Libero

Vita al convento SS. Trinità nel '900

Testimonianze

 

La lontananza (abito a Giarre in provincia di Catania) mi impedisce al momento di recarmi personalmente presso la Biblioteca provinciale dei frati minori, anche se penso che certamente un giorno ritornerò in quei luoghi della mia memoria. Erano i primi anni Cinquanta ed io giovinetto, a causa di una bocciatura conseguita al primo anno di scuola media, presso l'istituto di “Largo Campo” in Salerno venivo iscritto presso l’istituto parificato scuola media -convento SS.trinita' -Baronissi. Certo l’inizio non fu facile; l’affettuosa accoglienza dei frati minori, però ben presto ci fece dimenticare il trauma iniziale. Cosa ricordo di quegli anni? Il convento, allora si trovava sopra un monticello e nel periodo invernale faceva molto freddo, non c’erano naturalmente i riscaldamenti ed io conobbi per la prima volta cosa significasse avere i "geloni"; nella parte retrostante la chiesa  capitava a volte, scavalcando il muretto per andare a prendere il pallone, di imbattersi in teschi ed ossa umane, che noi cristianamente, raccoglievamo, per riporle in un locale abbandonato sito nei pressi; trattavasi di soldati uccisi durante i combattimenti avvenuti in quel luogo. Ricordo a tal proposito lo scherzo macabro organizzato in quegli anni. In breve abbiamo preso una tartaruga  (da qualche tempo accanto al convento, esattamente di fronte all'ingresso della chiesa, erano venute ad abitare delle suore; queste allevavano galline, conigli, c’era anche la tartaruga  protagonista dello scherzo). Durante il giorno, senza farci notare abbiamo sequestrato la tartaruga, portato via un teschio, rubata in chiesa una candela e riposto il tutto dentro quegli armadietti metallici, di color marrone ,che servivano per riporre il nostro vestiario. Durante la notte, ad un segnale convenuto, la tartaruga venne fatta uscire dall'armadietto:    legando sopra il teschio e mettendo dentro una candela accesa. Non vi dico quello che è successo. In   quegli anni il padre rettore si chiamava Gaeta Attanasio, mentre il frate, nostro istitutore, veniva da noi chiamato "padre maestro" e rispondeva al nome di padre Adolfo Terebinto. L’ingresso del convento era accanto alla chiesa; tra la porta dell’una e dell’altro vi era una apertura che immetteva nel chiostro; era il luogo dove noi passeggiavamo tutte le volte che fuori, nel cortile,(non asfaltato) c'era cattivo tempo; entrando nell'ingresso accanto alla chiesa, si trovavano due stanze, una a sinistra ed una a destra che servivano come luogo di incontro con i genitori (questo avveniva la domenica) a tal proposito ricordo e della cosa ho avuto un gradito contatto telefonico, dopo 50 anni (soltanto...), con il sig. Pantaleone Mario. Chi e' costui direbbe il Manzoni.Il sig. Pantaleone Mario è il titolare della famosa ed antica pasticceria sita in via dei Mercanti a Salerno; il fratello Luigi era anche lui un compagno convittore di quegli anni, per cui quando la domenica venivano i genitori per le visite,una delle più gradite era quella dei Pantaleone.(non vi dico quante prelibatezze portavano al figlio Luigi , il quale generosamente ce li offriva: ebbi come dicevo occasione di riuscire a contattare la pasticceria Pantaleone, qualche anno orsono; chiedendo del mio compagno Luigi, il fratello Mario commosso mi disse che questi era morto all'età di quarant’anni; ricordo la mia profonda commozione a tale notizia e fra i tanti ricordi che ebbi a dirgli  riguardanti la nostra vita di collegio una soprattutto lo colpì e fu questa: il silenzio regnava sovrano, anche perché in fondo alla stanza, assiso su un piano alto c'era il nostro severo "padre maestro", eravamo nello "studio" il quale trovavasi all'ultimo piano, ad un tratto Luigi che aveva il banco dietro di me dimenticando l'ordine del silenzio mi chiamò esclamando: "guarda cosa mi e' venuta in mente??”. Io mi girai verso di lui ed egli compaciuto per la "scoperta" continuò declamando questa sua improvvisa ispirata frase: " la vita e' un complesso di azioni messe in movimento dalla necessità". Bravo Luigi. In quei primi anni Cinquanta una terribile e devastante alluvione colpì Salerno e dintorni; molti convittori ebbero il permesso di raggiungere i propri cari; altro avvenimento importante di quegli anni fu il "il millenario della morte di S. matteo"; fu un momento, mi dissero, (io non c'ero alle manifestazioni) veramente eccezionale con la venuta  di molte delegazioni dall'Oriente).La vita del convittore era dura, anche se spesso veniva allietata da accese partite al pallone fatte contro i "temibili fratini". Questi erano ragazzi che avevano manifestato l'intenzione di seguire la via di S. Francesco; in quegli anni venne sostituito il pavimento della chiesa. Entrando nel convitto c'era una piccola scalinata, poi un pianerottolo da dove scendendo si andava al "refettorio" mentre salendo si andava nelle camerate. A proposito del refettorio: non ricordo nei tre anni di convitto di aver mai mangiato "pane fresco"; molta marmellata e tante buone, buone mozzarelle di bufala, questo sì.  Le posate non venivano mai lavate, bensì asciugate con il pane e conservate dentro il tovagliolo, dove, malgrado fosse raffermo, nascondevamo il pane  in esubero per il giorno dopo. Eravamo nell'età dello sviluppo, faceva tanto freddo e ... tanta fame. Ricordo anche il nome del nostro professore "Turri Raffaele"; a lui era  dato il compito di propinarci tutte le materie. Questi viveva durante la settimana in convento, ed andava via il sabato pomeriggio, durante l'arco della giornata molti erano i momenti dedicati alla preghiera. Sveglia verso le sette, pulizia personale (l'acqua era semplicemente ghiacciata), rifare il letto (materasso piegato in due) e scendere giu' nel refettorio per la colazione: latte,latte sempre latte si saliva poi al secondo piano,nello "studio", si preparavano i libri e si usciva per andare in classe (le aule erano tre a seconda dello studio frequentato). Finite le lezioni,si ritornava nello studio, si riponevano i libri nel proprio banchetto, anzi dentro il ripiano ribaltabile, e si attendeva la campanella  per scendere nel refettorio per il pranzo. Preghiere all'inizio del pranzo, altre preghiere alla fine. I nostri superiori sedevano in quella zona dove ora sembra a seguito delle ristrutturazioni è stato rinvenuto un antico affresco; le ali del refettorio servivano per noi convittori. Al termine del pranzo, si andava nello "studio" per fare i compiti; verso le 15,00 si scendeva nel cortile a giocare al pallone. Questo non era come il pallone che conosciamo oggi, il quale si gonfia servendosi di uno spillo ed una pompa. Il pallone di allora aveva all'interno una camera d'aria,la quale ,sgonfia veniva fatta entrare da una apertura rettangolare di circa 6/7 cm. di lato; detta apertura, una volta avvenuto il gonfiaggio di questa camera d'aria interna,veniva chiusa da robusti lacci( cosi come si fa per i lacci delle scarpe). Non vi dico quando si colpiva di testa e si aveva la sfortuna di battere il capo dove c'era la chiusura con il laccio..., Verso le 17-17,30 si ritornava nello studio aspettando il doppio tintinnio della campanella,per andare nel refettorio e cenare. Ritornando nelle camerate si pregava  recitando (allora in latino) le preghiere della sera e poi fatto il letto ci si appressava a dormire. Spero di inviarvi al più presto  fotocopia di cartoline raffiguranti le camerate di allora, una mia foto dove ci sono io orgogliosamente vestito da convittore ( la if sul cappello sta per istituto francescano), una fotocopia delle norme di comportamento vario che dovevano essere osservate da noi convittori. A distanza di tanti anni , con grande meraviglia della mia famiglia, ricordo anche il famoso inno che noi convittori recitavamo in occasioni importanti e che qui di seguito (non ricordo se gia' l'ho mandato) vi scrivo:-sulla vetta del mistico colle-nell'incanto di giovani vite-il vetusto convento si estolle- al sorriso perenne del cielo-fra le sante sue ombre romite-si dischiude la prole fedel-o pia giovinezza-dai santi ideali-sospira ed olezza-la piena speranza-dei frati minori.Quanti,quanti,quanti ricordi.a voi che avete la grande fortuna di frequentare questi luoghi a me tanto cari, a voi va il mio affettuoso grazie per aver "sopportato" queste mie righe.Un saluto particolare va al sig. De Santis per aver dato a me l'occasione di esternare tutte queste mie rimenbranze. Spero molto presto di venirvi a trovare ed avere la gioia di potermi far accompagnare da voi nel "nuovo convento". Sarà un modo per rivedere assieme a voi come era prina e come è adesso. Vi manderò al più presto, per lettera quanto promessovi, e vi prego di inviarmi, ripeto anche in fotocopia foto od articoli riguardanti il convento.

 Pax et bonum ,   dr. Patti Rodolfo.


 

Caro Rodolfo,

Ti ringrazio per il tuo messaggio, che ho letto con tanto piacere. Noto dai tuoi diversi messaggi che nutri ricordi entusiastici e nostalgici circa il periodo trascorso presso il Convento SS.Trinita'. Posso confermarti che ho le medesime sensazioni.

Devo precisare innanzitutto che io non ero convittore, bensi' fratino, e, sebbene i fratini facessero vita separata e diversa, ricordo chiaramente i convittori.

La figura del Padre Rettore , personaggio unico ed indimenticabile, e' rimasta indelebile sia nella mia mente che nel mio cuore. Ricordo addirittura la sua cella, a cui s'accedeva da quall'immenso lunghissimo corridoio illuminato da un unico enorme finestrone in fondo . La sua piccola cella, con un semplice lettino, una scrivania con su una piccola riproduzione della "durlindana",un Crocifisso ed un inginocchiatoio, ed uno scaffale con tanti libri, era tutto quel che possedeva.

Di Padre Attanasio ricordo sopratutto non solo la sua maestria all'organo, bensi la sua maestosa voce tenorile, quando, nel coro dietro l'altar maggiore della chiesa, la tastiera dell'organo in mezzo con intorno, a semicerchio, il coro in legno intarsiato nei cui posti sedevano i fratini cantori durante la celebrazione di importanti Liturgie.

Da quel coro noi fratini cercavamo di sbirciare "il mondo", attraverso le tendine ai lati dell'altare che a volte,non tirate completamente, lasciavano uno spiraglio che ci consentiva di guardare i fedeli in Chiesa.Dietro quell'altare si stava in preghiera, in meditazione, per canti Liturgici, vespri, SS.Messa,eccetera.Padre Attanasio era sempre con noi, li' al centro, seduto all'organo.

Ricordo il frate-cuoco, che si mostrava sempre sorridente dal finestrino tra la cucina ed il refettorio, e, contrariamente a quanto ricordi tu, ho viva memoria di pane sempre freschissimo di giornata. Infatti giungeva al convento su di un carretto tirato da un cavallo, quindi portato nella dispensa in fondo al refettorio.Erano panini normali, che un fratino addetto (si chiamava Fasano ) tagliava in quattro e distribuiva. Il mio posto era infatti di fronte alla dispensa, e Fasano sedeva con me.Ricordo vagamente che quel pane pare provenisse da un beneffattore.

Il martedi ed il giovedi ci servivano pasta asciutta e per secondo salsicce fresche con patate, al forno. La domenica, pasta asciutta con carne varia.

Non mi pare che con noi, nello stesso refettorio, ci fossero i convittori. Ricordo invece che il Padre Rettore mangiava con noi al tavolo capo-sala vicino all'ingresso del refettorio. Al centro c'era il leggio, per la lettura di passi sacri durante i pasti.

Ricordo il professore di latino, Padre Elia, e quello di Religione (materia piu' importante per noi fratini ) Padre Francesco che era anche il Padre Guardiano.

Il periodo piu' misticamente intenso era la settimana santa. A noi fratini non era consentito andare a casa, il che' ci consentiva di vivere un'esperienza unica ed indescrivibile. Il venerdi' santo non era raro vedere lacrime sul viso di vari fratini, e qualche padre, durante la funzione religiosa.

I padri Francescani sono educatorii incomparabili e,maestri nella formazione di futuri religiosi, e, sebbene solo pochi,pochissimi sono coloro che giungono infine al sacerdozio, si puo' dire altresi' che tutti coloro che hanno avuto il privilegio del loro stampo educativo, ne hanno tratto immenso beneficio e si son ritrovati dei valori e dei principi che hanno toccato la propria vita in tutte le sue manifestazioni.

Alcune settimane fa' mi fu possibile ottenere delle stupende fotografie del convento da uno dei siti su Baronissi.

 Come vedi, io, come te, indugo con nostalgia alla ricerca di quel mondo, e mi pare incredibile inviare questo messaggio a qualcuno che era li' come me, ha gli stessi ricordi, lo stesso entusiasmo, e la stessa ammirazione per i padri Francescani, che, noto, pare abbiano instillato in te gli stessi principi.

Cordiali saluti

Tony Vissicchio  

 

Il "fratino" dr. Tony Vissicchio,vive e lavora negli USA

 

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