da "L'Evangelo come mi è stato rivelato"
di Maria Valtorta
Vedo ancora l'interno di questo povero rifugio petroso
dove hanno trovato asilo,
accomunati nella sorte a degli animali, Maria e Giuseppe.
Il fuocherello sonnecchia insieme al suo guardiano. (..)
Meno il rumore delle legna che crepitano e quello del ciuchino,
che di tanto in tanto batte uno zoccolo sul suolo, non si ode niente.
Un poco di luna si insinua da una crepa del soffitto
e pare una lama di incorporeo argento che vada cercando Maria.
Si allunga, man mano che la luna si fa più alta in cielo,
e la raggiunge, finalmente.(..)
Maria leva il capo (..) che pare splendere nella luce bianca della luna,
e un sorriso non umano la trasfigura. Che vede? Che ode? Che prova? (..)
Io vedo solo che intorno a Lei la luce cresce, cresce, cresce.
Pare scenda dal Cielo, pare emani dalle povere cose che le stanno intorno,
pare soprattutto che emani da Lei.
La sua veste, azzurra cupa, pare ora di un mite celeste di miosotis,
e le mani e il viso sembrano farsene azzurrini come quelli di uno messo
sotto il fuoco di un immenso zaffiro pallido.
Questo colore, (..) si diffonde sempre più sulle cose,
le veste, le purifica, le fa splendide.
La luce si sprigiona sempre più dal corpo di Maria, assorbe quella della luna,
pare che Ella attiri in sé quella che le può venire dal Cielo.
Ormai è Lei la Depositaria della Luce.
Quella che deve dare questa Luce al mondo. (..)
La volta, piena di crepe, di ragnateli, di macerie sporgenti
che stanno in bilico per un miracolo di statica,
nera, fumosa, repellente, pare la volta di una sala regale.
Ogni pietrone è un blocco di argento, ogni crepa un guizzo di opale,
ogni ragnatela un preziosissimo baldacchino contesto di argento e diamanti.
Un grosso ramarro, in letargo fra due macigni,
pare un monile di smeraldo dimenticato là da una regina;
e un grappolo di pipistrelli in letargo, una preziosa lumiera d'onice.
Il fieno che pende dalla più alta mangiatoia non è più erba,
sono fili e fili di argento puro
che tremolano nell'aria con la grazia di una chioma disciolta.
La sottoposta mangiatoia è, nel suo legno scuro, un blocco d'argento brunito.
Le pareti sono coperte di un broccato in cui il candore della seta
scompare sotto il ricamo perlaceo del rilievo,
e il suolo... che è ora il suolo?
È un cristallo acceso da una luce bianca.
Le sporgenze paiono rose di luce gettate per omaggio al suolo;
e le buche, coppe preziose da cui debbano salire aromi e profumi.
E la luce cresce sempre più. È insostenibile all'occhio.
In essa scompare,
come assorbita da un velario d'incandescenza, la Vergine...
e ne emerge la Madre.
Quando la luce torna ad essere sostenibile al mio vedere,
io vedo Maria col Figlio neonato sulle braccia.
Un piccolo Bambino, roseo e grassottello,
che annaspa e zampetta con le manine grosse quanto un boccio di rosa
e coi piedini che starebbero nell'incavo di un cuore di rosa;
che vagisce con una vocina tremula, proprio di agnellino appena nato,
aprendo la boccuccia che sembra una fragolina di bosco
e mostrando la linguetta tremolante contro il roseo palato;
che muove la testolina tanto bionda da parere quasi nuda di capelli,
una tonda testolina che la Mamma sostiene nella curva di una sua mano,
mentre guarda il suo Bambino e lo adora
piangendo e ridendo insieme e si curva a baciarlo,
non sulla testa innocente, ma su, centro del petto,
là dove sotto è il cuoricino che batte, batte per noi...
là dove un giorno sarà la Ferita. (..)
Il bue, svegliato dal chiarore,
si alza con gran rumore di zoccoli e muggisce,
e l'asinello volge il capo e raglia.
È la luce che li scuote, ma io amo pensare che essi hanno voluto
salutare il loro Creatore, per loro e per tutti gli animali.
Anche Giuseppe, che, (..), pregava così intensamente (..),
si scuote, e dalle dita strette al viso vede filtrare la luce strana.
Leva le mani dal viso, alza il capo, si volge.
Il bue ritto in piedi nasconde Maria.
Ma Ella chiama: «Giuseppe, vieni». Giuseppe accorre (..)
i due sposi si incontrano e si guardano con un pianto beato.
« Vieni, ché offriamo al Padre Gesù », dice Maria.
E, mentre Giuseppe si inginocchia,
Ella, ritta in piedi fra due tronchi che sostengono la volta,
alza la sua Creatura fra le braccia e dice:
«Eccomi. Per Lui, o Dio, ti dico questa parola.
Eccomi a fare la tua volontà.
E con Lui io, Maria, e Giuseppe, mio sposo.
Ecco i tuoi servi, Signore.
Sia fatta sempre da noi,
t in ogni ora e in ogni evento, la tua volontà,
per tua gloria e per amor tuo».(..)
Tratto da
"L'Evangelo come mi è stato rivelato"
di Maria Valtorta
Vol. 1 cap. 29
- Edizioni Valtortiane -