Materiale per la Giornata della Memoria (27/01)

-raccolto in rete-

si veda anche www.ucei.it


Un’eredità condivisa

Amos Luzzatto,

Presidente dell'Unione delle Comunità Ebraiche Italiane

Un aspetto esenziale della Shoah, intesa come progetto nazista dello sterminio degli ebrei in Europa, era quello dello sradicamento della cultura ebraica, la quale, nella visione razzistica antisemitica, avrebbe "contaminato" il mondo ariano molto di più di quanto non potessero fare, in sé e per sé, le donne e gli uomini ebrei. E' partendo da questa premessa che l'avvio allo sterminio fu contrassegnato dai roghi dei libri.

Ma se è certamente vero che i libri sono strumento di cultura, è altrettanto vero che essi non si identificano con una cultura. Questa abusatissima parola indica una entità che va formandosi storicamente nell'ambito di una società che, al tempo stesso, ne garantisce la continuità nella sua evoluzione, e ne è garantita per quanto riguarda la propria identità.

Le componenti della "cultura sono molte. Si tratta, prima di tutto, di codici di comunicazione che informano di sé tutta la vita quotidiana, dagli usi specifici di certe parole, a metafore che gli estranei non capiscono, agli orari della giornata, alla mimica, al modo di usare certi abbigliamenti, al cibo, alle gerarchie famigliari, alle ricorrenze, alle cerimonie, ai riti e alle credenze. Il quartiere ebraico prima, il Ghetto poi, sono stati un condensato della cultura degli ebrei. Come spiegare, tanto per fare un esempio, che, quando un ebreo italiano dice di qualcuno che ha fatto ngosé shalom non intende dire che ha fatto pace con qualcuno ma che ha fatto un passo indietro, allusione ai tre passi indietro che si fanno, pronunciando queste parole, al termine delle "diciotto benedizioni"?

E' una trasposizione nella vita abituale e nei suoi piccoli usi di gergo quotidiano di elementi che erano originariamente intesi come atti di culto. Ciò fa di tanti piccoli e anonimi ebrei degli anelli di una catena che, attraverso i secoli, conserva una cultura.

La chiusura degli ebrei nel Ghetto, come è avvenuto a Varsavia, per poi distruggere ebrei e Ghetto assieme, hanno avuto in questo senso un cupo valore simbolico. Il Ghetto non era un "campo di concentramento" dove tutto dipende dall'esclusivo arbitrio del carceriere: aveva invece le sue istituzioni, il Consiglio ebraico, la polizia ebraica, anche l'autorità rabbinica. Il tutto estremamente limitato, nello spazio e nel tempo, sì da farne una cinica caricatura con lo scopo di esibirlo nella qualità di ultima tappa tanto delle persone quanto della loro cultura.

Dopo la II Guerra mondiale, con la tragica presa di coscienza di cosa e quante fossero le macerie della Shoah se n'è voluto perpetuare il ricordo, onorando così i martiri, con l'edificazione di Musei, di monumenti, di Centro di studio e documentazione del passato. Tutti atti meritori, soprattutto quando sono stati voluti e realizzati da Governi, da istituzioni, da enti non-ebraici, per rappresentare al tempo steso un esame di coscienza e – speriamo – un impegno per il futuro. Questo è anche il senso della giornata della memoria del 27 gennaio.

Se ora diciamo che questo non basta, non lo facciamo per ridurne la portata o per deprezzarne lo sforzo. Al contrario, vi partecipiamo anche noi con pieno convincimento. Ma affermare che non basta significa che il più bello dei mausolei non potrà mai far rivivere quella palpitante realtà umana che è stata distrutta. Al tempo stesso é un invito a coloro che ancora possono farlo di narrare quella realtà, che è fatta certamente di grandi scuole talmudiche o letterarie ma anche di centinaia di episodi modesti di vita quotidiana, come quello dello stracciarolo di una Shtetl che, spingendo il suo carretto con la misera mercanzia, strilla con la tipica cantilena: "Alte Sachen" ovvero "robivecchi", che ha il suo equivalente in altri quartieri ebraici, in altre località e sotto altri paralleli.

Questa realtà, questa società sono perdute per sempre, sono state sradicate.

Possiamo partire da queste realtà per costruire la nostra memoria. Perché, anche se siamo distribuiti in nuove e diverse società globalizzate, anche se, da Parigi a Roma, da Berlino a Londra siamo sempre più integrati in altre realtà, in altri costumi, anche se il nostro gergo è quello della TV e di Internet, i nostri nonni, i nostri bisnonni erano quelli e noi ne portiamo l'eredità, che è certo una parte importante di quello che siamo ancora oggi.

 


 

Diego Vanini

 

PER NON DIMENTICARE

Riflessioni, documenti, idee opposte

 

 

 

 

Un eccezionale documento del Simon Wiesenthal Center:

Trentasei domande sull’Olocausto

Cosa è un campo di concentramento? Quanti morirono?

Cosa fecero le varie organizzazioni internazionali? E la Chiesa?

 

Allegati troverai: documenti, leggi, riflessioni, articoli di giornale.

 

 

 

 

 

 

Pro manuscripto


INTRODUZIONE

 

            Parlare di Olocausto, dei campi, di regimi ed in genere della seconda guerra mondiale e degli anni ’20, ’30 e ‘40 è oggi ancora molto difficile; lo è per i grandi storici e lo è maggiormente per giovani come me e magari come te che stai leggendo questo libretto, visto che siamo costretti a raccogliere notizie e testimonianze qua e là senza avere la certezza assoluta della attendibilità di ciò che ci viene detto.

Io nei campi di sterminio ci sono stato personalmente, ho visto, ho parlato con persone che lì ci sono state durante la guerra ed hanno vissuto sulla propria pelle le sofferenze, le violenze, la fame. Nei loro occhi leggi che è tutto vero, che quello che ti raccontano è successo. L’Olocausto e i campi di lavoro, concentramento e sterminio ci sono stati, sono fatti storici, anche se qualche pazzo (sempre meno, fortunatamente) va ancora dicendo che sono stati solo un’invenzione di propaganda.

I regimi, le dittature, gli autoritarismi ci sono stati, sono anch’essi fatti storici, le idee erano diverse, i metodi forse diversi, ma i risultati sono stati ovunque e comunque terribili.

Il problema di noi giovani è che la scuola non lascia molto spazio a queste vicende. Forse, siamo temporalmente ancora troppo vicini per poter guardare con il giusto “distacco storico” gli eventi terribili della seconda guerra mondiale e degli anni che la precedettero e la seguirono; o forse i nostri storici, inevitabilmente schierati con le loro opinioni e idee politiche, stanno aspettando che tutti i testimoni ci lascino per raccontare la “loro” storia con tutta tranquillità, senza il timore che nessuno li possa contraddire citando esperienze dirette.

            Qualcuno ha detto qualche tempo fa: «Dobbiamo dire ai giovani che il ventre che ha generato il nazismo non è ancora sterile». È giusto e vero, ma io mi permetto di aggiungere che qui non si tratta solo di nazismo, fascismo, comunismo o quant’altro: questo ventre malefico partorisce violenze e odio senza etichette politiche! La violenza non è fascista, comunista, nazista o chissà cosa!

L’odio, il razzismo, la guerra, non hanno colore politico o ideologia! Nella storia vi sono state stragi terribili compiute da persone mosse da idee politiche diversissime, spesso contrapposte, e sarebbe quindi sbagliato raccontare solo metà storia lasciando via l’altra metà.

 Noi oggi abbiamo il dovere di vigilare, di raccogliere il testimone di coloro che se ne vanno per sempre, dobbiamo essere attenti, perché il razzismo e l’odio verso altri esseri umani nascono quasi sempre in silenzio, poi crescono piano piano tra l’indifferenza della gente, approfittando di problemi come la disoccupazione, la crisi economica, l’ignoranza, la mancanza di valori: quando si cerca di fare qualcosa per fermarli è ormai troppo tardi. Ed è sempre stato così, la storia si ripete.

Il fatto è che, oggi più che mai, la conoscenza è in mano ai mezzi di comunicazione e un uso distorto di questi mezzi può creare convinzioni sbagliate, superficiali, che a lungo andare possono portare a visioni distorte della realtà. Per questo problema il mio consiglio è semplice e forse banale: non fidatevi mai di quello che una televisione, un giornale, o un altro mass media vuole farvi credere. Controllate la veridicità di ciò che vi dicono, leggete più giornali diversi o guardate più telegiornali di reti diverse. Notate i differenti modi di presentare una stessa notizia, raccogliete gli articoli, fatevi dei dossier; in ogni cosa, cercate a fondo, guardate cosa c’è dietro, chi c’è dietro, studiate la questione sotto più punti di vista, non credete subito a tutto quello che cercano di trapiantarvi nel cervello.

Siate critici, non accettate mai le cose senza chiedervi un perché: c’è sempre, basta cercarlo. Comportandovi così avrete in mano una carta vincente, vedrete più lontano gli altri, e questo per due motivi: primo, perché non sarete dei creduloni, e secondo perché vedrete con gli occhi della storia.

Se non stiamo attenti succederà ancora; magari non negli stessi luoghi o con le stesse ideologie o simboli, ma succederà ancora... anzi, in Bosnia, in Ruanda, in Corea, in Algeria ed in altri luoghi dei quali non sapremo mai, è già successo... E noi, magari, non ce ne siamo neanche accorti, o abbiamo cambiato canale per non impressionarci troppo e rovinarci la giornata.

Leggete attentamente le pagine che seguono. Sono solo una “infarinatura” per cercare di farvi capire la portata del fenomeno. Credo che molte di queste notizie non le troverete nei vostri libri di testo, e non li troverete nemmeno nei programmi di storia, a meno di non avere docenti particolarmente attenti al problema, ma sono pochi. Chiedete loro di farvi studiare la storia di questo ultimo secolo; vi aiuterà ad essere più attenti, ad essere più pronti a ribattere tutti coloro che cercheranno di inculcarvi idee nella testa approfittando della vostra (e anche nostra) ignoranza.

È da qualche anno che ho come l’impressione che qualcuno voglia che rimaniamo stupidi, forse per maneggiarci meglio, o per farci esaltare meglio, un po’ come successe anni ed anni fa...

Non saltate l’ultima parte del programma di Storia perché non c’è tempo, piuttosto studiatela voi per vostro conto; io lo sto facendo adesso, a ventitré anni... Se avete retto alla lettura di questa noiosa pagina, vuol dire che siete pronti a leggere anche il resto; segnatevi le parti più importanti.

Se avete domande, scrivetele su un pezzo di carta: ne parleremo se e quando ci incontreremo nella vostra scuola.

Un’ultima cosa: non crediate di avere a che fare con un esperto storico; anche io, purtroppo, sono molto ignorante in materia. Ma non m’importa, mi sto rifacendo poco alla volta e l’importante è cominciare a correre, anche perché ho fatto una promessa ad un ex deportato che ora non c’è più; ci ha passato un testimone importante, dobbiamo portarlo tutti insieme.

A presto.

                                                                                             

Diego Vanini


36 Domande sull'Olocausto

 

1. Quando si parla dell'Olocausto, a quale periodo della storia si fa riferimento?

 

Il termine "Olocausto" si riferisce al periodo dal 30 Gennaio 1933, quando Hitler divenne Cancelliere della Germania, all' 8 Maggio 1945 (Il giorno della Vittoria), la fine della guerra in Europa.

 

2. Quanto ebrei furono assassinati durante l'Olocausto?

 

Pur essendo impossibile accertare l'esatto numero di vittime ebree, le statistiche indicano che il totale fu di oltre 5.860.000 persone. La maggior parte delle autorità generalmente accettano la cifra approssimativa di sei milioni.

 

3. Quanti civili non-ebrei furono assassinati durante la Seconda Guerra Mondiale?

 

E' impossibile stabilire il numero esatto: tuttavia la cifra generalmente riconosciuta si aggira sui 5.000.000. Tra i gruppi assassinati e perseguitati dai nazisti e dai loro collaboratori, vi erano: zingari, serbi, membri dell’intellighenzia polacca, oppositori della resistenza di tutte le nazionalità, tedeschi oppositori del nazismo, omosessuali, testimoni di Geova, delinquenti abituali, e "antisociali", come, ad esempio, mendicanti, vagabondi e venditori ambulanti.

 

4. Quali furono le comunità ebraiche che subirono perdite durante l'Olocausto?

 

Tutte le comunità Ebraiche dell'Europa occupata subirono perdite durante l'Olocausto. Le comunità Ebraiche del Nord Africa furono perseguitate, però gli ebrei di questi paesi non furono deportati nei campi di sterminio, ne assassinati sistematicamente.

 

5. Quanti ebrei furono assassinati in ciascun paese e che percentuale della popolazione rappresentavano prima della guerra?

 

Austria 50.000 -- 27,0%

Italia 7.680 -- 17,3%

Belgio 28.900 -- 44.0%

Lettonia 71.500 -- 78,1%

Boemia, Moravia 78.150 -- 66,1%

Lituania 143.000 -- 85,1%

Bulgaria 0 -- 0.00%

Lussemburgo 1.950 -- 55,7%

Danimarca 60 -- 0.7%

Paesi Bassi 100.000 -- 71,4%

Estonia 2.000 - 44,8%

Finlandia 7 -- 0,3%

Polonia 3.000.000 -- 90,9%

Francia 77.320 - 22,1%

Romania 287.000 -- 47.1%

Germania 141.500 -- 25,0%

Slovacchia 71.000 -- 79,8%

Grecia 67.000 -- 86,6%

Unione Sovietica 1.100.000 -- 36,4%

Ungheria 569.000 -- 69,0%

Yugoslavia 63.300 -- 81,2%

 

(Fonte: Enciclopedia dell'Olocausto)

 

6. Che cos'è un campo di sterminio? Quanti ne esistevano? Dove erano ubicati?

 

Un campo di sterminio (o di strage di massa) è un campo di concentramento con attrezzature speciali progettate per uccidere in forma sistematica. Esistevano sei campi di questo genere: Auschwitz-Birkenau, Belze, Chelmno, Majdanek, Sobibor, Treblinka. Erano tutti situati in Polonia.

 

7. Qual è il significato del termine "Soluzione Finale" e qual è la sua origine?

 

Il termine "Soluzione Finale" (Endlösung) si riferisce al piano Tedesco di sterminare tutti gli ebrei d'Europa. Il termine fu usato alla Conferenza di Wannsee (Berlino, 20 Gennaio 1942) dove gli ufficiali tedeschi ne discussero la realizzazione.

 

8. Quando ebbe inizio la "Soluzione Finale"?

 

Mentre migliaia di Ebrei venivano uccisi dai Nazisti o morirono a causa delle misure discriminatorie adottate contro di loro, durante i primi anni del Terzo Reich, lo sterminio sistematico degli Ebrei non ebbe inizio fino all'invasione, da parte della Germania, dell'Unione Sovietica nel Giugno 1941.

 

9. Come definivano i Tedeschi un Ebreo?

 

Il 14 Novembre 1935 i nazisti così definirono un "Ebreo": Chiunque, con tre o due nonni ebrei, appartenesse alla Comunità Ebraica al 15 Settembre 1935, o vi si fosse iscritto successivamente; chiunque fosse sposato con un Ebreo o un'Ebrea al 15 settembre 1935 o successivamente a questa data; chiunque discendesse da un matrimonio o da una relazione extraconiugale con un Ebreo al o dopo il 15 settembre 1935.

 

10. Come trattavano i tedeschi coloro che avevano una parte di sangue ebreo ma non venivano classificati come ebrei?

 

Coloro che non venivano classificati come Ebrei ma che avevano una parte di sangue Ebreo venivano classificati come Mischlinge (ibridi) ed erano divisi in due gruppi:

- Mischlinge di primo grado -- coloro che avevano due nonni Ebrei;

- Mischlinge di secondo grado - coloro che avevano un nonno Ebreo.

I Mischlinge venivano ufficialmente esclusi dal Partito Nazista e da tutte le organizzazioni del Partito (per esempio SA, SS, etc.). Benché venissero arruolati nell'esercito tedesco, non potevano conseguire il grado di ufficiali.. Era inoltre proibito loro di far parte dell'Amministrazione Pubblica e svolgere determinate professioni (alcuni Mischlinge erano, in ogni caso, esonerati in determinate circostanze). Gli ufficiali nazisti presero in considerazione la possibilità di sterilizzare i Mischlinge, ma ciò non fu sempre attuato. Durante la Seconda Guerra Mondiale, i Mischlinge di primo grado rinchiusi nei campi di concentramento, furono tradotti nei campi di sterminio.

 

11. Quali furono le prime misure adottate dai Nazisti contro gli ebrei?

 

Le prime misure adottate contro gli Ebrei includevano:

-  1 Aprile 1933: Il boicottaggio da parte dei nazisti dei negozi e delle imprese degli Ebrei.

- 7 Aprile 1933: La legge per la Riforma dell'Amministrazione Pubblica espulse tutti i non-Ariani (secondo la definizione dell'11 Aprile 1933, erano considerati tali tutti coloro che avevano un padre o un nonno Ebreo) dall'amministrazione pubblica. Inizialmente, vennero fatte delle eccezioni: chi già vi lavorava dall'Agosto del 1914, i veterani Tedeschi della Prima Guerra Mondiale e coloro che avevano perso un padre o un figlio combattendo per la Germania o per i suoi alleati durante la Prima Guerra Mondiale.

- 7 aprile 1933: La legge che regolamentava il permesso per l'esercizio della professione legale, proibiva l'ammissione alla professione forense degli avvocati discendenti da non-Ariani e dei ai membri non-Ariani (vi furono alcune eccezioni nei casi sopra menzionati). Leggi simili vennero promulgate nei confronti dì consulenti tecnici, giurati e giudici commerciali Ebrei.

- 22 Aprile 1933: Il decreto sui servizi sanitari riguardante il piano della salute pubblica negava il rimborso delle spese a quei pazienti che consultavano medici non-Ariani. I medici Ebrei che erano veterani di guerra o che avevano sofferto a causa della guerra, erano esclusi.

- 25 Aprile 1933: La legge contro la sovrappopolazione delle scuole tedesche stabilì che il numero degli ebrei iscritti alle scuole secondarie tedesche non poteva superare l'1,5% del corpo studentesco. Nelle Comunità nelle quali gli ebrei costituivano più del 5% della popolazione, tale percentuale poteva raggiungere il 5%. Inizialmente, vennero fatte eccezioni per i figli degli ebrei che erano veterani di guerra, non "considerati" come facenti parte della quota stabilita. Nell'ambito dell'applicazione di questa legge, venivano considerati alunni Ebrei tutti coloro i cui genitori non erano ariani.

 

12. I Nazisti pianificarono l'eccidio degli ebrei sin dall'inizio del loro regime?

 

La risposta a questa domanda è estremamente difficile. Mentre Hitler faceva spesso riferimento allo sterminio degli ebrei, sia nei suoi primi scritti (Mein Kampf) sia nei vari discorsi pronunciati durante gli anni '30, è quasi sicuro che i Nazisti non avessero alcun piano operativo per l'annientamento sistematico degli Ebrei prima del 1941. La decisione dell'annientamento sistematico degli Ebrei fu presa, apparentemente, alla fine dell'inverno o all'inizio della primavera del 1941 insieme alla decisione di invadere l'Unione Sovietica.

 

13. Quando fu costruito il primo campo di concentramento e chi furono i primi detenuti?

 

Il primo campo di concentramento, Dachau, fu aperto il 22 Marzo 1933. I primi reclusi del campo furono, fondamentalmente, prigionieri politici (per esempio Comunisti o socialdemocratici); criminali abituali; omosessuali; Testimoni di Geova; e "antisociali" (mendicanti, vagabondi e venditori ambulanti). Vi erano inclusi anche scrittori, giornalisti, avvocati, industriali impopolari, e funzionari politici ebrei, considerati dai Nazisti come "un problema".

 

 

 

14. Quali gruppi furono perseguitati dai Nazisti in Germania per essere considerati nemici dello stato?

 

Il Terzo Reich considerava nemici e quindi perseguitava Ebrei, Zingari, socialdemocratici, altri oppositori politici, oppositori del Nazismo, Testimoni di Geova, criminali abituali, e "antisociali" (ad esempio mendicanti, vagabondi e venditori ambulanti), e i malati di mente. Ogni individuo che poteva essere considerato una minaccia per il Nazismo correva il rischio di essere perseguitato.

 

15. Quale fu la differenza tra la persecuzione degli ebrei e degli altri gruppi classificati dai nazisti come nemici del Terzo Reich?

 

Gli Ebrei erano l'unico gruppo destinato ad un totale e sistematico annientamento. Per sottrarsi alla sentenza di morte imposta dai Nazisti, gli Ebrei potevano solamente abbandonare l'Europa Nazista. Secondo il piano Nazista, ogni singolo Ebreo doveva essere ucciso. Nel caso di altri criminali o nemici del Terzo Reich, le loro famiglie non venivano coinvolte. Di conseguenza, se una persona veniva eliminata o inviata in un campo di concentramento, non necessariamente tutti i membri della sua famiglia subivano la stessa sorte. Inoltre, nella maggior parte delle situazioni, i nemici dei Nazisti erano classificati come tali a causa delle loro attività o appartenenza politica (attività e/o opinioni modificabili). Gli Ebrei, al contrario, venivano perseguitati in virtù della loro origine, indelebile.

 

16. Perché gli ebrei furono scelti per essere sterminati?

 

La spiegazione all'odio implacabile dei nazisti contro gli Ebrei consiste nella loro distorta visione del mondo che considerava la storia come una lotta razziale. Essi consideravano gli Ebrei una razza che aveva lo scopo di dominare il mondo e, quindi, rappresentava un ostacolo per il dominio Ariano. Secondo la loro opinione, la storia consisteva in uno scontro tra razze che sarebbe culminato con il trionfo della razza Ariana, quella superiore: di conseguenza, essi consideravano un loro preciso obbligo morale eliminare gli Ebrei, dai quali si sentivano minacciati. Inoltre, ai loro occhi, l'origine razziale degli Ebrei li identificava come i delinquenti abituali, irrimediabilmente corrotti e considerati inferiori, la cui riabilitazione era ritenuta impossibile.

Non ci sono dubbi che ci furono altri fattori che contribuirono all'odio nazista contro gli ebrei e alla creazione di un'immagine distorta del popolo ebraico. Uno di questi fattori era la centenaria tradizione dell'antisemitismo Cristiano che propagandava uno stereotipo negativo degli Ebrei ritenuti gli "assassini di Cristo", inviati del diavolo, e praticanti di arti magiche. Altri fattori furono l'antisemitismo politico e razziale della seconda metà del XIX secolo e la prima parte del XX secolo, che considerava gli ebrei come una minaccia per la stabilità sociale. La combinazione di questi fattori scatenò la persecuzione e lo sterminio degli Ebrei da parte dei nazisti.

 

17. Che cosa sapeva il popolo Tedesco sulla persecuzione degli ebrei e degli altri nemici dei nazisti?

 

Alcuni aspetti della persecuzione nazista degli Ebrei e di altri oppositori erano di dominio pubblico in Germania: ad esempio, tutti sapevano del boicottaggio del 1° Aprile 1943 e conoscevano le Leggi di Aprile e le Leggi di Norimberga, poiché ad esse fu dato ampio risalto. Inoltre, i trasgressori venivano di norma puniti ed umiliati pubblicamente. Lo stesso accadde per i provvedimenti antiebraici successivi. Kristallnacht (La notte dei cristalli) fu un pogrom svoltosi davanti agli occhi dell'intera popolazione: le notizie sui campi di concentramento non venivano rese note, ma il popolo Tedesco era a conoscenza di molti fatti riguardanti il trattamento riservato ai detenuti, anche se era molto difficile ottenere informazioni dettagliate.

Riguardo al perfezionamento della "Soluzione Finale" e alla eliminazione di altri "elementi indesiderabili", la situazione era differente. I Nazisti tentarono di tenere nascosti i loro crimini e, a questo scopo, adottarono delle misure preventive perché i loro piani non fossero divulgati; questo tentativo, comunque, riuscì loro solo in parte: ad esempio, le proteste ufficiali di vari ecclesiastici bloccarono il programma dell'eutanasia nell'agosto del 1941. Queste proteste furono ovviamente il risultato della conoscenza dell'uccisione di malati di mente all'interno di varie strutture.

Per quanto concerne gli Ebrei, era noto in tutta la Germania che essi erano spariti dopo essere stati inviati verso l'Est. Gran parte della popolazione Tedesca non sapeva con certezza che cosa stava succedendo agli ebrei. D'altra parte, c'erano migliaia e migliaia di Tedeschi che partecipavano al perfezionamento della "Soluzione Finale" e/o la presenziavano: ricordiamo, ad esempio, i membri delle SS, la Einsatzgruppen (unità assassine mobili speciali), le guardie dei campi di sterminio o dei campi di concentramento, la polizia dell'Europa occupata, o la Wehrmacht (esercito tedesco).

 

18. Tutti i Tedeschi appoggiavano il piano di Hitler sulla persecuzione degli ebrei?

 

Sebbene l'intera popolazione Tedesca non condividesse la persecuzione degli ebrei da parte di Hitler, non vi sono prove di contestazione su grande scala riguardo il trattamento loro riservato. Ci furono Tedeschi, comunque in minima percentuale, che si opposero al Boicottaggio del 1° aprile 1933 acquistando di proposito nei negozi degli Ebrei o aiutando gli stessi a fuggire e a nascondersi. Anche alcuni fra gli oppositori di Hitler appoggiavano la politica antiebraica. Per quanto riguarda il clero, Dompropst Bernhard Lichtenberg di Berlino pregava ogni giorno per gli ebrei in pubblico e, per questo, fu internato in un campo di concentramento: altri preti furono deportati per essersi rifiutati di collaborare con i nazisti, ma la maggior parte del clero aderiva alle leggi contro gli Ebrei Tedeschi e non protestava apertamente.

 

19. Gli abitanti dell'Europa occupata conoscevano i piani dei nazisti sugli ebrei? Come si ponevano di fronte a questo problema? Cooperavano con i nazisti e contro gli ebrei?

 

Le posizioni della popolazione locale rispetto alla persecuzione e all'annientamento degli ebrei variavano dall'entusiasta collaborazione con i nazisti fino all'aiuto attivo offerto agli Ebrei. E' per questo motivo che risulta difficile generalizzare. Inoltre, la situazione era diversa per ogni paese. Nell'Europa Orientale, specialmente in Polonia, Russia e negli Stati Baltici (Estonia, Lettonia e Lituania) si sapeva molto di più sulla "Soluzione Finale" poiché veniva attuata in queste zone. In altri posti, la popolazione locale era in possesso di meno informazioni sui dettagli della "Soluzione Finale".

In tutti i paesi occupati dai nazisti, ad eccezione della Danimarca e della Bulgaria, molti volevano cooperare allo sterminio degli ebrei. Questo accadeva in modo particolare nell'Europa Orientale, dove esisteva una grande tradizione di acceso antisemitismo, e dove molte nazioni, che erano sotto il dominio sovietico (lettoni, lituani e ucraini), nutrivano la speranza che i tedeschi avrebbero loro restituito l'indipendenza. In diversi paesi europei esistevano movimento fascisti locali che si allearono con i nazisti e parteciparono alle azioni antiebraiche: ad esempio, la Guardia di Ferro in Romania e La Guardia della Freccia in Slovacchia. Per contro, in tutti i paesi europei vi furono persone coraggiose che rischiarono la propria vita per salvare gli ebrei. In vari paesi ci furono gruppi che aiutarono gli ebrei, per esempio, il gruppo Joop Westerweel in Olanda, il Zegota in Polonia e il movimento clandestino Assisi in Italia.

 

20. Gli Alleati e gli abitanti del Mondo Libero erano a conoscenza di quello che stava succedendo in Europa?

 

I vari provvedimenti adottati dai nazisti prima della "Soluzione Finale" vennero resi pubblici attraverso la stampa. I corrispondenti stranieri scrivevano sulle più importanti azioni naziste antiebraiche svoltesi in Germania, Austria e Cecoslovacchia prima della Seconda Guerra Mondiale. Dopo l'inizio della guerra, divenne più difficile ottenere informazioni; ciò nonostante, vennero pubblicati alcuni rapporti sulla destinazione degli ebrei. In questo modo, anche se i nazisti non divulgarono dati riguardanti la "Soluzione Finale" a meno di un anno dall'inizio dello sterminio sistematico degli ebrei, iniziarono a filtrare informazioni anche in occidente. La prima notizia sul piano programmato per lo sterminio di massa degli ebrei trapelò dalla Polonia da parte della Bund (una organizzazione politica socialista ebraica) e giunse in Inghilterra nella primavera del 1942. I dettagli su tale informazione furono forniti agli Alleati da fonti Vaticane e attraverso informatori Svizzeri e del movimento clandestino polacco (Jan Karski, emissario di questo movimento, si era infiltrato nel campo di sterminio di Belzec dal quale fuggì dopo aver visto lo sterminio di massa: si incontrò personalmente con Franklin Roosevelt e con il Ministro degli Esteri della Gran Bretagna Anthony Eden). In seguito, verso la fine di novembre del 1942, il governo degli Stati Uniti inviò alle personalità ebraiche la conferma delle informazioni. Dette informazioni furono pubblicate immediatamente. Malgrado l'incompletezza e l'imprecisione dei dettagli, gli Alleati vennero quasi totalmente a conoscenza delle azioni perpetrate contro gli ebrei non molto tempo prima.

 

21. Quale fu la risposta degli Alleati alla persecuzione degli ebrei? Avrebbero potuto fare qualcosa per aiutarli?

 

La reazione degli Alleati alla persecuzione e allo sterminio degli ebrei in Europa non fu quella auspicata. All'inizio di gennaio del 1944 venne creata un'agenzia - il Comitato per i Rifugiati di Guerra - allo scopo di salvare le vittime della persecuzione nazista. Prima di questa data poco fu fatto al riguardo. Il 17 dicembre del 1942, gli alleati pubblicarono una dichiarazione nella quale condannavano le atrocità commesse dai Nazisti contro gli ebrei e che rimase l'unica formulata prima del 1944.

Va detto anche che non fu effettuato alcun tentativo di invitare la popolazione locale europea ad astenersi dal collaborare con i nazisti nello sterminio sistematico degli ebrei. Inoltre, dopo l'istituzione del Comitato per i rifugiati di guerra e la relativa pianificazione degli aiuti, gli Alleati, perfettamente al corrente della sua esistenza e scopo, si rifiutarono di bombardare il campo di sterminio di Auschwitz e/o le linee ferroviarie che vi arrivavano malgrado, all'epoca, i loro bombardieri distruggessero le fabbriche attigue al campo.

Non fu neanche adottato alcun provvedimento in merito al problema dei rifugiati. Migliaia di ebrei cercarono inutilmente di entrare negli Stati Uniti, data la severa politica di immigrazione Statunitense. I visti esistenti, in numero peraltro esiguo, spesso non venivano concessi nonostante la richiesta fosse di gran lunga superiore al numero dei posti disponibili. Le conferenze che ebbero luogo ad Evian in Francia (1938) e alle Bermuda (1943) per risolvere il problema dei rifugiati non contribuì certo a trovare una soluzione al problema. Alla prima conferenza, ai paesi invitati da Stati Uniti e Gran Bretagna fu riferito che a nessun paese si sarebbe potuto chiedere di cambiare le proprie leggi sull'immigrazione. Inoltre, i britannici accettarono di partecipare solo se l'argomento Palestina non fosse stato all'ordine del giorno. Nelle Bermuda i delegati non parlarono del destino di coloro che erano rimasti nelle mani dei Nazisti, ma piuttosto di coloro che erano riusciti a fuggire in paesi neutrali. Misure pratiche che avrebbero potuto aiutare a liberare gli ebrei sarebbero state:

• Permesso per la temporanea ammissione dei rifugiati.

• Flessibilità dei severi requisiti d'ingresso.

• Reiterati   ed   inequivocabili   avvertimenti   alla   Germania   e  alle  popolazioni  di  tutta  l'Europa  sulla responsabilità - senza alcuna eccezione - che avrebbero avuto tutti coloro i quali avessero partecipato allo sterminio degli ebrei.

• Bombardamento del campo di sterminio di Auschwitz.

 

22. Chi furono i "Giusti fra le Nazioni"?

 

I "Giusti fra le Nazioni" o i "Giusti Gentili" furono persone non ebree che aiutarono gli Ebrei durante l'Olocausto. Ci furono "Giusti fra le Nazioni" in tutti i paesi occupati dai nazisti o ad essi alleati, e le loro azioni spesso condussero alla salvezza di vite ebree. Yad Vashem, l'Ente Nazionale Israeliano per la memoria dell'Olocausto, conferisce onorificenze speciali a queste persone. Ad oggi, dopo un attento esame di ogni singolo caso, Yad Vashem ha riconosciuto circa 10.000 "Giusti Gentili" classificandoli in tre diverse categorie. La Polonia è il paese con il più alto numero di "Giusti Gentili". L'Olanda é il paese con la più alta percentuale (pro-capite). La cifra di 10.000 è molto distante dalla realtà dal momento che, spesso, coloro i quali ricevettero un aiuto sono morti. Inoltre, questa cifra comprende solamente coloro che realmente rischiarono le loro vite per salvare gli ebrei e non coloro i quali offrirono un semplice aiuto.

 

23. Gli ebrei del Mondo Libero erano al corrente che gli ebrei d'Europa erano perseguitati e sterminati? Se sì, quale fu la loro reazione?

 

Le notizie sulla persecuzione e sullo sterminio degli ebrei d'Europa vennero date in due fasi distinte. Le misure prese dai nazisti prima della "Soluzione Finale" vennero pubblicate su tutti i giornali. I corrispondenti stranieri riferirono sulle azioni antiebraiche più importanti condotte dai nazisti in Germania, Austria e Cecoslovacchia prima della Seconda Guerra Mondiale. Dopo l'inizio della guerra, ottenere informazioni diventò sempre più difficile, malgrado ciò, vennero pubblicate delle notizie riguardanti il destino degli ebrei.

La "Soluzione Finale" non fu pubblicizzata apertamente dai nazisti, e questo impedì che l'informazione raggiungesse rapidamente il "Mondo Libero". Nondimeno, intorno al dicembre 1942, le notizie degli stermini di massa e del piano di annientamento degli ebrei d'Europa furono pubblicate sulla stampa ebraica.

Anche la reazione degli ebrei del "Mondo Libero" deve essere divisa in due periodi, prima e dopo la pubblicazione dell'informazione relativa alla "Soluzione Finale". Gli sforzi realizzati durante i primi anni del regime nazista si concentrano sul come facilitare l'emigrazione dalla Germania (anche se all'inizio ci fu chi si oppose all'emigrazione come possibile soluzione) e sul come combattere l'antisemitismo tedesco. Sfortunatamente, la discordanza dei pareri e la conseguente mancanza di unanimità penalizzò e ostacolò la realizzazione di tali obiettivi. Inoltre, pochissime personalità ebraiche si resero effettivamente conto dell'enormità del pericolo. Dopo la pubblicazione delle notizie sulla "Soluzione Finale" furono effettuati alcuni tentativi per intraprendere azioni di liberazione, con la mediazione di stati neutrali, allo scopo di portare aiuto agli ebrei che si trovavano sotto il dominio nazista. Questi tentativi, certamente inadeguati, furono ulteriormente ostacolati dalla mancanza di assistenza e dall'ostruzionismo dei canali governativi. Ulteriori tentativi per ottenere l'unità interna, durante questo periodo, fallirono.

 

24. Gli ebrei d'Europa avevano capito ciò che stava accadendo loro?

 

Per quanto riguarda la conoscenza della "Soluzione Finale" da parte delle vittime potenziali, bisogna fare alcune considerazioni. In primo luogo, i nazisti non resero pubblica la "Soluzione Finale" e neanche ne parlarono apertamente. Fu fatto ogni tentativo per ingannare le vittime, e quindi, prevenire o minimizzare qualsiasi resistenza. Ai deportati veniva detto che sarebbero stati "trasferiti" e questa notizia li portava a ritenere che le condizioni "nell'est" (dove venivano inviati) sarebbero state migliori di quelle dei ghetti. All'arrivo in alcuni campi di concentramento, i deportati erano costretti a scrivere alle loro famiglie descrivendo le meravigliose condizioni che avevano trovato nelle loro nuove residenze. I tedeschi fecero il possibile per mantenere la segretezza. Inoltre, il fatto che esseri umani - e ancor meno tedeschi civilizzati - potessero costruire campi con attrezzature speciali per mettere in atto uno sterminio di massa risultava inconcepibile in quei tempi. Poiché le truppe tedesche liberarono gli ebrei dallo Zar durante la Prima Guerra Mondiale, i tedeschi venivano considerati da molti ebrei come un popolo civile e liberale. Coloro che erano riusciti a sfuggire e che mai fecero ritorno ai ghetti, spesso non furono creduti quando raccontarono le loro esperienze. Persino gli ebrei che avevano sentito parlare dei campi ebbero difficoltà a credere ai reati che i tedeschi stavano commettendo in quei luoghi. Il fatto che ogni comunità ebraica in Europa fosse completamente isolata non consentiva la facile reperibilità di dati e informazioni attendibili. Quindi non c'è dubbio che molti ebrei europei non fossero a conoscenza della "Soluzione Finale", fatto questo corroborato dalla documentazione tedesca e dalle testimonianze dei sopravvissuti.

 

25. Quanti ebrei furono in grado di fuggire dall'Europa prima dell'Olocausto?

 

E' difficile determinare con esattezza il numero di ebrei che riuscirono a fuggire dall'Europa prima della Seconda Guerra Mondiale, poiché le statistiche a disposizione sono incomplete. Dal 1933 al 1939, 355.278 ebrei tedeschi e austriaci abbandonarono le loro case (alcuni emigrarono verso i paesi che successivamente furono occupati dai tedeschi). Nello stesso periodo, 80.860 ebrei polacchi immigrarono in Palestina e 51.747 ebrei europei si rifugiarono in Argentina, Brasile e Uruguay. Negli anni 1938-1939, circa 35.000 ebrei emigrarono dalla Boemia e Moravia (Cecoslovacchia). Shanghai, l'unico posto al mondo dove non era necessario il visto di ingresso accolse circa 20.000 ebrei europei (la maggior parte di origine tedesca) i quali abbandonarono la loro patria. Le cifre dell'immigrazione relative ai paesi dove si rifugiarono durante questo periodo non sono disponibili: inoltre, molti paesi non hanno provveduto alla compilazione delle statistiche di immigrazione per gruppi etnici. Per questo motivo, risulta impossibile stabilire il numero esatto dei rifugiati ebrei.

 

 

 

 

 

26. Quali furono gli sforzi fatti per salvare gli ebrei che fuggirono dalla Germania prima dell'inizio della Seconda Guerra Mondiale?

 

Varie organizzazioni cercarono di facilitare l'immigrazione degli ebrei (e dei non-ebrei ma perseguitati come tali) dalla Germania: le più attive furono: la Jewish Agency for Palestine, l'American Jewish Joint Distribution Committee, il HICEM, il Central British Fund for German Jewry, il Reichsvertretung der Deutschen Juden ed altri gruppi non ebraici, come l'Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Rifugiati - ebrei e non ebrei - provenienti dalla Germania, e l'American Friends Service Committee. Tra i programmi elaborati c'era il "Accordo di Trasferimento" stipulato fra l'Agenzia Ebraica ed il Governo Tedesco in base al quale agli immigranti in Palestina era permesso trasferirvi i propri fondi ed importarvi la merce Tedesca. Altri sforzi furono indirizzati alla riqualificazione di possibili emigranti, al fine di aumentare il numero delle persone che potevano ottenere i visti, dal momento che alcuni paesi negavano l'ingresso di membri appartenenti a determinate categorie professionali. Altri gruppi tentarono di aiutare gli ebrei negli iter riguardanti la selezione dei candidati per l'immigrazione, il trasporto dei rifugiati, l'aiuto nell'integrazione dell'immigrante, ecc.

Alcuni gruppi cercarono di incrementare l'immigrazione avvalendosi dell'aiuto di governi e organizzazioni internazionali per l'ottenimento di asilo politico. La Lega delle Nazioni costituì un organizzazione per l'aiuto ai rifugiati, ma il risultato fu alquanto limitato a causa di mancanza di potere politico e fondi adeguati.

Nel 1938, gli Stati Uniti e la Gran Bretagna convocarono una conferenza ad Evian, Francia, per cercare una soluzione adatta al problema dei rifugiati. Ad eccezione della Repubblica Dominicana, le nazioni riunite rifiutarono di cambiare le loro severe regole sull'immigrazione che contribuivano ad impedire un'immigrazione di massa.

Nel 1939, il Comitato Intergovernativo dei Rifugiati, costituito durante la Conferenza di Evian, dette inizio ai negoziati con gli ufficiali tedeschi al fine di stabilire un accordo per lo spostamento di un'ingente quantità di ebrei tedeschi. Questi negoziati però naufragarono. Nel Luglio del 1934 vennero realizzate operazioni per l'ingresso illegale di immigranti ebrei in Palestina; in seguito vennero sospese fino al luglio del 1938. Gli sforzi furono compiuti in grande scala dal Mosad le-Aliya Bet, i Revisionisti Sionisti e persone private. Si cercò anche, ottenendo peraltro alcuni risultati positivi, di facilitare l'ingresso illegale di rifugiati in vari paesi dell'America Latina.

 

27. Perché furono così pochi gli esuli che poterono fuggire dall'Europa prima dello scoppio della Seconda Guerra Mondiale?

 

La ragione principale del numero relativamente basso dei rifugiati che abbandonarono l'Europa prima della Seconda Guerra Mondiale consisteva nelle severe politiche sull'immigrazione adottate dai possibili paesi ospiti. Negli Stati Uniti, per esempio, il numero di immigranti era limitato a 153.744 per anno, diviso secondo il paese di origine. Tuttavia i requisiti di ingresso erano così severi da far sì che i posti disponibili spesso non fossero assegnati. Gli schemi per facilitare l'immigrazione, oltre al numero di posti disponibili, non si concretizzavano mai, poiché la maggior parte del popolo americano si opponeva fermamente all'ingresso di ulteriore rifugiati. Altri paesi, in particolare quelli Latino Americani, adottarono politiche sull'immigrazione simili o persino più restrittive, impedendo così l'accesso a possibili immigranti provenienti dal Terzo Reich.

La Gran Bretagna, in certo qual modo più liberale degli Stati Uniti rispetto al problema dell'ingresso degli immigranti, adottò misure restrittive al fine di limitare l'immigrazione degli ebrei in Palestina. Nel Maggio 1939, i britannici, pubblicarono il "Foglio Bianco", consentendo a soli 75.000 immigranti ebrei di ottenere il visto di ingresso in Palestina per i cinque anni successivi (10.000 all'anno e altri 25.000). Questa decisione impedì a centinaia di migliaia di ebrei di fuggire dall'Europa.

I paesi con maggiori possibilità di accoglienza di rifugiati ne rifiutarono sistematicamente l'ingresso. Malgrado una soluzione al problema dei rifugiati fosse all'ordine del giorno della Conferenza di Evian, solamente la Repubblica Dominicana approvò l'immigrazione su grande scala. Gli Stati Uniti e la Gran Bretagna proposero di scegliere delle località di accoglienza nelle aree sottosviluppate (per esempio: Guyana, già Guyana Inglese e le Filippine) che, tuttavia, non si rivelarono alternative adeguate.

Bisognava considerare due fattori importanti: durante il periodo prebellico - durante il quale non esistevano ancora programmi di sterminio degli ebrei - i Tedeschi guardavano con occhio favorevole l'emigrazione ebraica. L'obiettivo era di indurli ad andarsene, all'occorrenza con l'uso della forza. E' importante riconoscere l'attitudine degli ebrei tedeschi. Mentre molti ebrei tedeschi inizialmente erano contrari all'emigrazione, dopo la Kristallnacht (La notte dei cristalli, 9-10 Novembre 1938), la maggior parte erano ansiosi di farlo. Se ci fossero stati luoghi a disposizione, certamente vi sarebbe stato un maggior numero di emigrati.

 

28. Quale fu l'obiettivo principale di Hitler nello scatenare la Seconda Guerra Mondiale?

 

Lo scopo finale di Hitler era di creare un impero ariano dalla Germania agli Urali. Egli considerava quest'area il territorio naturale del popolo tedesco, un'area alla quale aveva diritto per legge, il Lebensraum (spazio vitale) di cui la Germania aveva necessariamente bisogno per ampliare le aree agricole che Hitler riteneva essenziali per la razza ariana, al fine di preservarla ed assicurarne il dominio. Certamente Hitler sapeva che, scatenando la guerra nell'Est, i nazisti avrebbero affrontato gravi problemi razziali in vista della composizione della popolazione esistente nelle aree Orientali.

I nazisti avevano quindi elaborato dei piani per soggiogare gli slavi, i quali sarebbero stati ridotti allo stato di schiavitù e avrebbero costituito mano d'opera a buon mercato per i contadini ariani: gli appartenenti ad un ceto sociale più elevato sarebbero, invece, stati condotti in Germania e allevati come ariani.

Nella mente di Hitler, la soluzione al problema ebraico era legata alla conquista dei territori orientali. In queste aree c'era una cospicua presenza ebraica che richiedeva, quindi, un "trattamento" specifico. Ancora non era operativo alcun piano di sterminio di massa, ma a Hitler sembrava già chiara la necessità di trovare una soluzione adeguata: si parlava anche di creare una riserva ebraica o in Madagascar o vicino a Lubin, Polonia. Quando prese la decisione finale di invadere l'Unione Sovietica, Hitler dette anche istruzioni per dare inizio alla "Soluzione Finale", lo sterminio sistematico degli ebrei europei.

 

29. In Germania, esisteva una qualsiasi opposizione al nazismo?

 

Durante tutto il Terzo Reich, ci furono vari gruppi di opposizione al regime e a certe politiche naziste che si organizzarono in diversi periodi e con vari obiettivi e scopi.

Fin dall'inizio, gruppi politici di sinistra e un numero imprecisato di conservatori delusi si posero all'opposizione; in seguito si unirono ad essi gruppi ecclesiastici, funzionari del governo, impresari. Quando le sorti della guerra si capovolsero, anche i militari ebbero un ruolo attivo nell'opposizione a Hitler: tuttavia, in Germania, non vi fu mai un movimento di resistenza unificato.

 

30. Gli ebrei cercarono di lottare contro i nazisti? In che misura questi sforzi ebbero successo?

 

Malgrado le difficili condizioni di vita degli ebrei nell'Europa occupata dai nazisti, molti di essi presero parte alla resistenza armata. Le attività connesse alla resistenza possono dividersi in tre gruppi principali: rivolta nei ghetti, resistenza nei campi di concentramento e sterminio e lotte partigiane.

A parte la rivolta del ghetto di Varsavia, che durò circa cinque settimane a partire dal 19 Aprile del 1943 e che rappresenta indubbiamente l'esempio più conosciuto della resistenza armata ebraica, vi furono altre rivolte nei ghetti. Anche se le condizioni nei campi di sterminio, concentramento e lavoro erano terribili, i deportati ebrei continuarono a lottare: Treblinka (2 agosto 1943); Babi Yar (29 settembre 1943); Sobibor (14 ottobre 1943); Janowska (19 novembre 1943); e Auschwitz (7 ottobre 1944).

I gruppi partigiani ebraici operarono in varie zone fra cui Baranovichi, Minsk, il bosco di Naliboki e Vilna: le operazioni della resistenza armata ebraica non furono molteplici e sicuramente non determinanti ai fini della sconfitta della Germania nazista; pur tuttavia, tramite questi atti di resistenza, si riuscì a liberare un gran numero di ebrei, causando vittime naziste ed un danno incalcolabile alla proprietà e all'orgoglio tedesco.

 

31. Che cos'era la Judenrat?

 

La Judenrat era il Consiglio degli ebrei, nominato dai nazisti in ogni comunità ebraica o ghetto. In conformità con i principi espressi da Reinhard Heydrich delle SS il 21 settembre del 1939 si sarebbe dovuto istituire una Judenrat in tutte le zone di concentramento di ebrei nelle regioni occupate della Polonia. Le Judenrat, presiedute da importanti capi della comunità ebraica, si occupavano dell'applicazione dei decreti nazisti diretti contro gli ebrei e della amministrazione degli affari riguardanti la stessa comunità. Queste funzioni la collocavano in una posizione di grande responsabilità ma fortemente polemica e molta parte del suo operato continua ad essere tema di discussione fra gli storici. Benché non esistano obiezioni contro gli scopi dei Dirigenti dei Consigli, se ne mettono in discussione i metodi e le strategie adottati per raggiungerli. Fra i più controversi citiamo Mordechai Rumkowski a Lodz e Jacob Gens a Vilna; ambedue giustificarono il sacrificio di alcuni ebrei che salvò la vita di altri. Il più delle volte i capi e i membri della Judenrat erano guidati da un senso di responsabilità civica ma mancavano del potere e dei mezzi necessari per opporsi ai piani nazisti di sterminio degli ebrei.

 

32. Le organizzazioni internazionali, come la Croce Rossa, aiutarono le vittime della persecuzione nazista?

 

Durante la Seconda Guerra Mondiale, la Croce Rossa Internazionale (C.R.I.) fece ben poco per aiutare le vittime ebraiche della persecuzione nazista. Le sue attività possono essere divise in tre periodi:

 

1. Settembre 1939 - 22 giugno 1941:

la Croce Rossa si limitò ad inviare scatole di alimenti a coloro che soffrivano nell'Europa occupata. Le scatole venivano distribuite secondo le regole della Croce Rossa Tedesca. Durante questo periodo, la Croce Rossa Internazionale accettò l'argomentazione tedesca secondo la quale gli abitanti dei ghetti e dei campi rappresentavano una minaccia per il Reich, per cui non era permesso loro ricevere aiuto dalla Croce Rossa Internazionale.

 

2. 22 giugno 1941 - estate del 1944:

malgrado le numerose richieste da parte delle organizzazioni ebraiche, la Croce Rossa Internazionale rifiutò di protestare pubblicamente contro lo sterminio di massa di ebrei e non ebrei nei campi e di intervenire in loro difesa. Sosteneva che qualsiasi azione pubblica che difendesse coloro che si trovavano sotto il dominio nazista, con il tempo avrebbe penalizzato il suo benessere. Nello stesso tempo la Croce Rossa Internazionale cercava di inviare scatole di alimenti alle persone di cui conosceva il domicilio.

 

3. Estate 1944 - maggio 1945:

dopo l'intervento di eminenti personalità, quali il Presidente Franklin Roosevelt ed il re di Svezia, la Croce Rossa Internazionale si rivolse a Miklos Horthy, reggente d'Ungheria, perché fermasse la deportazione degli ebrei ungheresi.

 

La CRI insistette affinché le permettessero di visitare i campi di concentramento e una delegazione fu autorizzata a visitare il "ghetto modello" di Terezin (Theresienstadt). La ripetuta richiesta della CRI era la conseguenza delle informazioni ricevute sulle terribili condizioni di vita nei campi.

La CRI chiese il permesso di investigare sulla situazione, ma i tedeschi le consentirono la visita nei campi solo nove mesi dopo la presentazione della richiesta. Questo ritardo diede ai nazisti il tempo necessario per completare un programma di "abbellimento", elaborato allo scopo di ingannare la delegazione e farle credere che le condizioni a Terezin erano abbastanza buone e che consentivano ai deportati di vivere la loro vita con relativa tranquillità. In realtà, successivamente, la maggior parte dei prigionieri fu deportata ad Auschwitz.

Alla visita che ebbe luogo il 23 luglio 1944, fece seguito una relazione favorevole su Terezin diretta ai membri della CRI. Le organizzazioni ebraiche protestarono vigorosamente, esigendo che altre delegazioni visitassero i campi. Il permesso per effettuare questa visita non fu accordato fino a poco prima del culmine della guerra.

 

33. Come venivano trattati gli ebrei dai Giapponesi e dagli Italiani, alleati dei tedeschi, nelle terre da loro occupate?

 

Né gli italiani né i giapponesi, ambedue alleati della Germania durante al Seconda Guerra Mondiale, cooperarono alla "Soluzione Finale". Anche se gli italiani, di fronte alle richieste tedesche, emisero leggi discriminatorie contro la comunità ebraica italiana, il governo di Mussolini negò la partecipazione alla "Soluzione Finale" e mantenne ferma la sua posizione, contraria alla deportazione dei residenti ebrei. Inoltre, nelle zone da loro occupate in Francia, Grecia e nella ex Yugoslavia, gli italiani proteggevano gli ebrei e non permisero la loro deportazione. Tuttavia, quando i tedeschi rovesciarono il governo di Badoglio nel 1943, gli ebrei in Italia, così come quelli che si trovavano sotto la protezione italiana nelle zone occupate, furono sottoposti alla "Soluzione Finale".

Anche i giapponesi furono relativamente tolleranti con gli ebrei nel loro paese e nelle zone da loro occupate. Contro la pressione esercitata dagli alleati tedeschi affinché adottassero misure severe contro la comunità ebraica, i giapponesi opposero un rifiuto. Fino alla primavera del 1941 permisero ai rifugiati di entrare in Giappone, e gli ebrei della Cina occupata dai giapponesi ricevettero un buon trattamento: nell'estate e nell'autunno del 1941, i rifugiati dal Giappone furono trasferiti a Shanghai, ma non furono prese misure contro di loro fino all'inizio del 1943, quando furono obbligati a trasferirsi nel Ghetto di Hongkew. Le condizioni di vita erano lungi dall'essere soddisfacenti, ma sicuramente migliori rispetto ai ghetti posti sotto l'occupazione nazista.

 

34. Qual era la posizione delle chiese rispetto alla persecuzione degli Ebrei? Il Papa parlò mai contro i nazisti?

 

Quando i nazisti salirono al governo, il capo della Chiesa Cattolica era il Papa Pio XI. Durante il suo papato, si limitò a preoccuparsi dei cattolici non ariani. Anche se dichiarò che i miti di "razza" e "sangue" erano contrari all'educazione cristiana (in un'enciclica del marzo 1937), non menzionò e tanto meno criticò l'antisemitismo. Il suo successore, Pio XII (il Cardinale Pacelli) era un filo-tedesco che si mantenne neutrale durante il corso della Seconda Guerra Mondiale. A fronte della consapevolezza, già nel 1942, dello sterminio degli ebrei nei campi di concentramento, le uniche dichiarazioni pubbliche del Papa non andavano al di là delle condoglianze per le vittime dell'ingiustizia e richiamavano ad una condotta di guerra più umana.

Sebbene non ci fossero risposte da parte del Papa Pio XII, vari nunzi apostolici svolsero importanti ruoli nelle operazioni di liberazione, specialmente i nunzi dell'Ungheria, Romania, Cecoslovacchia e Turchia. Non era molto chiaro in quale modo lavoravano dietro istruzioni del Vaticano, se era quello che succedeva. In Germania, la Chiesa Cattolica non si oppose alla campagna antisemita nazista. I registri della Chiesa furono forniti alle autorità statali che collaboravano alla scoperta delle persone di origine ebraica, e gli sforzi realizzati per aiutare i perseguitati si limitarono ai cattolici non-Ariani. Sebbene i sacerdoti cattolici protestassero contro il programma nazista dell'eutanasia, pochi, ad eccezione di Bernard Lichtenberg, si pronunciarono contro lo sterminio degli ebrei.

Nell'Europa Occidentale, il clero cattolico si pronunciò pubblicamente contro la persecuzione degli Ebrei e collaborò attivamente per la liberazione. In Europa Orientale, inoltre, il clero cattolico si mostrò disponibile ad offrire il proprio aiuto nella maggior parte dei casi. Il Dr. Jozef Tiso, capo dello stato della Slovacchia e sacerdote cattolico, cooperò attivamente con i tedeschi alla pari di molti altri sacerdoti cattolici.

La Chiesta Protestante e quella Ortodossa Orientale reagirono in maniera differente. In Germania, per esempio, nella chiesa protestante c'erano coloro che appoggiavano i nazisti e rispettavano la legislazione antiebraica e inoltre proibivano ai cristiani di origine ebraica di esserne membri. La Chiesa Confessori del pastore Martin Niemoller difese i diritti dei suoi cristiani di origine ebraica ma non protestò pubblicamente contro le sue persecuzioni ne criticò le misure prese contro gli ebrei, ad eccezione di un memorandum inviato a Hitler nel maggio del 1936.

Nei vari paesi dell'Europa occupata la posizione delle chiese protestanti era differente. In Danimarca, Francia, Olanda e Norvegia le chiese locali e/o i sacerdoti più eminenti protestarono pubblicamente quando i nazisti iniziarono a deportare gli ebrei. In altri paesi (Bulgaria, Grecia e la ex-Yugoslavia), i capi della Chiesa Ortodossa intervennero, in rappresentanza della comunità ebraica, intraprendendo azioni che, in alcuni casi, condussero alla liberazione di un gran numero di ebrei.

I capi religiosi non cattolici di Austria, Belgio, Boemia/Moravia, Finlandia, Italia, Polonia e della ex-Unione Sovietica non si dichiararono mai pubblicamente in difesa degli ebrei.

 

 

 

35. Quanti criminali nazisti ci furono? Quanti furono processati?

 

Non si conosce il numero esatto dei criminali nazisti e, inoltre, la documentazione disponibile è incompleta. Gli stessi nazisti distrussero una grande quantità di documenti pericolosi che avrebbero consentito di individuare e processare molti criminali. Tra i colpevoli di crimini di guerra erano inclusi coloro che iniziarono, progettarono e diressero le operazioni di sterminio, quelli che erano a conoscenza dello sterminio degli ebrei europei, che erano d'accordo con loro o parteciparono in forma passiva.

Tra quelli che realmente adottarono la "Soluzione Finale" ci sono i capi della Germania nazista, i capi del partito nazista e l'Ufficio Principale della Sicurezza del Reich. Sono inclusi inoltre migliaia di membri della Gestapo, le SS, le Einsatzgruppen, la polizia e le forze armate, così come anche quei burocrati coinvolti nella persecuzione e nello sterminio della comunità ebraica europea. Ci furono migliaia di persone in tutta l'Europa occupata che cooperarono con i nazisti nell'uccisione di ebrei e di altri civili innocenti.

Non ci sono statistiche complete che possano quantificare il numero dei criminali portati in giudizio, tuttavia il loro numero è minore rispetto a quello delle persone coinvolte nella "Soluzione Finale". I capi del Terzo Reich catturati dagli Alleati furono processati dal Tribunale Militare Internazionale di Norimberga tra il 20 novembre del 1945 e il 1° ottobre del 1946. Successivamente, le autorità degli Alleati continuarono a processare i nazisti; i processi più importanti si svolsero nella zona statunitense (i Processi del dopo Norimberga). In totale tra il 1945 e il 1949 furono condannati 5.025 criminali nazisti nelle zone statunitensi, britanniche e francesi, oltre ad un numero indeterminato di persone che furono processate nella ex-zona sovietica. La stessa Commissione dei Crimini di Guerra delle Nazioni Unite stilò una lista di criminali di guerra che in seguito furono processati dai tribunali dei paesi alleati e dai paesi che durante la guerra si trovavano sotto l'occupazione nazista. Questi ultimi effettuarono innumerevoli processi in relazione ai crimini commessi nel proprio territorio. I tribunali, come ad esempio quello polacco, processarono circa 40.000 persone ed un gran numero di criminali furono tradotti in giudizio in altri paesi. In totale, furono circa 80.000 i tedeschi condannati per aver commesso crimini contro l'umanità, mentre il numero dei collaboratori supera varie migliaia. Molta importanza assume anche l'opera e la partecipazione di Simon Wiesenthal, la cui attività condusse alla cattura di più di mille criminali nazisti.

I tribunali della Germania iniziarono a lavorare, in alcuni casi, già nel 1945. Fino al 1969, quasi 80.000 tedeschi furono interrogati e per oltre 6.000 furono emesse condanne. Nel 1958, l'ex-Repubblica Federale di Germania (RFG, ex Germania Occidentale) costituì un'agenzia speciale a Ludwigsburg per collaborare alle indagini dei crimini commessi dai tedeschi fuori dalla Germania. Questa agenzia, sin dalla sua creazione, partecipò a cento indagini importanti. Una considerazione importante sui giudizi dei criminali di guerra nella RFG (come in Austria) riguarda l'eccessiva clemenza, non commisurata all'entità dei crimini commessi. Vennero inoltre svolti dei processi nella ex-Repubblica Democratica di Germania (RDT; ex Germania Orientale), dei quali non esistono statistiche dalle quali si possa evincere il numero di condanne o l'emissione delle sentenze.

 

36. Che cosa erano i Processi di Norimberga?

 

Il termine "Processo di Norimberga" si riferisce all'insieme dei processi dei criminali di guerra nazisti che si svolsero alla fine della guerra. I primi processi si svolsero tra il 20 novembre 1945 e il 1° ottobre 1946, di fronte al Tribunale Militare Internazionale (TMI), composto da rappresentanti della Francia, Gran Bretagna, ex-Unione Sovietica e Stati Uniti. In essi venivano processati i capi politici, militari e amministrativi del Terzo Reich catturati dagli Alleati. Tra gli imputati c'erano: Goring, Rosenberg, Streicher, Kaltenbrunner, Seyss-Inquart, Speer, Ribbentrop e Hess (molti dei più importanti nazisti - Hitler, Himmler e Gobbels - si suicidarono o non furono tradotti in giudizio). La seconda fase del processo, conosciuta come i Processi del dopo Norimberga, si svolse dinanzi al Tribunale Militare di Norimberga (TMN), decisa dall'Ufficio del Governo degli Stati Uniti per la Germania (OGEUA). Sebbene i giudici del TMN fossero cittadini statunitensi, il tribunale si autoconsiderava internazionale. Durante questi processi furono incriminati dodici ufficiali di alto rango, tra i quali membri di gabinetto, diplomatici, dottori coinvolti in esperimenti di medicina e ufficiali delle SS che parteciparono ai crimini perpetrati nei campi di concentramento o durante il genocidio delle zone occupate dai nazisti.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Copyright © 1995, The Simon Wiesenthal Center

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Download, correzione, parziale traduzione e ri-formattazione: dvanini@tin.it - 1997

Per ulteriori informazioni: dvanini@tin.it

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Una volta letta, conservala o falla leggere ad un amico.

 

PER NON DIMENTICARE!

 


Le leggi razziali - Italia 1938

 

PROVVEDIMENTI NEI CONFRONTI DEGLI EBREI STRANIERI

REGIO DECRETO-LEGGE 7 settembre 1938-XVI, n. 1381

 

VITTORIO EMANUELE III

PER GRAZIA DI DIO E PER LA VOLONTÀ DELLA NAZIONE RE D'ITALIA IMPERATORE D'ETIOPIA

 

Ritenuta la necessità urgente ed assoluta di provvedere;

Visto l'art. 3, n. 2, della legge 31 gennaio 1926-IV, n. 100;

Sentito il Consiglio dei Ministri;

Sulla proposta del Duce, Primo Ministro Segretario di Stato, Ministro Segretario di Stato per l'interno;

Abbiamo decretato e decretiamo:

•Art. 1. Dalla data di pubblicazione del presente decreto-legge è vietato agli stranieri ebrei di fissare stabile dimore nel Regno, in Libia e nei Possedimenti dell'Egeo.

•Art. 2. Agli effetti del presente decreto-legge è considerato ebreo colui che è nato da genitori entrambi di razza ebraica, anche se egli professi religione diversa da quella ebraica.

•Art. 3. Le concessioni di cittadinanza italiana comunque fatte a stranieri ebrei posteriormente al 1í gennaio 1919 s'intendono ad ogni effetto revocate.

•Art. 4. Gli stranieri ebrei che, alla data di pubblicazione del presente decreto-legge, si trovino nel Regno, in Libia e nei Possedimenti dell'Egeo e che vi abbiano iniziato il loro soggiorno posteriormente al 1í gennaio 1919, debbono lasciare il territorio del Regno, della Libia e dei Possedimenti dell'Egeo, entro sei mesi dalla data di pubblicazione del presente decreto. Coloro che non avranno ottemperato a tale obbligo entro il termine suddetto saranno espulsi dal Regno a norma dell'art. 150 del testo unico delle leggi di P.S., previa l'applicazione delle pene stabilite dalla legge.

•Art. 5. Le controversie che potessero sorgere nell'applicazione del presente decreto-legge saranno risolte, caso per caso, con decreto del Ministro per l'interno, emesso di concerto con i Ministri eventualmente interessati.

Tale decreto non è soggetto ad alcun gravame nè in via amministrativa, né in via giurisdizionale. Il presente decreto entra in vigore il giorno della sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale e sarà presentato al Parlamento per la conversione in legge. Il Duce, Ministro per l'interno, proponente, è autorizzato a presentare il relativo disegno di legge.

Ordiniamo che il presente decreto, munito del sigillo dello Stato, sia inserto nella raccolta ufficiale delle leggi e dei decreti del Regno d'Italia, mandando a chiunque spetti di osservarlo e di farlo osservare.

Dato a San Rossore, addì 7 settembre 1938-Anno XVI

Vittorio Emanuele, Mussolini


Le leggi razziali - Italia 1938

 

PROVVEDIMENTI PER LA DIFESA DELLA RAZZA ITALIANA

DECRETO-LEGGE 17 novembre 1938-XVII, n.1728

 

VITTORIO EMANUELE III

PER GRAZIA DI DIO E PER LA VOLONTÀ DELLA NAZIONE RE D'ITALIA IMPERATORE D'ETIOPIA

 

Ritenuta la necessità urgente ed assoluta di provvedere;

Visto l'art. 3, n. 2, della legge 31 gennaio 1926-IV, n. 100, sulla facoltà del potere esecutivo di emanare norme giuridiche;

Sentito il Consiglio dei Ministri;

Sulla proposta del DUCE, Primo Ministro Segretario di Stato, Ministro per l'interno, di concerto coi Ministri per gli affari esteri, per la grazia e giustizia, per le finanze e per le corporazioni;

Abbiamo decretato e decretiamo:

 

CAPO I

Provvedimenti relativi ai matrimoni

 

•Art. 1. Il matrimonio del cittadino italiano di razza ariana con persona appartenente ad altra razza è proibito. Il matrimonio celebrato in contrasto con tale divieto è nullo.

•Art. 2. Fermo il divieto di cui all'art. 1, il matrimonio del cittadino italiano con persona di nazionalità straniera è subordinato al preventivo consenso del Ministero per l'interno. I trasgressori sono puniti con l'arresto fino a tre mesi e con l'ammenda fino a lire diecimila.

•Art. 3. Fermo il divieto di cui all'art. 1, i dipendenti delle Amministrazioni civili e militari dello Stato, delle Organizzazioni del Partito Nazionale Fascista o da esso controllate, delle Amministrazioni delle Provincie, dei Comuni, degli Enti parastatali e delle Associazioni sindacali ed Enti collaterali non possono contrarre matrimonio con persone di nazionalità straniera. Salva l'applicazione, ove ne ricorrano gli estremi, delle sanzioni previste dall'art. 2, la trasgressione del predetto divieto importa la perdita dell'impiego e del grado.

•Art. 4. Ai fini dell'applicazione degli articoli 2 e 3, gli italiani non regnicoli non sono considerati stranieri.

•Art. 5. L'ufficiale dello stato civile, richiesto di pubblicazioni di matrimonio, è obbligato ad accertare, indipendentemente dalle dichiarazioni delle parti, la razza e lo stato di cittadinanza di entrambi i richiedenti.

Nel caso previsto dall'art. 1, non procederà nè alle pubblicazioni nè alla celebrazione del matrimonio. L'ufficiale dello stato civile che trasgredisce al disposto del presente articolo è punito con l'ammenda da lire cinquecento a lire cinquemila.

•Art. 6. Non può produrre effetti civili e non deve, quindi, essere trascritto nei registri dello stato civile, a norma dell'art.5 della legge27 maggio 1929-VII, n. 847, il matrimonio celebrato in violazionedell'art.1. Al ministro del culto, davanti al quale sia celebrato tale matrimonio, è vietato l'adempimento di quanto disposto dal primo commadell'art.8 della predetta legge. I trasgressori sono puniti con l'ammenda da lire cinquecento a lire cinquemila.

•Art. 7. L'ufficiale dello stato civile che ha proceduto alla trascrizione degli atti relativi a matrimoni celebrati senza l'osservanza del disposto dell'art. 2 è tenuto a farne immediata denunzia all'autorità competente.

 

CAPO II

Degli appartenenti alla razza ebraica

 

•Art. 8. Agli effetti di legge:

a) è di razza ebraica colui che è nato da genitori entrambi di razza ebraica, anche se appartenga a religione diversa da quella ebraica;

b) è considerato di razza ebraica colui che è nato da genitori di cui uno di razza ebraica e l'altro di nazionalità straniera;

c) è considerato di razza ebraica colui che è nato da madre di razza ebraica qualora sia ignoto il padre;

d) è considerato di razza ebraica colui che, pur essendo nato da genitori di nazionalità italiana, di cui uno solo di razza ebraica, appartenga alla religione ebraica, o sia, comunque, iscritto ad una comunità israelitica, ovvero abbia fatto, in qualsiasi altro modo, manifestazioni di ebraismo. Non è considerato di razza ebraica colui che è nato da genitori di nazionalità italiana, di cui uno solo di razza ebraica, che, alla data del1í ottobre 1938-XVI, apparteneva a religioni diversa da quella ebraica.

•Art. 9. L'appartenenza alla razza ebraica deve essere denunziata ed annotata nei registri dello stato civile e della popolazione. Tutti gli estratti dei predetti registri ed i certificati relativi, che riguardano appartenenti alla razza ebraica, devono fare espressa menzione di tale annotazione. Uguale menzione deve farsi negli atti relativi a concessione o autorizzazioni della pubblica autorità. I contravventori alle disposizioni del presente articolo sono puniti con l'ammenda fino a lire duemila.

•Art. 10. I cittadini italiani di razza ebraica non possono:

a) prestare servizio militare in pace e in guerra;

b) esercitare l'ufficio di tutore o curatore di minori o di incapaci non appartenenti alla razza ebraica;

c) essere proprietari o gestori, a qualsiasi titolo, di aziende dichiarate interessanti la difesa della Nazione, ai sensi e con le norme dell'art. 1R. decreto-legge 18 novembre 1929-VIII, n. 2488, e di aziende di qualunque natura che impieghino cento o più persone, nè avere di dette aziende la direzione nè assumervi comunque, l'ufficio di amministrazione o di sindaco;

d) essere proprietari di terreni che, in complesso, abbiano un estimo superiore a lire cinquemila;
e) essere proprietari di fabbricati urbani che, in complesso, abbiano un imponibile superiore a lire ventimila. Per i fabbricati per i quali non esista l'imponibile, esso sarà stabilito sulla base degli accertamenti eseguiti ai fini dell'applicazione dell'imposta straordinaria sulla proprietà immobiliare di cui al R. decreto-legge 5 ottobre 1936-XIV, n.1743. Con decreto Reale, su proposta del Ministro per le finanze, di concerto coi Ministri per l'interno, per la grazia e giustizia, per le corporazioni e per gli scambi e valute, saranno emanate le norme per l'attuazione delle disposizioni di cui alle lettere c), d), e).

•Art. 11. Il genitore di razza ebraica può essere privato della patria potestà sui figli che appartengono a religione diversa da quella ebraica, qualora risulti che egli impartisca ad essi una educazione non corrispondente ai loro principi religiosi o ai fini nazionali.

•Art. 12. Gli appartenenti alla razza ebraica non possono avere alle proprie dipendenze, in qualità di domestici, cittadini italiani di razza ariana. I trasgressori sono puniti con l'ammenda da lire mille a lire cinquemila.

•Art. 13. Non possono avere alle proprie dipendenze persone appartenenti alla razza ebraica:
a) le Amministrazioni civili e militari dello Stato;

b) il Partito Nazionale Fascista e le organizzazioni che ne dipendono o che ne sono controllate;
c) le Amministrazioni delle Provincie, dei Comuni, delle Istituzioni pubbliche di assistenza e beneficenza e degli Enti, Istituti ed Aziende, comprese quelle dei trasporti in gestione diretta, amministrate o mantenute col concorso delle Provincie, dei Comuni, delle Istituzioni pubbliche di assistenza e beneficenza o dei loro Consorzi;

d) le Amministrazioni delle aziende municipalizzate;

e) le Amministrazioni degli Enti parastatali, comunque costituiti e denominati, delle Opere nazionali, delle Associazioni sindacali ed Enti collaterali e, in genere, di tutti gli Enti ed Istituti di diritto pubblico, anche con ordinamento autonomo, sottoposti a vigilanza o a tutela dello Stato, o al cui mantenimento lo Stato concorra con contributi di carattere continuativo;

f) le Amministrazioni delle aziende annesse o direttamente dipendenti dagli Enti di cui alla precedente lettera e) o che attingono ad essi, in modo prevalente, i mezzi necessari per il raggiungimento dei propri fini, nonché delle società, il cui capitale sia costituito, almeno per metà del suo importo, con la partecipazione dello Stato;

g) le Amministrazioni delle banche di interesse nazionale;

h) le Amministrazioni delle imprese private di assicurazione.

•Art. 14. Il Ministro per l'interno, sulla documentata istanza degli interessati, può, caso per caso, dichiarare non applicabili le disposizioni dell'art 10, nonché dell'art. 13, lett. h):
a) ai componenti le famiglie dei caduti nelle guerre libica, mondiale, etiopica e spagnola e dei caduti per la causa fascista;

b) a coloro che si trovino in una delle seguenti condizioni:

1.mutilati, invalidi, feriti, volontari di guerra o decorati al valore nelle guerre libica, mondiale, etiopica e spagnola;

2.combattenti nelle guerre libica, mondiale, etiopica, spagnola che abbiano conseguito almeno la croce al merito di guerra;

3.mutilati, invalidi, feriti della causa fascista;

4.iscritti al Partito Nazionale Fascista negli anni 1919-20-21-22 e nel secondo semestre del 1924;

5.legionari fiumani;

6.abbiano acquisito eccezionali benemerenze, da valutarsi a termini dell'art.16.

Nei casi preveduti alla lett. b), il beneficio può essere esteso ai componenti la famiglia delle persone ivi elencate, anche se queste siano premorte. Gli interessati possono richiedere l'annotazione del provvedimento del Ministro per l'interno nei registri di stato civile e di popolazione. Il provvedimento del Ministro per l'interno non è soggetto ad alcun gravame, sia in via amministrativa, sia in via giurisdizionale.

•Art. 15. Ai fini dell'applicazione dell'art. 14, sono considerati componenti della famiglia, oltre il coniuge, gli ascendenti e i discendenti fino al secondo grado.

•Art. 16. Per la valutazione delle speciali benemerenze di cui all'art. 14 lett. b), n. 6, è istituita, presso il Ministero dell'interno, una Commissione composta del Sottosegretario di Stato all'interno, che la presiede, di un Vice Segretario del Partito Nazionale Fascista e del Capo di Stato Maggiore della Milizia Volontaria Sicurezza Nazionale.

•Art. 17. è vietato agli ebrei stranieri di fissare stabile dimora nel Regno, in Libia e nei Possedimenti dell'Egeo.

 

CAPO III
Disposizioni transitorie e finali

 

•Art. 18. Per il periodo di tre mesi dalla data di entrata in vigore del presente decreto, è data facoltà al Ministro per l'interno, sentita l'Amministrazione interessata, di dispensare, in casi speciali, dal divieto di cui all'art. 3, gli impiegati che intendono contrarre matrimonio con persona straniera di razza ariana.

•Art. 19. Ai fini dell'applicazione dell'art. 9, tutti coloro che si trovano nelle condizioni di cui all'art.8, devono farne denunzia all'ufficio di stato civile del Comune di residenza, entro 90 giorni dalla data di entrata in vigore del presente decreto. Coloro che non adempiono a tale obbligo entro il termine prescritto o forniscono dati inesatti o incompleti sono puniti con l'arresto fino ad un mese e con l'ammenda fino a lire tremila.

•Art. 20. I dipendenti degli Enti indicati nell'art.13, che appartengono alla razza ebraica, saranno dispensati dal servizio nel termine di tre mesi dalla data di entrata in vigore del presente decreto.

•Art. 21. I dipendenti dello Stato in pianta stabile, dispensati dal servizio a norma dell'art.20, sono ammessi a far valere il diritto al trattamento di quiescenza loro spettante a termini di legge. In deroga alle vigenti disposizioni, a coloro che non hanno maturato il periodo di tempo prescritto è concesso il trattamento minimo di pensione se hanno compiuto almeno dieci anni di servizio; negli altri casi è concessa una indennità pari a tanti dodicesimi dell'ultimo stipendio quanti sono gli anni di servizio compiuti.

•Art. 22. Le disposizioni di cui all'art.21 sono estese, in quanto applicabili, agli Enti indicati alle lettere b),c),d),e),f),g),h), dell'art.13. Gli Enti, nei cui confronti non sono applicabili le disposizioni dell'art.21, liquideranno, ai dipendenti dispensati dal servizio, gli assegni o le indennità previste dai propri ordinamenti o dalle norme che regolano il rapporto di impiego per i casi di dispensa olicenziamento per motivi estranei alla volontà dei dipendenti.

•Art. 23. Le concessioni di cittadinanza italiana comunque fatte ad ebrei stranieri posteriormente al 1° gennaio 1919 si intendono ad ogni effetto revocate.

•Art. 24. Gli ebrei stranieri e quelli nei cui confronti si applichi l'art.23, i quali abbiano iniziato il loro soggiorno nel Regno, in Libia e nei Possedimenti dell'Egeo posteriormente al 1° gennaio 1919, debbono lasciare il territorio del Regno, della Libia e dei possedimenti dell'Egeo entro il 12 marzo 1939-XVII. Coloro che non avranno ottemperato a tale obbligo entro il termine suddetto saranno puniti con l'arresto fino a tre mesi o con l'ammenda fino a lire 5.000 e saranno espulsi a norma dell'art.150 del testo unico delle leggi di pubblica sicurezza, approvato con R. decreto 18 giugno 1931-IX, n. 773.

•Art. 25. La disposizione dell'art.24 non si applica agli ebrei di nazionalità straniera i quali, anteriormente al 1° ottobrel938-XVI:

a) abbiano compiuto il 65° anno di età;

b) abbiano contratto matrimonio con persone di cittadinanza italiana.

Ai fini dell'applicazione del presente articolo, gli interessati dovranno far pervenire documentata istanza al Ministero dell'interno entra trenta giorni dalla data di entrata in vigore del presente decreto.

•Art. 26. Le questioni relative all'applicazione del presente decreto saranno risolte, caso per caso, dal Ministro per l'interno, sentiti i Ministri eventualmente interessati, e previo parere di una Commissione da lui nominata. Il provvedimento non è soggetto ad alcun gravame, sia in via amministrativa, sia in via giurisdizionale.

•Art. 27. Nulla è innovato per quanto riguarda il pubblico esercizio del culto e la attività delle comunità israelitiche, secondo le leggi vigenti, salvo le modificazioni eventualmente necessarie per coordinare tali leggi con le disposizioni del presente decreto.

•Art. 28. è abrogata ogni disposizione contraria o, comunque, incompatibile con quella del presente decreto.

•Art. 29. Il Governo del Re è autorizzato ad emanare le norme necessarie per l'attuazione del presente decreto. Il presente decreto sarà presentato al Parlamento per la sua conversione in legge. Il DUCE, Ministro per l'interno, proponente, è autorizzato a presentare relativo disegno di legge.

Ordiniamo che il presente decreto, munito del sigillo dello Stato, sia inserto nella raccolta ufficiale delle leggi e dei decreti del Regno d'Italia, mandando a chiunque spetti di osservarlo e farlo osservare.

 

Dato a Roma, addì 17 novembre 1938 - XVII

Vittorio Emanuele, Mussolini, Ciano, Solmi, Di Revel, Lantini

 


"RADICI DELL'ANTIGIUDAISMO IN AMBIENTE CRISTIANO"

AUSCHWITZ: TRIONFO DEL MALE

IN UNA SOCIETÀ SENZA DIO

di Remi Hoeckman

 

Questo millennio sta per finire, ma la memoria di Auschwitz non finirà mai. Il ricordo di quella realtà che fu assolutamente nefanda, assolutamente malvagia e per molti aspetti singolare, e che ha segnato questo secolo per sempre - l'Olocausto, l'eccidio sistematico da parte dei nazisti di circa sei milioni di ebrei, uomini, donne e bambini per i quali Auschwitz è divenuto il tragico emblema - non deve mai finire. «Molti piansero, allora, e ancora oggi udiamo l'eco del loro lamento», ha detto Giovanni Paolo II a centinaia di persone, cristiani ed ebrei, compresi i sopravvissuti all'Olocausto, riuniti in Vaticano il 7 Aprile 1994, «ma il loro gemito non morirà con loro. Esso si alza potente, agonizzante, va dritto al cuore e dice: “Non dimenticateci!” È indirizzato a ognuno e a tutti». Dobbiamo veramente ricordare. È necessario ricordare. «Ma ricordare non basta», ha affermato con forza il Santo Padre. La fine di questo secolo, di questo millennio deve coincidere con la fine dell'anti-giudaismo, del disprezzo che i cristiani hanno avuto per gli ebrei e l'ebraismo, con la fine dell'anti-semitismo, dell'odio razziale, peccati contro Dio e l'umanità che hanno afflitto la storia per lungo tempo e hanno contribuito a creare un'atmosfera in cui l'Olocausto - la cui enormità e terrore sembrano impossibili da concepire - divenne possibile. L'inizio di un nuovo secolo, di un nuovo millennio, deve segnare la fine di un lungo periodo su cui non dobbiamo stancarci di riflettere per trarne le dovute conclusioni. Poiché ai nostri giorni, deplorevolmente, sussistono molte nuove manifestazioni di anti-semitismo, xenofobia e odio razziale che furono i semi di quegli innominabili crimini. L'umanità non può permettere che tutto questo accada di nuovo. Per questo ricordiamo Auschwitz. Auschwitz ha aperto «i nostri occhi», ha detto il Papa nel corso di un incontro con i rappresentanti delle Conferenze Episcopali il 6 marzo 1982, ed è il fermo proposito della Chiesa, espresso nei documenti post-conciliari come pure negli insegnamenti del Papa - «attraverso la mia persona» come il Santo Padre ha sottolineato nel suo saluto alla comunità ebraica nella Sinagoga romana - che mantenendone viva la memoria, può aprire gli occhi di tutti e di ciascuno, ovunque, per far sì che il male non prevalga sul bene come avvenne ad Auschwitz. Di fatto, l'Olocausto e Auschwitz (e tutti gli altri nomi dei campi di sterminio che rievocano la memoria delle crudeltà perpetrate dai nazisti durante la II Guerra Mondiale) sono diventati una sorta di metafora archetipica del trionfo del male su larga scala. Per quanto concerne la questione dell'anti-giudaismo (con le sue connotazioni religiose) e dell'anti-semitismo (nella sua complessità e ambiguità) e i rapporti tra ciò che Jules Isaac descrisse come «l'insegnamento del disprezzo» da parte dei cristiani e l'Olocausto, alcuni autori hanno compiuto un tentativo di tracciare una linea retta e ininterrotta che va dall'insegnamento cristiano alle camere a gas di Auschwitz (1). Ma questi tentativi sono stati smentiti da molti storici i quali affermano, come lo storico ebreo Yosef Yerushalmi: «Non vi è altra questione se non quella che l'antisemitismo cristiano attraverso le varie epoche ha contribuito a creare il clima e la mentalità in cui il genocidio, una volta concepito, poté essere compiuto con scarsa o nessuna opposizione. Ma anche se ammettiamo che l'insegnamento cristiano fu senz'altro una delle cause che condussero all'Olocausto, non fu certamente l'unica (...). L'Olocausto fu l'opera di uno Stato prettamente moderno, neopagano (secolarista)»(2). E Roland Modras commenta «Come Yerushalmi, gli studiosi che hanno scritto sulla materia si sono trovati generalmente concordi sul fatto che c'è una differenza sostanziale tra anti-giudaismo cristiano e anti-semitismo razzista, che qualcosa di nuovo è entrato nel quadro storico-sociale che ha reso l'Olocausto possibile nel nostro secolo, quando non era neppure concepibile nel Medio-Evo cristiano. Mi riferisco qui a qualcosa che va oltre la moderna tecnologia e l'efficienza burocratica che resero l'Olocausto tecnicamente attuabile. La modernità ha inoltre corroso i tradizionali vincoli religiosi che influenzavano il comportamento umano e ha dato libero corso a ideologie incontrollate che non furono solo anti-ebraiche e anti-cristiane, ma apertamente pagane. (CS1)(CS2)» (3). Tuttavia il fatto stesso che l'anti-giudaismo e ancor più l'anti-semitismo trovarono posto nel pensiero e nella pratica di molti cristiani nel corso della storia invita ad un atto di contrizione. Il Santo Padre ha ripetutamente insistito su questo, ed un ebreo, il Rabbino Awraham Soetendorp, egli stesso sopravvissuto all'Olocausto, ci aiuta a scavare in profondità nel suo significato. «Il vero significato del pentimento (teshuva) - ha detto alla Conferenza di Eisenach nel 1993 - non deve essere portato con un sentimento di colpa, ma bisogna imparare dall'esperienza e trasformare errori e trasgressioni nella passione per un nuovo futuro». Il rabbino Irving Greenberg trova il «qualcosa di nuovo», di cui parla Modras, nella secolarità stessa quando la società è privata del rispetto di Dio per l'uomo (4). «In altre parole - Ronald Modras osserva opportunamente - c'è una discontinuità tra l'anti-giudaismo cristiano ed il razzismo nazista che resero l'Olocausto possibile, una discontinuità che è passata completamente inosservata e inesplorata quando entrambi venivano classificati con la stessa denominazione di "antisemitismo". Comunque dobbiamo andare oltre tali questioni. Nelle parole di Giovanni Paolo II, "dobbiamo ricordare, ma ricordare non basta". "Noi abbiamo un impegno (...). Dobbiamo raddoppiare i nostri sforzi per liberare l'uomo dallo spettro del razzismo, dell'esclusione, dell'alienazione, della schiavitù e della xenofobia, per sradicare questi mali che avanzano nella nostra società (...). Il male appare sempre sotto nuove forme (...). È compito nostro smascherare il suo pericoloso potere e neutralizzarlo con l'aiuto di Dio»(5). Smascherare il male significa andare alle sue radici. «Identificarlo e denunciare le manifestazioni del male, e fare fronte unico contro di esse, è un nobile atto ed una prova del nostro impegno reciprocamente fraterno» ha detto il Santo Padre al Comitato esecutivo del Consiglio internazionale di cristiani ed ebrei il 6 luglio 1984, «ma è necessario andare fino alle radici di tale male». Ed ha sottolineato il ruolo importante dell'educazione a questo riguardo. Infatti, tutto questo non sarebbe sufficiente se non venisse accompagnato da un profondo cambiamento nei nostri cuori, da una autentica conversione spirituale, poiché «la fonte ultima della violenza è la corruzione del cuore umano» ha detto ad un gruppo di giovani cristiani ed ebrei in visita in Vaticano il 2 luglio 1993, e questa corruzione del cuore umano è una conseguenza dell'assenza di fede in Dio. Anzi, «la riflessione sull'Olocausto ci mostra a quali terribili conseguenze la mancanza di fede in Dio ed il disprezzo per l'uomo creato a sua immagine e somiglianza possono portare», il Papa ha scritto in una lettera indirizzata all'allora Presidente della Conferenza nazionale dei vescovi cattolici negli USA l'8 agosto 1987. «Di fronte a questi rischi che minacciano anche i figli e le figlie di questa generazione, cristiani ed ebrei insieme hanno molto da offrire ad un mondo che lotta per distinguere il male dal bene, un mondo voluto dal Creatore per difendere e proteggere la vita, ma così vulnerabile alle voci che diffondono valori che portano solo alla morte e alla distruzione» (6). Le parole del Santo Padre ci ricordano le parole del Rabbino Abraham Heschel che disse: «nessuno di noi può farlo da solo». Oggi, tra ebrei e cristiani le cose stanno cambiando. I reciproci stereotipi, i pregiudizi e le caricature sono andati via via scomparendo. Un nuovo spirito sta permeando le nostre relazioni. Come fu stabilito nel corso dell'International Catholic Jewish Liaison Committee riunitosi a Praga nel 1990, buona volontà e obiettivi comuni stanno prendendo il posto del sospetto, del risentimento e della diffidenza. Questo nuovo spirito deve ora manifestarsi nell'opera che le nostre due comunità di fede potrebbero realizzare insieme per rispondere ai bisogni del mondo di oggi. Questo dovrebbe essere «l'ordine del giorno». Dopo due millenni di allontanamento e di ostilità, i cristiani e gli ebrei hanno il sacrosanto dovere di creare una autentica cultura di stima e di attenzione reciproche, così che il nostro dialogo possa diventare un segno di speranza e di ispirazione per altre religioni, razze e gruppi etnici per abbandonare il disprezzo, verso la realizzazione di una autentica fraternità umana. Come ha scritto Giovanni Paolo II nel suo messaggio al popolo della nativa Polonia in occasione del 50° anniversario della rivolta del ghetto di Varsavia, «come cristiani ed ebrei, seguendo l'esempio della fede di Abramo, noi siamo chiamati ad essere una benedizione per il mondo intero. Questo è il comune compito che ci attende. È dunque necessario per noi, cristiani ed ebrei, essere in primo luogo “benedizione” l'uno dell'altro». È giusto affermare che i cristiani, ed in particolar modo noi cattolici, siamo ben consapevoli dei nostri obblighi verso la storia e le sfide che abbiamo ancora di fronte per risanare le profonde ferite del passato. Allo stesso tempo riconosciamo la necessità di andare oltre la memoria di quel passato. Dobbiamo anche andare oltre il sogno di una mera coesistenza pacifica tra cristiani ed ebrei, che è sempre fragile specialmente in tempo di crisi, per costruire qualcosa di più solido non solo allo scopo di migliorare le nostre relazioni, ma in modo tale da contribuire al benessere del mondo in cui viviamo e nei confronti del quale - tanto gli ebrei quanto i cristiani ne sono convinti - abbiamo una particolare responsabilità affidataci da Dio stesso. È evidente che il ruolo dell'educazione per entrambi, cristiani ed ebrei, è di vitale importanza in questo processo. Laddove la Chiesa cattolica è coinvolta, l'intuizione, la scoperta e la visione del Concilio Vaticano II (7) hanno trovato un riscontro positivo nelle nostre comunità. Esse hanno messo a nudo approcci sbagliati, mentalità o atteggiamenti e principi che erano stati dimenticati o oscurati. Hanno prodotto direttive per un cambiamento e fornito suggerimenti per metterlo in atto. L'obiettivo è ora quello di rendere i contenuti di quei principi e di quelle direttive dell'insegnamento della Chiesa realmente effettivi per mezzo dell'educazione, di una comunità più ampia e quindi al primo posto sono gli educatori di tali comunità, come ad esempio i nostri teologi e sacerdoti, gli insegnanti e i catechisti. Il tremendo bisogno di portare avanti e sviluppare il lavoro già iniziato della costruzione di “ponti” di rispetto e comprensione reciproca tra le nostre due comunità, che Dio ama entrambe, per il bene dell'umanità, è oggi evidente. «Rievocare la memoria di Auschwitz, la memoria del trionfo del male, non può non riempirci di profondo dolore», rifletteva il Santo Padre prima della preghiera dell'Angelus, domenica 29 gennaio 1995. «Purtroppo, tuttavia, i nostri giorni continuano ad essere segnati da grande violenza. Dio, non permettere che domani dovremo versare lacrime su altre Auschwitz del nostro tempo».

 

Note:

1) Giovanni Paolo II durante la visita alla Sinagoga di Roma il 13 aprile 1994

2) da: Eva Fleischner (ed.) Auschwitz: Beginning of a New Era?, New York 1997, di Ronald Modras, Christian Anti-Semitism and Auschwitz: some reflections on Responsibility in «New Theology Review», Volume 10, Numero 3, Agosto 1997, pp. 58-71

3) Ibid.

4) Auschwitz: Beginning of a New Era? op.cit.

5) Giovanni Paolo II il 7 Aprile 1994

6) Ibid.

7) cfr. Nostra Aetate, n.4

 

Tratto dal sito ufficiale del Vaticano ( www.vatican.va )

 

 


 

 

 

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