probabili difficoltà psico-fisiche del confronto con un avversario.

Prenderemo spunto da tali "verifiche", alcune delle quali addirittura quasi paradossali, per analizzare alcuni punti salienti della "psicologia del confronto" 

 

Effetto freddo

Avete mai provato a fare il bagno in un fiume con acqua freddissima, quasi ghiacciata?

Le gambe si paralizzano, perdono di sensibilità e in brevissimo tempo le stesse sensazioni inondano tutto il corpo. Il respiro diventa sottile mentre il viso acquista una espressione attonita e terrorizzata. 

Quando il corpo umano è soggetto a un improvviso abbassamento della emperatura accadono un'inevitabile sequenza di reazioni fisiche.

Il sangue si ritira al centro del corpo per soddisfare le funzioni degli organi vitali lasciando la periferia scarsamente alimentata dal sangue. Si perde la sensibilità degli arti, il tempo di reazione è rallentato, la coordinazione è compromessa la capacità di pensare è offuscata.

Un' azione di combattimento reale, il nostro psicosoma (l'integrazione di corpo e mente) può sperimentare una condizione stressante pari a quella del fiume ghiacciato: la destrezza del movimento cede il passo a una coordinazione motoria grossolana, il respiro diventa sottile e superficiale, mentre ìi tempo di reazione si dilata.

Per simulare questo stato di stress non è necessario altro che una doccia ghiacciata! In seguito a ciò immaginate che l'acqua fredda defluisca dal vostro corpo. Lo Stato di shock è passato e voi recuperate tutte le funzioni necessarie alle vostre azioni. Dopo tale esperienza non avrete ancora imparato come gestire i vostri sintomi da stress da confronto, ma sarete certo più consapevoli di cosa vi accade quando siete in una situazione ad alta tensione.Questo è uno dei primi passaggi per approfondire la psicologia del confronto: acquisire consapevolezza di quali reazioni psicomatiche ognuno di noi utilizza nel combattimento. 

L'addestramento di alcuni gruppi speciali delle forze armate brasiliane prevede I'immersione degli allievi nell'oceano ghiacciato e il loro addestramento a reagire in tal situazione. I risultati di tale addestramento hanno evidenziato negli allievi un aumento della determinazìone e della capacità di gestione delle proprie riserve energetiche.

L'allenamento psicofisico alla psicolologìa del confronto, praticato con I'ausilio della teoria e della pratica dell'analisi bioenergetica

consente all'atleta di sperimentare e riconosce le proprie reazioni psicofiche in un combattimento.

 

La fatica

La fatica è un altro fattore determinante analizzato dalla psicologia del confronto. Quando vi sentite molto stanchi anche I'azione più semplice sembra complessa da realizzare. Durante il combattimento la stanchezza sopraggiunge molto velocemente, fattore che diventa difficile da gestire, quando si verifica in uno psicosoma già provato dai su descritti sintomi di stress da combattimento. E'noto a tutti che raggiungendo i massimi livelli di stanchezza che un corpo può tollerare (privazione del sonno) si ottengono effetti nocivi non solo sul fisico, ma anche allucinazioni e disturbi di ordine mentale. Tollerare e rimanere funzionali in momenti di grande e prolungata fatica sono alcuni dei fini che sia le scuole militari, sia quelle marziali puntano ad ottenere.

L'addestramento dei corpi speciali israeliani prevede una deprivazione del sonno procurata con sveglie frequenti nel corso di una stessa notte riducendo il tempo di riposo dei loro allievi a tre ore per notte.

Le scuole marziali praticano seminari intensivi di più giorni, durante i quali si alza notevolmente il livello di fatica fisica da gestire.

Forti incrementi di fatica possono rompere le barriere psichiche difensive e scatenare inaspettate reazioni emotive. Tali allenamenti sono finalizzati ad addestrare gli allievi a mantenere in armonia funzionale il proprio corpo e la propria mente, affrontando rigorosamente e sino alla fine l'intero processo del training.

Solo alla fine del training si comprende l'importanza di aver appreso a non sprofondare e ad annichilirsi di fronte ai propri limiti, ma si impara a porsi una meta e perseguirla utilizzando a pieno tutte le proprie risorse psicofisiche.

Solo così facendo gli allievi potranno affrontare fino alla fine tutte le difficoltà di un confronto cruento.

 

Far funzionare la testa.

Distrazioni, confusione e stimoli provenienti dall'esterno contribuiscono ad ampliare la gamma di interferenze presenti in una situazione di conflitto. La quiete e il silenzio mistico di un dojo in cui si confrontano due marzialisti, come si vede nei film sulle arti marziali, è ben lontano dalla realtà di un confronto violento che può accadere nella vita di tutti i giorni o negli eventi agonistici degli sport da combattimento. Forti rumori improvvisi e un alto livello di disturbo acustico, aumentano notevolmente lo stato di eccitazione psicofisica e i sintomi di stress. Quando un individuo perde il controllo del proprio stato di eccitazione, perde il contatto consapevole e il controllo tanto della propria realtà interna quanto di quella esterna.

Per gestire adeguatamente il proprio stato di eccitazione, recenti studi sulla psicologia del confronto hanno evidenziato la necessità di insegnare all'allievo alcuni passaggi fondamentali:-come porre dei confini psico-corporei di protezione tra se stessi e le condizioni di disturbo esterno;

-come abbassare il livello di eccitazione;

-come recuperare e ottenere un buon radicamento in se stessi e nella realtà esterna.

L'addestramento di gruppi speciali delle forze armate italiane, tenendo conto del problema della gestione dell'ansia, prevede, un allenamento ad hoc e una verifica mirata. I trainer senza fornire alcuna indicazione specifica, invitano gli allievi a confrontarsi in un esercizio di sparring (combattimento d'allenamento), durante il quale, senza preavviso, interrompono il lavoro degli atleti e separano le coppie in due gruppi. L'interruzione e la separazione improvvisa dei due gruppi di atleti è finalizzata a verificare quanto, durante il combattimento, ogni atleta sia presente con chiara consapevolezza a se stesso e alle azioni del proprio avversario. Per verificare ciò si chiede, ad ogni allievo di descrivere fisicamente il proprio avversario. E' frequente che colui che durante i combattimento è travolto dalla propria eccitazione, non sia capace di vedere con chiarezza nè se stesso, nè tanto meno chi gli sta di fronte. Attraverso tale verifica I'allievo può constatare quanto, durante il confronto, rimane soffocato dalle proprie reazioni e poco attento all'avversario.

Per ottenere tale capacità di attenzione e controllo di se stesso e della realtà esterna, la psicologia del confronto allena gli atleti a migliorare le proprie capacità psichiche e fisiche utilizzando una serie di esercizi. Tali esercizi, estrapolati dall'analisi bioenergetica, insegnano mediante il controllo del respiro e il processo grounding a migliorare la percezione di se stesso e dell'avversario in occasioni di combattimento.

 

Conclusioni

Gli esempi sino a ora elencati sono solo alcune delle difficoltà che l'essere umano deve affrontare durante un confronto cruento. La psicologia del confronto si occupa ad ampio raggio di tali difficoltà avendo constatato che la problematica del confronto non si limita a interessare solo gli atleti che praticano sport da combattimento o gli agenti di sicurezza, ma in realtà interessa tutti noi nella realtà di ogni giorno. Le occasioni di confronto in cui siamo coinvolti per strada, in famiglia o sul posto di lavoro, sono ripetute occasioni quotidiane di scontri alcune volte anche cruenti, se non fisicamente, almeno psicologicamente. Quindi, allenarsi in palestra a gestire e superare il confronto con l'avversario, riconoscendo e superando i propri limiti e imparando a utilizzare al meglio tutte le proprie potenzialità, è sicuramente utile per migliorare le prestazioni nella propria disciplina sportiva o marziale, ma contemporaneamente sarà funzionale alla vita di tutti i giorni.

 

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