Spada Giapponese (quarta parte)

Concludiamo questa lunga ricerca sulle spade giapponesi, con la descrizione delle varie fasi della costruzione di una katana, che, come abbiamo visto precedentemente, è costituita da un cuore di acciaio tenero avvolto da una camicia di acciaio durissimo. Il processo fondamentale di costruzione di una tale spada, è analogo a quello utilizzato per costruire altri tipi di armi bianche: pugnali e piccoli coltelli, sono anch'essi costruiti partendo da un unico pezzo di acciaio.

Tamahagane o acciaio giapponese

L'acciaio è costituito da ferro contenente una percentuale di carbonio variabile; più' il suo contenuto è alto, più l'acciaio risulta duro. Molti fabbri in Giappone lavorano con una particolare e tradizionale forma di acciaio chiamato Tamahagane; che viene prodotto un una fornace tipica giapponese chiamata Tatara, operante per conto dell' NBTHK in Yokota, una piccola cittadina della provincia di Shimane situata nella parte occidentale de Honshu. Nella tatara come unica fonte di calore e di carbonio viene bruciato carbone vegetale. Sebbene questo tipo di fornace non sembra essere un'invenzione giapponese, infatti potrebbe aver avuto origine in Manciuria durante il V-VI sec. A.C., durante il XIV sec. i fabbri che operarono, furono responsabili di due importi innovazioni nella tecnologia della fusione: l'utilizzo di un canale di scolo per i rifiuti della fusione e l'aumento delle dimensioni della fornace stessa. Durante il periodo Muromachi, tutte le innovazioni tecnologiche apportate alla lavorazione dell'acciaio, risultarono provenire quasi esclusivamente da un unica zona situata nelle vicinanze del Mar del Giappone, Shimane. In questa zona si trovavano le piu' grandi riserve di carbone e la sabbia ferrosa qualitativamente migliore; per queste ragioni, alla fine del periodo Edo circa l'80% di tutto l'acciaio giapponese veniva prodotto a Shimane. Queste fornaci, che funzionavano principalmente durante il periodo invernale a causa delle alte temperature che si sviluppavano al loro interno e nelle loro vicinanze; gradualmente persero di importanza e cominciarono il loro declino parallelamente ai vari periodi di pace che attraversarono il Giappone; l'ultima tatara funzionante terminò la produzione di tamahagane nel 1925. Tra il 1933 ed il 1944 ci fù una piccola ripresa dovuta all'interessamento di Yasukuni Shrine che costruì ed installò una tatara personale nella prefettura di Shimane. Solamente nel 1975 l'NBTHK (Nhion Bijutsu Token Hozon Kyokay) decise di ritornare alla tradizione ripristinando l'originale produzione di tamahagane con l'installazione di una nuova tatara nella stessa prefettura. Ai giorni nostri, quando è in produzione, la fornace è condotta da circa una dozzina di uomini che lavorano in turni di dodici ore ciascuno. Nella zona di Shimane, il ferro sotto forma di minerale grezzo è chiamato satetsu ed è il prodotto della erosione naturale subita dai depositi ferrosi che si trovano nei letti del fiumi; oggi il satetsu viene estratto dai mucchi di sabbia utilizzando una grossa calamita .
La tatara è costruita essenzialmente in argilla, ed il suolo su cui viene edificata è preparato creando una grande superficie sotterranea formata da pietre e argilla, in cui l'area appena al di sotto del forno vero e proprio è quindi riempita con carbone. La sua funzione principale è quella di prevenire qualsiasi forma di umidità che potrebbe derivare dall'evaporazione e dall'abbassamento di temperatura durante il funzionamento della fornace, e, se concepita e costruita adeguatamente, questa zona sotterranea può essere utilizzata per diversi anni. Ogni volta che la tatara inizia la produzione dell'acciaio, le sue pareti vengono ricostruite con mattoni di argilla, la cui composizione è tale da renderli resistenti al calore ed all'auto fusione. Alla base di ciascuna parete che costituisce il forno si trovano dei fori in cui sono inseriti dei mantici azionati da un motore. Un ciclo operativo completo della fusione in una tatara dura cinque giorni: un giorno per costruire le pareti, tre giorni per la fusione vera e propria, un giorno per rimuovere il ferro non utilizzato. Essenzialmente la tatara è una vasca di argilla larga 1,5 mt, alta 1,30 mt, e lunga 4,5 mt. (misure approssimative). Dopo aver costruito le pareti, viene acceso un fuoco alla base della vasca alimentato continuamente con pezzi di pino e di quercia per circa tre ore; successivamente sulla sommità del carbone formato viene steso uno strato di sabbia ferrosa immediatamente seguito da uno strato di charcoal. Dopo circa 30 minuti si ripete la stessa operazione in modo tale che carbone e sabbia vengano aggiunti ad intervalli di 30 min. per 72 ore consecutive. Quando il ciclo di fusione è terminato, la tatara ha consumato circa 13 tonnellate di carbone e circa 8 tonnellate di sabbia. La temperature raggiunte durante questo periodo oscillano tra i 1200 ed i 1500 gradi. Abbiamo precedentemente visto che le impurezze del ferro hanno una temperatura di fusione più bassa di quella del metallo, quindi fondendo colano attraverso i fori di drenaggio; in questo modo rendono possibile la combinazione del carbonio contenuto nel carbone con il ferro puro così ottenuto. Il risultato di questo enorme consumo di materiale è la formazione di un unico blocco di acciaio del peso di circa 2 tonnellate chiamato kera.
A questo punto del ciclo produttivo le pareti della tatara vengono abbattute, ed il blocco viene spaccato in dodici pezzi più piccoli; ogni "pezzetto" viene tagliato a fette con un maglio fino al raggiungimento della dimensione di un pugno; i pezzettini così risultanti verranno ispezionati e classificati prima del loro utilizzo. Circa la metà del blocco di kera è composto da acciaio con un tenore di carbonio che oscilla tra lo 0,6 e l'1,5 %; questa porzione viene chiamato tamahagane. I 2/3 di esso risulta essere acciaio di ottima qualità con un tenore di carbonio che oscilla tra l'1 e l'1,2 %; il resto viene utilizzato per combinare assieme pezzi con una più alta o più bassa % di carbonio. La metà di kera che non è considerato tamahagane può essere convertita in una riserva di acciaio utilizzabile attraverso l'addizione o la riduzione di carbonio. Differenti gradi di durezza o di morbidezza dell'acciaio corrispondono a differenti comportamenti della lama sottoposta a shock. Durante secoli di esperienza, a prima vista i fabbri sono in grado di riconoscere e determinare la % di carbonio presente in qualsiasi pezzo di acciaio a prima vista. Le differenti % producono interessanti effetti ottici sulla superficie del metallo; queste caratteristiche risultano fondamentali nella valutazione complessiva della lama.
Un buon tamahagane deve risultare denso e pesante presentando un luminoso colore argenteo ed una fine struttura; di contro un cattivo tamahagane risulta avere un grossolano colore grigio scuro. Alcune macchioline gialle, blu e porpora che compaiono sulla superficie dell'acciaio possono essere indice di impurezze, ma anche più semplicemente possono comparire dopo la prima esposizione del metallo all'aria che ne determina l'ossidazione.