C'era una volta una donna che viveva felice col marito ed un suo bambino.
Una notte venne la morte e le portò via il marito.
Essa pianse, si disperò, poi corse alla culla del suo bambino e disse:
- Mi rimani ancora tu;
io mi manterrò fedele alla memoria di tuo padre, non mi mariterò più.
Tu solo occuperai tutta la mia vita, su te solo io concentrerò
tutto il mio amore e tu crescerai bello e buono e mi rallegrerai l'esistenza.
Così disse e si strinse convulsa al cuore la sua creatura.
Il piccino a tre anni era bello, robusto, buono, e la madre ogni sera,
quando già si era addormentato, stava lungamente a contemplarlo,
facendo mille sogni lieti per l'avvenire e finiva sempre
col ringraziare Iddio di gran cuore che gliel'aveva dato.
Ma un giorno si ammalò gravemente, e dopo qualche tempo una notte
se ne volo in Cielo, mentre la madre che lo vegliava, s'era assopita un istante.
Erano entrati nella camera degli angioli belli
che l'avevano invitato ad andar con loro ed egli li aveva seguiti.
Quando la madre si svegliò e trovò morto il suo piccino,
poco mancò che non impazzisse.
- che ho mai fatto, - gridò -
perchè Dio m'abbia a punire in tal modo terribile ?
Se è vero che Dio esiste, che Dio è giusto,
io voglio il mio bambino, voglio me lo renda!
E si buttò forsennata sul corpo della sua creatura chiamandola per nome
accarezzandola, baciandola e non voleva che alcuno si avvicinasse
per tema che gliela portassero via.
Dovettero strappargliela per forza e la seppellirono
nella terra fredda ed umidiccia, in un lieto mattino di maggio,
mentre le rose sbocciavano, per l'aria era un fremito di vita
e nell'azzurro del cielo spiccavano, simili a fiori turbinanti per l'aria,
mille vaghe farfalle bianche....
La portarono via e la povera madre rimase come inebetita
presso la culla vuota chiamando il suo bambino inutilmente.
Passarono alcuni giorni, ma la madre non poteva darsi pace,
non mangiava non piangeva, ma girava per la casa imprecando contro Dio
e gridando: - Voglio il mio bambino! Rendetemi il mio bambino !-
Una sera, con queste ultime parole, cadde estenuata e si addormentò.
Era da poco addormentata, quando le parve
che una gran luce si facesse nella stanza.
Essa cessò un istante di lamentarsi e rialzò il capo per vedere ciò che avveniva:
Iddio le stava innanzi divinamente bello e maestoso
tenendo tra le braccia la sua creatura.
La madre a quella vista rimane paralizzata dall' emozione,
ma Iddio le sorride misericordioso e le dice:
- Vuoi che ti renda il tuo bambino per essere certa che io esisto? Eccolo.
La donna allora si slancia verso la sua creatura, l' afferra
e se la serra al cuore fremente d'amore, trasfigurata da una gioia, sovrumana.
Poi tutt' a un tratto le parve che fossero trascorsi molti anni
ed il bambino fosse divenuto un giovane sui vent'anni
ed essa si sentiva vecchia e triste.
Il figlio s'era dato ad una cattiva vita, e a nulla valevano
le sue preghiere e le sue lagrime per renderlo migliore.
Non aveva voluto studiare, non amava altro che il giuoco.
Giocava e perdeva e chiedeva continuamente denari.
Essa era appunto triste, quando il giovane sopraggiunse.
- Mi abbisognano mille lire, - disse.
La madre non le aveva e gliele rifiutò.
- Se non me le dai sono perduto ! - grida il figlio
- Ho falsato delle carte e mi abbisogna del denaro
per fuggire lontano, per salvarmi....
La madre si sente a mancare ; suo figlio un falsario!
Pure si fa forza, vuole salvarlo.
Corre per la casa, cerca, fruga ne' suoi scrigni,
raduna i pochi denari e tutti i suoi gioielli, impaziente di far presto,
tremando di non giungere in tempo.
- Fuggi, - gli dice, - fuggi, - e lo bacia ancora.
Egli esce, essa lo segue con lo sguardo, lo vede per la via andare frettoloso;
egli parte disonorato, vizioso.
Suo figlio! ha macchiato il nome incontaminato del padre,
ha avvelenato la sua esistenza, ha distrutto ogni avvenire proprio....
suo figlio, un falsario!
Essa soffre momenti d'angoscia indescrivibili, singhiozza disperatamente
nel veder infranto quanto aveva di più caro.... Iddio nuovamente allora le appare.
- Donna, - le dice, - fosti tu la rovina di tuo figlio,
io te l'aveva tolto per farne un angiolo;
tu con le tue querele volesti che ti fosse reso
ed ora non gli appartiene più il regno de'Cieli.
- Oh Dio! - esclama la madre e le pare in quel punto che tutto il suo essere
si dissolva per l'estremo dolore....
Si sveglia di soprassalto, si volge intorno e deve pensare un poco
per rendersi giusta ragione del vero.
Ah! suo figlio non è un falsario!
E’ morto innocente, sta sotterra e l' anima sua è salita in cielo.
Quasi la madre prova sollievo al pensiero che il suo bambino è morto
e che non proverà più alcun dolore.
Dopo quel sogno orribile, la povera madre sopporta rassegnata il suo dolore
ed attende, senza imprecare che venga finalmente l’ora in cui essa pure
possa salire presso i suoi due cari che l'aspettano in Paradiso.
IN CAMMINO
Siamo come viandanti
che per un momento si fermano e cantano;
ancora intorpiditi dalle pene del viaggio.
Ben lo sappiamo che, sulla montagna dell'oggi
non possiamo piantare le tende della pace.
Ben lo sappiamo che dobbiamo ripartire
scendere nelle pianure ostili, risalire le valli,
guadare i fiumi, traversare i deserti,
e camminare ancora e sempre ancora.
Ma sappiamo anche che un giorno a noi sconosciuto,
giungeremo alle porte della Città
il cui re è un Bambino
e la cui sola luce è l'Agnello immolato.
Per questo noi ti rendiamo grazie,
Padre santo, per averci donato un poco di questa gioia
che domani lieviterà il mondo quando il Figlio tuo, vincitore,
si porrà alla testa dell'immenso corteo umano
e riconsegnerà il regno ormai maturo
per la festa definitiva e sicura.
Noi allora regneremo con Lui per i secoli dei secoli. Amen.